Cass. civ. n. 41386/2021
Ai fini dell'interruzione della prescrizione ai sensi degli artt. 2943, comma 4, e 2945, comma 1, c.c., il tentativo di pignoramento mobiliare infruttuoso, documentato da verbale di "pignoramento negativo", costituisce idoneo atto di esercizio del credito, a condizione che l'attività all'uopo effettuata dall'ufficiale giudiziario (accesso, ostensione del titolo esecutivo e del precetto, ricerca dei beni, ecc.) sia conosciuta o conoscibile dal debitore e, dunque, che la stessa si svolga almeno in presenza dei soggetti di cui all'art. 139 c.p.c. ed in luogo appartenente alla sfera giuridica del debitore stesso, nei termini di cui all'art. 513 c.p.c.
Cass. civ. n. 25014/2021
In caso di estinzione del processo tributario dovuta all'omessa riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio, la regola generale dell'art. 2945, comma 3, c.c., non trova applicazione e il termine di prescrizione della pretesa fiscale decorre dalla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione. Le ragioni della mancata applicazione della predetta regola generale sono le seguenti: a) la natura impugnatoria del processo tributario e la natura amministrativa, e non processuale, dell'atto impositivo, con la conseguente definitività di questo per effetto dell'estinzione del giudizio di impugnazione di esso proposto dal contribuente; b) l'irrazionalità della soluzione opposta, atteso che essa farebbe decorrere la prescrizione a carico dell'amministrazione finanziaria da una data (l'introduzione del giudizio) antecedente alla definitività dell'atto impositivo, con la paradossale conseguenza che il titolo dell'imposizione potrebbe risultare ineseguibile (perché estinto per prescrizione) ancor prima di essere divenuto definitivo; c) l'insussistenza, nel processo tributario, della "ratio" dell'art. 2945, comma 3, c.c., atteso che, data la natura impugnatoria di tale processo, e per la definitività che assume l'atto impositivo per effetto dell'estinzione nel caso di mancata riassunzione, è il solo contribuente ad avere interesse alla riassunzione, con la conseguenza che, qualora si applicasse la regola generale dell'art. 2945, comma 3, c.c., l'eliminazione dell'effetto sospensivo della prescrizione in pendenza del processo tributario, che poi si estingua per la mancata riassunzione, opererebbe a favore della parte processuale (il contribuente) che, mostrando disinteresse per la coltivazione del giudizio, ha consentito che l'atto impugnato divenisse definitivo. Né a tale soluzione può opporsi il regime della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, a norma dell'art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che: se è prevista (sentenze intermedie favorevoli all'amministrazione finanziaria), essa non realizza in via definitiva la pretesa tributaria, ma opera sul piano meramente anticipatorio e interinale degli effetti di un accertamento giudiziale ancora "in itinere"; se non è prevista (sentenza intermedie favorevoli al contribuente), sussiste un impedimento di diritto alla realizzazione della pretesa tributaria, con il conseguente mancato decorso, per regola generale, del termine prescrizionale.
Cass. civ. n. 8217/2021
In tema di prescrizione, l'efficacia interruttiva permanente determinata dall'introduzione del processo esecutivo, estesa anche al coobbligato ex art. 1310 c.c., si protrae, agli effetti dell'art. 2945, comma 2, c.c., fino al momento in cui la procedura abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o in parte, l'attuazione coattiva del suo diritto ovvero, alternativamente, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non ascrivibile al creditore medesimo, mentre, nell'ipotesi opposta, di estinzione cd. tipica del procedimento esecutivo, dovuta a condotte inerziali, inattive o rinunciatarie del creditore procedente, all'interruzione deve riconoscersi effetto istantaneo, a norma dell'art. 2945, comma 3, c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di rigetto dell'eccezione di prescrizione del credito formulata dal fideiussore, attribuendo efficacia "interruttiva-sospensiva" a due procedure esecutive, per essere la prima ancora pendente e la seconda "fisiologicamente" conclusa con la distribuzione del ricavato). (Rigetta, CORTE D'APPELLO SALERNO, 28/02/2019).
Cass. civ. n. 12239/2019
In tema di prescrizione, l'effetto interruttivo permanente determinato dall'atto di pignoramento si protrae, agli effetti dell'art. 2945, comma 2, c.c., fino al momento in cui il processo esecutivo abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o in parte, l'attuazione coattiva del suo diritto ovvero, alternativamente, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non ascrivibile al creditore medesimo, mentre, in caso contrario, all'interruzione deve riconoscersi effetto istantaneo, a norma dell'art. 2945, comma 3, c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto prescritto il credito azionato in una procedura esecutiva immobiliare, sul presupposto che, essendosi quest'ultima estinta per l'omessa rinnovazione della trascrizione del pignoramento ai sensi dell'art. 2668 ter c.c., all'atto introduttivo della stessa dovesse riconoscersi efficacia interruttiva istantanea - e non già permanente - della prescrizione). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 18/07/2017).
Cass. civ. n. 20308/2018
L'effetto interruttivo permanente della prescrizione si determina anche nel caso di proposizione di un giudizio successivamente estinto nel corso del quale sia stata pronunciata sentenza non definitiva di merito, dovendosi ritenere tale ogni decisione che abbia risolto talune questioni sollevate dalle parti in ordine all'oggetto della domanda. (Nella specie, la S.C., in un giudizio avente ad oggetto l'opposizione alla stima di indennità dovute per occupazione ed espropriazione immobiliare, ha ritenuto interrotto il termine di prescrizione dalla proposizione di una precedente domanda fino al passaggio in giudicato della sentenza non definitiva con la quale, in un giudizio in seguito estinto, era stata accertata la mancata emissione del decreto di espropriazione, afferendo tale presupposto non già alla mera proponibilità dell'azione, bensì al suo accoglimento e, quindi, alla sussistenza del diritto).
Cass. civ. n. 21201/2017
L'estinzione del processo (sia stata o meno dichiarata dal giudice) elimina l'effetto permanente dell'interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c., ma non incide sull'effetto interruttivo istantaneo della medesima, comunque prodottosi, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda.
Cass. civ. n. 3741/2017
L'atto di precetto, contenendo un'intimazione ad adempiere rivolta al debitore (con conseguente sua messa in mora), produce un effetto interruttivo della prescrizione del relativo diritto di credito a carattere istantaneo, sicché, verificatosi tale effetto, inizia a decorrere, dalla data della sua notificazione, un nuovo periodo di prescrizione (artt. 2943, comma 3, e 2945, comma 1, c.c.), mentre l'atto di pignoramento determina un effetto tanto interruttivo quanto sospensivo della prescrizione stessa, giusta il disposto dell'art. 2943, comma 1, c.c., poiché ad esso consegue l'introduzione di un giudizio di esecuzione tutte le volte in cui risulti notificato regolarmente al debitore.
Cass. civ. n. 23502/2016
In caso di estinzione del processo tributario dovuta ad omessa riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio, non trova applicazione la regola generale dettata dall'art. 2945, comma 3, c.c. ed il termine di prescrizione della pretesa fiscale decorre dalla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione, giacché solo da tale momento l'atto impositivo diviene definitivo, mentre, ove venisse meno l'effetto sospensivo previsto dall'art. 2945, comma 2, c.c., la prescrizione maturerebbe anteriormente a tale definitività in favore dell'unica parte processuale (il contribuente) interessata alla riassunzione, proprio al fine di evitare che l'atto impugnato diventi definitivo.
Cass. civ. n. 23867/2015
L'art. 2945, comma 3, c.c., che prevede, per il solo caso di estinzione del processo, il venir meno dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione durante il corso del giudizio, trova applicazione, per identità di "ratio", anche nel caso di rinuncia alla domanda cui segua una sentenza di cessazione della materia del contendere, trattandosi di pronunzia inidonea ad acquisire efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere.
Cass. civ. n. 20176/2013
L'interruzione del termine di prescrizione, con la notificazione del ricorso per decreto ingiuntivo, ha effetti permanenti fino all'acquisto dell'efficacia di giudicato da parte del decreto, per mancata tempestiva opposizione, anche nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo fin dalla sua emissione.
Cass. civ. n. 13438/2013
La mera proposizione, da parte del debitore, di una citazione in revocazione ex art. 395, n. 3, cod. proc. civ. non impedisce il passaggio in giudicato, ex art. 324 cod. proc. civ., della sentenza impugnata, sicché termina l'effetto interruttivo permanente della prescrizione prodotto dalla notificazione dell'atto introduttivo del corrispondente giudizio. Tuttavia, se il creditore convenuto in revocazione si costituisce formulando una domanda comunque tendente all'affermazione del proprio diritto (ed in tale categoria va ricompresa certamente anche la mera richiesta di rigetto della revocazione) compie un'attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell'art. 2943 cod. civ.; e, quindi, ai sensi dell'art. 2945, secondo comma, cod. civ., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il relativo procedimento.
Cass. civ. n. 6293/2007
Agli atti introduttivi del giudizio va riconosciuta efficacia permanente fino alla data in cui intervenga una sentenza, che pur risolvendo questioni processuali, come quella attinente alla giurisdizione, sia suscettibile di passare in giudicato, precludendo l'esame della stessa questione da parte di qualsiasi altro giudice, non rilevando che successivamente il giudizio di merito, trattenuto in rinvio in attesa della decisione sulla giurisdizione, sia dichiarato estinto.
Cass. civ. n. 24808/2005
Il principio fissato dall'art. 2945 c.c. - secondo il quale l'interruzione della prescrizione per effetto di domanda giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio - trova deroga solo nel caso di estinzione del processo, e pertanto resta applicabile anche nell'ipotesi in cui detta sentenza non decida nel merito ma definisca eventuali, questioni processuali di carattere pregiudiziale; ne consegue che deve riconoscersi alla domanda giudiziale l'effetto interruttivo protratto di cui all'art. 2945 c.c. anche nell'ipotesi in cui il giudizio si concluda con una sentenza che dichiari l'improponibilità della domanda.
Cass. civ. n. 13081/2004
Sia con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, sia con la comparsa di risposta all'opposizione, l'opposto esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex art. 2943 primo e secondo comma c.c. ; tale interruzione ha effetti permanenti (e non meramente istantanei ) ex art. 2945, secondo comma, c.c., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest'ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione ovvero del decreto decorrerà poi l'ulteriore termine di prescrizione previsto dall'art. 2953 c.c.
Cass. civ. n. 11919/2003
La disposizione dettata dal secondo comma dell'art. 2945 c.c., intesa a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione del diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione quando lo stesso creditore, dopo aver proposto in giudizio una determinata domanda, la abbandoni, così impedendo che intervenga, sulla domanda stessa, la sentenza definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge, senza che possa rilevare che il giudizio prosegua e giunga a definizione relativamente ad altre e diverse pretese avanzate contestualmente a quella abbandonata. (In applicazione ditale principio di diritto la S.C. ha confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva correttamente ritenuto, in una causa di ripetizione di somme indebitamente riscosse dall'INPS, che il diritto agli interessi moratori fosse diritto autonomo, come tale necessitante di una autonoma domanda, e che, in caso di mancata riproposizione di tale domanda in appello, per il combinato disposto degli artt. 329 e 346 c.p.c., essa dovesse presumersi rinunciata, con il conseguente venir meno dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione per tutta la durata del giudizio ed il permanere della sola interruzione istantanea della prescrizione prodotta dalla proposizione della domanda giudiziale).
Cass. civ. n. 11016/2003
In caso di estinzione del processo, di norma solo l'atto introduttivo del giudizio ha efficacia interruttiva istantanea della prescrizione, che ricomincia a decorrere dalla data di tale atto, non avendo efficacia interruttiva le attività processuali svolte nei processo estinto. tuttavia, all'interno di un processo poi estinto può esplicare efficacia interruttiva della prescrizione il singolo atto processuale qualora esso esprima al contempo anche un contenuto sostanziale, essendo espressione di un comportamento inequivoco del creditore volto a far valere il proprio diritto e tale da comportare la costituzione in mora del debitore.
Cass. civ. n. 10480/2002
In tema di prescrizione nel caso di estinzione del processo, il nuovo periodo di prescrizione, relativa al diritto dedotto in giudizio, inizia a decorrere, a norma dell'art. 2945, comma terzo, c.c., dall'atto introduttivo del giudizio, ovvero dalla domanda proposta in corso di causa, e non anche da uno degli atti processuali successivi, quali le deduzioni difensive, le istanze di merito e le richieste di prove formulate dal difensore.
Cass. civ. n. 4203/2002
Il precetto, non costituendo atto diretto alla instaurazione di un giudizio, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la notificazione del precetto, l’intimato abbia proposto opposizione, tuttavia, efficacia interruttiva permanente della prescrizione va riconosciuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, c.c., all’atto con il quale viene iniziata la procedura esecutiva, e tale effetto si protrae sino al momento in cui detta procedura giunga ad uno stadio che possa considerarsi l’equipollente di ciò che l’art. 2945, secondo comma, cit., individua, per la giurisdizione cognitiva, nel passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ossia allorché il processo esecutivo abbia fatto conseguire al creditore procedente l’attuazione coattiva del suo diritto, ovvero quando la realizzazione della pretesa esecutiva non sia stata conseguita per motivi diversi dalla estinzione del processo, quali, ad esempio, la mancanza o l’insufficienza del ricavato della vendita, la perdita successiva del bene pignorato e simili.
Cass. civ. n. 8136/2001
La disciplina dell'art. 1310, secondo comma c.c., sull'estensibilità dell'interruzione della prescrizione agli altri condebitori solidali va completata con la disciplina degli effetti della durata dell'interruzione contenuta nell'art. 2945 c.c., con la conseguenza che l'azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determina l'interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio.
Cass. civ. n. 7270/2000
L'effetto interruttivo permanente dipende dall'atto introduttivo e dal successivo giudizio a norma dell'art. 2945, secondo comma non dev'essere necessariamente eccepito dalla parte interessata. Infatti in tal caso l'effetto interruttivo costituisce un effetto
ex lege della domanda e del successivo giudizio, con la conseguenza che è la parte che eccepisce la prescrizione che deve provare l'avvenuto decorso del tempo senza calcolare a questo fine anche il tempo del giudizio.
Cass. civ. n. 5961/2000
Nell'ipotesi di revoca tacita della costituzione di parte civile a norma dell'art. 102 dell'abrogato codice di procedura penale per allontanamento dall'udienza od omessa presentazione delle conclusioni, trova applicazione, per quanto attiene alla prescrizione dell'azione civile per il risarcimento del danno e le restituzioni, la disposizione dell'art. 2945 comma terzo c.c. che esclude l'effetto interruttivo permanente della prescrizione, stabilendo che il nuovo periodo prescrizionale riprende a decorrere dalla data dell'atto interruttivo.
Cass. civ. n. 14243/1999
L'effetto interruttivo della prescrizione derivante dalla domanda giudiziale, purché idonea ad instaurare un valido rapporto processuale, perdura fino al passaggio in giudicato della sentenza definitiva del giudizio, non solo in merito, ma anche su questioni pregiudiziali di rito (giurisdizione, competenza, difetto di presupposti processuali), ovvero preliminari di merito (prescrizione), in quanto anch'essa suscettibile di passare in giudicato in senso formale.
Cass. civ. n. 2417/1999
La prescrizione di un diritto non corre per tutta la durata del processo, necessaria per farlo valere, ma soltanto se questo è definito con sentenza, mentre, se si estingue, l'atto introduttivo ha soltanto efficacia interruttiva istantanea, e la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di tale atto, non avendo efficacia interruttiva alcuna gli atti processuali successivi compiuti nel processo estinto; invece la riassunzione del processo dinanzi al giudice competente è atto processuale idoneo ad interrompere istantaneamente la prescrizione perché, esprimendo la volontà di far valere il diritto e menzionandone la causa e l'ammontare, è equipollente ad un atto di costituzione in mora.
Cass. civ. n. 9400/1997
Poiché il protraentesi effetto interruttivo della prescrizione, previsto dall'art. 2945 secondo comma c.c., consegue anche ad una sentenza di rito, in quanto, anche se con essa è stata dichiarata la nullità del processo, il rapporto processuale si è comunque instaurato — come nel caso in cui non sia rispettato il termine a comparire cui è atto riassuntivo non rispetta il termine a comparire, il processo non è dichiarato estinto in mancanza della costituzione del convenuto e nella relativa eccezione — è solo dal passaggio in giudicato della sentenza che riprende a decorrere il termine prescrizionale.
Cass. civ. n. 11318/1996
L'estinzione del processo (sia o meno dichiarata dal giudice) elimina l'effetto permanente dell'interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2945 comma 2 c.c., ma non incide sull'effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda.
Cass. civ. n. 12422/1995
Ove, nel corso del giudizio di merito, sia pronunciata sentenza su una querela di falso, tale pronuncia, anche se passata in giudicato, non costituisce una sentenza idonea a definire il giudizio ai sensi dell'art. 2945 comma secondo c.c.. in ragione della autonomia del giudizio di falso rispetto a quello di merito. Ne consegue che, estintosi il giudizio di merito, il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere non dal passaggio in giudicato della sentenza che statuisce sul falso, ma dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio.
Cass. civ. n. 10055/1995
L'art. 2945, secondo comma, c.c. attribuisce alla domanda giudiziale effetto interruttivo permanente della prescrizione fin quando il rapporto processuale derivante dall'originario atto di citazione sia mantenuto in vita, negli eventuali diversi gradi in cui il processo si può articolare, mediante la notificazione di atti idonei a determinare l'instaurazione di altrettanti gradi di giudizio. Pertanto, tale effetto non si protrae fino alla data di dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione per falsità della relazione di notifica, atteso che tale falsità comporta la inesistenza della notifica e conseguentemente l'inesistenza dell'ulteriore rapporto processuale (solo apparentemente) instaurato con tale notifica ed il relativo accertamento è necessario, quindi, non per definire processualmente un rapporto (di impugnazione) mai venuto in essere; bensì al solo fine di accertare,
ex tunc, la mancanza di litispendenza.
Cass. civ. n. 7407/1992
Anche nel caso in cui il processo si estingua perché non è stato tempestivamente riassunto davanti al giudice indicato come competente nella sentenza che ha dichiarato l'incompetenza del giudice adito (art. 50 c.p.c.), non si verifica l'effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione, secondo il principio stabilito dal secondo comma dell'art. 2945 c.c., ma solo l'effetto interruttivo-istantaneo prodotto dall'atto con cui è stato iniziato il giudizio (con la conseguenza che la prescrizione incomincia a decorrere dalla data di questo atto), ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, che pone una eccezione alla regola generale del precedente comma, applicabile in tutti i casi di estinzione, tra i quali rientrano quelli in cui alla sentenza, ancorché definitiva del giudizio davanti al giudice adito deve seguire la prosecuzione del processo, pena la sua estinzione.
Cass. civ. n. 4108/1981
La notificazione della sentenza di primo grado e la proposizione del gravame, quale strumento d'impulso processuale per insistere in domande già in primo grado avanzate, non rientrano fra gli atti interruttivi della prescrizione contemplati dai primi due commi dell'art. 2943 c.c. (domanda introduttiva del giudizio e domanda proposta nel corso di un giudizio già pendente), e, pertanto, nel caso di estinzione del procedimento, possono spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione stessa, ai sensi dell'art. 2945 terzo comma c.c. solo quando abbiano i connotati dell'atto di costituzione in mora, a norma del quarto comma del citato art. 2943 c.c., e, cioè, integrino una manifestazione scritta di esercizio e di tutela del diritto da parte del creditore, comunicata personalmente al debitore.