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Articolo 1415 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Effetti della simulazione rispetto ai terzi

Dispositivo dell'art. 1415 Codice Civile

La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi(1) che in buona fede(2) hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione [2652, n. 4](3).

I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti(4).

Note

(1) Sono terzi tanto gli acquirenti a titolo oneroso che quelli a titolo gratuito in quanto la norma non fa alcuna distinzione.
(2) La buona fede si presume ed è sufficiente che sussista al momento dell'acquisto (v. 1147 c.c.).
(3) Ad esempio, Tizio e Caio simulano la vendita di un quadro dal primo al secondo; Caio, a sua volta, aliena a Sempronio e Tizio aliena a Mevio: Sempronio fa salvo il proprio acquisto sia nei confronti di Tizio che nei confronti di Mevio.
(4) Sono tali, ad esempio, i creditori del simulato alienante per evitare che venga diminuita la garanzia del loro debitore (v. 2740 c.c.).

Ratio Legis

Il primo comma tutela i terzi aventi causa del simulato acquirente in base al principio dell'affidamento, cioè in base all'esigenza di proteggere coloro che, in buona fede, confidano sulla validità del proprio acquisto.
Nel secondo comma, invece, emerge la volontà del legislatore di far prevalere la realtà sull'apparenza.

Spiegazione dell'art. 1415 Codice Civile

La tutela dell'affidamento. Inopponibilità della simulazione

Sulla base del principio della tutela dell'aspettativa, per cui ogni soggetto che viene in rapporti giuridici con un altro soggetto crea in quest'ultimo l'affidamento di aver operato nel rispetto dell'obbligo di correttezza e di buona fede e con ciò determina legittime aspettative che devono essere tutelate anche quando non siano fondate sulla volontà di colui che le ha create, l'articolo in esame e quello successivo, riguardanti gli effetti della simulazione nei confronti dei terzi acquirenti o danneggiati (art. 1415) e dei terzi creditori (art. 1416) sostituiscono l'art. #1319# cod. civ. del 1865, per il quale la migliore dottrina aveva rilevato una dizione difettosa ed una insufficiente tutela del terzo.

Il nuovo codice mantiene nei confronti di determinati terzi il principio dell'inopponibilità della simulazione, principio la cui costruzione teorica ha dato luogo ad un vivace dibattito dottrinale. Secondo una parte della dottrina tale principio viene costruito con la figura dogmatica del mutamento relativo del rapporto giuridico, cioè del mutamento che non esiste erga omnes, ma soltanto nei confronti di talune categorie di soggetti. Il mutamento del rapporto giuridico, a cui è preordinato il contratto simulato, non esisterebbe nei riguardi dei contraenti, mentre esiste nei riguardi di determinati terzi. Contro la figura del mutamento relativo si appunta l'Allara rilevandone l'assurdità ed affermando che, nel caso in esame, si ha soltanto la non applicazione, ricorrendo determinati presupposti, di taluni corollari del non avvenuto mutamento del rapporto giuridico, fermo restando il carattere essenzialmente assoluto di questa mancanza di mutamento.

Effetti della simulazione sui terzi di buona fede

Nella prima parte dell'articolo è detto che la simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti (simulato alienante e simulato acquirente) né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvo gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione. Ciò significa che la mancanza di mutamento del rapporto giuridico non è di ostacolo all'efficacia degli atti di acquisto da parte del terzo di buona fede nei confronti del titolare apparente e la protezione del terzo di buona fede, malgrado il testo impreciso della legge, deve intendersi identica sia nel caso di atti di acquisto di diritti che di liberazione da obblighi perché non v'è ragione che i due atti ricevano differente disciplina. Al terzo di buona fede non possono neppure essere opposte dai contraenti le contro dichiarazioni relative alla simulazione fatta per scrittura privata, le quali hanno effetto solo tra le parti contraenti.

La legge prevede che si verifichi un'ipotesi di questo genere. Tizio (titolare apparente) acquista fittiziamente da Caio (simulato alienante) un diritto che trasferisce poi effettivamente a Sempronio, che è un terzo rispetto al contratto simulato. Si tratta di determinare quali difese sono accordate al terzo subacquirente reale di fronte alla azione di simulazione intentata dal titolare apparente o dal simulato alienante o dall'avente causa (acquirente o creditore) del finto alienante. La dottrina dominante, ancora vigendo il codice del 1865, aveva affermato che nel conflitto tra gli acquirenti del finto venditore e gli acquirenti del finto compratore, andava data la preferenza a questi ultimi, in quanto la posizione delle due categorie di terzi è diversa: i primi fondano le loro pretese sulla non volontà nascosta dei contraenti, come stato psichico ed imprescrutabile, gli altri derivano invece i loro diritti dall'atto apparente, nella sua realtà documentale, che deve presumersi genuino e legittimo. In sostanza il finto alienante perde effettivamente la titolarità del diritto colla trasmissione che il prestanome ne abbia fatta al terzo di buona fede; e lo perde, perché, né egli potrebbe rivendicarlo presso il terzo, né potrebbe evitare che questi lo rivendicasse presso di lui ove fosse ancora detentore della cosa. Il suo creditore chirografario sia pure anteriore alla alienazione, non trova più il bene nel patrimonio del suo debitore quando viene in conflitto con il terzo.

Non potrebbe, quindi, vantare diritti di sorta su di esso, perché i suoi diritti di creditore trovano un limite insuperabile nell'alienazione effettiva dei beni formanti la sua naturale garanzia.

L’acquirente reale del titolare apparente è difeso quando sia stato in buona fede, quando cioè abbia ignorato di ledere l'altrui diritto (articolo 1147 cod. civ.). Si considera quindi terzo di buona fede nella simulazione il terzo subacquirente che non sia partecipe del contratto simulato, che abbia ignorato di aver acquistato da un acquirente simulato. Occorre inoltre, perché il contratto simulato valga per il terzo di buona fede come se fosse reale, che il terzo sia interessato a scoprire la simulazione. La buona fede è presunta, per cui sta a chi intende contrastare le ragioni del terzo subacquirente di opporre il contrario, e cioè la malafede, che deve essere iniziale, cioè esistente al tempo dell'acquisto per il principio mala fides superveniens non nocet (art. 1147 codice civile).

La disciplina così accolta dal codice costituisce una eccezione al principio generale in materia di acquisto a titolo derivativo, secondo il quale nessuno può trasferire ad altri più di quanto egli effettivamente abbia e l'eccezione è giustificata, come si è detto, dall'altro principio della tutela dell'affidamento. Quando invece il terzo subacquirente sia stato originariamente in mala fede e conosceva che il titolare apparente gli alienava un diritto di cui non disponeva, la simulazione opera i suoi effetti anche nei confronti di lui, venendo quindi meno l’eccezione al principio dell'intrasmissibilità di quanto non si possiede.

Effetti della trascrizione della domanda di simulazione

La nota questione che era sorta intorno agli effetti della trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della simulazione è stata risolta nel senso che si applicano i principi della trascrizione. L'inciso contenuto nella prima parte dell'articolo in esame «salvi gli effetti della domanda di trascrizione» va posto in relazione a quanto è disposto dall'art. 2652, n. 4 e 2690 n. II, rispettivamente in tema di trascrizione di domande dirette all'accertamento della simulazione di atti relativi ai beni immobili e di atti relativi ad alcuni beni mobili (navi e galleggianti e aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione, autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico, art. 2683 cod. civ.). Possono presentarsi varie ipotesi che conviene riassumere brevemente.

Una delle parti del contratto simulato (il titolare apparente o il simulato alienante) instaura un giudizio diretto all'accertamento della simulazione di un atto soggetto a trascrizione e trascrive la domanda (art. 2652, n. 4 e 2690, n. 1). Il terzo che ha acquistato in buona fede dal titolare apparente il bene che forma oggetto del contratto simulato ha tardato a rendere pubblico, mediante trascrizione o iscrizione, il suo acquisto e vi provvede successivamente alla trascrizione di quella domanda. In questa ipotesi al terzo può essere opposta la simulazione, in quanto è venuta meno quell'apparenza del diritto del suo dante causa che faceva presumere la sua buona fede. Il terzo che acquista un immobile o un mobile soggetto al regime della pubblicità non può addurre a propria giustificazione che non conosceva quanto risulta dai pubblici registri mobiliari o immobiliari.

Viceversa, la conoscenza del terzo dell'instaurazione della domanda di simulazione non seguita da trascrizione non produce gli effetti della domanda trascritta.

Analogamente avviene nel caso di conflitto tra terzo subacquirente del titolare apparente e terzo avente causa dal simulato alienante.
Se il primo lascia che il secondo proponga la domanda di accertamento della simulazione e proceda a trascriverla prima che egli si garantisca mediante la trascrizione o iscrizione del suo titolo di acquisto, il subacquirente del simulato acquirente e sacrificato (prior in tempore in iure). Il conflitto sorge qui tra due terzi, entrambi estranei al contratto simulato, ma è identico l'effetto dell'azione di simulazione. Altro conflitto tra terzi è quello che può verificarsi tra avente causa del titolare apparente e creditore del finto alienante, anch'esso risolvibile con la comune regola.

Al contrario se il terzo subacquirente di buona fede dal titolare apparente provvede a trascrivere o ad iscrivere il proprio titolo di acquisto prima che una delle parti del contratto simulato o il terzo avente causa del finto alienante trascriva la domanda di simulazione, la simulazione non è a lui opponibile e la sentenza che accolga la domanda e venga trascritta non pregiudica i diritti da lui acquistati in base all'atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda di simulazione.

Sin qui si è accennato al terzo che acquisti dal titolare apparente un immobile o un bene mobile soggetto a registrazione, ma può aversi anche l'ipotesi che il terzo acquisti dal simulato acquirente un bene mobile non soggetto al regime della pubblicità, caso nel quale gli effetti della domanda di simulazione non possono farsi dipendere da una trascrizione che non esiste né può esistere. In questo caso la simulazione non può essere opposta dai contraenti né dagli acquirenti del finto alienante al subacquirente del titolare apparente di buona fede, perché torna in vigore la regola generale stabilita dall'articolo in esame fondata sul principio della tutela dell'affidamento (v. anche art. 1153 cod. civ.). Naturalmente se manca il requisito della buona fede ed il terzo acquirente dal simulato acquirente conosceva la simulazione all'atto dell'acquisto del suo diritto, la simulazione stessa potrà essere a lui opposta dai contraenti e dai terzi aventi causa dal finto alienante.

Può darsi anche un'ultima ipotesi. La domanda di simulazione è proposta, ma, sebbene soggetta a trascrizione, a norma degli articoli 2652, n. 4 e 2690, n. 1 cod, civ. di fatto non viene trascritta e il terzo subacquirente dal titolare apparente provvede a rendere pubblico il suo acquisto dopo aver avuto conoscenza della proposizione della domanda. Tale conoscenza non può equipararsi alla avvenuta trascrizione né vale ad escludere la buona fede del terzo, i1 quale, appunto perché sa e deve sapere che la simulazione gli può essere opposta soltanto come effetto della trascrizione, anteriore alla pubblicità del suo acquisto, della domanda giudiziale di simulazione, non deve preoccuparsi di quella proposizione di domanda non seguita da trascrizione e può persino dubitare della sua serietà e dell'intenzione di coltivarla. Come si vede a rendere applicabile al terzo la simulazione vale soltanto la trascrizione della domanda di simulazione anteriore alla pubblicità del suo titolo di acquisto, per cui se la parte nel contratto simulato o l'avente causa del simulato alienante omette di trascrivere la domanda, è persino indifferente la circostanza che lo stesso terzo subacquirente dal titolare apparente abbia omesso di rendere pubblico il suo acquisto.

Si è fatto parola sempre di creditori del simulato alienante mentre nessun accenno è stato fatto ai creditori del titolare apparente. Il codice non ha avuto bisogno di dettare alcuna particolare disposizione per loro, in quanto essi si trovano nella stessa condizione del loro debitore e devono subire la sorte del titolare apparente.

Azione di simulazione dei terzi nei confronti delle parti

Il capoverso dell'art. 1415 prevede una situazione del tutto opposta e cioè che siano i terzi a far valere, o in via d'azione o in via d'eccezione, la simulazione del contratto in confronto delle parti contraenti per scongiurare un pregiudizio dei loro diritti. Di regola ai terzi di buona fede converrà far riconoscere reale il contratto che, nella volontà delle parti contraenti, era fittizio, ma non è da escludere che siano i terzi di buona fede ad esercitare l'azione di simulazione nei confronti dei contraenti, in quanto il pregiudizio ai loro diritti provenga proprio dalla apparente sopravvenienza del contratto fittizio.

La legge parla in genere di simulazione, il che lascia intendere che i terzi possono invocare la tutela del proprio diritto sia nell'ipotesi che ricorra un contratto simulato assolutamente, sia che ricorra un'ipotesi di simulazione relativa. La legittimazione attiva dell'azione di simulazione spetta a qualsiasi terzo, subacquirente o creditore, abbia o meno il requisito della buona fede e legittimate passivamente sono le parti del contratto simulato. Come si scorge qui non trova applicazione il principio della tutela dell'affidamento, il quale spiega la sua efficacia quando l'apparenza giovi ai terzi: quando invece l'apparenza è di pregiudizio agli stessi, prevale la realtà che elimina il nocumento. Sotto il profilo della tecnica giuridica questo regolamento del negozio simulato di fronte ai terzi può apparire illogico e contradittorio, ma ragioni di ordine pratico consigliano di ammettere l'efficacia del contratto simulato nei confronti di una certa categoria di terzi e l'inefficacia nei confronti di altri.

La legge dice che i terzi possono far valere la simulazione nei confronti delle parti quando essa pregiudichi i loro diritti. Non è necessario che il danno si sia già verificato, ma basta un danno potenziale, è sufficiente l'attitudine a danneggiare, quale può riscontrarsi in una alienazione, in una assunzione di debito, in un conferimento di beni in una società commerciale, in un negozio qualsiasi che diminuisca anche apparentemente il patrimonio del debitore alienante.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

272 Ho regolato la posizione dei terzi che hanno acquistato diritti sulla base del contratto simulato nel senso che (art. 292), mentre si richiede la loro buona fede quando si voglia loro opporre il contratto simulato (e non è considerato di buona fede colui che ha acquistato diritti su beni immobili dopo la trascrizione della domanda di simulazione), non devono necessariamente essere di buona fede quando oppongono la simulazione, perché pregiudica i loro diritti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

647 Le disposizioni che regolano la posizione degli aventi causa e dei creditori chirografari del simulato acquirente hanno per base il principio di tutela dell'affidamento (n. 623), in modo da far salve le legittime aspettative fondate sull'atto di cui si ignora il carattere simulato e da richiamare le parti che a quest'atto diedero vita alla responsabilità delle conseguenze e alla considerazione delle ripercussioni dell'atto stesso. La questione se anche i creditori chirografari dell'acquirente apparente debbano essere protetti, è stata risoluta in senso affermativo, ma limitatamente al caso in cui i ereditari stessi abbiano compiuto atti di esecuzione (art. 1416 del c.c., primo comma). È vero che i medesimi hanno solo un diritto generico sul patrimonio del loro debitore e che di regola le vicende di questo incidono indirettamente sui loro diritti; ma, con il pignoramento o con l'intervento nel reparto, quel diritto generico si specifica, e il ereditare è legittimato a tutelarlo. I creditori del finto acquirente, devono però essere in buona fede al momento dell'esercizio dell'azione esecutiva, così come gli aventi causa lo devono essere al momento dell'acquisto (art. 1415 del c.c., primo comma); ed è noto che la buona fede si presume (art. 1147 del c.c., terzo comma). Lo stato soggettivo degli aventi causa o dei creditori suddetti diventa irrilevante esclusivamente quando è stata trascritta la domanda per la dichiarazione di simulazione (art. 2652 del c.c., n. 4). Il diritto dei terzi ora considerati è tutelato non soltanto contro il finto alienante ma anche contro gli aventi causa e i creditori di costui (art. 1415, primo comma). A tal riguardo si è però distinto tra aventi causa e creditori chirografari del simulato acquirente. Mentre gli aventi causa sono protetti contro le impugnazioni degli autori della simulazione e degli aventi causa o dei creditori del simulato alienante, in modo che il conflitto tra aventi causa e creditori del simulato alienante da un lato e aventi causa del simulato acquirente dall'altro si risolve col vantaggio di questi ultimi; invece, quando si tratta dei creditori chirografari del simulato acquirente, i creditori del simulato alienante prevalgono nel caso in cui la simulazione è stata compiuta dopo la nascita del loro diritto di credito (art. 1416 del c.c., secondo comma). Ed è giusto che sia così. È vero che le due categorie di creditori, del finto alienante e del finto acquirente, si trovano nella stessa situazione, in quanto entrambe, nel far credito, contarono sul patrimonio del debitore e quindi anche su quegli elementi che formarono oggetto della simulata alienazione da essi ignorata; ma i creditori, a differenza degli aventi causa, hanno sul patrimonio e sugli elementi di esso soltanto il diritto generico c. d. di pegno, e di fronte a tale diritto alquanto evanescente la realtà deve prevalere sull'apparenza.

Massime relative all'art. 1415 Codice Civile

Cass. civ. n. 27996/2022

Il difetto di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare legittima l'assegnatario ad agire in giudizio ex art. 1415, comma 2, c.c. per far valere la simulazione di atti di alienazione relativi alla casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che al medesimo non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione.

Cass. civ. n. 19149/2022

L'art. 1415, comma 2, c.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione; pertanto, non tutti i terzi, solo perché in rapporto con i simulanti, possono richiedere l'accertamento della simulazione, dovendosi invece riconoscere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto il genitore naturale non legittimato a far accertare la simulazione della separazione consensuale dell'altro genitore con il proprio coniuge, non avendo dedotto e provato la negativa incidenza dell'accordo apparente sul mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio e la sussistenza di un proprio pregiudizio almeno potenziale)

Cass. civ. n. 41132/2021

Dall'esercizio dell'azione di simulazione da parte dell'erede per l'accertamento di dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli sia terzo, al fine dei limiti alla prova testimoniale stabiliti dall'art. 1417 c.c., perché, se l'erede agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni - anche dissimulate - per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l'uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del "de cuius", traendo un vantaggio dalla stessa qualità di coerede rispetto alla quale non può avvantaggiarsi delle condizioni previste dall'art. 1415 c.c.; è invece terzo, se agisce in riduzione, per pretesa lesione di legittima, perché la riserva è un suo diritto personale, riconosciutogli dalla legge, e perciò può provare la simulazione con ogni mezzo.

Cass. civ. n. 29923/2020

L'art. 1415, comma 2, c.p.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l'accertamento della simulazione, dovendosi invece riconoscere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto.(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che una volta dichiarato risolto, con sentenza passata in giudicato, un contratto preliminare di compravendita, i promissari acquirenti non avessero più alcun interesse a far dichiarare la simulazione di un successivo preliminare di compravendita stipulato dalla promittente venditrice).

Cass. civ. n. 30079/2020

Il legittimario totalmente pretermesso che impugna per simulazione un atto compiuto dal "de cuius", a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria che in quella "ab intestato", in qualità di terzo e non in veste di erede, acquisendo quest'ultima qualità solo in conseguenza del positivo esercizio dell'azione di riduzione, sicché, come tale, non è tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario; né vi è tenuto quando agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in queste ipotesi, l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto.

Cass. civ. n. 20888/2019

La simulazione assoluta dell'atto costitutivo di una società di capitali, iscritta nel registro delle imprese, non è configurabile in ragione della natura stessa del contratto sociale, che non è solo regolatore degli interessi dei soci, ma si atteggia, al contempo, come norma programmatica dell'agire sociale, destinata ad interferire con gli interessi dei terzi, donde l'irrilevanza, dopo l'iscrizione della società nel registro delle imprese e la nascita del nuovo soggetto giuridico, della reale volontà dei contraenti manifestata nella fase negoziale; tale fondamento, espressione del valore organizzativo dell'ente, è sotteso all'art. 2332 c.c., imponendosi dunque una lettura restrittiva dei casi di nullità della società da essi previsti, in nessuno dei quali è, quindi, riconducibile la simulazione.

Cass. civ. n. 29271/2018

L'azione di simulazione postula un interesse correlato all'esercizio di un proprio diritto e, pertanto, qualora un tale diritto risulti inconfigurabile o, comunque, non pregiudicato dall'atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi. Ne consegue che l'affittuario di un fondo rustico, ove non abbia esercitato il diritto di riscatto a sensi dell'art. 8 della l. n. 590 del 1965, facendo valere, nella specie, il fatto che dietro l'atto di donazione si nasconda una vendita dissimulata del fondo, non può avvalersi dell'azione di simulazione al limitato fine di paralizzare la domanda di rilascio per cessazione del contratto, proposta dal donatario.

Cass. civ. n. 16080/2016

Al fine di integrare il requisito della mala fede per opporre la simulazione al terzo acquirente, è necessario che il terzo, oltre ad avere consapevolezza della simulazione, abbia proceduto all'acquisto per effetto della stessa, nel senso che, accordandosi con il titolare apparente, abbia inteso favorire il simulato alienante per consolidare, rispetto agli altri terzi, lo scopo pratico perseguito con la simulazione, ovvero abbia voluto personalmente profittare di questa in danno del simulato alienante.

Cass. civ. n. 28610/2013

In tema di simulazione, il terzo non ha, in quanto tale, un interesse generalizzato ad ottenere il ripristino della situazione reale, ma solo ove la sua posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto, mentre va sempre riconosciuto l'interesse della parte contrattuale ad esercitare l'azione di simulazione in quanto volta all'accertamento dell'inefficacia totale o parziale del contratto e dei reali rapporti tra le parti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto l'interesse dell'attore quale contraente e non terzo alla dichiarazione di simulazione assoluta dell'atto di cessione di quote sociali in quanto diretta al ripristino della titolarità anche formale delle quote sociali, così facendo venire meno l'apparenza contrattuale).

Cass. civ. n. 13963/2005

La sentenza che su domanda proposta da un terzo interessato ad eliminarne gli effetti abbia accertato o negato la simulazione di un negozio giuridico, non fa stato quanto a tale accertamento nei rapporti fra le parti del negozio simulato (o fra una di esse ed un avente causa dell'altra parte) in un successivo giudizio fra esse insorto circa l'esistenza o meno della simulazione, in quanto l'accertamento negativo o positivo intervenuto nel giudizio promosso dal terzo è intervenuto in un giudizio nel quale le parti del negozio non erano in contrasto di interessi fra loro, ma avevano l'opposto interesse a sostenere l'effettività del negozio e, sul piano probatorio, soffrivano nei rapporti fra loro la limitazione di cui all'art. 1417 c.c. (norma, del resto, la cui operatività, nei rapporti fra le parti, potrebbe essere elusa, nel caso di accordo fra una delle parti ed il terzo per l'accertamento della simulazione).

Cass. civ. n. 6651/2005

L'art. 1415 comma secondo c.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l'accertamento della simulazione, dovendosi per converso riconoscere il relativo potere di azione e/o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto, con la conseguenza che non può ritenersi titolare della legittimazione de qua il terzo il quale la derivi (come nella specie) dall'eventuale accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto stesso proposta da una delle parti nei confronti dell'altra quando questa intenda far ricadere sul terzo le negative conseguenze risarcitone che possano derivarle dalla risoluzione sulla base di un titolo che non si fondi sul contratto ma sul (presunto) comportamento illecito del terzo che avrebbe determinato l'inadempimento.

Cass. civ. n. 14562/2004

Nel caso del legittimario — che è terzo rispetto al negozio di cessione dei beni ereditari compiuto dal de cuius (e rispetto all'accordo simulatorio) — il termine di prescrizione dell'azione di simulazione del contratto, esercitata in funzione dell'azione di riduzione, decorre dall'apertura della successione dell'alienante, in quanto è solo da tale momento che, da un lato, il legittimario può proporre la domanda di simulazione esercitando un'azione personale per la tutela di un diritto proprio, e, dall'altro, l'atto compiuto dal de cuius assume l'idoneità a ledere diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l'interesse ad agire in giudizio per la ricostruzione dell'asse ereditario al fine della determinazione per lui più favorevole dei diritti riservati.

Cass. civ. n. 2085/2002

L'azione di simulazione da parte del terzo in confronto delle parti, ai sensi dell'art. 1415, secondo comma, c.c., postula un interesse correlato all'esercizio di un proprio diritto e, pertanto, qualora un tale diritto risulti inconfigurabile, o comunque non pregiudicato dall'atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi.

Cass. civ. n. 338/2001

Perché l'accordo simulatorio possa essere fatto valere, per accertare l'effettiva realtà negoziale; da quei terzi i cui diritti ne siano pregiudicati (e, in particolare, dai creditori del simulato alienante) o perché la simulazione non possa essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente (ed ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni oggetto del contratto simulato) è necessario che il terzo sia titolare di una situazione giuridica connessa o dipendente o che in qualche modo possa essere influenzata dall'accordo simulatorio, nel senso che essa venga meno o diminuisca nella sua consistenza e divenga difficilmente attuabile in concreto in conseguenza del permanere dell'accordo simulatorio, o del discoprimento della simulazione con la conseguente manifestazione esteriore della effettiva realtà giuridica esistente tra le parti dell'accordo simulatorio.

Cass. civ. n. 7470/1997

In tema di simulazione, il primo comma dell'art. 1415 c.c., nel sancire l'impossibilità per le parti contraenti, e per gli aventi causa o creditori del simulato alienante, di opporre la simulazione ai terzi, si riferisce, a differenza del secondo comma, non ai terzi in qualche modo pregiudicati dalla simulazione stessa ma solo a quelli che, in buona fede, abbiano acquistato diritti dal titolare apparente (salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione); il che, implicando la presenza di un titolare apparente e di uno effettivo al momento dell'acquisto da parte del terzo, limita il campo di applicabilità della norma alle ipotesi di simulazione assoluta e di interposizione fittizia di persona, ad esclusione di ogni altro tipo di simulazione relativa non comportante apparenza del diritto in capo ad un soggetto diverso dal titolare. Ne consegue che, nel regime della comunione legale fra i coniugi, l'acquisto di un bene personale effettuato da uno dei coniugi per donazione fattagli da un terzo, si sottrae al regime della comunione a norma dell'art. 179, comma primo, lett. b), c.c. ancorché la donazione sia dissimulata da una vendita, potendo l'acquirente opporre all'altro coniuge il carattere simulato di quest'ultima.

Cass. civ. n. 4371/1995

Con riguardo all'azione di simulazione assoluta di una compravendita immobiliare proposta con successo da un terzo nei confronti delle parti contraenti, le quali in quel giudizio abbiano sostenuto la realtà del negozio impugnato, il giudicato sulla simulazione non spiega effetto nel successivo giudizio tra l'uno e l'altro contraente della compravendita, non essendo la questione della simulazione stata decisa nei rapporti interni tra di loro, soggetti anche ad un diverso regime probatorio (art. 1417 c.c.).

Cass. civ. n. 2085/1991

Il contratto simulato non costituisce in sé un atto illecito e pertanto non è fonte di responsabilità dei contraenti nei confronti dei terzi, i quale se possono opporre la simulazione alle parti, ai sensi dell'art. 1415 c.c., quando questa pregiudica i loro diritti, non hanno titolo al risarcimento dei danni nei confronti delle parti medesime se non in presenza, e nel concorso di tutti i relativi elementi costitutivi, di un atto ex art. 2043 c.c., qualificato in particolare dal necessario elemento psicologico, sotto il profilo della intenzionale lesione di un diritto del terzo ovvero della lesione stessa come effetto di mancanza di prudenza o di diligenza; elemento che, non potendo ritenersi implicito nel fatto stesso della simulazione, deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice del merito nei casi concreti.

Cass. civ. n. 2968/1987

A norma del secondo comma dell'art. 1415 c.c., i terzi possono far valere la simulazione nei confronti delle parti solo quando essa pregiudica i loro diritti. Pertanto, poiché al figlio non spetta alcun diritto sul patrimonio del genitore prima della morte e della accettazione dell'eredità dello stesso neppure in quanto legittimario, data la non configurabilità di una lesione di legittima in ordine ad un patrimonio non ancora relitto — deve escludersi la legittimazione del figlio a far valere la simulazione di una compravendita intercorsa tra il genitore, tuttora in vita, ed un altro figlio, senza che l'adesione alla domanda del genitore, titolare del diritto, possa spiegare un effetto integrativo della carente legittimazione.

Cass. civ. n. 2004/1986

Al fine d'integrare il requisito della mala fede necessario ai sensi dell'art. 1415 c.c. per opporre la simulazione al terzo che abbia acquistato dal titolare apparente; non è sufficiente la mera scienza della simulazione, richiedendosi che il terzo abbia proceduto all'acquisto per effetto della simulazione, nel senso che, accordandosi con il titolare apparente, abbia inteso favorire il simulato alienante per consolidare rispetto agli altri terzi lo scopo pratico perseguito con la simulazione, ovvero abbia voluto profittare della simulazione stessa in danno del simulato alienante.

Cass. civ. n. 3993/1982

Al fine dell'accertamento delle condizioni economiche dell'obbligato, il coniuge istante per l'assegno di divorzio può invocare, in qualità di terzo a norma dell'art. 1415 secondo comma c.c., la simulazione di atti compiuti dall'altro coniuge, che implichi occultamento dell'effettiva consistenza di dette condizioni, sì da pregiudicare il riconoscimento e la quantificazione di quell'assegno. (Nella specie trattavasi della costituzione da parte del marito, nel pregresso regime di separazione, di una società di persone con la propria convivente per la gestione di un negozio).

Cass. civ. n. 6474/1981

Ai sensi dell'art. 1415, secondo comma, c.c., il promissario acquirente di un bene alienato dal promittente venditore ad altri ha interesse a far dichiarare la simulazione di tale vendita indipendentemente dalla contemporanea proposizione dell'azione di esecuzione specifica del contratto preliminare, attesa l'utilità e la correlativa esigenza di riportare il bene, oggetto della promessa di vendita, nella disponibilità del promittente, al fine di conseguire la proprietà di detto bene mediante la stipulazione del contratto definitivo di compravendita e, solo nel caso di rifiuto del promittente, mediante l'azione costitutiva di cui all'art. 2932 c.c.

Cass. civ. n. 5154/1981

Il terzo creditore legittimato ad esercitare l'azione di simulazione non è soltanto colui il cui credito sia liquido ed esigibile, ma anche il titolare di un credito ancora illiquido e non esigibile, giacché anche questi ha interesse a prevenire il danno che potrebbe derivargli dall'atto simulato, al momento in cui il credito si rendesse esigibile. (Nella specie, alla stregua dell'enunciato principio, la Suprema Corte ha reputato esatta la decisione del giudice del merito il quale aveva affermata la legittimazione a proporre l'azione di simulazione da parte del terzo, titolare di un credito del quale era sottoposta a condizione l'entità e non l'esistenza).

Cass. civ. n. 2509/1978

Nel caso di compravendita con interposizione fittizia di persona del compratore, il terzo, creditore del dissimulato acquirente, è legittimato a far valere nei confronti dei contraenti la simulazione relativa del contratto che pregiudica i suoi diritti di credito.

Cass. civ. n. 723/1973

Il primo comma dell'art. 1415 c.c. intende proteggere, in vista della libera circolazione dei beni, l'affidamento fatto dal terzo acquirente sulla validità del titolo del suo autore e pertanto si applica soltanto in favore di chi acquisti dal titolare apparente sulla base del negozio simulato. Ne consegue che è opponibile la simulazione degli atti di acquisto del de cuius al legittimario, il quale acquista i beni del defunto in base ad una relazione d'indole generale con la persona o col patrimonio del medesimo, senza alcuna derivazione diretta, quanto al singolo bene, fra il titolo di acquisto del titolare apparente e quello dell'acquirente successivo.

Cass. civ. n. 676/1973

L'art. 1415 c.c. sancisce l'inopponibilità della simulazione ai terzi acquirenti in buona fede di diritti dal titolare apparente. Ai fini dell'esercizio dell'azione di simulazione, la figura di terzo è particolarmente ampia, in quanto comprende tutti coloro che al negozio non hanno partecipato, nemmeno per mezzo di rappresentante, e ciò comprende anche gli aventi causa, con esclusione soltanto dei successori a titolo universale.

Cass. civ. n. 135/1973

L'impugnativa per simulazione da parte del terzo può legittimamente investire non soltanto i singoli negozi che si assumono simulati, ma anche l'intero procedimento attuativo della simulazione, entro il quale quei negozi perdono la propria autonomia e si risolvono in altrettanti strumenti per realizzare il risultato ultimo pregiudizievole per il terzo.

Cass. civ. n. 349/1970

In base alle norme degli artt. 1415 e 2652 n. 4 c.c. è irrilevante la buona fede del subacquirente che abbia trascritto il proprio titolo dopo la domanda di simulazione, giacché la trascrizione anteriore rende opponibile al subacquirente, nonostante la sua buona fede, la sentenza che accoglie la domanda trascritta. Ma per l'opponibilità della sentenza occorre che ne sussistano le condizioni volute dalla legge, e queste mancano se, prima dell'emanazione della sentenza, sia stata effettuata la cancellazione della trascrizione della domanda di simulazione. In tal caso, non potendosi più invocare gli effetti della pubblicità fatti salvi dall'art. 1415 c.c. e precisati nell'art. 2652 n. 4 torna applicabile la regola generale enunciata nell'art. 1415, secondo la quale la simulazione non può essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dall'apparente titolare.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1415 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. F. chiede
domenica 12/03/2023 - Lazio
“Buongiorno,
il quesito è molto chiaro ed in ipotesi anche semplice (ma ovviamente non sono riuscito a trovare una risposta chiara e netta online), e dal momento che la questione è abbastanza importante, vorrei esprimere il mio, seppur limitato, parere sul punto.
Sono creditore di Tizio e vorrei esperire azione di simulazione per interposizione fittizia, in quanto risulta dimostrabile che Tizio abbia intestato i suoi beni alla compagna Mevia.
Il mio credito nasce da una scrittura privata non autenticata, accolta prima facie dal Giudice, eppoi contestata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in maniera ultra strumentale, da Tizio (siamo all'udienza per le precisazioni e conclusioni).
Credo quindi, che si tratti di un c.d. credito "litigioso", o comunque certamente sub iudice.
La domanda è questa:
il sottoscritto è legittimato ad agire (esattamente come lo sarei in caso di azione revocatoria) per azione di simulazione seppur in possesso di un credito litigioso e quindi non attuale?
Vi espongo sommessamente il mio punto di vista.
Il sottoscritto è convinto che anche in caso di credito litigioso, si sia legittimati ad esperire azione di simulazione, preliminarmente per un motivo di logica ed equità sostanziale.
Infatti, se Tizio è un soggetto pluridebitore e fallito, aduso a ricorrere all'interposizione fittizia per nascondere i suoi beni, ovviamente contesterà e renderà "litigioso"qualunque credito seppur lecito, al fine di perfezionare l'alienazione dei suoi beni in modo da non vederli aggrediti dai suoi creditori.
Rendendo strumentalmente litigioso il credito, Tizio comprerebbe gratuitamente del prezioso tempo.
In sostanza non è concepibile che l'ordinamento possa ammettere che la legittimazione ad agire per azione di simulazione venga in tal modo rimessa alla esclusiva volontà del debitore e anche simulatore!
Così Tizio, soggetto plurifallito, invece di costituire la società Alfa, eppoi cederla nel tempo, potrebbe, per evitare l'azione revocatoria, fondare la società Alfa per un suo tramite o prestanome, eppoi contestare il credito ad esempio ipotizzando un'inesistente prescrizione dello stesso.
In tal modo Tizio sarebbe riuscito ad aggirare norme di fatto imperative posted a tutela delle ragioni di credito.
Dal punto di vista giurisprudenziale ho trovato soltanto una Cassazione del 1976 che sembrerebbe fare proprio al al caso mio, anche se ovviamente è un po' troppo poco (sentenza presente anche nel vostro sito, relativa all'art. 1416 c.c.).
Poi, forse, e sottolineo forse, sono riuscito ad inquadrare esattamente il nocciolo del problema (dopo notti insonni!): infatti la risposta definitiva al quesito, potrebbe rinvenirsi nella sentenza di Cassazione a Sez. UU. del 2004 n. 9440 nella parte motiva relativamente al valore che ordinamento deve riconoscere anche al credito litigioso.
Infatti, seguendo il percoroso argomentativo e nomofilattico della Suprema Corte, si evince chiaramente che il credito litigioso, meriti la stessa tutela giudiziale del credito certo.
Ecco che in questo modo, e cioè, in base a questa mia interpretazione, il quesito da me posto, potrebbe trovare un'autorevolissima definizione.
Essendo il credito litigioso meritevole della stessa tutela del credito certo, allora anche un credito sub iudice o litigioso, può legittimare all'azione di simulazione.
La cosa che invece mi sconcerta, è che non sono riuscito a trovare nessuna Cassazione sul punto!
Si trovano solo sentenze che riguardano i casi di contemporanea richiesta di simulazione e revocatoria, e tutte, ovviamente, concludono che per l'azione revocatoria basti avere un credito litigioso (nel mio caso l'azione revocatoria non solo non è esperibile, ma sarebbe comunque prescritta).
Pertanto chiedo una Vostra cortese risposta al mio quesito, ed eventualmente un riscontro giurisprudenziale, dal momento che mi sembra impossibile che NON esista un caso come il mio (io credo che ce ne siano a decine) in cui qualcuno abbia esperito UNICAMENTE l'azione di simulazione (e non anche in contemporanea, l'azione revocatoria) fondata su credito litigioso, che poi il convenuto abbia contestato la legittimazione ad agire, e che si sia arrivati in Cassazione con relativa e certa pronuncia sul punto.
Chiaramente nella incredibile e malaugurata circostanza in cui non vi fossero sentenze di Cassazione sul tema, andrebbero bene anche sentenze prese dai vari Tribunali italiani
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/03/2023
La soluzione al problema che ci si pone si ritiene debba essere ricercata non tanto nell’art. 1416 del c.c., quanto piuttosto nel disposto di cui al secondo comma dell’art. 1415 c.c.
Occorre intanto premettere che il legislatore non dà una definizione di simulazione, essendo stata questa lasciata alla elaborazione della dottrina.
In linea generale, si considera simulato un contratto quando le parti pongono in essere l’esteriorità di una dichiarazione contrattuale, al fine di poterla invocare di fronte ai terzi (sebbene si tratti di un atto meramente apparente), ma sono fra di loro d’accordo che gli effetti previsti dall’atto simulato non sono voluti o non si devono verificare (conseguentemente i simulanti convengono, ancor prima della stipulazione del contratto fittizio, che non daranno esecuzione alle prestazioni da esso previste proprio perché non dovute).

L’esempio classico che può farsi è proprio quello ricorrente nel caso di specie, ovvero il caso di Tizio che, al fine di poter occultare ai suoi creditori o al fisco una sua proprietà, vende formalmente a Caio i suoi diritti su uno o più immobili o su un pacchetto azionario, ma con il contestuale accordo, destinato a rimanere riservato, che la vendita ufficialmente perfezionata sia meramente apparente, avendo le parti in realtà inteso escludere che l’atto possa assumere qualsiasi effettiva rilevanza tra di loro (così Caio non sarà tenuto a pagare il prezzo apparentemente pattuito, né diventerà proprietario della res a lui apparentemente trasferita).
Casi come quello appena descritto configurano quella che si definisce “simulazione assoluta”, in quanto le parti, per effetto dei loro accordi interni, si limitano ad escludere la rilevanza tra di loro del contratto apparentemente stipulato, cosicchè la situazione giuridica preesistente rimane di fatto immutata.

Ora, mentre risulta abbastanza semplice la soluzione del problema a cui dà luogo la simulazione nei rapporti tra le parti, abbastanza più complessa, invece, si presenta la questione della rilevanza della simulazione rispetto ai terzi, come tali dovendosi intendere tutte quelle persone che sono estranee al negozio simulato.
Sotto questo profilo il legislatore ha distinto tre diverse posizioni, ovvero:
a) quella dei creditori, sia del simulato alienante che del simulato acquirente, avendo ad essi dedicato la disposizione di cui all’art. 1416 c.c.;
b) quella dei terzi che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente, a cui si riferisce il primo comma dell’art. 1415 c.c.;
c) quella dei terzi comunque interessati a dedurre la simulazione, a cui si riferisce il secondo comma dell’art. 1415 c.c., dovendo far rientrare in tale categoria tutti i terzi estranei al contratto simulato, ma che hanno diritto a far accertare l’inefficacia di quest’ultimo, potendone scaturire un pregiudizio ai loro diritti.

E’ in quest’ultima disposizione che si ritiene debba trovarsi il fondamento della propria legittimazione a far valere la simulazione dell’atto per effetto del quale il proprio debitore si è apparentemente spogliato dei beni di cui era titolare, e ciò a prescindere dalla circostanza che si agisce per tutelare un credito litigioso ed ancora sub iudice.
Si tenga presente che proprio in forza di tale disposizione si è ritenuto perfino consentito ai figli di un soggetto, interessati a dimostrare, dopo la morte di quest’ultimo, che la vendita ad un terzo dissimulava una donazione dei loro diritti di legittimari, di agire in giudizio per far valere la simulazione, onde avvantaggiarsene ai fini della determinazione della loro quota di eredità.

Una conferma di quello che è l’interesse concreto che sta alla base dell’azione di simulazione esperita dal terzo pregiudicato dall’atto simulato si ritiene che possa rinvenirsi nel ragionamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione, Sez. II civile, nella recente sentenza n. 33367 dell’11 novembre 2022.
In tale sentenza la S.C. precisa che l’accoglimento della domanda di simulazione per interposizione fittizia di persona, proposta dal terzo interessato, non determina la mera inopponibilità ed inefficacia relativa dell’atto simulato verso il terzo istante, come accade nel caso dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., ma si estende alla verifica dell’effetto traslativo in favore dell’interponente e non verso l’interposto, a causa dell’accordo simulatorio.
In buona sostanza, l’interesse del terzo che agisce ex art. 1415 comma 2 c.c. si fa consistere nell’accertamento dell’effettivo destinatario degli effetti traslativi dell’atto di vendita, ovvero nell’accertamento del fatto che, sulla scorta del procedimento di simulazione per interposizione fittizia di persona, la direzione reale dell’effetto traslativo non corrisponde a quella apparente.

Per quanto concerne il carattere della litigiosità del credito sulla cui base si pone la propria posizione di terzo legittimato ad agire ex art. 1415 comma 2 c.c., si ritiene che le medesime considerazioni che si rinvengono nella giurisprudenza sia di legittimità che di merito in relazione all’azione di revocazione debbano valere anche per l’azione di simulazione.
In tal senso può argomentarsi dalla circostanza che nella gran parte delle sentenze che si rinvengono sulla materia, entrambe le azioni (di simulazione, assoluta e relativa, e revocatoria) vengono proposte nel medesimo giudizio in via alternativa o subordinata tra loro, il che denota che le ragioni che vengono poste a fondamento dell’una possano farsi valere anche per l’altra (cfr. Cass. civ. Sez. III n. 17867/2007, Cass. civ. Sez. I ordinanza n. 15077/2018, Tribunale di Perugia 09.01.2018, Cass. civ. Sez. III sent. n. 21083/2016, Cass. civ. Sez. I sent. n. 8735/2009).
Tanto basta per poterne desumere che quanto affermato dalla giurisprudenza in tema di azione revocatoria, con riferimento alla possibilità di esperire tale azione anche a tutela di un credito litigioso, debba farsi valere anche per il caso di esercizio dell’azione di simulazione.

A ciò si aggiunga un’ultima considerazione: nella sentenza richiamata nel quesito (Cass. SS.UU. n. 9440/2004), ma anche nelle altre successive che si rinvengono nella medesima materia, la S.C. precisa che, anche in caso di credito eventuale, in veste di credito litigioso, il giudizio promosso con l’azione revocatoria ex art. 2901 del c.c. non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 del c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito.
Da ciò si ritiene se ne possa dedurre che, in ogni caso, l’esistenza di un credito litigioso non preclude certamente la legittimazione ad esperire l’azione volta a far valere la simulazione di un atto, ma può tutt’al più dar luogo ad una pronuncia, da parte del giudice adito, di sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c., qualora quest’ultimo sia dell’avviso che possa venirsi a creare un conflitto di giudicati tra la sentenza che accerti la simulazione ed una eventuale sentenza negativa sull’esistenza del credito.

William R. chiede
lunedì 04/12/2017 - Veneto
“Buon giorno. Il mio soprannome è "NEMO", volendo conservare l'anonimato.
PREMESSO che con atto di citazione 09/giugno/1989 venivano citati in giudizio le controparti, avendo subito dei danni strutturali sulla costruzione data in appalto.
A= IMPRESA
B = GEOM DIRETTORE DEI LAVORI E PROGETTISTA
C = PROGETTISTA DELLE OPERE IN C.A.
Con Decreto ingiuntivo 19 Luglio 1985 venivo condannato, in via provvisoria , a pagare ( B Geom)
Con sentenza di primo PUBBLICATA 18/11/2002, il Geometra ( B ) risultava vincitore, mentre il Progettista opere in C.A. ( C ) e l’impresario ( A ) venivano condannati.
A causa del mancato accoglimento della richiesta di danni ricorrevo per Appello.
Con sentenza del 31 gen 2013 della corte di Appello, Il Geometra (B) e gli eredi dell’impresa (A) venivano condannati, mentre il progettista ( C ), condannato in primo grado, risultava vincitore.
IL GEOMETRA ( B ) ricorreva per cassazione, con la conseguenza che si ricorreva tutti, con contro ricorso ( solo uno degli eredi dell’impresario ( A ) ricorreva )
Con ORDINANZA del 28 giugno 2017 depositata 23/11/2017, risultava vincitore il progettista opere in C.A. ( C ), venivano compensate le spese tra me e uno degli eredi dell’impresario ( causa una transazione tra me e questi rilevata dal giudice e depositata), mentre il Geometra ( B ) veniva condannato a pagare le spese processuali ( € 3000 ) a me e altri € 3000 al progettista.
Ora dovrei rivolgermi al geometra (B) ma questi nel frattempo 6 maggio 2003 vendeva ½ delle sua proprietà ,avuta per successione, alla di Lui MOGLIE subito dopo il mio ricorso per Appello del 08/APR/2009 depositato il 17 Aprile 2017 .
Sul passaggio di proprietà non si rilevano pagamenti, ma solo la seguente dicitura :
“” Art. 4 ) Le parti dichiarano di aver fissato il prezzo in lire 80.000.000 (ottanta milioni), somma che la parte cedente riconosce di aver prima d’ora ricevuto dalla parte cessionaria, alla quale rilascia pertanto liberatoria e quietanza con rinuncia all’ipoteca legale comunque nascente dal presente atto.””””
Sempre il 6 maggio 2003 costituivano presso il medesimo notaio un fondo patrimoniale. Il 25/06/2013 era trascritta in Comune sull’ estratto di matrimonio l’annotazione inerente il fondo patrimoniale.
Per quanto riguarda il fondo patrimoniale a quanto mi è dato da capire da ultime sentenze, non garantisce la controparte avendo indicato che i beni della famiglia derivano anche dal lavoro del geometra in questo caso.
Ora i 5 anni per la revocatoria risultano passati.
Mi risulta che:
“””ASPETTI PROCESSUALI
L’azione di simulazione. Considerazioni generali.
L’azione di simulazione può essere proposta – ricorrendo l’interesse ad agire – tanto dalle parti negoziali quanto dai loro aventi causa quanto, in ultimo, dai creditori.
Nel silenzio del legislatore, l’azione dovrebbe poter essere esperita sia in via principale sia in via di eccezione. In realtà, però, la giurisprudenza, facendo perno sulla non riproposizione – nella disciplina della simulazione – della specifica previsione di cui all’art. 1442 c. 4 c.c., è giunta a concludere per l’inaccoglibilità di un’eccezione di simulazione opposta avverso la domanda attorea di esecuzione negoziale, men che meno se proposta oltre il termine prescrizionale previsto per il caso di simulazione reale.
Ciò, peraltro, non significa che, una volta presentata la domanda attorea, il convenuto che voglia far valere la simulazione sia assolutamente impossibilitato a farlo. Dovrà, piuttosto, in sede di comparsa defensoriale, non limitarsi ad eccepire la relativa questione ma, piuttosto, proporre una specifica domanda riconvenzionale – ovviamente se ancora in termini – ex art. 167 c. 2 c.p.c..
Prescrizione dell’esercizio dell’azione.
L’azione, come detto, è volta ad ottenere l’emanazione di una sentenza di accertamento e – come del resto quella diretta ad accertare la nullità – dovrebbe di conseguenza essere sia imprescrittibile sia rilevabile ex officio.
In realtà, dottrina e giurisprudenza sono giunte a conclusioni parzialmente diverse: infatti, ferma restando la rilevabilità d’ufficio della relativa questione – per lo meno allorché si tratti di simulazione assoluta - l’imprescrittibilità viene riconosciuta solo per la domanda diretta a far valere la simulazione assoluta.
Allorché, invece, si tratti di simulazione relativa, la domanda è ritenuta soggetta ad un termine prescrizionale che varia, a seconda del filone dottrinario-giurisprudenziale prescelto:
• in 10 anni decorrenti dalla conclusione del negozio, ossia nel termine generale di prescrizione dei diritti previsto dall’art. 2946 c.c.;
• nel periodo di tempo occorrente per la prescrizione del diritto oggetto del contratto simulato.
Per i sostenitori di tale ricostruzione, pertanto, allorché oggetto di simulazione sia, ad esempio, un contratto di lavoro nel quale le parti hanno fatto apparire quale retribuzione una somma inferiore rispetto a quella realmente pattuita, l’azione di simulazione dovrà essere esperita entro 5 anni decorrenti dalla conclusione del negozio, stante l’applicabilità alle rate stipendiali pagabili a cadenze annuali o inferiori della prescrizione breve di cui all’art. 2958 n. 4) c.c..
L’argomento usato per giustificare la prescrittibilità dell’azione di simulazione relativa è, invero, molto convincente. Se, infatti, tale azione mira ad ottenere una dichiarazione di accertamento negativo dell’efficacia del contratto simulato ed una contemporanea di accertamento positivo dell’efficacia di quello dissimulato, potrebbe comunque non consegnare alcuna conseguenza favorevole allorché comunque la posizione giuridica sottesa al contratto dissimulato sia ormai prescritta.
A conferma di ciò è stato notato come, anche qualora non si accolga la teoria della prescrittibilità, comunque, nel caso sopra riportato di “inutilità” della pronuncia, l’attore si troverebbe in posizione di carenza di interesse ad agire e, pertanto, il processo dovrebbe concludersi con il rigetto della sua azione.
Discorso a parte deve essere fatto allorché all’azione diretta ad accertare la simulazione relativa se ne accompagni una diretta a fare dichiarare la nullità del negozio dissimulato: in tale caso, infatti - al fine di non lasciare l’attore alla mercé della prescrizione e dunque in concreto sfornito di ogni forma di tutela - la dottrina ha riconosciuto l’imprescrittibilità della relativa azione (salve le conseguenze della trascrizione ex artt. 2652 c. 1 punto 6 e 2690 c. 1 punto 3 c.c.).
Particolare è il caso dell’azione diretta ad accertare l’interposizione fittizia di persona, che – come già detto – costituisce null’altro che un particolare caso di simulazione relativa. In tale ipotesi, la dottrina ritiene che, non essendo l’azione diretta a far riconoscere l’esistenza e l’applicabilità di un negozio diverso rispetto a quello simulato ma solo ad ottenere una diversa imputazione dei suoi effetti giuridici, questa sia imprescrittibile.”””
Quanto sopra non mi ha chiarito le idee, non capendo alcune differenze.
1 ) Nel caso evidenziato in realtà quale è la mia posizione ?
2) Che margini di manovra ho?
3) posso ipotecare tali beni (moglie e marito o solo marito debitore)
4) avete dei consigli per procedere ?
Per capire il situazione segnalo che in data 18 novembre 2014 vi è stata una transazione con uno degli eredi dell’imprenditore (- A - deceduto ), che veniva notificata agli altri eredi di li a breve, in modo che potessero aderire alla transazione essi non aderivano, con raccomandata, nei 6 mesi di tempo indicati. Si tenga presente che in corso di causa non hanno dichiarato di voler rispondere per la solo loro quota di successione.
A questo punto la transazione non li coinvolge, posso rivolgermi anche a loro per il recupero del mio avere ? O il debito si è estinto visto che non si sono presentati in Cassazione ?”
Consulenza legale i 15/12/2017
Nemo in qualità di committente, stipula un contratto di appalto con una impresa avente ad oggetto la costruzione di un immobile.

A seguito di danni strutturali riscontrati al detto immobile, il committente cita in giudizio il geometra, l’impresario ed il progettista.

All’esito dei tre gradi di giudizio, il geometra viene condannato a pagare i danni al committente e alla rifusione delle spese legali.

Il geometra, nel corso dei gradi di giudizio, vende ½ delle sue proprietà alla moglie con la quale successivamente costituisce un fondo patrimoniale.

Chiede, pertanto, come può agire nei confronti del geometra per recuperare il proprio credito.

Dunque, per come strutturato il quesito, sembra di capire che il geometra abbia posto in essere atti volti a sottrarre i beni da eventuali azioni esecutive dei creditori.

Ai sensi dell’art 2740 c.c. “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri..”.

I principali strumenti predisposti dall’ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. sono l’azione di simulazione e la revocatoria ordinaria.

L’azione revocatoria ordinaria, di cui all’art 2901 c.c., è la domanda giudiziale con il quale il creditore intende far dichiarare inefficaci nei suoi confronti, atti di disposizione del patrimonio da parte del suo debitore che abbiano l’effetto di diminuire la garanzia patrimoniale pregiudicandone le ragioni.

Il pregiudizio alle ragioni del creditore sussiste allorché l’atto dispositivo renda più difficile il soddisfacimento delle ragioni del creditore.

Il creditore in tali casi può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.

La revocatoria ordinaria (cd. actio pauliana) può essere esperita quando: a) esiste un valido rapporto di credito tra il creditore agente in revocatoria ed il debitore disponente del bene immobile, b) vi è un danno subito dal creditore, sotto forma di lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto traslativo (cd. eventus damni) e c) vi è la consapevolezza da parte del debitore, nonché da parte del soggetto terzo, del pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione alle ragioni del creditore del suo dante causa (cd. consilium fraudis).

L'effetto dell'azione revocatoria non è quello di rendere invalido l'atto dispositivo ma quello di rendere inefficace nei confronti dell'attore in revocatoria l'atto stesso, con la conseguenza che l’attore, in caso di esito positivo della sua iniziativa giudiziale, potrà promuovere l'esecuzione forzata sul bene immobile oggetto dell'atto dispositivo anche se lo stesso fa parte non già del patrimonio del debitore ma di quello del suo avente causa.

Infine, il codice civile stabilisce che il termine di prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria è di cinque anni dalla data dell’atto; a tal proposito la giurisprudenza ha chiarito che, per il computo del termine iniziale, bisognerà far riferimento non alla data della stipula dell’atto dispositivo ma a quella della sua trascrizione nei pubblici registri.

L’altra azione a tutela del creditore è quella di simulazione.

Il contratto simulato è un contratto apparente, che non risponde alle reali intenzioni delle parti.

La simulazione può essere:
a) Assoluta quando le parti pongono in essere un dato negozio, ma in realtà non vogliono alcun negozio. In tal caso le parti stipulano un contratto con il tacito accordo che di esso non si debbano mai produrre gli effetti che risultano dall'estrinseco del negozio.

In pratica esse fingono di porre in essere un negozio ma in realtà non desiderano porne in essere alcuno. Un esempio di simulazione assoluta si verifica quando Tizio aliena simulatamente un immobile a Caio ma entrambi sono d'accordo che la proprietà, di fatto, non si trasferisca in capo a Caio, e che questi, correlativamente non debba corrisponderne il prezzo pattuito.

La simulazione è assoluta, dunque, allorché l’accordo concluso dalle parti è diretto a privare di ogni effetto il negozio simulato, con la conseguenza di non determinare la nascita di alcun rapporto giuridico fra di loro né, tantomeno, di modificare le loro rispettive posizioni giuridiche.

b) Relativa che ricorre quando le parti pongono in essere un negozio (simulato) ma in realtà vogliono un negozio diverso (dissimulato), contenuto in una controdichiarazione (es. vendita che simula una donazione).

In caso di simulazione relativa, al contrario, viene posto in essere un contratto di cui le parti non desiderano il verificarsi degli effetti, ma viene altresì stipulato un contratto ad esso sotteso e riservato, per questo detto dissimulato, cui invece le parti daranno esecuzione. In pratica esse vogliono porre in essere un negozio diverso da quello apparente. Un esempio di simulazione relativa è, ancora in caso di compravendita l'ipotesi di vendita apparente: Tizio intende trasferire la proprietà di un bene a Caio a titolo gratuito e non dietro pagamento di un prezzo, come risulta dall'apparente contratto di vendita. È chiaro che in questo caso il negozio dissimulato costituisce una donazione, e non una compravendita che invece avviene a titolo oneroso (cioè dietro pagamento di un prezzo).

Quanto agli effetti della simulazione, essi sono diversi a seconda di soggetti.

Tra le parti, difatti, la simulazione non ha alcun effetto.

Nei confronti dei creditori, soprattutto quelli del simulato alienante, i creditori possono chiedere che, nei rapporti con le parti negoziali, venga accertata la simulazione loro pregiudizievole (ex art. 1416 c. 2 c.c.) e, pertanto, pretendere che anche nei loro confronti spieghi effetto l’eventuale negozio dissimulato.

L’azione di simulazione può essere proposta – ricorrendo l’interesse ad agire – tanto dalle parti negoziali quanto dai loro aventi causa quanto, in ultimo, dai creditori ed è diretta ad ottenere una sentenza di accertamento.

Quanto alla prescrizione, l’azione diretta a far valere la simulazione assoluta è imprescrittibile, mentre quella diretta a far valere la simulazione relativa è imprescrittibile solo quando mira ad accertare la nullità del contratto simulato mentre, se lo scopo è far valere il contratto dissimulato, secondo la giurisprudenza si prescriverebbe nel termine previsto per i diritti che nascono da tale contratto.



Illustrati gli istituti giuridici che l’ordinamento giuridico offre al creditore per soddisfare il proprio credito, passiamo al caso concreto.

Il Geometra vende ½ della sua proprietà alla moglie in data 7 agosto 1989, quindi, mentre era in corso il giudizio di primo grado.

Sembra evidente che la vendita sia stata posta in essere con l’intento di sottrarre i beni da eventuali azioni esecutive del creditore in caso di soccombenza nella causa che lo vedeva coinvolto.

Come può allora il creditore Nemo recuperare la somma a lui dovuta dal geometra accertata con sentenza della Corte di Cassazione?

Sulla base di quanto ci viene riferito nel quesito, riteniamo che siano prospettabili più ipotesi.

1 ipotesi: poiché oggetto della vendita è stata ½ della proprietà del Geometra, Nemo potrà procedere con l’esecuzione forzata aggredendo l’altra metà della proprietà non oggetto della vendita.

2 ipotesi: nel caso in cui l’altro ½ della proprietà di Nemo sia confluito nel fondo patrimoniale, si potrà proporre azione revocatoria del fondo.

Tuttavia, poiché la revocazione del fondo patrimoniale può avvenire solo entro 5 anni dalla annotazione del fondo sull’atto di matrimonio, la prospettata azione revocatoria potrà essere esperita solo se effettivamente il fondo, costituito il 6 maggio 2003, sia stato trascritto in data 25.06.2013, come riferito nel quesito.

In tal caso, infatti, non sono ancora decorsi i 5 anni che andrebbero a scadere nel 2018.

3 ipotesi: ove il fondo non sia revocabile perché decorsi i 5 anni, si potrà agire con l’azione di simulazione al fine di ottenere l’accertamento della inefficacia della compravendita.

Nel caso in esame riteniamo che si configuri una simulazione assoluta in quanto le parti non volevano alcun negozio ma è ben probabile che hanno simulato la vendita solo per sottrarre i beni al creditore.

L’azione di simulazione è in tal caso imprescrittibile e, pertanto, ancora esperibile.

La prova della simulazione assoluta è consentita tanto in via testimoniale quanto per via di presunzioni.

Inoltre in tema di simulazione del contratto di compravendita, la Suprema Corte con sentenza n. 12955/2014 ha confermato il principio per cui, qualora il creditore di una delle parti contraenti proponga l’azione di nullità del contratto per simulazione, l’onere della prova relativa all’avvenuto pagamento del prezzo incombe sull’acquirente, non presentando alcuna efficacia vincolante, nei riguardi del soggetto terzo rispetto al rapporto inter partes, la dichiarazione contenuta nei rogiti notarili relativa all’avvenuto pagamento del prezzo.

In tale contesto, la giurisprudenza ha precisato che, a fronte di indizi proposti dalla parte che denuncia la simulazione di una compravendita, è l’acquirente a dover provare l’effettività del pagamento del prezzo del bene, e non il soggetto che promuove l’azione di simulazione.E ciò, in quanto l’indagine giudiziale diretta ad accertare l’esistenza, o meno, di un accordo simulatorio, è costituita dalla prova sull’effettività del pagamento del prezzo, la quale, non può essere provata da chi promuove l’azione di simulazione, estraneo all’accordo, bensì dall’acquirente, che invece è in grado di provare, mediante la produzione in giudizio di idonea documentazione, l’effettivo pagamento del prezzo nei confronti dell’alienante.

Nemo non potrà invece impugnare la vendita con l’azione di revocazione essendo decorsi i 5 anni dalla data dell’atto.

In realtà la prescrizione decorre dalla data della trascrizione dell’atto di compravendita nei Registri Immobiliari, poiché è dal quel momento che l’atto viene portato a conoscenza dei terzi.

Nel quesito viene indicata solo la data di compravendita (7 agosto 1989) e si presume che l’atto sia stato trascritto subito dopo e che, pertanto, siano decorsi i 5 anni per l’azione revocatoria.

Quanto alla transazione intervenuta con un erede dell’impresario, non possiamo fornire una risposta in quanto non si comprende se anche l’impresa sia stata condannata.

In ogni caso bisognerebbe leggere il testo della transazione per capire quale sia il rapporto transatto e le relative pattuizioni.


Americo P. chiede
sabato 28/01/2017 - Lazio
“Sono a conoscenza di una compravendita di terreno da mio padre ad un figlio. I figli sono sei. Lo scopo di questa compravendita era costituire una cooperativa edilizia. Questa cooperativa è stata costituita da nove soci di cui cinque, soci, sono figli. Uno di questi ha preso l'incarico di presidente della cooperativa. In questo atto di compravendita è previsto il pagamento di 192.000.000 di lire e mio padre per agevolare questa iniziativa ha detto nell'atto di compravendita di aver ricevuto questa somma che in realtà non ha avuto e che io ne sono venuto a conoscenza tardi. Le richieste ai fratelli sono state vane perché hanno fatto scarica barile. Ora con il decesso di mia madre vorrei fare la collazione e vorrei riprendere l'argomento, ora la domanda che vi rivolgo è: potrebbe figurarsi un atto come donazione indiretta? Dato che l'art. 737 c.c. prevede che tutti quelli che accettano la collazione devono rimettere sia le donazioni dirette che quelle indirette. Il caso esposto rientra nelle donazioni indirette? O altro?”
Consulenza legale i 02/02/2017
Va preliminarmente osservato che non risulta chiaro perché si accenni al decesso della madre – quasi la collazione servisse a ricostruire esattamente il patrimonio di quest’ultima - laddove il negozio che viene qui in esame è stato concluso dal padre con uno dei figli.

In ogni caso, limitando la risposta alla natura dell’atto in questione, va detto che esso non può essere definito atto di donazione indiretta. Quest’ultima, infatti, è un atto di liberalità effettuato dal de cuius attraverso uno strumento giuridico diverso dalla donazione vera e propria (ad esempio: adempimento di debiti altrui con rinuncia alla rivalsa nei confronti del debitore; contratti a favore di terzi, rinuncia ad un diritto, ecc.).

Nel caso di specie, invece, si tratta – come correttamente ipotizzato nel quesito – di una donazione dissimulata (i.e.: mascherata) sotto l’apparenza di un negozio giuridico oneroso (compravendita): depone in favore di questa tesi, peraltro, la circostanza che non sia stato versato – al di là di quanto dichiarato - alcun prezzo per il trasferimento immobiliare.
Si tratta di un’ipotesi, per la verità, tutt’altro che infrequente.

Una donazione dissimulata come quella in esame è pacificamente ritenuta collazionabile, con onere, tuttavia, per il coerede/discendente, pregiudicato nei suoi diritti, di procedere preventivamente con l’azione di simulazione di cui all’art. 1415, 2° comma, cod. civ..: “I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti”.

Occorre, tuttavia, distinguere – sotto il profilo dell’esito del giudizio di simulazione e sui riflessi che questo può avere sulla successione - tra donazione dissimulata valida ed invalida.
Infatti, la disciplina codicistica sulla simulazione, stabilisce che sarà valido tra le parti il negozio dissimulato (in questo caso la donazione) se (e solo se) quest’ultimo possegga tutti i requisiti di forma e di sostanza: “Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma” (1414, 2° co., cod. civ.).

Ebbene, la donazione, per la sua validità, richiede un importante presupposto di forma: l’atto pubblico alla presenza dei testimoni (art. 782 cod. civ.). Se dunque tali presupposti vi sono, a seguito di accertamento giudiziale dell’avvenuta simulazione diverrà pienamente valida ed efficace la donazione dissimulata e si potrà procedere con la collazione del terreno al fine di ricostruire esattamente il patrimonio ereditario.
Al contrario, qualora i presupposti di legge non fossero stati soddisfatti (ad esempio anche solo per la mancanza dei testimoni) la donazione dissimulata sarà invalida ed il bene oggetto della medesima (in questo caso, il terreno) entrerà a far parte direttamente ed automaticamente della massa ereditaria, senza bisogno di collazione.
Afferma sul punto la giurisprudenza più recente: “Se in un negozio di trasferimento di un immobile non è avvenuto alcun pagamento di prezzo, si configura una vendita dissimulante una donazione e non una donazione indiretta, con conseguente necessità della forma di atto pubblico con la presenza di due testimoni ai fini della validità dell'atto.” (Cassazione civile, sez. II, 02/07/2014, n. 15095).

Per un parere definitivo occorrerebbe prendere visione dell'atto di compravendita.