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Articolo 670 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sequestro giudiziario

Dispositivo dell'art. 670 Codice di procedura civile

Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario (1):

  1. 1) di beni mobili (2) o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso (3)[c.c. 832, 1140], ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea [676](4);
  2. 2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione [210 c.p.c.; 2711 c.c.], ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea(5).

Note

(1) La norma in esame disciplina i due casi di sequestro giudiziario, prevedendo in primo luogo il sequestro di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni quando ne è controversa la proprietà o il possesso. In secondo luogo, si riscontra la disciplina del sequestro di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende presumere elementi di prova rilevanti ai fini dell'istruttoria, quando risulti controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione.
(2) Si precisa che tra i beni mobili a cui la norma si riferisce la dottrina prevalente ricomprende anche "il credito", in ragione del fatto che è possibile configurare una generica appartenenza anche se non è possibile parlare di proprietà o di possesso.
(3) Nell'espressione "possesso" a cui fa riferimento la norma, si deve far rientrare anche la mera detenzione. Ciò comporta che devono essere annoverate tra le controversie sulla proprietà o sul possesso, non solo le tipiche azioni di rivendica, reintegrazione e manutenzione, ma anche le ipotesi in cui stata esperita un'azione contrattuale, il cui accoglimento comporti anche la condanna alla restituzione di un bene come accade nel caso della risoluzione di un contratto di locazione di immobile per inadempimento dell'obbligo di corresponsione del canone pattuito, oppure un'azione personale di restituzione come si verifica nel caso dell'azione di restituzione dell'immobile locato, a seguito di cessazione del rapporto locatizio per scadenza del termine contrattuale.
(4) Presupposti per la concessione del provvedimento cautelare in analisi sono il fumus boni iuris, ovvero la probabile esistenza del diritto fatto valere, il periculum in mora che si sostanzia nel pericolo di deterioramenti, alterazioni, o sottrazioni del bene prima che la parte ricorrente ottenga una sentenza che gli consenta di mantenere o di acquisire la proprietà o il possesso del bene stesso. Inoltre, deve sussistere l'opportunità di provvedere alla gestione o alla custodia temporanea dei beni oggetto di controversia fino al momento in cui venga definito il giudizio di merito.
(5) Nella seconda ipotesi descritta dalla norma in analisi, affinché il sequestro possa essere chiesto ed autorizzato, è necessario che sussista una controversia relativa al diritto dell'esibizione o alla comunicazione dei beni indicati dalla norma stessa. Infatti, questa controversia sussiste nel caso in cui il ricorrente affermi di avere un diritto sul documento o sulla cosa da cui presume di poter trarre elementi di prova e sussista il fondato timore della loro sottrazione.

Ratio Legis

La norma in analisi apre la serie di disposizioni dedicate a quei procedimenti cautelari che hanno la finalità di garantire che determinati beni siano conservati e resi indisponibili per il tempo necessario alla definizione della controversia e all'eventuale soddisfacimento dei diritti vantati dall'attore, mediante l'apposizione di uno specifico vincolo.

Brocardi

Periculum in mora

Spiegazione dell'art. 670 Codice di procedura civile

L’istituto del sequestro giudiziario si inserisce nell’ambito della tutela sommaria cautelare ed ha un carattere preminentemente conservativo.
Trova applicazione in due diverse fattispecie (il primo comma prevede il sequestro di beni, mentre il secondo comma il sequestro di documenti), qualora fra le parti vi sia una controversia in ordine a determinati beni e si presenti la necessità di preservarli attraverso la custodia.
La distinzione delle due fattispecie non incide, comunque, sulla funzione unitaria della misura cautelare, considerata la sostanziale unitarietà dei presupposti, ossia l’esistenza di una lite su determinati beni e l’opportunità di provvedere alla loro conservazione.

Il primo presupposto richiesto dall'art. 670, n. 1, consiste nell'esistenza di una controversia, relativa alla proprietà o al possesso della cosa di cui si chiede il sequestro: per esistenza di una controversia deve intendersi un contrasto attuale e palese fra le parti che presenti caratteri oggettivi seri e concreti e non meramente soggettivi, sebbene non sia stato ancora incardinato alcun processo di merito.
Il sequestro giudiziario è inammissibile nelle ipotesi in cui si proponga un azione pura di mero accertamento, ossia che non contenga anche la richiesta alla consegna o al rilascio.

Il secondo presupposto, richiesto dal n. 1 di questa norma, consiste nella opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione dei beni di cui si chiede il sequestro, differenza che viene fatta dipendere dalla tipologia di beni per cui viene concesso il provvedimento cautelare.
Al riguardo, secondo quanto sostenuto dalla dottrina prevalente, gli estremi del periculum in mora sarebbero integrati non soltanto dal rischio di una sottrazione o alterazione del bene, ma anche da ogni ipotesi di pregiudizio ai beni da sequestrare, come può essere il rischio di una cattiva conservazione del bene.
Inoltre, è stato precisato che mentre nel caso di beni mobili il sequestro giudiziario mira ad eliminare il pregiudizio sia da atti di disposizione materiale che giuridica, nell'ipotesi in cui si tratti di immobili cautelerebbe solo contro atti materiali e non giuridici, in quanto contro questi ultimi, si potrebbe ricorrere efficacemente all'istituto della trascrizione delle domande giudiziali ex artt. 2652, 2653 c.c.

Il n. 1 della norma non menziona se fra i compiti del giudice, ai fini della concedibilità o meno del provvedimento di sequestro, vi si debba far rientrare o meno la positiva valutazione del probabile esito favorevole della causa di merito, ossia il c.d. fumus boni iuris.
Al riguardo, mentre parte della dottrina dà esclusiva importanza alla pendenza della lite sulla proprietà o sul possesso, secondo altra tesi un esame sommario del possibile accoglimento della domanda in sede di cognizione piena sarebbe necessario in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che potrebbe produrre la subenda misura cautelare.
La giurisprudenza, comunque, non dà quasi mai specifica importanza nel corpo dei provvedimenti al fumus boni iuris, lasciandolo per lo più sottendere.


Sotto il profilo dell’ambito applicativo di questa norma, il catalogo dei beni sequestrabili appare abbastanza ampio, risultando da un lato più esteso rispetto a quello previsto agli artt. 812, 816 c.c. e dall’altro lato meno preciso, in quanto il n. 1 di questa norma si riferisce genericamente alle universalità di beni, mentre l'art. 816 c.c. opera una precisa definizione delle universalità di mobili.
La norma sembrerebbe ammettere la possibilità di sottoporre a sequestro giudiziario qualsiasi bene qualora siano rispettati i presupposti e la funzione.
In realtà va verificata, singolarmente, la possibilità di sequestrare quei beni, sempre più numerosi, c.d. incorporei, ossia non suscettibili di apprensione materiale.

Controversa, ad esempio, è la possibilità di sequestro per i titoli di credito, in particolare della cambiale; infatti, mentre secondo parte della dottrina deve ritenersi ammissibile la concessione del provvedimento cautelare, altri ne escludono la configurabilità. In effetti, la cambiale costituisce un documento suscettibile di detenzione, che come tale può essere oggetto di sequestro, soltanto che in sede di sequestro occorre fare i conti con il particolare regime di circolazione (artt. 1922 ss. c.c.).
Il sequestro, infatti, sarebbe ammissibile solo nei rapporti tra emittente e prenditore o tra girante e giratario, mentre va esclusa ogni rilevanza della misura cautelare nei confronti dei terzi possessori del titolo in buona fede.

Discussa, poi, è la possibilità di sequestrare quote di società personali; tali quote, infatti, non rientrerebbero nella categoria dei beni previsti di cui n. 1 dell'art. 670, in quanto il rapporto socio-società non sarebbe ricostruibile in termini di proprietà o di possesso, considerato che il socio di una società di persone non è titolare di una posizione sostanziale sul patrimonio sociale, che possa legittimarlo a conseguire la trasformazione della sua partecipazione in una quota del suddetto patrimonio.
Inoltre, sempre al fine di negare il sequestro giudiziario, si fa rilevare che le società personali sono caratterizzate da un forte elemento personalistico, il c.d. intuitus personae, che non tollera l'ingerenza di un soggetto estraneo rappresentato dal custode, soprattutto nel caso di società in accomandita semplice.
In contrario si è fatto osservare che i diversi diritti che concorrono a configurare lo status di socio possono considerarsi entità patrimoniali ben definite, suscettibili di essere sottoposti a sequestro giudiziario.
Per quanto concerne il sequestro delle quote di s.r.l., Il dibattito sulla sua ammissibilità è stato completamente superato per intervento del legislatore, che ne ha affermato la possibilità ex art. 2471 bis del c.c. nella riforma operata con il D.Lgs. 17.1.2003, n. 6, sebbene non ne sia stata disciplinata la fase attuativa.
Assolutamente pacifica, infine, è l’ammissibilità del sequestro di azioni di s.p.a., in particolare dopo la modifica apportata all’art. 2352 del c.c., norma che prevede espressamente la possibilità di sottoporre a sequestro le azioni, attribuendo il diritto di voto al custode.
Resta il dubbio sull'individuazione del soggetto legittimato ad esercitare il diritto di opzione nel caso di sottoposizione a sequestro delle azioni optate; la norma sembra attribuire l'esercizio del diritto di opzione al socio, dovendosi intendere come tale il sequestratario che riveste tale formale status.

In relazione al sequestro di azienda, espressamente ammesso dalla norma in esame, va detto che ai fini della concessione del sequestro è sufficiente indicare in via generica il complesso produttivo, senza specificare le singole unità che lo compongono; ai fini dell’esecuzione, occorre tenere presente l’unitarietà dell’azienda, di modo che si applicherà la disciplina dell' art. 669 duodecies del c.p.c.; in particolare, il sequestro si sostanzierà in un'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario, che procederà ad immettere il custode nell'universalità dei beni senza distinguere
fra questi ultimi.
Il custode dovrà garantire la continuazione dell'azienda, e ciò in considerazione del fatto che la disciplina risponde a due ordini di esigenze: da un lato, evitare la dispersione dell'azienda compreso l'avviamento, dall'altro tutelare il beneficiario della misura cautelare.

Tra i beni immateriali vanno ricompresi i nomi di dominio (c.d. domain names) o strumenti finanziari che prescindono dalla carthula.
Considerato che anche tali nuove forme di manifestazioni di ricchezza possano subire un pregiudizio, si è ritenuto utilizzabile anche per tali beni lo strumento del sequestro giudiziario, senza che a tanto possa essere di ostacolo l'individuazione delle modalità attuative del provvedimento, le quali dovranno essere ricavate sistematicamente dalle norme che disciplinano il singolo bene immateriale.

Il sequestro giudiziario di prove, di cui al n. 2 dell'art. 670, costituisce un'innovazione del vigente codice di rito, ed è funzionalmente preordinato alla custodia di cose certe e determinate, che saranno utilizzate come mezzi di prova nel giudizio di merito.
Tre sono i presupposti per la concessione della misura cautelare:
a) l'idoneità del documento o di altro bene a fornire elementi di prova: il giudice deve solo accertare sommariamente che la prova che si intende assumere sia rilevante ai fini del giudizio di merito
b) l'opportunità della custodia temporanea: si tratta di far fronte ad un pericolo di sottrazione, alterazione, distruzione o disposizione; il giudice, nel disporre la custodia, deve impartire istruzioni volte ad evitare la "divulgazione di segreti" oltre alla tutela della privacy
c) la sussistenza di una controversia sul diritto all'esibizione o alla comunicazione.

Massime relative all'art. 670 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 28673/2013

L'ordinanza che ha autorizzato la misura cautelare del sequestro giudiziario (nella specie, a seguito di reclamo) senza provvedere sulle spese di lite non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. in quanto priva di carattere definitivo e decisorio, potendo ogni questione, anche non risolta, essere riproposta nel giudizio di merito - sia che si svolga innanzi al giudice ordinario, sia che la controversia sia assoggettata ad arbitrato rituale od irrituale - nel quale soltanto potrà provvedersi alla disciplina delle spese a norma dell'art. 91 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 9692/2008

Il sequestro giudiziario può essere concesso anche quando il bene sul quale è destinata a ricadere la misura cautelare sia oggetto di diritto di godimento da parte di un terzo, in virtù di un titolo detentivo, trasmessogli da una delle parti contendenti, purché vi sia un conflitto relativo alla proprietà o al possesso, producendosi, nei confronti del terzo, titolare di un diritto di natura personale, soltanto il subentro del custode nella posizione del concedente. (Nel caso di specie, l'esistenza di un rapporto di locazione tra un terzo e uno dei comproprietari di un capannone industriale era stata opposta, come fatto impeditivo, alla concessione ed esecuzione del sequestro giudiziario richiesto dall'altro comproprietario).

Cass. civ. n. 6185/2003

Anche il custode giudiziario di un bene sottoposto a sequestro ex art. 321 c.p.p. è legittimato a stare in giudizio a tutela della conservazione del bene stesso, onde preservare la funzione strumentale del provvedimento cautelare, nell'ipotesi in cui l'atto contestato, in relazione al quale egli assuma la veste di parte processuale, sia suscettibile di pregiudicare l'esercizio delle funzioni e gli interessi alla cui salvaguardia egli è preposto

Cass. civ. n. 8429/2000

In tema di sequestro giudiziario di azienda, la mancata indicazione dei singoli componenti destinati a formare specifico oggetto del sequestro stesso non è causa di invalidità od inefficacia di esso, a differenza che nel caso di sequestro conservativo, in cui la puntuale individuazione e descrizione dei beni assume la funzione di rendere noto lo specifico oggetto della garanzia patrimoniale riconosciuta al creditore procedente.

Cass. civ. n. 6957/2000

La quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettiva che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 c.c., onde ad essa possano applicarsi, a norma dell'art. 813 c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, giacché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti e non come mero diritto di credito; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di sequestro giudiziario e, avendo il sequestro ad oggetto i diritti inerenti la suddetta quota, ben può il giudice del sequestro attribuire al custode l'esercizio del diritto di voto nell'assemblea dei soci ed eventualmente, in relazione all'oggetto dell'assemblea, stabilire i criteri e i limiti in cui tale diritto debba essere esercitato nell'interesse della custodia.

Cass. civ. n. 13014/1995

Anche nella nuova disciplina in materia cautelare introdotta dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, contro i provvedimenti sull'efficacia del sequestro emessi in forma diversa dalla sentenza (salva l'applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma ai fini dell'appello) non è ammissibile la proposizione del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., essendo tali provvedimenti privi di decisorietà e definitività, pure quando sono pronunciati a seguito di reclamo.

Cass. civ. n. 11351/1994

Non è ammissibile il ricorso per cassazione contro l'ordinanza con cui il giudice istruttore abbia autorizzato il sequestro giudiziario di un bene, poiché tale provvedimento non è qualificabile come sentenza, ai sensi degli artt. 323 e 360 c.p.c., né, per la sua natura strumentale e provvisoria, tipica dei provvedimenti cautelari — e in particolare per il fatto che la verifica della sua legittimità costituisce oggetto del giudizio di convalida — presenta i requisiti della decisorietà (idoneità a produrre effetti di diritto sostanziale) e della definitività (assenza, secondo la normativa ordinaria, di rimedi idonei a consentire il riesame del provvedimento, sia nell'ulteriore corso del processo, sia in sede di impugnazione), necessari ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (Nella specie il provvedimento impugnato era stato emanato prima dell'entrata in vigore delle disposizioni della L. 26 novembre 1990, n. 353, relative ai procedimenti cautelari).

Cass. civ. n. 9645/1994

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario, si ha controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, in quanto il termine «possesso», usato dall'art. 670 c.p.c. unitamente a quello di proprietà, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione.

Cass. civ. n. 6813/1994

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario, si ha controversia sulla proprietà anche quando debba decidersi sul diritto di conseguire la proprietà, come nell'azione per l'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita.

Cass. civ. n. 4039/1994

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario, ai sensi dell'art. 670 n. 1 c.p.c., si configura una controversia sulla proprietà, non solo nel caso di esperimento, attuale o preventivo, della tipica azione di rivendicazione, ma in ogni ipotesi in cui risulti proposta, o debba proporsi, una qualsiasi azione che richieda, comunque, una statuizione sulla proprietà, come nel caso di controversia in ordine alla sussistenza ed alla idoneità di titoli confliggenti con riguardo alla proprietà di uno stesso bene.

L'intervenuta trascrizione di una domanda suscettibile di prenotare gli effetti di una sentenza sanzionante l'acquisto dei diritti dominicali su un cespite immobiliare oggetto della vertenza, non è ostativa all'accoglimento dell'istanza di sequestro giudiziario sull'immobile stesso, essendo la misura cautelare intesa, ai sensi dell'art. 670 n. 1 c.p.c., al conseguimento di provvedimenti, relativi alla custodia e alla gestione del bene, non garantiti dalla trascrizione.

Cass. civ. n. 10333/1993

Ai sensi dell'art. 670 n. 1 c.p.c. possono formare oggetto di sequestro giudiziario non solo i beni ordinari ai quali sia stata esercitata un'azione di rivendica, di reintegrazione, o di manutenzione, ma anche quelli che abbiano dato luogo ad una controversia dalla cui decisione può scaturire una statuizione di condanna alla restituzione o al rilascio, eventualmente in accoglimento di un'azione personale, di cosa e qualsiasi titolo pervenuta nella disponibilità di altri, come nel caso di azione di riduzione di donazioni da parte del legittimario leso.

Cass. civ. n. 9729/1993

Ai fini dell'autorizzazione (e della convalida) del sequestro giudiziario, la necessità di provvedere alla conservazione e alla custodia dei beni sui quali deve eseguirsi la misura cautelare, sussiste quando lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporta la possibilità che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso, senza che possa diversamente rilevare la mera capacità di gestione dei beni della parte che li possiede.

Cass. civ. n. 12595/1991

Poiché la finalità del sequestro giudiziario ai sensi dell'art. 670 n. 1 c.p.c. è quella di assicurare l'utilità pratica di un futuro provvedimento decisorio e la fruttuosità della sua esecuzione coattiva mediante la consegna o il rilascio forzati di quegli stessi beni sui quali è stato autorizzato e posto il vincolo, il sequestro giudiziario non può avere ad oggetto una ragione di credito su somme di danaro, non essendo configurabile, in linea generale, rispetto ai diritti di credito una controversia sulla proprietà o sul possesso, e non essendovi ragione di prevedere una loro custodia o gestione temporanea, o di garantire una successiva esecuzione specifica per consegna.

Cass. civ. n. 3923/1989

In caso di azione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità di una disposizione testamentaria, il cui accoglimento comporti la condanna del detentore alla restituzione dell'immobile oggetto della disposizione medesima, vi è controversia sul possesso della cosa, che legittima il sequestro giudiziario del bene, atteso che agli effetti di quest'ultimo il termine «possesso» non va inteso in senso tecnico, bensì come comprensivo anche della detenzione.

Cass. civ. n. 3599/1989

Qualora l'atto amministrativo, che dichiari la pubblica utilità ed indifferibilità di un'opera, autorizzando in via d'urgenza l'occupazione del fondo del privato, sia oggetto d'impugnazione davanti al giudice amministrativo, e venga dal medesimo sospeso, a detto privato, oltre alla facoltà di chiedere a quel giudice amministrativo di impartire le disposizioni occorrenti per l'attuazione della sospensione, deve riconoscersi la facoltà di adire il giudice ordinario, con istanza di sequestro giudiziario del bene per tutelare il suo ius possidendi ed al fine di evitare che il bene stesso sia distrutto, deteriorato od irreversibilmente trasformato, considerando che tale sequestro integra una misura meramente conservativa, per la custodia e gestione del bene, e che la sua adozione nei confronti della P.A. è consentita dal fatto che essa manca, per effetto dell'indicata sospensione, di titolo a detenere l'immobile.

Cass. civ. n. 543/1986

Quando nel corso del procedimento di convalida del sequestro giudiziario venga meno la controversia sulla proprietà o sul possesso, e sorga contemporaneamente un diritto di credito col pericolo di perdere la garanzia di esso verso la medesima parte nei cui confronti sia stata in precedenza autorizzata la misura cautelare, questa può convertirsi in sequestro conservativo, e, come tale, può disporsene la convalida.

Cass. civ. n. 106/1985

Non è ammissibile il sequestro giudiziario di cambiali che, a seguito di una serie continua di girate, siano in possesso di persona diversa dal contraente diretto di chi richiede il sequestro, in quanto, ai sensi dell'art. 1994 c.c. il terzo portatore di un titolo di credito in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione non è soggetto a rivendicazione, onde nei suoi confronti non può essere invocato quello jus ad rem, che riposa soltanto su un rapporto diretto sottostante all'emissione o al trasferimento e che costituisce il presupposto della misura cautelare, fondata sulla possibilità di una controversia sulla proprietà o sul possesso.

Cass. civ. n. 6582/1984

Il sequestro giudiziario, così come gli altri provvedimenti cautelari, è caratterizzato da un rapporto di strumentalità con l'emanazione del provvedimento definitivo, per assicurare, sul piano pratico e in via preventiva e cautelare, la concreta efficacia del futuro provvedimento giurisdizionale relativo a situazione di proprietà e di possesso dei beni. Pertanto quando il giudice, chiamato a decidere sulla convalida del sequestro giudiziario e sul merito, definisca sfavorevolmente per il sequestrato le questioni sulla proprietà o sul possesso del bene sottoposto alla misura cautelare, negando l'esistenza del diritto per il quale la medesima era stata concessa, alla pronuncia negativa sul merito consegue necessariamente il rigetto dell'istanza di convalida, senza che sia necessaria l'indagine sui requisiti per la concessione della misura cautelare, la quale è ormai travolta dalla decisione del merito.

Cass. civ. n. 5066/1984

Ai fini dell'applicabilità dell'art. 670 c.p.c., legittimati a chiedere il sequestro giudiziario sono non soltanto i titolari dei diritti reali ma anche i titolari di diritti personali relativi ai beni mobili o immobili, poiché la controversia sulla proprietà o il possesso può sussistere non solo quando siano esperite le tipiche azioni a presidio di tali diritti, ma anche quando si tratti di azioni personali aventi ad effetto la restituzione della cosa da altri detenuta.

Cass. civ. n. 1158/1984

Con riguardo alla cessione di un'area in favore del comune, prevista da una convenzione di lottizzazione successivamente divenuta irrealizzabile per contrasto con nuovi strumenti urbanistici, deve escludersi che il privato, a tutela del proprio preteso diritto alla retrocessione dell'immobile, possa chiedere ed ottenere dal giudice ordinario autorizzazione al sequestro dell'immobile medesimo, qualora questo abbia ricevuto una concreta destinazione a fini pubblici con provvedimenti dell'autorità municipale di inclusione in un piano di costruzione di alloggi economici e popolari, e di concessione del diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare (a norma dell'art. 10 della L. 18 aprile 1962, n. 167, come sostituito dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865), atteso che, in tale situazione, il suddetto sequestro verrebbe indebitamente ad interferire su atti amministrativi, in violazione del divieto di cui all'art. 4 della L. 20 marzo 1965, n. 2248 allegato E).

Cass. civ. n. 3831/1982

Qualora si controverta sulla restituzione di una cosa da altri detenuta, il sequestro giudiziario può essere concesso e convalidato solo se, in relazione al fumus boni iuris, sussista, oltre la possibilità di accoglimento della pretesa di chi ha richiesto la misura cautelare, anche la probabilità che da tale accoglimento consegua, in concreto, il diritto dell'attore all'immediata restituzione del bene. Conseguentemente, deve essere negato il provvedimento di convalida ove sia adottato insieme a quello sul merito che abbia negato tale diritto alla restituzione finché perdura una determinata situazione che attribuisce alla controparte il diritto di ritenzione, venendo meno la possibilità dell'immediata restituzione.

Cass. civ. n. 1990/1982

Il sequestro giudiziario di un immobile, ai sensi dell'art. 670 n. 1 c.p.c., può essere chiesto ed ottenuto anche in base al pericolo che il medesimo, acquistato dall'istante con atto non trascritto, venga nuovamente trasferito dal venditore ad un terzo, ed alla correlativa esigenza d'assicurarne la custodia, in pendenza di controversia sulla proprietà o sul possesso.

Cass. civ. n. 854/1982

Per la concessione del sequestro giudiziario, non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra il pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo invece sufficiente, ai fini dell'estremo dell'opportunità richiesto dall'art. 670 n. 1 c.p.c., che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso.

Cass. civ. n. 3318/1973

In tema di sequestro giudiziario di beni appartenenti ad un compendio ereditario non ancora diviso in quote, il coerede che contesti la quota di altro coerede può chiedere ed ottenere il sequestro dell'intero compendio oggetto della comunione, ancorché sia da presumere che all'atto dello scioglimento di essa solo una porzione dei beni comuni possa essere a lui attribuita.

Cass. civ. n. 1536/1973

Non è ammissibile un sequestro giudiziario di crediti verso terzi. Il principio della continuazione del processo tra le parti originarie in ipotesi di trasferimento del diritto controverso a titolo particolare avvenuto nel corso del processo, non consente che una misura cautelare in corso di causa possa essere concessa nei confronti del dante causa: data l'autonomia del processo cautelare, anche se connesso con quello di merito, l'azione cautelare deve essere rivolta nei confronti dell'avente causa.

Cass. civ. n. 564/1973

Per l'autorizzazione al sequestro giudiziario di documenti previsto dall'art. 670 n. 2 c.p.c. è necessario che ricorrano gli estremi perché possa essere domandata l'esibizione ai sensi dell'art. 210 c.p.c. e che l'istante possa vantare un sia pur controverso diritto di natura sostanziale all'esibizione o comunicazione del documento stesso.

Cass. civ. n. 2213/1970

Il sequestro giudiziario, di cui all'art. 670 n. 2 c.p.c. è strumentalmente preordinato ad assicurare elementi di prova da utilizzare nel giudizio di merito. Esso, pertanto, è provvisorio, non soltanto nel senso che è temporaneo, ma soprattutto nel senso che la sua durata è limitata al raggiungimento delle necessità probatorie per cui fu autorizzato, sicché una volta soddisfatte tali necessità mediante l'accertamento definitivo contenuto nella sentenza di appello, le cose a questo fine sequestrate debbono essere restituite al legittimo proprietario. Il sequestro giudiziario, regolato dall'art. 670 n. 2 c.p.c., ha lo scopo di provvedere alla custodia di cose certe e determinate (libri, registri, documenti, modelli, campioni etc.) per essere impiegati nel futuro processo di merito come mezzi di prova o di informazione per le parti e per il giudice. Per la legittimità di tale particolare tipo di sequestro è necessario che la prova che si intende acquisire possa ritenersi ex prima facie utile ai fini che si propone il richiedente; che vi sia controversia sul diritto o meno della parte istante alla esibizione o alla comunicazione; che, infine, sia opportuno provvedere alla custodia temporanea della cosa di cui si chiede il sequestro. In ordine al requisito dell'utilità della prova deve escludersi che il giudice possa esigere, al momento di disporre il sequestro, la dimostrazione che le prove da acquisire siano indispensabili e perfettamente concludenti dato che soltanto nel processo di merito il valore della prova, sia sotto il profilo della concludenza che della indispensabilità potrà essere compiutamente apprezzato. Il requisito della controversia sul diritto implica un duplice accertamento, quello circa l'esistenza della controversia di merito, che può anche non essere processualmente pendente, e l'altro in ordine all'esistenza della controversia sul diritto alla esibizione o alla comunicazione dei libri e dei documenti, la quale, però, non è richiesta come condizione del sequestro quando questo riguardi cose diverse dai libri e dai documenti, nel qual caso è sufficiente che la cosa da sottoporre a sequestro possa servire da prova ed esista il pericolo di perderne la disponibilità.

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relative all'articolo 670 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Giacomo M. chiede
martedì 23/02/2021 - Sardegna
“QUESITO PER AMMINISTRATORE GIUDIZIALE

I fratelli Giacomo e Carlo, entrambi artigiani, nel 1995 hanno acquistato congiuntamente in comunione una proprietà agricola composta da terreni e vecchi fabbricati ed hanno poi iniziato attività di allevamento prima bovino poi ovino acquistando ( principalmente Giacomo) un gregge di pecore ed intestando tale attività a Susanna (moglie di Carlo) la quale si iscrisse quale coltivatrice diretta alla Camera di Commercio nel 1996.
Successivamente (anno 2000) nei suddetti terreni i fratelli realizzarono ex novo fabbricati agricoli (stalle) ; nel 2001 restaurarono e convertirono i vecchi fabbricati ad uso agrituristico, attività che ampliarono con successivi fabbricati dal 2005 al 2008/2010. Per usufruire degli aiuti comunitari, l’attività di costruzione e gestione fu svolta a nome di Susanna, alla quale erano intestati anche i progetti degli ampliamenti e le relative fatture.
Pertanto i suddetti terreni e fabbricati , essendo inseriti ( in base alle disposizioni del DPR n. 503/1999) nel Fascicolo Aziendale di Susanna dall’anno 2000 fino al 2017 , permettevano alla stessa di avere diritto a percepire i premi comunitari nel settore ovino e suino e asseveravano la sussistenza dei requisiti di connessione e complementarietà necessari per poter esercitare l’attività di Agriturismo ed ottenere i contributi a fondo perduto per la costruzione dei relativi fabbricati.
C’è da precisare che fino al 2006 detti terreni e fabbricati erano inseriti nel fascicolo aziendale della medesima come proprietà (irregolarmente perchè di proprietà di Giacomo e Carlo) , dal 19/12/2006 fino al 2011 in comodato quinquennale gratuito, dal 2014 al 2017 i fabbricati ed alcuni terreni erano inseriti in proprietà ( ancora irregolarmente) mentre i restanti terreni lo erano in comodato gratuito in forza di un contratto decennale del 2014 scadente nel 2025.
Nel 2017 i rapporti tra Giacomo e Susanna si sono deteriorati, Giacomo ha iniziato una azione giudiziaria per l’accertamento della sussistenza di una società di fatto con fratello e cognata e liquidazione della propria quota o in subordine la divisione dei beni in comune con il fratello e la cognata con richiesta di risarcimento dei fitti e dei frutti per il periodo di uso esclusivo da parte di Susanna .
Susanna si oppone alla sussistenza della società di fatto e rivendica un risarcimento per i fabbricati costruiti a suo nome e per l’avviamento.
Dopo di ciò, dal 2018 in poi Susanna ( forse per non dover pagare canoni di affitto pur continuando ad occuparli) ha omesso di inserire tutti i suddetti terreni e fabbricati nel proprio fascicolo aziendale e li ha sostituiti con altri terreni presi in affitto.
Giacomo, a sua volta titolare di fascicolo aziendale non professionale per altri terreni dal 2014, anno in cui aveva cessato l’attività artigianale), accortosi che tutti i terreni e fabbricati erano disponibili, ha provveduto dal 2018 ad inserirne una parte al 50% e dal 2020 tutti totalmente in proprietà nel proprio fascicolo aziendale insieme ad altri che già aveva.
Pertanto, se il Fascicolo Aziendale è l’unico documento valido per i rapporti tra l’Azienda Agricola e la Pubblica Amministrazione, dato che dal 2018 sia la porcilaia che l’ovile e sala mungitura si trovano su terreni e fabbricati non presenti nel fascicolo aziendale di Susanna, attualmente la stessa non dovrebbe avere più diritto a percepire i premi comunitari del comparto suino ed ovicaprino. ( Anche se il rapporto capi di bestiame/terreni sia soddisfatto dagli altri terreni presi in affitto)
Ed inoltre, l’Autorizzazione Comunale all’esercizio dell’attività agrituristica svolta da Susanna su fabbricati aziendali (ristorante e camere) non più presenti nel proprio Fascicolo Aziendale attualmente dovrebbe essere revocabile d’ufficio o su segnalazione perchè priva dei requisiti di connessione e complementarietà che ne consentono l’esercizio.
La domanda è:
Considerato quanto sopra l’azienda di Susanna attualmente ha perso il diritto ai premi comunitari nel comparto suino ed ovicaprino e ad esercitare l’attività di Agriturismo?
La revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’Agriturismo causerebbe la perdita della ruralità degli edifici, l’aumento dell’IMU ed il rilevante deprezzamento della Azienda Agricola con conseguente danno economico per la quota di proprietà di Giacomo?
In caso di un intervento di AGEA e del Comune per la revoca dei premi comunitari e dell’Autorizzazione Agrituristica potrebbe Giacomo addebitare tale danno esclusivamente a Susanna o avrebbe in qualche modo una corresponsabilità per aver inserito detti terreni e fabbricati nel proprio fascicolo aziendale anche se risultavano liberi dopo che Susanna aveva omesso di inserirli nel proprio fascicolo aziendale?
La presenza dei terreni e fabbricati nel fascicolo aziendale di Giacomo rafforzerebbe la sua tesi di essere componente della società di fatto, nonostante che ciò non sia stato notificato al Giudice nelle memorie ex art. 183 c.p.c.? ,
La perdita del diritto ai premi comunitari ed all’esercizio dell’agriturismo derivante dall’omissione dell’inserimento dei terreni e fabbricati nel proprio fascicolo aziendale da parte di Susanna potrebbe giustificare l’accoglimento di un’istanza al Giudice, nelle more del processo, perché nomini un Amministratore Giudiziale per l’Azienda di Susanna per rimediare e tutelare la proprietà di Giacomo, magari prendendo accordi con lo stesso per il passaggio dei terreni al fascicolo aziendale di Susanna?
Potrebbe Giacomo, nelle more del processo, rientrare in qualche modo in possesso dei terreni e/o fabbricati?
Che altro potrebbe fare Giacomo per tutelare i suoi interessi e/o anticipare la conclusione del processo che si preannuncia molto lontana nel tempo?”
Consulenza legale i 09/03/2021
Ai fini fiscali un fabbricato è definito rurale qualora possegga i requisiti sanciti dall’art. 9, comma 3, D.L. 557/93 o quelli di cui al comma 3 bis del medesimo articolo.
Per quanto riguarda gli immobili abitativi (comma 3 art. 9 D.L. 557/93), si considerano rurali gli immobili, anche se non insistenti sui terreni cui l’immobile è asservito, a condizione però che siano ubicati nello stesso Comune o in Comuni confinanti, che rispettano le seguenti condizioni:
- devono essere utilizzati quale abitazione alternativamente dal titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all’attività agricola svolta; dall’affittuario del terreno cui l’immobile è asservito; dai familiari conviventi a carico di tali soggetti; da pensionati “agricoli”; da uno dei soci o amministratori delle società agricole;
- i soggetti devono essere imprenditori agricoli regolarmente iscritti nella sezione speciale del Registro delle Imprese;
- il terreno cui il fabbricato è asservito deve avere superficie non inferiore a 1 ettaro, ridotto a 3mila mq nel caso di esercizio di coltivazioni intensive;
il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà del suo reddito complessivo.
Per quanto attiene agli immobili strumentali, ai sensi del comma 3 bis del medesimo articolo 9 D.L , deve riconoscersi il requisito della ruralità alle costruzioni strumentali alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile (nozione di imprenditore agricolo) comprese quelle destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli, alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione, nonché ai fabbricati destinati all'agriturismo.
Secondo l’Agenzia delle Entrate poter riconoscere la ruralità di un fabbricato strumentale all’esercizio dell’attività agricola è necessaria, in linea generale, la presenza dei terreni (nota Agenzia delle Entrate 15.1.2019 e risposta interpello 10.9.2019 n. 369).
Ai fini fiscali, sono previste diverse agevolazioni:
- per quanto riguarda le imposte dirette le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali, e relative pertinenze, appartenenti al possessore o all’affittuario dei terreni cui servono (art. 42 co. 1 del TUIR) non si considerano produttive di reddito di fabbricati (e non vanno, quindi, dichiarate nel modello di dichiarazione dei redditi).
- quanto alle imposte indirette: fino al 2019 era prevista l’applicazione della TASI con aliquota agevolata ed esenzione IMU per i fabbricati strumentali di cui all’art. 9 co. 3-bis del D.L. n. 557/93 (co. 708 dell’art. 1 della L. 147/2013).
Dall’1.1.2020, la TASI è stata soppressa dall’art. 1 co. 738 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) e i medesimi fabbricati, dal medesimo periodo, devono scontare l’IMU dall’1.1.2020, con aliquota pari allo 0,1%. I Comuni possono ridurre l’aliquota fino all’azzeramento (art. 1 co. 750 della L. 160/2019).

Requisito indefettibile per il godimento delle agevolazioni fiscali appare, pertanto, essere proprio l’esercizio di attività agricola ex art. 2135 c.c., in mancanza del quale l’immobile perde il carattere della ruralità[1].
Si ritiene, in mancanza, di elementi concreti di poter rispondere in via del tutto generale ai quesiti sopra formulati.
Conseguentemente, appare ragionevole ritenere che qualora gli immobili di che trattasi perdessero l’autorizzazione all’esercizio di Agriturismo e non fossero comunque utilizzati ai sensi dell’art. 9 D.L. 557/93, si aprirebbero le porte ad una possibile revoca del requisito della ruralità.
Ciò darebbe l’opportunità al Comune dove sono ubicati gli immobili, di notificare avviso di accertamento per il recupero dell’imposta relativa all’IMU non versata nel periodo in cui l’immobile non possedeva i requisiti di legge per essere considerato rurale ex art. 9, co. 3 bis D.L. 557/93.
Tale tipo di accertamento non costituisce una conseguenza automatica della perdita del requisito della ruralità, ma sarebbe comunque conseguente ad una probabile attività del Comune.
Appare altresì interessante segnalare che una recente sentenza della Comm. trib. reg. , Brescia , sez. XXIII, 13/05/2019 , n. 2107, in materia di Ici, abbia ritenuto che “la parziale revoca del requisito di ruralità emessa dall'Agenzia del territorio non può retrocedere oltre il quinquennio dalla statuizione, posto che l'art. 2, comma 5 ter, L. 124/2013 , dispone la retroattività del requisito di ruralità fino al quinto anno antecedente alla presentazione della domanda”.

In relazione alla possibilità di rientrare in possesso dei terreni e/o fabbricati, è necessario premettere alcune considerazioni di natura prettamente processuale.
Il nostro ordinamento prevede alcuni procedimenti detti cautelari, da instaurarsi sia prima che in corso di causa, che sono definiti con provvedimenti basati su una verifica sommaria dei fatti controversi, disciplinati dagli artt. 669 bis ss. c.p.c. che hanno la funzione di fornire una tutela strumentale rispetto al procedimento principale e provvisoria, in quanto il loro scopo è di rimediare alla durata del processo e il provvedimento emesso in tale ambito sarà sostituito dal provvedimento definitivo del giudice (nel caso di specie la sentenza).

Fra i procedimenti cautelari che possono risultare adatti al caso esposto può rientrare il sequestro giudiziario, di cui all’art. 670 del c.p.c..
Il provvedimento di sequestro giudiziario può riguardare le cose mobili o immobili o le universalità di beni delle quali sia controversa la proprietà o il possesso (compresa, secondo l’opinione dominante, la mera detenzione), con la conseguenza di rendere opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea.
Per la concessione del provvedimento, i requisiti che devono sussistere sono la probabile esistenza del diritto fatto valere (c.d. fumus boni iuris) ed il pericolo di deterioramenti, alterazioni, o sottrazioni del bene prima che la parte ricorrente ottenga una sentenza che gli consenta di mantenere o di acquisire la proprietà o il possesso (nel senso ampio sopra specificato) del bene stesso (c.d. periculum in mora).

Lo scopo della misura cautelare del sequestro giudiziario è di garantire che certi beni siano conservati e resi indisponibili alle parti sino alla definizione della controversia, nonché di assicurare l’utilità pratica della sentenza di merito di condanna, alla consegna o al rilascio, di quegli stessi beni sottoposti al vincolo cautelare, prevenendo sottrazioni, alterazioni o deterioramenti che impedirebbero alla parte alla fine vittoriosa di vedere soddisfatto il proprio diritto alla consegna o al rilascio. Inoltre, poiché i beni dei quali si domanda il sequestro possono necessitare anche di una temporanea gestione, la funzione eventuale di questo provvedimento, accanto a quella conservativa dell’integrità materiale, è quella di conservare la produttività degli stessi fino al momento in cui venga definito il giudizio di merito.

Nel procedimento civile già instaurato, l’attore potrebbe ricorrere al fine di ottenere un provvedimento di sequestro giudiziario per gli immobili di cui al capo UNO dell’atto di citazione, dei quali si richiede la restituzione all’attore e la condanna al rilascio nella conclusione n. 1.
Sarebbe, tuttavia, necessario dimostrare, oltre alla probabile esistenza del diritto fatto valere, anche la circostanza che l’attesa della sentenza di merito possa comportare il pericolo di alterazioni o deterioramento degli immobili stessi.
Questione tutt’altro che scontata, considerando che i beni a cui si farebbe riferimento sono detenuti ed utilizzati, in gran parte, in una attività aziendale e, perciò, non si ravviserebbe facilmente (soprattutto in relazione agli immobili) un pericolo di sottrazione, alterazione o deterioramento, sussistendo da parte del detentore/convenuto un interesse contrario.
Tale provvedimento, inoltre, come tutti i provvedimenti cautelari, sarebbe provvisorio e potrebbe essere sostituito dalla sentenza definitiva.
Si deve segnalare, infine, che il provvedimento di sequestro, in ogni caso, nelle more del processo di merito, potrebbe nominare custode un soggetto anche diverso dall’attore/ricorrente, compreso lo stesso convenuto, con la conseguenza di far perdere utilità alla richiesta stessa di sequestro giudiziario così come nelle intenzioni espresse nel quesito.
Non è, pertanto, certa l'utilità pratica dell'instaurazione del procedimento descritto.

Non potrebbe, in ogni caso, richiedersi il sequestro giudiziario dei beni di cui al capo DUE della domanda attorea, in quanto se ne richiede la divisione giudiziale; non è, pertanto, controversa la proprietà dei beni, ma si richiede la divisione della comproprietà.

Neppure potrebbe richiedersi in relazione al capo TRE, relativo all’accertamento della società di fatto e alla liquidazione della quota per l’estromissione e/o il recesso del socio/attore, o, in subordine, la divisione giudiziale dei beni in comproprietà; anche in questo caso non è controversa la proprietà di detti beni.

Purtroppo, non risultano nel nostro ordinamento altri strumenti per tutelare i propri interessi che non siano la tutela giudiziale già intrapresa o, eventualmente, quella ulteriore qui esposta; né c’è modo per “accelerare” il processo nel senso inteso e richiesto nel quesito presentato.


[1]
In vigenza di ICI, la giurisprudenza è stata costante nel ritenere che “Per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l'oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (categoria A/6 o D/10) , sicchè l'immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133 ) non è soggetto all'imposta, ai sensi del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 -bis (conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14 ) e del d.lg. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a). Per converso, qualora l'immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l'esenzione dall'imposta, impugnare l'atto restandovi, altrimenti, quest'ultimo assoggettato. Allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l'attribuzione della categoria catastale, al fine di poter legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'Ici”. Cassazione civile , sez. trib. , 01/07/2020 , n. 13392 - Cassazione civile sez. trib., 12/04/2019, n.10283 e tante altre.

Giuseppe Z. chiede
giovedì 02/05/2019 - Puglia
“Vorrei porvi un quesito in merito ad una custodia giudiziaria ex art. 670 cpc, relativo ad una lite familiare per una successione di azienda.
Il giudice disponendo il sequestro giudiziario e nominato il custode, gli dà poteri amministrativi e gestionali dell'azienda, dandogli la possibilità di assumere gli eredi con relativo contratto di lavoro a tempo determinato.
Ci sono responsabilità a carico del custode per aver fatto lavorare senza assunzione e con mansioni pure contabili gli ex amministratori e dopo dipendenti?”
Consulenza legale i 10/05/2019
Il nostro ordinamento contempla diverse ipotesi di incarichi giudiziali consistenti nella custodia e/o amministrazione di beni o cose.
Con riferimento al caso di specie è rilevante l’osservazione di carattere generale relativa al fatto che, ogni incarico giudiziale di natura gestoria, è comunque finalizzato oltre che alla conservazione del valore economico del bene, anche all’incremento, per quanto possibile, della redditività del bene stesso.
Più specificamente, l’art. 670 c.p.c richiamato nel quesito che ci occupa prevede espressamente che il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario:
  1. di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea;
  2. di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea.
La nomina del custode, pertanto, spetta al giudice e non sono, generalmente, previsti specifici requisiti professionali o personali per il custode.

Nella pratica, quando la scelta non ricade tra i contendenti, il custode viene nominato tra professionisti iscritti negli albi professionali del luogo in cui si trovano i beni sequestrati in ossequio ai più garantistici criteri di terzietà e professionalità.
Il custode, nello svolgimento dei suoi compiti tipici, esercita tutte le facoltà necessarie per la conservazione ed amministrazione dei beni (art. 65 - 67 c.p.c.), quale organo ausiliario di giustizia e quindi in qualità di Pubblico Ufficiale, sostituendosi al titolare, secondo il canone fondamentale del buon padre di famiglia, al fine di preservarne e per quanto possibile incrementarne il valore economico.
I limiti ed i criteri dell’amministrazione dei beni in custodia tra cui, tutte le cautele per rendere più sicura la custodia, sono previsti in via preventiva dal Giudice che può, successivamente, integrarli o modificarli.
Il custode non può concedere in locazione i beni affidatigli in custodia senza esserne preventivamente autorizzato dal Giudice.
Ogni atto di disposizione dei beni affidati in custodia, tra cui anche eventuali atti di disposizione, trovano giustificazione nella salvaguardia del valore economico dei beni stessi.
Per il compimento di ogni atto di straordinaria amministrazione, il custode dovrà essere all’uopo autorizzato dal Giudice della procedura.
Il custode è legittimato ad intraprendere atti o decisioni indifferibili, nel caso di assoluta urgenza, avendo l’obbligo di redazione immediata dell’informativa al Giudice, al fine di ottenerne, con provvedimento successivo, la ratifica con efficacia retroattiva dell’operato.
Come ogni incaricato di gestire beni altrui, il custode deve rendere conto della sua gestione depositando i documenti giustificativi, nella cancelleria del giudice, che dovrà approvarli in apposita udienza.

Evidentemente, alla luce di quanto fin qui argomentato, qualora nell’esecuzione dei precipui compiti assegnatigli dal Giudice, il custode non abbia rispettato i limiti e gli incombenti sullo stesso gravanti, potrà essere ipotizzabile la chiamata in giudizio dello stesso per rispondere a titolo di responsabilità nella gestione delle proprie funzioni di custode, da chi dimostrerà di averne specifico interesse. Ovvio che il lavoro in nero non fa parte di una gestione rispettosa della legge.


Sergio C. chiede
giovedì 01/03/2018 - Estero
“Salve,
La domanda riguarda una causa per Lesione di Legittima ai danni di mia madre.
Mia madre aveva 2 fratelli. I fratelli sono entrambi defunti.
I due fratelli hanno lasciato 2 figlie e 1 figlia rispettivamente.
Al momento della morte mio nonno lascio tutte le proprietà (2case e dei terreni) in usufrutto alla moglie (mia nonna).
Al momento della morte di mia nonna abbiamo scoperto che mio nonno avrebbe firmato un testamento nel quale lasciava le proprietà alle 3 nipoti e nulla a mia madre.
Abbiamo quindi deciso di impugnare il testamento.
Le parti hanno rifiutato la trattativa nella quale si chiedeva che una delle 2 abitazioni venisse intestata a mia madre.
La causa è in corso da 8 anni ed è stata rinviata numerose volte.
Al momento una delle proprietà è affittata dalle nipoti a terzi e la seconda è inabitata e in urgente bisogno di manutenzione straordinaria. Inoltre i terreni andrebbero bonificati per evitare incendi nel periodo estivo.
Noi ci vorremmo attivare per provvedere ai lavori di manutenzione della seconda proprietà e dei terreni ma non potendo ottenere il titolo abitativo ne siamo impossibilitati.
È possibile appellarsi al codice civile per ottenere:
1 - che i lavori di manutenzione possano essere effettuati e qual è il relativo articolo.
se il punto 1 è negativo è possibile appellarsi al codice civile perché:
- le nipoti non beneficino economicamente dalla proprietà e qual è il relativo codice.
- non vi sia nessun uso (abitativo o usufruttuario) o lavoro di manutenzione delle proprietà fino a quando la causa non verrà decisa e qual è il relativo codice.
Ringrazio
Cordiali saluti

Consulenza legale i 12/03/2018
Il caso proposto richiede di affrontare preliminarmente uno dei più tormentati problemi in tema di legittimari, ossia quello riguardante la qualifica di erede del legittimario pretermesso, qualifica da taluni affermata e da altri negata.

Secondo la tesi che si ritiene ormai preferibile, il legittimario pretermesso (ossia del tutto escluso dalla successione), a differenza di quello leso (ossia di quello che ha ricevuto meno di quanto gli sarebbe spettato), non può in alcun modo considerarsi chiamato all’eredità e le disposizioni testamentarie in favori di altri resteranno valide fino a che non verranno impugnate con l’azione di riduzione: egli diventerà erede solo se e quando avrà esperito vittoriosamente le azioni di annullamento del testamento e di riduzione.

Pertanto, sarà sulla base di tale tesi e della posizione di soggetto totalmente estraneo alla successione che si tende ad attribuire al legittimario pretermesso, che dovrà ricercarsi una soluzione ai problemi proposti, partendo comunque dal presupposto che la successione dei legittimari è comunemente definita successione necessaria in quanto destinata ad operare in ogni caso, anche contro atti di disposizione del defunto (l’ultimo comma dell’art. 457 c.c., infatti, stabilisce che “le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”).

Intanto sembra evidente che, non assumendo il legittimario pretermesso la posizione di chiamato all’eredità, non potrà neppure esercitare i poteri che l’art. 460 c.c. riconosce a quest’ultimo.

In particolare, il secondo comma di tale norma gli attribuisce proprio il diritto di compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, il che sarebbe più che sufficiente per consentirgli di eseguire quei lavori di manutenzione straordinaria di cui si parla nel quesito.

In assenza di tale potere, allora, si ritiene che non resti altra strada che quella di ricorrere allo strumento processuale del sequestro giudiziario di quegli immobili, previsto e disciplinato dall’art. 670 c.p.c.

E’ pacifico infatti che, ai sensi dell’art. 670 n. 1 c.p.c., possono formare oggetto di sequestro giudiziario non solo i beni in relazione ai quali venga esercitata un’azione di rivendica, di reintegrazione, o di manutenzione, ma anche quelli che abbiano dato luogo ad una controversia dalla cui decisione potrà scaturire una statuizione di condanna alla restituzione o al rilascio.

Tale è indubbiamente la posizione dei beni di cui è stato disposto con il testamento oggetto di impugnazione ed in ordine al quale vi è giudizio pendente, in quanto, nel momento in cui il testamento verrà annullato, parte di quei beni dovranno confluire nel patrimonio del legittimario pretermesso.

In particolare, la concessione del sequestro giudiziario, con nomina di un custode che può proporsi anche nella persona del richiedente il sequestro, in caso di azione di reintegra per lesione di legittima va proprio subordinata alla opportunità di provvedere alla custodia e alla gestione dei beni relitti, rispondendo alla necessità di evitare che il protrarsi del potere di fatto su quei beni da parte di alcuni degli eredi possa pregiudicare in modo grave il diritto degli istanti a ricevere in natura una parte dei beni della massa ereditaria.

Così, volendo prendere in esame le condizioni per poter ottenere tale sequestro, può dirsi che, prima condizione necessaria sarà l’accertamento della sussistenza del c.d. fumus boni iuris, inteso quale esame prognostico del diritto in capo agli istanti ad ottenere, all’esito del giudizio, la restituzione in natura, in tutto o in parte, dei beni di cui si chiede il sequestro giudiziario.

Sull’esistenza di questo presupposto non sembra possano sussistere dubbi, e ciò in virtù di quanto prima evidenziato, ossia della considerazione che il legittimario pretermesso ha in ogni caso diritto ad una quota di riserva dell’eredità ex art. 457 c.c.

Altra condizione da accertare è la sussistenza di adeguate ragioni di opportunità.
Trattasi di requisito ulteriore, da esaminare subordinatamente all’avvenuta verifica del precedente, e consistente nel sopra cennato pericolo che il protrarsi dello stato di fatto di illegittima ed esclusiva detenzione dei beni sequestrandi da parte di alcuni degli eredi:

a) sia idonea a calpestare in modo assoluto e per tutta la durata del processo la facoltà di godimento dei beni ereditari da parte degli istanti (cfr. in tal senso Cass. 21 dicembre 1992, n. 13546);
b) determini in ogni caso, all’esito del giudizio, il conseguimento di un’utilità ridotta a causa della alterazione o deterioramento dei beni ereditari, ovvero della mancata rendicontazione di utilità conseguite medio tempore da coloro che ne hanno avuto il possesso e la detenzione (cfr. Trib. Salerno, 21 ottobre 2004).

Sulla verifica di tale presupposto incide senza dubbio la natura dei beni nel cui possesso si andrà a chiedere di essere reintegrati, atteso che nel caso che ci interessa, come del resto nella maggior parte dei casi, si tratta di immobili destinati ad abitazione ovvero di terreni.

In tali casi, infatti, quelle ragioni di opportunità richieste dall’art. 670 c.p.c. vanno individuate non solo nella migliore gestione del compendio ereditario (la quale assume rilevanza per il fatto che i beni di cui si andrà a chiedere il sequestro sono soggetti ad uno stato di vero e proprio abbandono), ma anche nel paventato pericolo che il protrarsi del giudizio ordinario, notoriamente caratterizzato in questi casi da una certa complessità, procrastini ed aggravi una situazione di fatto avvertita prima facie come illegittima poiché lesiva dei diritti ereditari dei ricorrenti.

In conclusione, dunque, rispondendo alle domande poste nel quesito, può dirsi che le norme a cui fare riferimento per soddisfare gli interessi reclamati sono:
  1. l’art. 670 c.p.c., norma in forza della quale si potrà ottenere che il possesso dei beni ereditari che si stanno trascurando venga affidato ad un soggetto nominato dal Giudice, investito in quanto tale di una pubblica funzione, che può anche proporsi nel richiedente il sequestro e che avrà l’obbligo del rendiconto;
  2. l’ art. 457 c.c. per dimostrare la sussistenza del fumus boni iuris in tale richiesta di sequestro, in quanto tale norma riconosce con certezza che, in ogni caso, una quota pari alla riserva dovrà pervenire al legittimario;
  3. l’art. 460 c.c., norma che, sin da prima che intervenga un atto di accettazione dell’eredità, si preoccupa di attribuire al chiamato all’eredità dei poteri per salvaguardare il patrimonio ereditario.

Paolo chiede
martedì 31/01/2012 - Campania
“salve, vorrei impugnare un testamento olografo falso, ho una perizia di parte che attesta la falsità di questo e la genuinità del mio.
una consulenza d'ufficio sarebbe quindi dirimente.
invece di una causa ordinaria, cosa mi consiglia? sequestro giudiziario? o atp conciliativa? o querela fi falso?
grazie”
Consulenza legale i 02/02/2012

In questi casi lo strumento maggiormente idoneo è la querela di falso, così come prevista ai sensi dell'art. 221 del c.p.c., la quale potrà proporsi sia in via principale che in corso di causa, in qualunque stato o grado del giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.

La querela di falso dovrà contenere, a pena di nullità, tutti gli elementi richiesti dall'art. 221 c.p.c. con richiesta al Tribunale competente di accertare la falsità del testamento olografo. In rito è consigliabile chiedere che venga data comunicazione della causa al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 221, ultimo comma, c.p.c. e dell'art. 71 del c.p.c., primo comma. Potrebbe essere utile produrre scritture di raffronto, oltre ai due testamenti, anche documentazioni a firma del de cuius da cui possa desumersi la falsità del testamento impugnato.


Giuseppe chiede
mercoledì 09/02/2011

“Nell'ipotesi di procedimento in corso per nullità di un testamento, può essere chiesto il sequestro giudiziario delle somme di denaro e titoli postali e bancari citati nel testamento oggetto di controversia e appartenuti al defunto donatario?”

Consulenza legale i 11/02/2011

Con sentenza n. 3923 del 1989, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile il sequestro giudiziario nel caso di azione di nullità di un testamento richiamandosi all’interpretazione estensiva del concetto di possesso; in tali fattispecie, infatti, è in discussione la proprietà dei beni che si acquisiscono in quanto erede.

Si richiama anche una decisione di merito: In caso di azione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità di una disposizione testamentaria, il cui accoglimento comporti la condanna del detentore alla restituzione dell'immobile oggetto della disposizione medesima, vi è controversia sul possesso della cosa, che legittima il sequestro giudiziario del bene, atteso che agli effetti di quest'ultimo il termine possesso non va inteso in senso tecnico, bensì come comprensivo anche della detenzione (Tribunale di Padova, 30 giugno 2006).


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