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Articolo 2956 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Prescrizione di tre anni

Dispositivo dell'art. 2956 Codice Civile

Si prescrive in tre anni il diritto:

  1. 1) dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese(1);
  2. 2) dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative [2233](2);
  3. 3) dei notai, per gli atti del loro ministero(3);
  4. 4) degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese.

Note

(1) Tale numero è risultato costituzionalmente illegittimo in forza della sentenza del 10 giugno 1966, n. 63 della Corte Costituzionale, negli stessi limiti ex nota 5 art. 2948.
(2) La previsione in questione è volutamente molto generica per poter estendere la propria disciplina a tutte quelle figure professionali che svolgono una qualche attività intellettuale, come avvocati, ingegneri, geometri, medici e via dicendo.
(3) Nella specifica ipotesi qui descritta si intendono presenti, tra i diritti inerenti alla professione notarile, anche quelli relativi al rimborso delle spese affrontate per effettuare le formalità pubblicitarie, come la trascrizione, la registrazione e l'iscrizione.

Ratio Legis

La disposizione in commento, al pari delle precedenti (v. artt. 2954 e 2955), delinea altre ipotesi di prescrizione presuntiva, al fine di assicurare al debitore la possibilità di provare, anche a distanza di tempo, l'adempimento di un debito relativo al compenso di determinate prestazioni.

Spiegazione dell'art. 2956 Codice Civile

Le singole prescrizioni di tre anni
La prima categoria di persone a danno delle quali è stabilita la prescrizione di tre anni è nuova ; infatti essa non era stata considerata dal codice del '65. Presupposto della norma in esame è che al prestatore di lavoro la retribuzione sia corrisposta a periodi superiori al mese, poiché se il termine fosse non superiore al mese, dovrebbe applicarsi il n. 2 del precedente art. 2955.
Il n. 2 può considerarsi sostanzialmente ricollegantesi ai numeri 2, 3 e 5 dell'art. 2140 del vecchio codice la diversità tra questi e quello sta in ciò che i secondi facevano una elencazione (che la dottrina riteneva tassativa) dei vari professionisti (medici, chirurghi, avvocati, procuratori alle liti ed altri patrocinatori ingegneri, architetti ed altri misuratori), laddove il n. 2 in esame li comprende in una formula di più ampio contenuto, con la quale assoggetta alla prescrizione di tre anni il diritto dei professionisti in genere per l'opera dai medesimi prestata e per il rimborso delle spese che a tale scopo essi hanno potuto o dovuto sostenere.
Il n. 3 menziona, a parte, il diritto dei notai per gli atti del loro ministero, così come faceva il n. 4 dell'art. 2140 ; la prescrizione triennale colpirà non solo l'onorario dovuto al notaio, ma anche il pagamento delle spese da lui sostenute e che siano consequenziali ed accessorie alla formazione dell'atto compiuto con il suo intervento, Come ad es. le spese per registrazione, trascrizione, voltura, iscrizione dell'atto, ecc.
La prescrizione di cui al n. 4 completa l'ipotesi prevista dal n. dell'art. 2955. Anche per la categoria di tali persone, considerate dalla norma in esame, vale l'osservazione già fatta altrove, che, cioè, i crediti degli insegnanti devono ritenersi dei crediti privati, poiché norme speciali disciplinano i crediti degli insegnanti di scuole pubbliche. Piuttosto va messa in rilievo 'una diversità di presupposti tra la norma dell'art. 2140 e quella ora vigente ; nella prima si dichiaravano prescritte col decorso di tre anni le azioni dei professori, maestri, ripetitori di scienze, lettere ed arti stipendiati a tempo più lungo di un mese, nella seconda, invece, si assoggetta alla stessa prescrizione di tre anni le retribuzioni dovute agli insegnanti per le lezioni impartite a tempo più lungo di un mese ; sembra, quindi, che diversamente dall'art. 2140 n. 1, sia stata considerata soltanto la circostanza che le lezioni vengano impartite per un periodo di tempo più lungo di un mese, che si prescinda, cioè, dal modo con cui gli insegnanti sono retribuiti, il che, per il n. 1 dell'art. 2140, sembrava decisivo ai fini dell'applicabilità della prescrizione presuntiva ; tuttavia si potrebbe eliminare questa divergenza di presupposti ritenendo che, per l'art. 2140, il termine stipendiati stesse ad indicare non tanto il modo con cui gli insegnanti venivano retribuiti, quanto, e piuttosto, l'impegno che essi avevano assunto, di modo che, come già si pensava vigente il codice del 1865, ma, come oggi va sicuramente ammesso, cadono sotto la norma in commento anche quegli insegnanti che, stipendiati a tempo più a lungo di un mese, vengano però pagati mensilmente.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1210 L'elencazione che, disciplinando la prescrizione di tre anni, il codice del 1865 (art. 2140) faceva delle varie categorie di professionisti scompare nell'art. 2956 del c.c., assorbita da una formula di più ampio contenuto, con la quale si assoggetta alla prescrizione triennale il diritto dei professionisti in genere per l'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative. Coerentemente al disposto dell'art. 2955 del c.c., n. 2, che stabilisce la prescrizione di un anno in ordine al diritto dei prestatori di lavoro retribuiti a periodi non superiori al mese, l'art. 2956, n. 1, innovando al codice precedente, stabilisce la prescrizione di tre anni per il diritto dei prestatori di lavoro retribuiti a periodi superiori al mese. Nessuna innovazione è apportata circa la prescrizione triennale del diritto dei notai per gli atti del loro ministero e degli insegnanti per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più l'ungo di un mese.

Massime relative all'art. 2956 Codice Civile

Cass. civ. n. 20602/2022

In tema di accertamento del passivo fallimentare, a fronte dell'insinuazione di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell'articolo 2956, n. 2, c.c., ove il curatore eccepisca la prescrizione presuntiva del credito e il creditore gli deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno costituisce mancato giuramento, dovendo egli subire le conseguenze dell'affermazione dell'estinzione del debito implicita nella sollevata eccezione di prescrizione presuntiva.

Cass. civ. n. 789/2022

Le prescrizioni presuntive trovano applicazione solo con riferimento ai rapporti che si svolgono senza formalità. Ne consegue che il diritto degli arbitri al rimborso delle spese e all'onorario non è assoggettato alla prescrizione prevista dall'art. 2956, comma 1, n. 2), c.c., in quanto la costituzione del collegio e l'investitura dei suoi componenti non ha luogo in via informale ma all'esito di una particolare procedura (artt. 810 e 813 c.c.) che richiede uno scambio di atti redatti per iscritto a pena di nullità e che può implicare, al pari della procedura di liquidazione diretta da parte degli arbitri, anche l'intervento suppletivo dell'autorità giudiziaria.

Cass. civ. n. 25838/2019

L'eccezione di prescrizione presuntiva ex art. 2956 n. 3 c.c. del diritto al compenso spettante ad un notaio per le sue prestazioni professionali, essendo fondata su di una presunzione legale di pagamento, non può trovare accoglimento nel caso in cui il debitore ammetta di non avere corrisposto direttamente al professionista il compenso dovuto, ma di essersi affidato a terzi delegati per il pagamento; l'ammissione in giudizio della mancata estinzione dell'obbligazione, che a norma dell'art. 2959 c.c. impedisce l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva, è, infatti, ravvisabile anche nel caso in cui il debitore eccepisca che altri sia il soggetto tenuto all'adempimento.

Cass. civ. n. 6522/2017

Non è ammissibile l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito al trattamento di fine rapporto di lavoro.

Cass. civ. n. 11145/2012

Le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta. Tuttavia il contratto scritto che esclude l'operatività della prescrizione del credito dell'avvocato, ai sensi dell'art. 2956, n. 2, c.c., non può essere individuato nella procura "ad litem", la quale, essendo negozio unilaterale di investimento della rappresentanza processuale, va tenuta distinta dal contratto di mandato attinente al rapporto interno tra cliente e professionista.

Cass. civ. n. 9825/1998

Le prescrizioni brevi e presuntive, ex artt. 2955 n. 2 e 2956 n. 1, c.c., continuano ad operare anche in materia di rapporti di lavoro subordinato, salva la diversa decorrenza in funzione della stabilità del rapporto, senza che al riguardo si prospettino profili di incostituzionalità in riferimento agli articoli 3, 4 e 36 Cost.

Cass. civ. n. 9042/1992

La prescrizione di cui all'art. 2956 n. 3 c.c. del diritto al compenso spettante ad un notaio per le sue prestazioni professionali, essendo fondata su di una presunzione legale di pagamento, non può trovare applicazione allorché il debitore abbia ammesso anche implicitamente di non avere corrisposto al professionista il compenso dovuto, come nel caso in cui il debitore eccepisca di non avere conferito al notaio l'incarico da cui dovrebbe discendere il controverso compenso.

Cass. civ. n. 3886/1985

Nella categoria dei professionisti, i cui diritti per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative, sono assoggettati a prescrizione presuntiva triennale dall'art. 2956 n. 2 c.d., sono compresi soltanto coloro che esercitano una professione intellettuale di antica o di recente tradizione, nei cui confronti è ravvisabile il presupposto della prassi del pagamento senza dilazione per l'agevole determinabilità del credito ai sensi dell'art. 2233 c.c., sicché detta prescrizione non è applicabile al credito per il compenso nascente da un mero contratto d'opera. (Nella specie la S.C. ha confermato la statuizione di merito che, in applicazione del principio enunciato, aveva escluso l'applicabilità della prescrizione presuntiva al compenso preteso per lo svolgimento di un'attività promozionale svolta al fine di ottenere l'aggiudicazione di un importante contratto al committente).

Cass. civ. n. 3220/1978

Tra i crediti dei notai, relativi agli atti del loro ministero e soggetti alla prescrizione presuntiva di cui all'art. 2956 n. 3 c.c., rientrano non soltanto i crediti per onorari, ma anche tutti quelli per spese affrontate per conto del cliente e necessarie a soddisfare tutti gli adempimenti previsti dalla legge. Pertanto, è soggetto alla detta prescrizione presuntiva il credito per le spese sostenute per la registrazione di atti in adempimento dell'obbligo di cui all'art. 80 della legge di registro.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2956 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. M. chiede
lunedì 30/09/2024
“Buongiorno, il quesito che sono a sottoporre riguarda i tempi di prescrizione riguardanti il pagamento di una prestazione professionale da parte di un geometra per presentazione di pratica edilizia in sanatoria per rilascio di agibilità. Sono proprietario di una seconda casa(porzione di fabbricato trifamiliare) che ho acquistato nel 2011(all'epoca la villetta era ancora in corso di costruzione e dopo la stipula, nell'arco di un anno e' stata da me ultimata). Purtroppo ho fatto probabilmente un acquisto incauto, senza avvalermi di un tecnico prima dell'acquisto, in quanto la villetta e quindi tutto il fabbricato trifamiliare, era stato costruito con delle incongruità iniziali di cui il comune era peraltro al corrente e che riguardavano i seminterrati del manufatto, in quota superiore rispetto al piano stradale. Mi sono quindi dovuto affidare nel 2013 ad un geometra per la presentazione di un progetto concernente il reinterro a mie spese di due lati della costruzione affinchè rendessero i locali effettivamente seminterrati come da progetto iniziale e che quindi consentissero il rilascio dell'agibilità. Nel luglio 2013 versai con assegno bancario al professionista un acconto di euro 500 per la sua prestazione ed euro 1000 per il pagamento in comune dell'oblazione per la sanatoria. Ad aprile 2014(un anno dopo!) il geometra depositò in comune il progetto che prevedeva i suddetti lavori e la scadenza per l'esecuzione era di anni 3.Purtroppo,a causa di intervenute mie difficoltà economiche, non ho potuto piu' eseguire tali lavori, ne' ho versato ulteriori acconti al geometra. Il progetto peraltro, una volta scaduti i termini, doveva essere ripresentato ma ,avendo avuto difficoltà di carattere economico persistenti, ho preferito affittare l'immobile nel frattempo, senza il rilascio dell'agibilità per i suddetti motivi. Ad inizio anno ho messo in vendita l'immobile con l'intenzione di utilizzare la somma dell'eventuale caparra(ci sono acquirenti interessati) o parte di essa per ricominciare la pratica, ripresentazione del progetto, reinterro parziale ed eventuale agibilità).A inizio luglio 2024 ,insieme all'agente immobiliare, ci siamo recati a studio del geometra, per capire se con il decreto salva casa convertito poi in legge il giorno 28 dello stesso mese, si poteva semplificare l'iter, ma il geometra come accaduto anche in passato, e' sempre difficilmente reperibile sia con me che con l'agente immobiliare, nonostante numerose telefonate da parte mia e da parte del mediatore immobiliare, nonostante il sottoscritto abbia specificato al tecnico nell'ultimo incontro, che la sua collaborazione avrebbe consentito di essere saldato subito per il totale. Ora però voglio affidarmi ad un altro geometra più serio e più professionale, in quanto non ne posso più di questi comportamenti che mi procurano anche un ingente danno economico.la domanda e' la seguente: non avendo il geometra mai avanzato ne verbalmente ne per iscritto ufficiali richieste di versamenti ulteriori per la sua attività professionale, essendo trascorsi più di dieci anni dalla presentazione del progetto in sanatoria(poi scaduto tre anni dopo),il geometra potrebbe intentarmi una causa legale per la riscossione integrale del suo onorario, anche se trascorsi più di 10 anni dalla presentazione in comune del progetto? oppure come ritengo( e di ciò vi chiedo conferma) il tecnico non può fare nulla perchè le sue pretese creditorie sono estinte per prescrizione? i debiti e nello specifico i compensi professionali dovrebbero estinguersi dopo 3/5 anni se non vado errato. Tale aspetto è di primaria importanza, visto che dovrò pagare un altro professionista. Vi ringrazio anticipatamente per la consulenza. un cordiale saluto.”
Consulenza legale i 02/10/2024
Accanto all’ordinario termine di prescrizione decennale - che, comunque, stando alle informazioni fornite nel quesito, nel nostro caso risulta decorso - la legge prevede, con riferimento a specifiche ipotesi, alcuni termini di prescrizione più brevi.
In particolare l’art. 2956 c.c. stabilisce una prescrizione triennale relativamente al diritto “dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative”.
Attenzione, però, perché si tratta di prescrizione c.d. presuntiva: cioè la sua caratteristica risiede nel fatto che può essere eccepita in giudizio, ma chi la invoca non potrà avvalersene se “ha comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta”. Quindi se il debitore ammette di non aver pagato, l’eccezione verrà rigettata.

Ma come va conteggiata la prescrizione?
Sempre in materia di prescrizione presuntiva, l’art. 2957 c.c. prevede che il termine di prescrizione decorre “dal compimento della prestazione”.
In proposito, la giurisprudenza ha precisato che “in tema di prescrizione, con riferimento al corrispettivo della prestazione d'opera, il contratto che ha per oggetto una prestazione di lavoro autonomo è da considerarsi unico in relazione a tutta l'attività svolta in adempimento dell'obbligazione assunta, sicché il termine di prescrizione del diritto al compenso decorre dal giorno in cui è stato espletato l'incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l'obbligazione” (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 4951 del 14 marzo 2016).
Appare utile ricordare anche Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 7378 del 26 marzo 2009, secondo cui “in tema di prestazioni professionali, la prescrizione del diritto al compenso dei professionisti decorre automaticamente, ai sensi dell'art. 2957 c.c., dalla conclusione della prestazione, la quale fa presumere l'immediata esigibilità del corrispettivo, senza che abbia alcun rilievo l'apposizione del visto di conformità sulla parcella da parte del competente consiglio dell'ordine, essendo altrimenti riconosciuta al professionista la possibilità di fissare il termine iniziale di decorso della prescrizione in base ad una scelta arbitraria”.
Quanto alla decorrenza del termine ordinario decennale di prescrizione, l’art. 2935 c.c. stabilisce che “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”: ora, nel nostro caso occorrerebbe verificare le caratteristiche, in concreto, del rapporto intercorso tra le parti (ad esempio, presenza o meno di un contratto, o di un preventivo).


Ad ogni modo, entrambi i termini prescrizionali, come anticipato all’inizio della presente consulenza, dovrebbero essere ormai decorsi.
Naturalmente, è necessario accertare che non si siano verificate cause di sospensione o, soprattutto, cause di interruzione della prescrizione.
Infatti la sospensione della prescrizione può dipendere da particolari rapporti tra le parti o da talune specifiche circostanze che, tuttavia, non sembrano sussistere nel caso in esame.
Invece l’interruzione della prescrizione - la quale ha come effetto quello di far decorrere un nuovo, intero termine di prescrizione - può avvenire sia come conseguenza di determinati atti (ad esempio, citazione in giudizio oppure costituzione in mora del debitore), sia a seguito del riconoscimento del diritto da parte del debitore, ex art. 2944 c.c.
Dunque occorrerà verificare che non siano state inviate - sempre a titolo esemplificativo - richieste formali di pagamento, magari a mezzo raccomandata, e comunque assicurarsi di non aver “riconosciuto” l’esistenza del debito ai sensi del citato art. 2944 c.c.

S. U. chiede
mercoledì 03/01/2024
“Salve, abbiamo avuto una causa civile (un mio familiare) che si è chiusa con sentenza il 19/12/2014.
Sono poi seguite due successive richieste di cancellazione trascrizioni (l'ultima nel 2023) in due conservatorie perché il nostro legale si era fidato della dichiarazione del collega di controparte. Il nostro legale, dopo aver incassato quanto ha chiesto tempo per tempo e, tutti pagamenti di controparte soccombente, oggi ha fatto i conteggi e ci chiede una cifra importante.
Vorrei sapere se si può considerare PRESCRITTO il credito vantato dal nostro legale e cosa fare o non fare. Vorrei chiarezza se si può invocare la prescrizione presuntiva, visto che non sono ancora decorsi 10 anni per la prescrizione ordinaria. Inoltre esiste una differenza per casi con società di capitali rispetto a persone fisiche? Grazie”
Consulenza legale i 12/01/2024
Dal quesito sembra che il rapporto professionale tra il legale e il cliente si sia chiuso nel corso dell’anno 2023 a seguito della cancellazione della trascrizione di un atto (non specificato).
Pare anche che nel corso degli anni il legale abbia chiesto i compensi per la propria attività e che alla chiusura abbia chiesto probabilmente un saldo.

Il cliente chiede se sia possibile eccepire il decorso del termine per l’intervenuta prescrizione presuntiva ex art. 2956 comma 1 n.2 c.c.
Ci sono due motivi per cui la prescrizione presuntiva non è invocabile nel caso di specie.
Il primo motivo è che il termine non pare essere decorso.

Infatti l’art. 2957 del c.c. elenca alcuni eventi dai quali inizia a decorrere il termine per la prescrizione; tale elencazione non è però tassativa e la giurisprudenza ha affermato che il termine può decorrere anche dal momento in cui cessi il rapporto con il cliente per qualsiasi causa (Cass. civ. n. 7281/2012).
Se, quindi, come sembra, il rapporto è cessato nel 2023 non sono ancora decorsi i 3 anni per la prescrizione presuntiva.

Il secondo motivo sta proprio nella natura giuridica delle prescrizioni presuntive.
La loro peculiarità è di determinare la praesumptio iuris tantum che il debito sia stato pagato e non l’estinzione dell’obbligazione (Cass. civ. n. 1248/1994).
Eccepire questo tipo di prescrizione implica, quindi, un riconoscimento del credito anche nella sua quantificazione (Cass. civ. n. 7277/2005).
Nel caso di specie però il cliente sembra lamentare la quantificazione del credito vantato dal legale, eccezione incompatibile con l’istituto giuridico qui in esame.
Ai fini della prescrizione non sussiste alcuna differenza tra società di capitali o persone fisiche.

In conclusione il cliente dovrà contestare al legale l’importo chiedendo chiarimenti sulle modalità utilizzate per calcolarlo.
Qualora ci fosse un evidente squilibrio tra l’attività svolta e la cifra richiesta, il cliente dovrà rivolgersi ad un altro legale per capire come procedere.

Antonio S. chiede
domenica 12/07/2020 - Toscana
“Sono stato citato con ricorso ex art. 14 d.lgs. 150/2011.
La causa, iniziata nel 2000, e per la quale mi viene chiesto il pagamento degli onorari si è concluso in appello, con sentenza passata in giudicato - a me favorevole - datata Gennaio 2009.
La sentenza ha condannato la controparte anche al pagamento per l’85% delle spese di causa dei due gradi di giudizio, spese tra l’altro non potute recuperare dal debitore/condannato.
Negli anni mi sono state inviate notule che ho provveduto a pagare regolarmente (una del 2000, una del 2008, cinque del 2011, due del 2012 ed una del 2014).
Nel Luglio 2016 invece mi è stata recapitata una notula di ammontare pari a quanto riconosciuto dal Giudice nella sentenza di appello, dedotti gli acconti pagati nel corso degli anni precedenti.
Siamo andati avanti fino ad adesso tra una trattativa e l’altra ma proprio l’altro giorno mi è stato notificato il ricorso ex art 14 150/2011.
Faccio presente che la controparte non ha accolto la mia richiesta di sostituire la propria proposta di stipula della convenzione di negoziazione assistita come da L. 132/2014 (fattami pervenire nell’aprile del 2019) quella di una negoziazione presso la Camera di Commercio da attivare e portare a termine come volontaria e quindi senza l’assistenza di un legale (la materia del contendere non rientra, infatti, tra quelle di cui all’art 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010).
Chiedo:
Visto che la sentenza definitiva è datata Gennaio 2009 è intervenuta la prescrizione del credito del professionista legale?
La controparte può affermare che io non ho aderito alla richiesta di negoziazione solo perché ho chiesto via pec, per risparmiare ulteriori spese legali, di affidarci a quella attivabile presso la Camera di Commercio presente sulla provincia e dal costo estremamente più contenuto?
Grazie”
Consulenza legale i 16/07/2020
In materia di prescrizione del credito dell’avvocato, sono potenzialmente operanti due “tipi” di prescrizione:
1) la prescrizione ordinaria decennale, prevista dall’art. 2946 del c.c.;
2) la c.d. prescrizione presuntiva, di tre anni, prevista dall’art. 2956 del c.c.
La prescrizione ordinaria è una causa di estinzione di un diritto, conseguente al mancato esercizio di esso per il periodo di tempo stabilito dalla legge.
Il termine ordinario è, appunto, di dieci anni. Quanto alla decorrenza, l’art. 2935 del c.c. stabilisce che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Con specifico riferimento alla materia che ci occupa, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. III, n. 18808/2015) ha precisato che “la prescrizione del diritto dell'avvocato al pagamento dell'onorario decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessi il rapporto con il cliente”.
Il decorso della prescrizione ordinaria può essere interrotto, ai sensi degli artt. 2943 ss. c.c., sia dall’atto con cui si inizia un giudizio, sia da “ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore”, sia dal riconoscimento del proprio debito fatto dal debitore stesso.
Nel nostro caso, al fine di verificare se sia intervenuta o meno la prescrizione ordinaria decennale, occorre innanzitutto individuare il relativo dies a quo, cioè il termine iniziale. Nel quesito non viene specificato se c'è stata una formale rinuncia al mandato, o una revoca di quest’ultimo, né se, successivamente alla menzionata sentenza di appello, è stata svolta ulteriore attività in esecuzione del medesimo (ad esempio, procedura esecutiva nei confronti della controparte). In mancanza di formale rinuncia o revoca, e di ulteriore attività dopo la sentenza stessa, possiamo prendere come riferimento la data di quest’ultima.
Occorre in secondo luogo verificare se, nel corso degli anni, e prima della notificazione dell’atto introduttivo dell’attuale giudizio, vi siano stati atti interruttivi della prescrizione. Al riguardo anche la comunicazione dell’invito alla negoziazione assistita è atto interruttivo della prescrizione (art. 8 D.L. n. 132/2014, conv. in L. n. 162/2014): sempre, naturalmente, che questa nel nostro caso non si fosse già verificata.
Quanto alle richieste di pagamento, inviate dal legale nel corso degli anni, è necessario accertare se possano essere considerate, o meno, atti di costituzione in mora ai sensi di legge.
In proposito la Cassazione (Cass. Civ., Sez. II, n. 2481/2007) ha chiarito che l'atto di costituzione in mora di cui all'art. 1219 del c.c. non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.
Ed ancora, sempre secondo la Cassazione (Sez. Lav., n. 24054/2015), “ai fini dell'interruzione della prescrizione è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa posto che si tratta di atto non soggetto a formule sacramentali, avendo l'esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore, chiaramente manifestata, di far valere il proprio diritto”.
Quanto alla prescrizione presuntiva, l’art. 2956 c.c., n. 2), prevede che si prescriva in tre anni il diritto dei professionisti per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative.
In ordine alla decorrenza, l’art. 2957 del c.c., comma 2, stabilisce che, per le competenze dovute agli avvocati, ai procuratori e ai patrocinatori legali il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall'ultima prestazione.
Inoltre Cass. Civ., Sez. II, n. 13401/2015 ha chiarito che “la prescrizione del diritto dell'avvocato al compenso decorre dal momento dell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico dal cliente, che, nel caso di prestazioni rese in due gradi di giudizio, coincide con la pubblicazione della sentenza di appello”.
Tuttavia, la prescrizione presuntiva non è, a differenza della prescrizione ordinaria, una causa di estinzione del diritto, bensì una presunzione legale che, decorso un determinato periodo di tempo, l’obbligazione (del cliente, nel nostro caso) sia stata adempiuta.
Tanto è vero che, ai sensi dell’art. 2959 del c.c., l’eccezione di prescrizione presuntiva è rigettata, se chi la oppone “ha comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta”.
Anche la Cassazione, dopo aver ricordato il proprio consolidato orientamento secondo cui l'ammissione del debitore di non aver estinto il debito ovvero la contestazione, da parte dello stesso, dell'entità del credito azionato, comportano, ai sensi dell'art. 2959 c.c., il rigetto dell'eccezione di prescrizione, ha ribadito che “l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva è precluso in tutte le ipotesi [...] in cui il debitore ammetta di non aver estinto il debito ovvero contesti, anche per implicito, l'entità della somma richiesta, circostanza, quest'ultima, implicante, in ogni caso, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza del rapporto controverso e l'incompatibilità col presupposto richiesto per l'applicazione della prescrizione presuntiva, costituito dalla presunzione di avvenuta estinzione del debito” (Cass. Civ., Sez. II, n. 11991/2014).
Una ulteriore, necessaria precisazione riguardo all’ambito di applicazione delle prescrizioni presuntive è quella secondo cui la prescrizione presuntiva del compenso dell'avvocato non opera se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta (così Cass. Civ., Sez. II, n. 763/2017).
Nel nostro caso appare, in ogni caso, difficilmente praticabile la via della prescrizione presuntiva (la parte dovrebbe comunque sostenere in giudizio di aver pagato e non potrebbe, come si è visto, contestare l'importo); quanto alla prescrizione ordinaria, occorre verificare, come già anticipato, sia il dies a quo (pubblicazione della sentenza o atto/evento successivo?), sia l’esistenza di veri e propri atti interruttivi (a tal fine bisognerebbe conoscere il contenuto della corrispondenza intercorsa tra legale e assistito).
La presente consulenza viene limitata alla sola risposta al quesito riguardante la prescrizione, come da espressa richiesta del cliente.

M. B. chiede
mercoledì 29/01/2020 - Veneto
Gentile Brocardi,
Chiedo una consulenza in merito alla mia vicenda: ho lavorato su un sito web telematicamente, senza contratto, scrivendo i contenuti di un sito web di e-commerce, il proprietario del sito ha chiesto che io aprissi la partita IVA ed io ho aperto la partita IVA a tre mesi dall'inizio del lavoro che è proseguito per altri 9. Il lavoro si è svolto quotidianamente per 7 giorni su 7 per oltre 12 mesi e ho concluso il lavoro nel luglio 2017.
È accaduto che mi sono rivolta ad un primo avvocato per chiedere che fosse fatto un decreto ingiuntivo, ma questo avvocato ha perso tutte le carte che gli avevo dato, quindi ho cambiato avvocato e quest'ultimo ha mandato una raccomandata a / r il 15/6/2018 interruzione della prescrizione chiedendo il pagamento del compenso indicando anche il mio IBAN.
Purtroppo avevo perso l'avviso di ricevimento quindi ho chiesto a poste italiane di darmi il duplicato che però è arrivato senza timbro , quindi sono andata in tutti gli uffici per chiedere che venisse apposto il timbro ma nessuno è riuscito a mettere il timbro del 2018.... A questo punto ho deciso di riprendere in mano la situazione in tempi più sereni. Credevo che la prescrizione fosse di 5 anni ma poi un collega mi ha detto che forse poteva essere triennale e a tutt'oggi non sono riuscita a risolvere l'enigma. Siccome c'è stata la pandemia ho dimenticato proprio la questione credendo di poterla rinviare al 2022 perché avevo alcuni parenti in ospedale.
Poi l'avvocato mi ha detto che siccome io avevo mandato al cliente una fattura proforma, non registrata , non potevo fare il decreto ingiuntivo ma dovevo direttamente andare in causa, cioè dovevo fare la citazione perché in caso di fatture proforma non bisogna più ricorrere col decreto ingiuntivo.
Che ho termine fino al 2022 prima di far valere i crediti di lavoro e a questo punto io chiedo se la prescrizione in questo caso cade dopo 3 anni o dopo 5 e se posso far valere il decreto ingiuntivo o andare in causa. Mi sembra strano infatti andare in causa visto che ho tutte le mail del lavoro svolto poiché era un lavoro telematico direttamente da casa e che si necessiti di registrare la fattura per poter ricorrere al decreto ingiuntivo dal momento che io, facendo delle ricerche nella rete ho potuto appurare che basta una fattura proforma per esercitare il proprio diritto alla riscossione del compenso tramite decreto ingiuntivo.

Consulenza legale i 04/02/2022
Per rispondere al quesito occorre, in primo luogo, distinguere tra prescrizione estintiva, ossia quella correlata al mancato esercizio del diritto per un determinato tempo stabilito dalla legge e prescrizione presuntiva fondata, invece, sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o che si sia estinto per altra causa, nei termini (6 mesi, 1 e 3 anni) indicati dalla legge.
La differenza consiste nel fatto che il secondo tipo di prescrizione si fonda su di una presunzione che può essere vinta dimostrando il contrario.
Il debitore è esonerato dall’onere di provare l’avvenuto adempimento, mentre spetta al creditore allegare che la prestazione non sia stata effettuata.
Per vincere la presunzione non è adducibile qualsiasi mezzo di prova, ma si può ricorrere solo alla confessione giudiziale (art. 2959 c.c.) e al deferimento di giuramento decisorio (art. 2960 c.c.).

Ciò premesso, ai sensi dell’ art. 2956, comma 2, c.c., il diritto del professionista per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle correlative spese si prescrive in 3 anni. In pratica, il professionista ha a disposizione solo un triennio per richiedere al cliente il pagamento del proprio compenso e per agire in tribunale nei suoi confronti. Tale prescrizione presuntiva opera però solo per i contratti conclusi senza formalità, ossia senza accordo scritto. Il termine di prescrizione è più breve rispetto alla prescrizione degli altri crediti di natura contrattuale che, invece, è sempre di dieci anni. Questo perché il compenso del professionisti viene, di solito, richiesto verbalmente e corrisposto nell’immediatezza, senza particolari forme; sicché dopo tanto tempo sarebbe difficile, per il cliente, dimostrare di aver adempiuto.
La prescrizione presuntiva, quindi, non opera se c’è un contratto scritto dove il compenso da erogare al professionista è fissato in modo certo e stabile nella scrittura privata firmata dalle parti.
Come visto, tale prescrizione presuntiva può essere vinta solo con la confessione giudiziale e il giuramento decisorio.

Per quanto riguarda la validità della fattura pro forma ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, nonostante la nozione di prova scritta prevista dall’art. 634 c.p.c. sia certamente estesa, essa non può ricomprendere documenti di formazione esclusivamente unilaterale da parte del creditore - come la fattura pro forma - ad eccezione dei casi in cui espressamente la legge lo consenta (ossia, come nel caso dei compensi degli avvocati, qualora sia accompagnata dal necessario parere dell’associazione professionale).
Invece, l’art. 634 c.p.c. prescrive che per i crediti relativi a prestazioni di servizi fatte da lavoratori autonomi sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture.

In conclusione, è difficile che un giudice accolga il ricorso per decreto ingiuntivo sulla sola base della fattura pro forma (diverso il caso in cui vi siano comunicazioni, anche e-mail, provenienti dal debitore o comunque da esso sottoscritte da cui si possa evincere con chiarezza il compenso pattuito).
Anche qualora dovesse essere emesso il decreto ingiuntivo, il debitore potrebbe fare opposizione proprio eccependo la prescrizione presuntiva di cui si è trattato.


Italo Q. chiede
giovedì 19/03/2015 - Umbria
“Spett.le Redazione
nel luglio del 2008 ricorsi ad alcuni avvocati di una associazione per la difesa dei consumatori, per una pratica legale ed essi mi richiesero congiuntamente un compenso di Euro 600 per spese e di Euro 2.000 per competenze oltre l'8% su quanto eventualmente riconosciuto a mio favore e gli eventuali maggiori costi qualora riconosciuti dalla Corte di appello (allego alla fine del quesito testo della lettera).
Nella stessa data ho provveduto al saldo di quanto richiesto, ma uno dei due avvocati non mi ha mai fornito fattura dei 1600 Euro versatogli a saldo come convenuto.
Nell'ottobre 2014 rivedendo gli incartamenti mi accorsi della mancanza di detta fattura ragion per cui ne richiesi l'invio.
In data 19/03/15 mi è stata inviata fattura pro forma per:
"PROSPETTO FINALE Compenso tabellare ex art. 11 € 5.370,00 Cassa Avvocati ( 4% ) € 214,80 All'importo dell'onorario e del contributo integrativo 4% previdenziale si deve aggiungere l'IVA del 22% pari ad € 1.228,66 e detrarre l’importo di € 1.600,00 per anticipazioni spese per un TOTALE DOVUTO € 5.213,46 "
E' da notare che solo in questa data viene riconosciuto l'importo di Euro 1600 da me pagato nel 2008, ripeto, a saldo secondo gli accordi e quindi viene, per la prima volta, riconosciuto un versamento di cui non fu mai emessa fattura per quasi 7 anni! e con l'aggiunta di preavviso di decreto ingiuntivo a per una somma pari a Euro 5.213,46 a mio carico.
Il quesito:
- riguarda la liceità di tale comportamento se cioè sia legalmente possibile per un professionista non emettere fattura per 7 anni senza mai richiedere versamenti aggiuntivi - rispetto al contratto- anche nei numerosi contatti successivi negli anni (per la restituzione del fascicolo) e infine richiedere un versamento aggiuntivo ma solo dopo la richiesta della fattura per quanto versato a saldo dichiarando falsamente tale importo non più a saldo- come convenuto- bensì come anticipazione spese peraltro già convenute in Euro 600!
-Quale attività sarebbe consigliabile intraprendere da parte mia in dette circostanze?
Ringrazio e invio distinti saluti

Testo dell'accordo
"Preg.mo Dott. ...",
omissis
"Quanto alla sua richiesta di conoscere il costo per instaurare il giudizio di appello, nella consapevolezza della estrema difficoltà rappresentata, le specifico quanto segue:
- le spese vive ammontano a circa Euro 600,00
- i diritti e gli onorari ammontano a complessivi Euro 2.000,00 più I.V.A. e C.I.
In caso di accoglimento anche parziale dell'appello, verranno aggiunti i maggiori costi liquidati dalla Corte di Appello nonché una maggiorazione pari all'8% su quanto le verrà riconosciuto.
Quanto sopra comprende anche le competenze dell'Avv. xxx.
Se d'accordo, è necessaria una immediata sua accettazione, con intesa che si recherà la prossima settimana in Roma per consegnare all'Avv. xxx il fascicolo di primo grado, la sentenza di primo grado notificata e l'atto di appello che andrò
a predisporre entro il 24.7.2008.
Il pagamento delle competenze fisse avverrà in via anticipata al momento del rilascio della procura alle liti che avverrà entro il 23.7.2008.
Resto in attesa di un suo cenno di riscontro e le porgo cordiali saluti
Avv. YYY
".”
Consulenza legale i 23/03/2015
Nella vicenda in esame si ravvisano due questioni giuridiche principali: la violazione del preventivo concordato tra le parti prima dell'instaurazione della causa; l'eventuale prescrizione della richiesta di ulteriori somme a distanza di anni dal primo pagamento.

Va subito precisato che l'attività giudiziale presenta due tipi di esborsi per il cliente: le spese fisse, dovute per l'acquisto di contributi unificati, bolli, diritti di cancelleria...; l'onorario dell'avvocato, che va sempre maggiorato di IVA (se previsto dal regime fiscale del professionista) e contributo integrativo del 4% per la previdenza forense.

Le spese "fisse" possono essere preventivate dall'avvocato, ma in maniera approssimativa: non si può, ad esempio, conoscere in anticipo l'aumento del contributo unificato - che viene deciso anche da un giorno all'altro dal legislatore - o delle marche da bollo per le copie autentiche. Pertanto, anche se viene corrisposta una certa cifra dal cliente per queste spese al momento del conferimento dell'incarico, è ben possibile che l'importo aumenti in corso di giudizio.
Quanto al compenso dell'avvocato, al mero onorario vanno aggiunti, per legge, il contributo previdenziale e l'IVA. Quindi, nel caso di specie, i 2.000 euro richiesti in conto "diritti e onorari" (oggi i diritti non esistono più) erano comunque non comprensivi delle ulteriori voci c.i. (contributo integrativo) e IVA.

Ciò premesso, per comprendere se e di quanto si sia violato il preventivo, si deve guardare allo svolgimento e all'esito della causa: ad esempio, se si è vinto l'appello, la maggiorazione dell'8% a quanto ammontava? La corte d'appello ha liquidato maggiori spese rispetto a quelle anticipate all'associazione dei consumatori?
Una volta fatti tutti i calcoli e appurato che il presunto dovuto di € 5.213,46 esorbita dal preventivo, si dovrà contestare all'avvocato che esisteva un accordo sul corrispettivo ai sensi dell'art. 2225 del c.c. e che, quindi, non sono dovute somme ulteriori.

Quanto alla prescrizione della richiesta di pagamento di compensi per attività professionale, l'art. 2956 del c.c. stabilisce che si prescrive in tre anni il diritto dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative. Il momento da cui decorrono i tre anni va individuato nel giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 del c.c.). Nel caso specifico dei compensi professionali, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la decorrenza si ha dal giorno in cui è stato espletato l’incarico, e non dal momento del compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l’obbligazione (v. ordinanza della Corte di Cassazione del 28.10.2014 n. 22868).
Se il professionista è un avvocato che ha seguito una causa, l'incarico si chiude di norma con il passaggio in giudicato della sentenza o se venga raggiunta una conciliazione con la controparte o, ancora, se venga revocato il mandato. Bisogna, quindi, valutare caso per caso.

La prescrizione triennale prevista dall'art. 2956 è, propriamente, una "prescrizione presuntiva": si tratta, cioè, di una presunzione legale di pagamento, e, quindi, di estinzione dell'obbligazione. Pertanto, la parte contro la quale sia opposta (nel nostro caso, l'avvocato) ha il solo rischioso rimedio di deferire all'altra (qui è il cliente) il giuramento decisorio (art. 2736 del c.c.), per accertare se l'estinzione del debito si sia effettivamente verificata. Il rischio del deferimento di giuramento decisorio consiste nel fatto che il creditore non può, in sede civile, provarne la falsità, né, se questa sia stata dichiarata in sede penale con sentenza passata in giudicato, potrà chiedere la revocazione della sentenza ex art. 395 n. 2 c.p.c. (in quest'ultimo caso, potrà solo ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2738 del c.c.). Insomma: se il cliente mente e dice di aver pagato, l'avvocato ha sostanzialmente le mani legate.

In conclusione, nel caso in esame, va preliminarmente valutato il momento in cui è terminato l'incarico dell'avvocato incaricato di seguire l'appello e, se sono trascorsi oltre tre anni, il cliente potrà opporre l'eccezione di prescrizione. Se la prescrizione non si fosse ancora perfezionata, si potrà in ogni caso opporre all'avvocato il preventivo, che costituisce un accordo sul corrispettivo per una prestazione d'opera, non modificabile arbitrariamente e unilateralmente.

Libera M. T. chiede
giovedì 29/11/2012 - Emilia-Romagna
“Ho effettuato un corso sulla sicurezza, in qualità di docente, nel giugno 2009 che non mi è stata pagata; sollecito da due anni e mezzo (telefonate a vuoto o con risposte vaghe, mail
inviate ma non da PEC); la controparte mi dice che purtroppo il credito si è prescritto perché sono passati più di 3 anni.
La prestazione professionale l' ho svolta per una società di Torino all'interno di un appalto pubblico, il cui committente è il Comune di una Città che, per correttezza, non voglio nominare (materialmente sono andata in questa Città per conto della società di Torino e ho fatto due giornate di formazione a tutto il personale dell'Ufficio Ambiente, oltre a 4 agenti della Polizia Municipale con delega specifica alla vigilanza ambientale); secondo Voi mi posso considerare come un subappaltatore all'interno di un appalto pubblico? Posso citare in giudizio il Comune di suddetta citta, come obbligato in solido, in qualità di committente con il suo appaltatore? Le mail e le telefonate hanno interrotto la prescrizione? Che atto mi consigliate di fare?”
Consulenza legale i 30/11/2012

L'attività di insegnamento prestata da un docente rientra nel novero delle prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2229 del c.c.. I crediti derivanti dalle prestazioni rese dai professionisti si prescrivono nel termine di tre anni che decorrono dal momento in cui l'attività è stata prestata ai sensi dell'art. 2956 del c.c..

Dalla formulazione del quesito si evince che l'attività intellettuale sia stata prestata da una persona fisica su incarico di una società, in virtù di un contratto d'opera, pertanto non appare possibile configurare la fattispecie di un subappalto vista la mancanza di un'organizzazione imprenditoriale, con la conseguenza che l'unico legittimato passivo risulta essere la società da cui è stato ricevuto l'incarico.

Nel caso in cui sia necessario procedere per ottenere il pagamento del credito maturato a fronte di una prestazione intellettuale è necessario innanzitutto interrompere il decorso della prescrizione triennale con un atto scritto con cui si intima al cliente il pagamento del compenso. Non sono sufficienti ad interrompere tale decorso le telefonate di cui non resta alcuna traccia scritta. Le comunicazioni via mail, anche se non via pec, possono essere utilizzate come documenti per far valere il credito vantato.

Pertanto, sarebbe opportuno recarsi da un legale per verificare se il contenuto delle mail inviate al cliente sia tale da considerarsi valido ai fini dell'interruzione del decorso prescrizionale. Procedere poi, se del caso, con un'intimazione di pagamento a mezzo del procuratore e infine, se tale atto non sortirà alcun effetto, citare in giudizio il cliente per il mancato pagamento del dovuto.


Ferdinando chiede
venerdì 17/02/2012 - Toscana
“Mia madre ha ricevuto una richiesta di pagamento dall'avvocato di uno studio odontoiatrico per prestazioni risalenti al Gennaio 2005.
La data è presunta, in quanto la lettera non riporta alcun elemento inerente date, tipo di prestazione nè comunicazioni con A/R precedenti quella di pochi giorni fa.
La nostra presunzione si basa sul fatto che a fine Gennaio 2005 mia madre scrisse una lettera allo studio odontoiatrico in cui spiegava, che essendo venuto a mancare il rapporto di fiducia col medico curante, interrompeva da quel momento il loro rapporto (con lavori lasciati a metà e quindi con tutti i problemi conseguenti)per rivolgersi ad altro professionista.
Da allora silenzio totale fino alla lettera di cui sopra attestante, fra le altre cose, il suo valore "anche ai fini dell'interruzione della prescrizione".

grazie in anticipo per il vostro gradito parere.”
Consulenza legale i 20/02/2012

L'attività svolta da un medico dentista si inserisce all'interno delle prestazioni d'opera intellettuale, disciplinate agli art. 2229 del c.c. e ss.

L'art. 2233 del c.c. prevede che "il compenso, se non è convenuto tra le parti e non può essere determinato secondo le tariffe o secondo gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell'associazione professionale a cui il professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione".

I crediti derivanti da prestazioni svolte da professionisti si prescrivono in tre anni dal compimento della prestazione così come previsto dall'art. 2956 del c.c..

Quanto al recupero di un credito da far valere nei confronti di un cliente moroso, il primo passo da fare è una intimazione di pagamento fatta per iscritto. Questa, oltre ad avere formalmente la funzione di mettere in mora il debitore, ha anche quella di interrompere la suddetta prescrizione (sul punto si veda anche l'art. 2943 del c.c.). Qualora, come sembra essere nel caso di specie, tale intimazione non sia pervenuta entro il termine di tre anni dal compimento della prestazione, si potrà ritenere prescritto il diritto di credito del professionista.


F. M. chiede
mercoledì 12/04/2023
“Riguarda l’istituto della prescrizione:
sono un anziano ingegnere professionista. per circa trenta anni ho avuto come cliente il sig. bianchi ho svolto innumerevoli incarichi, dalla compilazione di una singola planimetria, alla progettazione di impianti produttivi. uno degli ultimi incarichi e’ relativo alla ristrutturazione di immobili agricoli per renderli idonei ad uso agrituristico.
il sig. bianchi il 02/06/2000 per questo incarico mi conferì procura notarile (che intendo allegare successivamente).
per questo incarico non mi sono stati versati i compensi professionali e ne il rimborso di consistenti importi anticipati dal sottoscritto ed oggi mi sono attivato per riceverli dagli eredi, del sig. bianchi deceduto il 17/02/2021 data in cui la predetta procura notarile ha perso efficacia. i lavori sono terminati il 25/02/2021.
il 27/05/2021 (prima che scadesse l’anno dal decesso) ho verbalmente comunicato ad uno dei due eredi (gli eredi sono due, di cui una incapace di intendere e di volere per malattia) la sig. lea (omissis) procuratrice della seconda erede sig.ra micheline (omissis), la mia necessità di essere pagato per il lavoro svolto e che avrei provveduto a inviarle formale raccomandata. purtroppo fui colpito da ictus il 18/01/2021 ed oggi avendo recuperato in parte i danni procurati dall’ictus valuto la possibilità di poter chiedere i compensi relativi non solo a questo ultimo lavoro ma a tutti quelli fatti initerrottamente per tanti anni, circa trenta da ciò la necessità di un parere relativo alla prescrizione.”
Consulenza legale i 27/04/2023
Il presente quesito richiede di analizzare l’istituto della prescrizione.
La prescrizione è disciplinata dagli artt. 2934 c.c. e seguenti e consiste nell’estinzione di un diritto quando il titolare non lo esercita per un determinato tempo.
La prescrizione ordinaria è di dieci anni come previsto dall’[[2946]].

È possibile però interromperla ai sensi dell’art. 2943 del c.c. sia notificando l’atto di inizio di un giudizio o anche inviando qualsiasi altro atto che valga a costituire in mora il debitore.
L’atto deve avere lo scopo esclusivo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore di far valere il proprio diritto senza che siano necessarie formule sacramentali (Cass. civ. n. 24054/2015) o particolari mezzi di trasmissione, essendo perfettamente valida anche una raccomandata inviata a mezzo del servizio postale (Cass. civ. n. 7715/2003).
Si interrompe anche con il riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale può essere fatto valere (art. 2944 del c.c.).

La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere come previsto dall’art. 2935 del c.c..
La disposizione riguarda solo la possibilità legale di fare valere il diritto e quindi gli impedimenti di mero fatto non sono presi in considerazione (Cass. civ. n. 7645/1994).

Nel caso di specie sembra che non siano mai stati posti in essere atti interruttivi ma è stata fatta solo una richiesta di pagamento verbale agli eredi del debitore originario che non ha alcuna funzione di interruzione della prescrizione.
Non è facile stabilire quale sia il dies a quo da considerare per valutare se è intervenuta la prescrizione o meno del diritto ai compensi per un’attività che è iniziata oltre 30 anni fa.
Sarebbe necessario visionare tutte le prestazionisvolte e le eventuali parcelle emesse.
In linea generale si consiglia di considerare come giorno da cui decorre la prescrizione, per le attività che riguardano opere ormai giunte a termine, quello in cui la prestazione è stata compiuta.
In tal caso, in assenza di atti interruttivi come sopra descritti, il diritto al compenso per le attività svolte oltre dieci anni fa è prescritto.
Sarà però possibile richiedere i compensi per il lavoro eseguito successivamente anche con l’invio di una raccomandata interruttiva della prescrizione.

Si segnala, inoltre, che il compenso per i professionisti e il rimborso delle spese correlate è soggetto alla prescrizione presuntiva breve di tre anni previsto dall’art. 2956 del c.c..
Tali prescrizioni si fondano sulla presunzione che il pagamento sia stato eseguito e possono essere vinte dalla prova contraria o dall’ammissione del debitore di non averlo estinto o dalla contestazione della sua esistenza (Cass. civ. n. 5563/2004).
Gli eredi del defunto debitore potrebbero quindi eccepire la prescrizione presuntiva di tre anni ma ciò gli precluderebbe di sostenere anche la prescrizione ordinaria perché i due istituti sono incompatibili fondandosi uno su una presunzione di pagamento mentre l’altro sull’inerzia del titolare del diritto nel richiedere la sua attuazione (Cass civ. n. 6850/2001).

Si consiglia quindi di rivolgersi il prima possibile ad un legale che possa valutare quali crediti è ancora possibile fare valere e quali azioni giudiziarie eventualmente intraprendere.

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