L’istituto del
sequestro giudiziario si inserisce nell’ambito della tutela sommaria cautelare ed ha un carattere preminentemente conservativo.
Trova applicazione in due diverse fattispecie (il primo comma prevede il sequestro di beni, mentre il secondo comma il sequestro di documenti), qualora fra le parti vi sia una
controversia in ordine a determinati beni e si presenti la necessità di preservarli attraverso la custodia.
La distinzione delle due fattispecie non incide, comunque, sulla funzione unitaria della misura cautelare, considerata la sostanziale unitarietà dei presupposti, ossia l’esistenza di una lite su determinati beni e l’opportunità di provvedere alla loro conservazione.
Il primo presupposto richiesto dall'art. 670, n. 1, consiste nell'esistenza di una controversia, relativa alla
proprietà o al
possesso della cosa di cui si chiede il sequestro: per esistenza di una controversia deve intendersi un contrasto attuale e palese fra le parti che presenti caratteri oggettivi seri e concreti e non meramente soggettivi, sebbene non sia stato ancora incardinato alcun processo di merito.
Il sequestro giudiziario è inammissibile nelle ipotesi in cui si proponga un
azione pura di mero accertamento, ossia che non contenga anche la richiesta alla consegna o al
rilascio.
Il secondo presupposto, richiesto dal n. 1 di questa norma, consiste nella opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione dei beni di cui si chiede il sequestro, differenza che viene fatta dipendere dalla tipologia di beni per cui viene concesso il
provvedimento cautelare.
Al riguardo, secondo quanto sostenuto dalla dottrina prevalente, gli estremi del
periculum in mora sarebbero integrati non soltanto dal rischio di una sottrazione o alterazione del bene, ma anche da ogni ipotesi di pregiudizio ai beni da sequestrare, come può essere il rischio di una cattiva conservazione del bene.
Inoltre, è stato precisato che mentre nel caso di beni mobili il sequestro giudiziario mira ad eliminare il pregiudizio sia da
atti di disposizione materiale che giuridica, nell'ipotesi in cui si tratti di immobili cautelerebbe solo contro atti materiali e non giuridici, in quanto contro questi ultimi, si potrebbe ricorrere efficacemente all'istituto della
trascrizione delle domande giudiziali ex artt. 2652, 2653 c.c.
Il n. 1 della norma non menziona se fra i compiti del giudice, ai fini della concedibilità o meno del provvedimento di sequestro, vi si debba far rientrare o meno la positiva valutazione del probabile esito favorevole della causa di merito, ossia il c.d.
fumus boni iuris.
Al riguardo, mentre parte della dottrina dà esclusiva importanza alla pendenza della lite sulla proprietà o sul possesso, secondo altra tesi un esame sommario del possibile accoglimento della domanda in sede di cognizione piena sarebbe necessario in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che potrebbe produrre la subenda misura cautelare.
La giurisprudenza, comunque, non dà quasi mai specifica importanza nel corpo dei provvedimenti al
fumus boni iuris, lasciandolo per lo più sottendere.
Sotto il profilo dell’ambito applicativo di questa norma, il catalogo dei beni sequestrabili appare abbastanza ampio, risultando da un lato più esteso rispetto a quello previsto agli artt.
812,
816 c.c. e dall’altro lato meno preciso, in quanto il n. 1 di questa norma si riferisce genericamente alle universalità di beni, mentre l'art. 816 c.c. opera una precisa definizione delle
universalità di mobili.
La norma sembrerebbe ammettere la possibilità di sottoporre a sequestro giudiziario qualsiasi bene qualora siano rispettati i presupposti e la funzione.
In realtà va verificata, singolarmente, la possibilità di sequestrare quei beni, sempre più numerosi, c.d. incorporei, ossia non suscettibili di apprensione materiale.
Controversa, ad esempio, è la possibilità di sequestro per i titoli di credito, in particolare della
cambiale; infatti, mentre secondo parte della dottrina deve ritenersi ammissibile la concessione del provvedimento cautelare, altri ne escludono la configurabilità. In effetti, la cambiale costituisce un documento suscettibile di detenzione, che come tale può essere oggetto di sequestro, soltanto che in sede di sequestro occorre fare i conti con il particolare regime di circolazione (artt.
1922 ss. c.c.).
Il sequestro, infatti, sarebbe ammissibile solo nei rapporti tra emittente e prenditore o tra
girante e
giratario, mentre va esclusa ogni rilevanza della misura cautelare nei confronti dei terzi possessori del titolo in buona fede.
Discussa, poi, è la possibilità di sequestrare quote di
società personali; tali quote, infatti, non rientrerebbero nella categoria dei beni previsti di cui n. 1 dell'art. 670, in quanto il rapporto socio-società non sarebbe ricostruibile in termini di proprietà o di possesso, considerato che il socio di una
società di persone non è titolare di una posizione sostanziale sul
patrimonio sociale, che possa legittimarlo a conseguire la trasformazione della sua
partecipazione in una quota del suddetto patrimonio.
Inoltre, sempre al fine di negare il sequestro giudiziario, si fa rilevare che le società personali sono caratterizzate da un forte elemento personalistico, il c.d.
intuitus personae, che non tollera l'ingerenza di un soggetto estraneo rappresentato dal custode, soprattutto nel caso di
società in accomandita semplice.
In contrario si è fatto osservare che i diversi diritti che concorrono a configurare lo status di socio possono considerarsi entità patrimoniali ben definite, suscettibili di essere sottoposti a sequestro giudiziario.
Per quanto concerne il sequestro delle quote di s.r.l., Il dibattito sulla sua ammissibilità è stato completamente superato per intervento del legislatore, che ne ha affermato la possibilità ex
art. 2471 bis del c.c. nella riforma operata con il D.Lgs. 17.1.2003, n. 6, sebbene non ne sia stata disciplinata la fase attuativa.
Assolutamente pacifica, infine, è l’ammissibilità del sequestro di azioni di s.p.a., in particolare dopo la modifica apportata all’
art. 2352 del c.c., norma che prevede espressamente la possibilità di sottoporre a sequestro le azioni, attribuendo il diritto di voto al custode.
Resta il dubbio sull'individuazione del soggetto legittimato ad esercitare il diritto di opzione nel caso di sottoposizione a sequestro delle azioni optate; la norma sembra attribuire l'esercizio del diritto di opzione al
socio, dovendosi intendere come tale il
sequestratario che riveste tale formale status.
In relazione al sequestro di
azienda, espressamente ammesso dalla norma in esame, va detto che ai fini della concessione del sequestro è sufficiente indicare in via generica il complesso produttivo, senza specificare le singole unità che lo compongono; ai fini dell’esecuzione, occorre tenere presente l’unitarietà dell’azienda, di modo che si applicherà la disciplina dell'
art. 669 duodecies del c.p.c.; in particolare, il sequestro si sostanzierà in un'ingiunzione dell'
ufficiale giudiziario, che procederà ad immettere il
custode nell'universalità dei beni senza distinguere
fra questi ultimi.
Il custode dovrà garantire la continuazione dell'azienda, e ciò in considerazione del fatto che la disciplina risponde a due ordini di esigenze: da un lato, evitare la dispersione dell'azienda compreso l'
avviamento, dall'altro tutelare il beneficiario della misura cautelare.
Tra i beni immateriali vanno ricompresi i nomi di dominio (c.d.
domain names) o
strumenti finanziari che prescindono dalla
carthula.
Considerato che anche tali nuove forme di manifestazioni di ricchezza possano subire un pregiudizio, si è ritenuto utilizzabile anche per tali beni lo strumento del sequestro giudiziario, senza che a tanto possa essere di ostacolo l'individuazione delle modalità attuative del provvedimento, le quali dovranno essere ricavate sistematicamente dalle norme che disciplinano il singolo bene immateriale.
Il sequestro giudiziario di prove, di cui al n. 2 dell'art. 670, costituisce un'innovazione del vigente codice di rito, ed è funzionalmente preordinato alla custodia di cose certe e determinate, che saranno utilizzate come
mezzi di prova nel giudizio di merito.
Tre sono i presupposti per la concessione della misura cautelare:
a) l'idoneità del
documento o di altro bene a fornire elementi di prova: il giudice deve solo accertare sommariamente che la prova che si intende assumere sia rilevante ai fini del giudizio di merito
b) l'opportunità della custodia temporanea: si tratta di far fronte ad un pericolo di sottrazione, alterazione, distruzione o disposizione; il giudice, nel disporre la custodia, deve impartire istruzioni volte ad evitare la "divulgazione di segreti" oltre alla tutela della privacy
c) la sussistenza di una controversia sul diritto all'esibizione o alla comunicazione.