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Articolo 551 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Legato in sostituzione di legittima

Dispositivo dell'art. 551 Codice Civile

Se a un legittimario [536 c.c.] è lasciato un legato in sostituzione della legittima [536], egli può rinunziare al legato [649, 650 c.c.] e chiedere la legittima(1) [521 c.c.].

Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede(2). Questa disposizione non si applica quando il testatore ha espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento(3).

Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile [556]. Se però il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario, per l'eccedenza il legato grava sulla disponibile(4)(5).

Note

(1) La volontà del testatore di disporre un legato in sostituzione di legittima deve essere chiara ed univoca, diversamente il legato si presume essere in conto di legittima (v. art. 552 del c.c.).
(2) Benchè il legato si acquisti ipso iure al momento dell'apertura della successione, è necessario che il legatario eserciti la scelta tra il legato e la legittima. Per la rinuncia non è prevista una forma specifica, tranne che per i legati che abbiano ad oggetto beni immobili, per cui è necessaria la forma scritta, comportando la dismissione della proprietà sul bene oggetto di legato. La scelta non è revocabile.
(3) Tale volontà del testatore deve essere espressa. Si ritiene che in questa ipotesi, nonostante la lettera della norma, il beneficiario debba essere considerato erede testamentario vero e proprio, stante l'intenzione del defunto di non privarlo della quota di legittima.
(4) Esso viene, cioè, detratto dalla quota indisponibile e, ove questa non sia sufficiente, dalla disponibile.
(5) Per evidenziare la differenza tra il legato in sostituzione (v. art. 551 del c.c.) ed in conto di legittima (v. art. 552 del c.c.), si riporta un esempio: Tizio, vedovo, ha un patrimonio del valore di 100.000 euro e nomina nel suo testamento erede universale suo fratello Caio, legando al suo unico figlio Tizietto la sua villa del valore di 30.000 euro. Se è un legato in sostituzione di legittima, Tizietto può accettarlo oppure rinunziarvi e chiedere la legittima che è di 50.000 euro. Se invece è un legato in conto di legittima, Tizietto può conservare il legato e chiedere i restanti 20.000 euro.

Ratio Legis

La norma permette di contemperare gli interessi del testatore (impedire ad un legittimario di divenire erede) e quelli del legittimario (conseguire comunque una parte del patrimonio ereditario o, in alternativa, far valere i propri diritti sulla legittima).

Spiegazione dell'art. 551 Codice Civile

Si ha legato in sostituzione di legittima quando il testatore, attribuendo al legittimario uno o più beni a titolo particolare, lo esclude dalla legittima in quota. Se il legittimario gratificato non è privato interamente della quota legittima, si ha legato in conto, ma non in sostituzione di legittima.
Il legato sostitutivo di legittima non era espressamente regolato nel codice anteriore, ma la frequenza con la quale nella pratica l’ereditando assegna al legittimario beni determinati, di un valore spesso eccedente quello della legittima, escludendolo contemporaneamente dalla legittima in quota, aveva richiamato l’attenzione della dottrina su questa figura dai contorni assai incerti.
Per intendere meglio la norma è opportuno indicare prima le conclusioni, alle quali si doveva arrivare in mancanza di una disposizione speciale, secondo il codice precedente, avvertendo che le opinioni sull'argomento erano assai discordanti.
Il legittimario al quale sia fatto un legato in sostituzione o a tacitazione di legittima, può, com’è ovvio, reclamare la quota legittima, ma in tal caso non può conseguire il legato ordinato dal testatore a far le veci della legittima. La volontà del legittimario deve infatti, per il suo carattere complementare, aderire interamente alla volontà complessa del testatore, che è nello stesso tempo di attribuzione e di privazione di diritti patrimoniali, di attribuzione di beni determinati e di privazione della quota legittima. Si capisce perciò come l’accettazione del legato importi necessariamente adesione del legittimario alla privazione della legittima disposta dal testatore. E poiché, da una parte, la disposizione lesiva della legittima (e quindi anche quella che priva il legittimario della quota) è disposizione valida, sebbene risolubile, e, dall’altra, la qualità di erede, anche legittimario, dipende dal conseguimento di una quota, si capisce come alla conclusione che l’accettazione del legato sostitutivo vale acquiescenza alla privazione della legittima non possa neppure opporsi la necessità della forma solenne prescritta per la rinuncia alla eredità: infatti il legittimario non rinuncia a una eredità, di cui è stato validamente privato e che solo potrebbe reclamare, ma soltanto al diritto di reclamare la quota; rinuncia, quest’ultima, per la quale non è richiesta una forma particolare. Da quel che si è detto risulta a fortiori che il legittimario, quando consegue, invece della quota legittima, il legato tacitativo, non è erede.
La determinazione della posizione del legittimario tacitato costituiva invece una grave difficoltà per la dottrina dominante, secondo la quale il legittimario è erede come tale, indipendentemente dal conseguimento di una quota. Secondo una prima tesi, posto che si trattava di una rinuncia all’eredità, questa non poteva essere che formale e non poteva perciò considerarsi implicita nell’accettazione del legato tacitativo.
Una tesi meno rigorosa si sforzava invece di distinguere fra rinunzia unilaterale, efficace erga omnes, e rinunzia contrattuale, efficace, malgrado la mancanza della forma solenne, di fronte ai coeredi. Altri infine pensavano di distinguere fra rinuncia alla quota e rinuncia alla qualità di erede, per la quale soltanto sarebbe occorsa una forma solenne.
Comunque la dottrina avvertiva, più o meno chiaramente, come la figura del lascito esigesse che il legittimario non conseguisse la legittima in quota e non assumesse la qualità di erede, anche quando a tale effetto riteneva necessaria una rinuncia formale. Dovevano ritenersi corollari della tesi che il legato sostitutivo, malgrado la sua funzione vicaria, era da considerare una liberalità a titolo particolare privativa della quota legittima: primo, che il legittimario tacitato non potesse chiedere un supplemento per l’integrazione della legittima quando il valore del legato si rivelasse inferiore al valore della legittima; secondo, che non avesse i diritti e gli obblighi dell’erede, in particolare che non fosse obbligato per i debiti ereditari; terzo, che il legato sostitutivo dovesse imputarsi sulla disponibile: conseguenza, peraltro, quest’ultima, che appariva specialmente gravosa per i disponibilitari, avuto riguardo al sistema della quota legittima fissa accolto nel codice precedente.
La disposizione in esame risolve le questioni accennate. Non occorreva specificare, come fa il primo comma, che il legittimario può rinunziare al legato tacitativo e reclamare la legittima, essendo questa una conseguenza del sistema della legittima in natura. Ma il primo comma ha anche questo significato, che il legittimario, se chiede la legittima, deve rinunciare, o meglio non può pretendere il legato: così è risolta una delle questioni indicate.
Nel secondo comma, chiarito opportunamente che, a prescindere da una rinunzia, non necessaria, il legittimario tacitato non acquista la qualità di erede, non occorreva specificare che egli non ha diritto al supplemento di legittima, né andava qui considerata l’ipotesi che il testatore abbia espressamente attribuito il diritto al supplemento, perché si tratta allora di un legato in acconto, non in sostituzione di legittima.
Infine, nel terzo comma è espressamente stabilita l’imputazione del legato sulla porzione indisponibile. In tal modo, quella funzione vicaria della legittima che è propria del legato tacitativo, ma che, come si è visto, non altera la natura del lascito, diventa rilevante. Certo, con l’introduzione del sistema della quota legittima limitatamente variabile per i discendenti, l’inconveniente della restrizione della porzione dei beni disponibile in favore dei non legittimari e rispettivamente dell’aumento di quella attribuita ai legittimari sarebbe risultato attenuato. Questo rilievo rende discutibile l’opportunità della innovazione, a parte la questione se essa tuteli un interesse veramente meritevole di protezione. L’imputazione del legato sostitutivo sulla porzione disponibile significa che il valore della legittima complessiva degli altri legittimari - per la determinazione della quale, nei casi in cui essa è variabile, fa numero anche il legittimario tacitato - va diminuito del valore del legato sostitutivo.
Ciò è possibile peraltro solo fino alla concorrenza del valore del legato col valore della quota legittima che sarebbe spettata al legittimario tacitato. Oltre questo limite, il legato, non facendo più le veci della legittima, è una liberalità non qualificata, che, come precisa il periodo finale, non può non imputarsi alla disponibile.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

269 Ho migliorato la dizione del precedente testo dell'art. 550 del c.c. e art. 551 del c.c., sopprimendo ogni accenno di accettazione del legato. Questo, infatti, pel sistema del codice (art. 649 del c.c.), si acquista di diritto all'apertura della successione, e non occorre che sia accettato.

Massime relative all'art. 551 Codice Civile

Cass. civ. n. 33258/2022

In tema di diritti riservati ai legittimari, un comportamento del beneficiario del legato sostitutivo di legittima dal quale sia dato desumere la volontà, espressa o tacita, dello stesso di conservare il legato, assume, per un verso, valenza confermativa, seppure superflua, della già realizzata acquisizione patrimoniale, e, per altro verso, comporta ope legis la contemporanea caducazione del diritto di chiedere la legittima, conseguenza alla quale non può essere posto rimedio neppure con eventuali atti successivi di resipiscenza, attese la definitività e la irretrattabilità degli effetti acquisitivi del lascito testamentario correlati a detta manifestazione di volontà e la consequenziale impossibilità di reviviscenza del diritto di scelta tra il legato sostitutivo e la richiesta della legittima, rimasto caducato al momento stesso in cui è stata manifestata la volontà di conservare il legato.

Cass. civ. n. 21435/2022

Al fine della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che risulti l'intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all'eredità, intenzione che, in mancanza di formule sacramentali, peraltro non richieste, può desumersi anche dal complessivo contenuto dell'atto attraverso l'opportuna indagine interpretativa, sicchè, in difetto di tale volontà, il legato deve ritenersi in conto di legittima. Lo stabilire se una disposizione testamentaria in favore di un legittimario integri un legato in sostituzione o in conto di legittima, implicando un apprezzamento dei fatti, è demandato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

Cass. civ. n. 13530/2022

La rinuncia al legato in sostituzione di legittima, fatta salva la forma scritta quando il legato abbia per oggetto beni immobili, ben può risultare da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato, tra i quali non rientra la proposizione dell'azione di riduzione, ben potendo ipotizzarsi un duplice intento del legittimario di conservare il legato conseguendo anche la legittima, cosicché la rinuncia al legato sostitutivo, intervenuta nel corso della causa di riduzione, non è tardiva in senso strettamente temporale, potendo la stessa utilmente avere luogo anche prima della spedizione della causa a sentenza.

Cass. civ. n. 18561/2021

Il legato in sostituzione di legittima, come espressamente previsto dall'art. 551 c.c., deve gravare sulla porzione indisponibile; ne consegue che, al fine della determinazione di ciascuna quota di riserva, il legittimario che sia beneficiario di detto legato, ancorché lo abbia accettato perdendo il diritto di chiederne un supplemento, deve essere calcolato nel numero complessivo degli eredi legittimari. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 08/10/2015).

Cass. civ. n. 30082/2019

Al fine della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che dal complessivo contenuto delle disposizioni testamentarie risulti l'inequivoca volontà del "de cuius" di tacitare il legittimario con l'attribuzione di determinati beni, precludendogli la possibilità di mantenere il legato e di attaccare le altre disposizioni per far valere la riserva, laddove, in difetto di tale volontà, il legato deve ritenersi "in conto" di legittima. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha condiviso la decisione della corte territoriale, che aveva individuato nella scheda testamentaria due simultanee istituzioni : un legato in sostituzione di legittima in favore della moglie avente ad oggetto l'usufrutto legale di tutta la sua proprietà, in contrapposizione all'istituzione di eredi dei figli). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 28/08/2015).

Cass. civ. n. 21480/2018

Il vigente art. 551 c.c., che reca la disciplina del legato in sostituzione di legittima, ha carattere interpretativo, e non innovativo, ed è quindi applicabile anche alle successioni aperte sotto il vigore del codice civile del 1865. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/11/2011).

Cass. civ. n. 19646/2017

Il potere attribuito al legittimario, che sia destinatario di un legato in sostituzione di legittima, di conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli "ex lege" anziché conservare il legato, postula l'assolvimento di un onere, consistente nella rinuncia al legato medesimo, che, integrando gli estremi di una condizione dell'azione, può essere assolto fino al momento della decisione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 21/02/2013).

Cass. civ. n. 1996/2016

In tema di legato in sostituzione di legittima, integrando la mancata rinuncia al lascito un atto di gestione del rapporto successorio da parte del beneficiario, confermativo "ex lege" della già realizzata attribuzione patrimoniale, è inammissibile l'azione surrogatoria proposta dal creditore dell'istituito per ottenere la legittima, postulando tale azione l'inerzia del debitore, quale comportamento omissivo o, quantomeno, insufficientemente attivo, che va esclusa in presenza di un qualsivoglia comportamento positivo, ancorché pregiudizievole per le ragioni creditorie, attraverso cui il debitore manifesti (come nella specie) la volontà di gestire il proprio patrimonio. (Rigetta, App. Torino, 09/12/2010).

Cass. civ. n. 824/2014

Ai fini dell'individuazione del legato in sostituzione di legittima, non occorre che la scheda testamentaria usi formule sacramentali, essendo sufficiente che risulti l'intenzione del "de cuius" di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all'eredità (come nella specie, avendo il testatore attribuito al legittimario "la sola casa ... quale sua stretta legittima ... a titolo di legittima che neanche merita"). (Rigetta, App. Catania, 24/06/2009).

Cass. civ. n. 16252/2013

Il legato in sostituzione di legittima, previsto dall'art. 551 c.c., è una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che l'eventuale rinuncia determina il venire meno della sostituzione e consente al legittimario di reclamare la quota di riserva spettantegli per legge sui beni ereditari. Ne consegue che il legatario, che abbia rinunciato al legato tacitativo in denaro, può conseguire la quota di legittima in natura, in base alla regola generale dettata dall'art. 718 c.c..

Cass. civ. n. 18583/2011

Al fine della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che risulti l'intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all'eredità, intenzione che, in mancanza di formule sacramentali, peraltro non richieste, può desumersi anche dal complessivo contenuto dell'atto attraverso l'opportuna indagine interpretativa, sicché, in difetto di tale volontà, il legato deve ritenersi in conto di legittima. Lo stabilire se una disposizione testamentaria in favore di un legittimario integri un legato in sostituzione o in conto di legittima, implicando un apprezzamento dei fatti, è demandato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

Cass. civ. n. 12854/2011

Ai fini della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, è necessario che risulti l'intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all'eredità. Tale intenzione non richiede formule sacramentali, ma può desumersi dal complessivo contenuto dell'atto, in forza di un apprezzamento compiuto dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

Cass. civ. n. 7098/2011

In tema di legato in sostituzione di legittima, il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto un bene immobile, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350, primo comma, n. 5, c.c., risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo della proprietà di beni già acquisiti al suo patrimonio; infatti, l'automaticità dell'acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l'acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, che, qualora riguardi immobili, è soggetta alla forma scritta, richiesta dalla esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari.

Cass. civ. n. 15124/2010

In materia di successioni "mortis causa", l'esercizio dell'azione di riduzione non può, di per sé, far presumere la volontà di rinunciare al legato, essendo a tal fine necessario considerare il comportamento del legatario, anteriore e successivo alla instaurazione del giudizio, così da poter trarre elementi idonei all'identificazione di detta volontà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione immune da vizi, aveva escluso che potesse ravvisarsi una rinuncia al legato nelle richieste di inventario e stima dei beni caduti in successione, nonché di rendiconto ed assegnazione di una quota corrispondente alla porzione di legittima, che erano state espresse negli atti processuali, in nessuno dei quali, però, si faceva menzione all'anzidetta rinuncia).

In materia di successioni "mortis causa", la rinuncia al legato sostitutivo della legittima non può desumersi, di per sé, dalla sola dichiarazione di rifiutare le disposizioni testamentarie in quanto lesive dei diritti del legittimario, non potendosi negare a priori a siffatta dichiarazione il significato proprio di una riserva di chiedere soltanto l'integrazione della legittima, ferma restando l'attribuzione del legato.

Cass. civ. n. 26955/2008

In materia di diritti riservati ai legittimari, poiché il legato si acquista senza bisogno di accettazione, la semplice acquisizione, da parte del legittimario, dell'oggetto del legato in sostituzione della legittima non implica automatica manifestazione della sua preferenza per il legato, con conseguente perdita della facoltà di conseguire la legittima; allo stesso modo, la proposizione dell'azione di riduzione non costituisce manifestazione chiara ed inequivoca della volontà di rinunciare al legato, essendo ipotizzabile un residuo duplice intento di conservare il legato e di conseguire la legittima. (Omissis).

Cass. civ. n. 5779/2006

In tema di diritti riservati ai legittimari, l'attribuzione patrimoniale oggetto del legato in sostituzione di legittima è caratterizzata dall'intenzione del testatore di soddisfare integralmente mediante la stessa i diritti del legittimario, non essendo peraltro richiesto che l'alternativa offerta al predetto di chiedere l'integrazione della legittima o di conseguire il legato risulti espressamente nel contesto dell'atto, atteso che le conseguenze giuridiche dell'esercizio (o del mancato esercizio) del potere di scelta spettante all'istituito sono espressamente previste dall'art. 551 c.c.; al riguardo, la mera richiesta della legittima formulata con la domanda di riduzione della disposizione testamentaria lesiva della quota di riserva non costituisce manifestazione chiara e non equivoca della volontà di rinunziare al legato, essendo ipotizzabile un residuo duplice intento di conservare il legato e di conseguire la legittima.

Cass. civ. n. 13380/2005

Il potere attribuito al legittimario di conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli ex lege anzichè conservare il legato obbligatorio divisorio (sostanziantesi in un diritto di credito nei confronti del coerede assegnatario della disponibile) attribuitogli dal testatore, postula l'assolvimento di un onere, consistente nella rinuncia al legato, che si rende necessaria in ragione del fatto che quest'ultimo si acquista ipso iure e che, nel legato di specie, l'effetto traslativo dal testatore al beneficiario si verifica al momento stesso della morte del primo, onde, essendo l'oggetto del legato già entrato nel patrimonio del beneficiario, questi, per conseguire la legittima, deve, previamente (o quanto meno contestualmente) alla domanda di riduzione, dismettere il legato.

Cass. civ. n. 13785/2004

Il potere attribuito al legittimario, in favore del quale il testatore abbia disposto un legato tacitativo, di conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli ex lege anzichè conservare il legato – potere configurabile non come diritto autonomo ma come facoltà compresa nel diritto di agire per ottenere la legittima attraverso l'azione di riduzione spettante al soggetto incluso nella categoria dei legittimari ex art. 536 c.c. – postula l'assolvimento di un onere, consistente nella rinuncia al legato, che si rende necessario in ragione del fatto che il legato si acquista ipso iure e che, nel legato di specie, l'effetto traslativo dal testatore al beneficiario si verifica al momento stesso della morte del primo, onde, essendo i due benefici ex lege alternativi ed essendo l'oggetto del legato già entrato nel patrimonio del beneficiario, questi, per conseguire la legittima, deve, previamente o quanto meno contestualmente alla domanda di riduzione, dismettere il legato (in forma scritta ad substantiam in caso di legato di immobili; anche mediante dichiarazione informale o per facta concludentia per tutti gli altri legati).

In tema di diritti riservati ai legittimari, un comportamento del beneficiario del legato sostitutivo di legittima dal quale sia dato desumere la volontà, espressa o tacita, dello stesso di conservare il legato, assume, per un verso, valenza confermativa, seppure superflua, della già realizzata acquisizione patrimoniale, e, per altro verso, comporta ope legis la contemporanea caducazione del diritto di chiedere la legittima, conseguenza alla quale non può essere posto rimedio neppure con eventuali atti successivi di resipiscenza, attese la definitività e la irretrattabilità degli effetti acquisitivi del lascito testamentario correlati a detta manifestazione di volontà e la consequenziale impossibilità di reviviscenza del diritto di scelta tra il legato sostitutivo e la richiesta della legittima, rimasto caducato al momento stesso in cui è stata manifestata la volontà di conservare il legato.

Cass. civ. n. 4971/2000

La mancanza della rinunzia al legato in sostituzione di legittima, da parte del legittimario che agisce in riduzione ai sensi dell'art. 564 c.c., è rilevabile d'ufficio, senza necessità di eccezione della controparte, né il comportamento processuale di quest'ultima, nel quale non sia ravvisabile una volontà negoziale, può esser idoneo ad attribuire al legatario il preteso diritto alla riduzione, pur se mancante degli elementi costitutivi.

Cass. civ. n. 5232/1998

Per ammettersi che un legato sia in sostituzione anziché in conto di legittima è necessario che risulti una manifestazione certa ed univoca del testatore nel senso che determinati beni debbano essere attribuiti al legittimario e che tale attribuzione se accettata esaurisca le ragioni ereditarie del medesimo.

Cass. civ. n. 4287/1997

Il principio per cui rinunzia richiede forma scritta ad substantiam solo quando abbia come oggetto immediato i diritti reali immobiliari indicati nell'art. 1350 c.c., è estraneo all'ipotesi di rinunzia ad un legato in sostituzione della legittima allorché il contenuto del legato medesimo abbia il carattere meramente obbligatorio di liberazione del legatario da una prestazione dovuta nei confronti del testatore (c.d. remissio mortis causa). Ciò non toglie – peraltro – che la rinuncia, quale negozio unilaterale dismissivo di un diritto (reale o obbligatorio) il cui acquisto si è verificato ipso iure al momento dell'apertura della successione, onde essere ritenuta e rinvenuta come tale, richieda una valida e non equivoca manifestazione dell'intento abdicativo del diritto.

Cass. civ. n. 2809/1990

L'attribuzione di un legato in sostituzione di legittima è un modo concesso al testatore di soddisfare le ragioni del legittimario senza chiamarlo all'eredità, essendo poi commesso all'onorato scegliere tra il conseguimento del legato, con la perdita del diritto a chiedere un supplemento nel caso in cui il suo valore sia inferiore a quello della legittima, o la rinuncia al legato e la richiesta della legittima. Ne deriva che il riservatario, se non rifiuta il legato in sostituzione di legittima, non entra a far parte della comunione ereditaria e conseguentemente, non potendo invocare alcun istituto proprio della divisione dei beni ereditari, rispetto ai quali difetta di legittimazione, ha diritto al legato e così al valore monetario dello stesso – ove ne sia prevista la liquidazione dal de cuius – all'apertura della successione e non a quello della relativa domanda giudiziale.

Cass. civ. n. 459/1990

Il potere attribuito ex art. 551 c.c. ad un legittimario onorato di un legato in sostituzione di legittima di conseguire la quota dei beni ereditari nella misura stabilita dalla legge attraverso l'esercizio dell'azione di riduzione, anziché di conservare il legato, postula l'assolvimento dell'onere di rinunciare al legato, per cui, attesa la natura di «facoltà» del relativo potere di scelta e della rinunzia (art. 650 c.c.), non è ipotizzabile una autonoma prescrittibilità, avulsa da quella del diritto in cui sono comprese (salva la assoggettabilità a decadenza, come nell'ipotesi prevista dall'art. 650 c.c. di esperimento dell'actio interrogatoria da parte di un terzo). Ne consegue che, qualora l'azione di riduzione sia stata esercitata dal detto legatario entro il termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di apertura della successione, la rinuncia attuativa del potere di scelta può essere sempre esercitata dal legatario stesso ove non sia intervenuta decadenza e l'assolvimento dell'onere della rinunzia al legato, costituente condizione dell'azione di riduzione (e non presupposto processuale), deve essere accertato con riguardo al momento della decisione e non a quello della proposizione della domanda.

Cass. civ. n. 1311/1984

Poiché ogni legato – ivi compreso quello in sostituzione di legittima – si acquista automaticamente e per effetto della semplice apertura della successione, soltanto la rinunzia, espressa o per fatti concludenti, a quel legato stesso determina il venir meno della sostituzione e l'acquisto da parte del rinunziante, della qualità di erede. In difetto di tale rinunzia il legatario, non avendo assunto la qualità di erede, non è contraddittore necessario nel giudizio di riduzione delle disposizioni testamentarie instaurato validamente da altro titolare di legato (in sostituzione di legittima) che quella qualità aveva acquisito con la detta rinunzia.

Cass. civ. n. 1991/1977

A caratterizzare l'istituto del legato in sostituzione di legittima non è necessario che la disposizione testamentaria faccia menzione dell'alternativa che si offre al legittimario, giacché tale diritto-potere trae origine direttamente dalla legge. È, invece, sufficiente che sia dimostrata l'intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati. Tale accertamento, risolvendosi in un'indagine e in un apprezzamento dei fatti, è, per sua natura, demandato al giudice di merito e, come tale, insindacabile in sede di legittimità se coerentemente motivato senza errori di diritto o logici.

Per la ricostruzione del mens testantis, ai fini di un'esatta identificazione del legato in sostituzione di legittima, si deve sempre partire dall'analisi della scheda testamentaria ed è lecito prendere in considerazione elementi estrinseci solo quando nella scheda a questi si faccia riferimento.

Cass. civ. n. 4196/1975

L'erede, al quale venga lasciato un legato in sostituzione della [legittima] non può esercitare la facoltà di rinunziare al legato e chiedere la [legittima], esercitando l'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive, qualora, avendo piena conoscenza della disposizione del legato a proprio favore, vi abbia dato volontariamente esecuzione immettendosi nel possesso dei beni che formavano oggetto del legato in sostituzione della legittima. A tal fine, la piena conoscenza da parte dell'erede si presume per effetto della pubblicazione del testamento, a meno che l'erede non fornisca la prova che il notaio abbia omesso di comunicare l'esistenza del testamento, a norma dell'art. 623 c.c.

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lunedì 30/09/2024
“Tizio con testamento olografo,regolarmente pubblicato,ha disposto del suo asse ereditario composto da:
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come segue:
coniuge superstite erede universale valore 925.000,00
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totale € 1.400.000,
Se la norma applicabile alla fattispecie successoria in questione è l'art. 542,2^ comma, del Codice Civile, l'asse ereditario del de cuius dovrebbe essere così suddiviso:
1/4 quota di legittima spettante al coniuge;
1/4 quota disponibile che il de cuius avrebbe potuto concedere liberamente e che ha attribuito al coniuge con il testamento;
1/2 quota di legittima spettante ai due figli da suddividere in parti uguali fra gli stessi.
Se la la superiore interpretazione è esatta,la disposizione testamentaria è applicabile o i figli hanno diritto di citare in giudizio il coniuge ( costituito erede universale dal testamento) ai sensi degli artt.553 e seguenti del Codice Civile, per ottenere il reintegro della loro quota di legittima?
In attesa di Vs autorevole parere, distinti saluti”
Consulenza legale i 10/10/2024
La risposta al quesito posto non può che farsi dipendere dalla esatta qualificazione giuridica che va data alle disposizioni testamentarie dettate dal de cuius.
Leggendo il testamento, infatti, ci si rende conto che volontà del testatore sia stata quella di designare la moglie quale erede universale di tutti i suoi beni e lasciare ai figli A e B, a titolo di legato, il diritto di abitazione su due distinti appartamenti.
Ora, ciò che occorre preliminarmente fare è cercare di inquadrare giuridicamente il legato disposto in favore delle figlie, trattandosi di dover stabilire se ci si trova dinanzi ad un legato in sostituzione o in conto di legittima.

In termine estremamente sintetici può dirsi che il legato in sostituzione di legittima è un legato attraverso cui il testatore intende privare il legittimario della quota che la legge gli riserva, sostituendola con l’attribuzione a suo favore di uno o più beni determinati, disponendo in pari tempo a titolo universale di tutto l’asse ereditario in favore esclusivo di altri.
Trattandosi di legato, lo stesso si acquista automaticamente, fin dal momento dell’apertura della successione, senza che occorra alcuna formale accettazione, fatta salva la facoltà del legatario di rinunciarvi (un’eventuale accettazione potrebbe avere solo il valore di rendere definitivo l’acquisto del legato).
Qualora il legatario in sostituzione di legittima dovesse decidere di rinunciare al legato, lo stesso verrebbe a trovarsi nella posizione di legittimario pretermesso, con la conseguenza che solo all’esito del vittorioso esperimento dell’azione giudiziaria di riduzione potrà conseguire la qualità di erede.

Come precisato in diverse occasioni dalla stessa Corte di Cassazione, è di fondamentale importanza la formulazione di una disposizione contenente un legato in sostituzione di legittima, in quanto ciò che deve emergere inequivocabilmente dal contesto delle disposizioni testamentarie è la volontà del de cuius di tacitare i diritti del legittimario con la sola attribuzione a titolo universale di determinati beni o crediti (in tal senso cfr. Cass. civ, Sez. II, ordinanza n. 2135 del 06.07.2022; Cass. civ. Sez. II n. 30082 del 19.11.2019; Cass. civ. n. 13868 del 31.05.2018).
Qualora tale volontà non dovesse risultare chiaramente, il legato si dovrà intendere in conto e non in sostituzione di legittima, con la conseguenza che il legatario, non soddisfatto delle proprie ragioni ereditarie, potrà agire in riduzione ed attaccare le altre disposizioni per far valere la riserva.

Già quanto fin qui detto si ritiene che possa consentire di trarne le prime conclusioni, ovvero le seguenti: poiché dal tenore letterale delle espressioni usate dal de cuius non emerge in alcun modo la sua volontà di attribuire ai figli A e B il diritto di abitazione in sostituzione della loro quota di riserva, non si potrà dire di essere in presenza di un legato in sostituzione, bensì di un legato in conto di legittima, con la precisazione che mentre nel caso del legato sostitutivo trova applicazione la disciplina specifica dettata dall’art. 551 c.c., nel secondo caso si tratterebbe di un legato disposto a favore di un legittimario pretermesso.

Ebbene, concentrando adesso l’attenzione sul legato in conto di legittima, va detto che in relazione a tale fattispecie possono prospettarsi due ipotesi:
  1. che si tratti di un legato senza espressa dispensa da imputazione, ipotesi che ricorre in assenza di una espressa volontà manifestata in tal senso (il secondo comma dell’art. 564 c.c. statuisce che la dispensa da imputazione debba essere espressa, a differenza della dispensa da collazione, per la quale il comma 1 dell’art. 737 c.c. non richiede alcuna specifica manifestazione di volontà);
  2. che si tratti di un legato con dispensa da imputazione.

Nel caso di legato con dispensa da imputazione, il legatario-legittimario, qualora decida di agire in riduzione, ha il diritto di conseguire beni per un valore corrispondente alla quota di riserva, in quanto ciò che ha ricevuto a titolo di legato deve considerarsi attribuito in aggiunta rispetto alla sua quota di legittima.

Nell’ipotesi di legato senza dispensa da imputazione, il legatario-legittimario deve considerare quanto ricevuto a titolo di legato come ricevuto a titolo di legittima, il che significa che potrà agire in riduzione soltanto se abbia ricevuto a titolo di legato un bene di valore inferiore alla sua quota di legittima e che può chiedere di conseguire beni per un valore pari alla differenza tra la sua quota di legittima e quanto ricevuto a titolo di legato.
Si ritiene pacifico, poi, che lo stesso legittimario possa sempre rifiutare il legato, chiedere l’accertamento della sua qualità di erede e conseguire beni ereditari per un valore corrispondente alla sua quota di legittima.

Alla luce delle superiori considerazioni, è possibile a questo punto rispondere a ciò che qui viene chiesto:
alle disposizioni in favore dei figli A e B deve riconoscersi la natura di legati in conto di legittima senza dispensa da imputazione.
Ciò comporta che i figli, non avendo ricevuto quanto loro per legge spettante a titolo di riserva, avranno diritto di agire in riduzione per conseguire la differenza tra detta quota e quanto ricevuto a titolo di legato.

Per ciò che concerne la determinazione della quota di riserva, è corretto il riferimento al secondo comma dell’art. 542 c.c., norma che disciplina appunto il concorso di coniugi con più di un figlio.


A. M. chiede
martedì 24/09/2024
“Il mio patrimonio è così costituito:
- Un immobile la cui piena proprietà (secondo il calcolo desumibile dalla visura catastale) è pari a Euro 57.276,00 e su cui è stato acceso un mutuo il cui capitale residuo è pari a Euro 40.000,00;
- Un’automobile il cui valore commerciale è circa Euro 13.000,00;
- Liquidità pari a Euro15.000,00;
Quindi il valore complessivo dell’intero patrimonio dovrebbe essere pari a Euro 44.680,00 (57.276,00 - 40.000,00 +15.000,00 + 13.000,00).
Non sono sposato e ho due fratelli e mia madre ancora in vita.
Vorrei fare un testamento olografo con cui lasciare ogni mio bene esclusivamente a favore di uno dei miei fratelli, dal momento che col il resto della famiglia non ho buoni rapporti.
Resta che a mia madre spetta la legittima di un terzo e, alla sua morte, inevitabilmente, metà del suo patrimonio (di cui una parte sarà costituita da quanto da me acquisito nell’ipotesi di mia premorienza), andrà al fratello escluso.
A tale riguardo vorrei sapere quale sia la migliore soluzione per assicurarmi che il fratello escluso non possa essere destinatario, sia al momento della mia morte che al momento della morte di mia madre, di una parte del mio patrimonio.
Mi è stato suggerito di inserire nella stesura del testamento un Legato costituito dal diritto di usufrutto sulla mia abitazione a favore di mia madre insieme a un Legato costituito dalla nuda proprietà sempre sullo stesso immobile a favore del fratello designato (cosicchè alla morte di mia madre il fratello designato diverrebbe pieno proprietario dell’immobile) e destinare il resto del patrimonio al suddetto fratello.
Ma mi sembra di capire che il Legato in sostituzione di legittima (cfr vostra consulenza 27544) non garantisca la mia volontà qualora alla morte di mia madre la stessa non abbia esercitato quella facoltà di scelta prevista dall’art. 551del codice civile.
E’ mio desiderio che l’immobile, come pure il resto del mio patrimonio, rientrasse direttamente nella piena disponibilità di mio fratello, “bypassando” mia madre, già al momento della mia scomparsa.
A tale riguardo, mi chiedo quale possa essere la soluzione.
Tenuto conto che il valore dell’usufrutto è pari a Euro 8.589, calcolato sulla base del valore della piena proprietà, e che non “coprirebbe” l’intera legittima pari a Euro 14.893 (semprechè il calcolo dell’asse ereditario, come sopra riportato, sia corretto), mia madre potrebbe contestare il legato in sostituzione di legittima? In tal caso, invece dell’usufrutto sull’immobile, dovrei legare a suo favore l’usufrutto universale? Quest’ultimo come opererebbe sulle disponibilità liquide (conto corrente) e sui preziosi?
Sempre nel testamento, mi viene suggerito di inserire una precisazione con cui nel caso in cui mia madre non possa o non voglia accettare il Legato, venga sostituita da mio fratello (ex art. 688 c.c.).
Mi pare però una soluzione poco lineare anche in rapporto all’economicità dell’operazione (due volte dal notaio?) e alla gestione successiva del mutuo residuo gravante sull’immobile.
Vorrei sapere:
1. redatto il testamento, posso affidarlo in busta sigillata a un mio fidato amico perché in caso di mia morte lo recapiti a mio fratello?
Una volta ricevuto il testamento, mio fratello deve recarsi dal notaio per espletare ogni formalità prevista. E valida questa modalità di redigere e far custodire il proprio testamento o lo stesso deve essere depositato presso un notaio al momento della sua estensione?
2. il calcolo della legittima a favore di mia madre, è dato dalla sommatoria (diviso per 3) del valore della piena proprietà dell’immobile sommato alle disponibilità liquide e decurtato del debito residuo del mutuo in essere verso la banca. È corretto?
3. è corretto considerare il valore della piena proprietà (risultante della rendita catastale moltiplicato 115,50 (cat catastale A2)) o occorre fare riferimento al valore di mercato, praticamente quadruplo?
4. nell’ipotesi in cui mia madre rinunci al legato, diventa automaticamente erede come per legge (1/3 del mio patrimonio a suo favore)?
5. su chi graverà il debito residuo del mutuo acceso sull’immobile al momento della successione? E la banca creditrice quali richieste avanzerebbe?
6. infine, quali gli accorgimenti da adottare in sede di stesura del testamento e quali le “formule” da inserire per “blindare” la mia volontà di escludere totalmente l’altro fratello e auspicabilmente anche mia madre dalla mia eredità?
Cordialità”
Consulenza legale i 02/10/2024
L’intento principale che si vuole soddisfare è quello di far sì che, al momento della propria morte, tutti i beni residui del proprio patrimonio si trasmettano ad uno solo dei fratelli, escludendo dalla successione sia la madre che l’altro fratello.
Ora, per quanto concerne la possibilità di escludere uno dei fratelli, non sussiste alcun ostacolo, in quanto costui non rientra nella categoria dei c.d. legittimari, cui deve essere riservata una quota di eredità anche contro la volontà del disponente.
Diversa, invece, è la situazione con riguardo alla madre, considerato che costei rientra nella categoria dei legittimari ex art. 536 del c.c., con la conseguenza che alla medesima deve necessariamente essere riservata una quota di eredità che, come precisato nel quesito, è pari ad 1/3 del patrimonio ereditario.

Tralasciando il fatto che per legge naturale la morte di un genitore dovrebbe essere sempre successiva a quella del figlio (il che risolverebbe in radice il problema che ci si pone), si andranno adesso ad esaminare le soluzioni che si prospettano nel quesito, per poi tentare di trarne le conclusioni e suggerire quella che si ritiene la soluzione più conveniente e adatta alle esigenze del disponente.

La prima di queste soluzioni è quella che si configura tecnicamente come “legato in sostituzione di legittima”, consistente nel disporre in favore della madre dell’usufrutto sull’abitazione del disponente, nominando il fratello preferito erede universale di tutto il resto, compresa la nuda proprietà su quell’appartamento.
Trattasi, tuttavia, di soluzione che non può garantire in modo certo il soddisfacimento della propria volontà, poiché, come rileva chi pone il quesito, il legato in sostituzione di legittima si caratterizza per la facoltà, concessa al legittimario in favore del quale viene disposto, di rinunziare al legato e chiedere la legittima (facoltà che si teme, peraltro, possa concretamente essere esercitata in considerazione dell’esiguo valore dell’usufrutto).

Altra soluzione a cui si è pensato di ricorrere è quella di soddisfare per intero le ragioni ereditarie della madre lasciando alla medesima l’usufrutto universale di tutti i propri beni.
Tale usufrutto si estenderebbe anche ai preziosi ed alle somme di denaro depositate in banca (oltre ad eventuali titoli finanziari), con la conseguenza che sarà l’usufruttuario a poter godere di tali beni con l’obbligo di restituirli alla sua morte e di restituire i capitali per le somme di denaro (in tal senso si argomenta dall’art. 995 del c.c.).
Il nudo proprietario, da parte sua, ha diritto a chiedere all’usufruttuario una garanzia bancaria o assicurativa, come ad esempio una polizza fideiussoria, al fine di potersi avvalere di idonea garanzia per la restituzione del capitale al termine dell’usufrutto.
Anche in questo caso, comunque, si viene a configurare un legato un sostituzione di legittima e la madre legataria, sebbene soddisfatta delle sue ragioni ereditarie, potrebbe pur sempre rinunziare al legato e chiedere la sua quota di legittima.

Occorre prestare attenzione a formulare in maniera corretta la disposizione avente ad oggetto un legato di tale tipo, in quanto ciò che deve emergere inequivocabilmente dal contesto delle disposizioni testamentarie è la volontà del de cuius di tacitare i diritti del legittimario con la sola attribuzione a titolo universale di determinati beni o crediti (in tal senso Cass. civ. Sez. II, 19.11.2019 n. 30082; Cass. civ. 31.05.2018 n. 13868); qualora tale volontà non dovesse risultare chiaramente, il legato si dovrà intendere in conto di legittima e non in sostituzione di legittima e, pertanto, la legataria, non soddisfatta delle proprie ragioni ereditarie, potrà agire in riduzione ed attaccare le altre disposizioni per far valere la riserva.

E’ sicuramente possibile prevedere una sostituzione per il caso in cui la legataria non possa (ad esempio perché premorta) o non voglia accettare il legato, disponendo una sostituzione ordinaria in favore del fratello ex art. 688 del c.c. (istituto giuridico applicabile anche ai legati in forza del disposto di cui al successivo art. 691 del c.c.).
In tal caso non occorre andare due volte dal notaio, come si dice nel quesito, in quanto la sostituzione può essere prevista sin dall’origine nella stessa scheda testamentaria con cui si dispone il legato in favore della madre.

Chiariti questi aspetti preliminari, adesso si cercherà di rispondere alle singole domande che, sempre nel quesito, vengono poste:
  1. redatto il testamento, posso affidarlo in busta sigillata a un mio fidato amico perché in caso di mia morte lo recapiti a mio fratello?
    Una volta ricevuto il testamento, mio fratello deve recarsi dal notaio per espletare ogni formalità prevista. E valida questa modalità di redigere e far custodire il proprio testamento o lo stesso deve essere depositato presso un notaio al momento della sua estensione?
E’ ben noto che il testamento olografo ha il pregio di essere economico, semplice e di assicurare la massima riservatezza; di contro, ha il limite di essere facilmente smarribile, alterabile e impugnabile per non autenticità.
Tuttavia, molteplici sono i mezzi a disposizione del testatore al fine di tenere al sicuro il proprio testamento olografo; infatti, a parte la possibilità di depositare lo stesso presso uno studio notarile (ipotesi che richiede sicuramente di sostenere delle spese), è ben possibile custodire il documento all’interno di una cassaforte o di una cassetta di sicurezza in banca ovvero affidarlo in custodia ad una persona di fiducia, quale può essere il proprio fratello, un amico o un parente.
Pertanto, la risposta a ciò che si chiede è certamente positiva.

  1. Il calcolo della legittima a favore di mia madre, è dato dalla sommatoria (diviso per 3) del valore della piena proprietà dell’immobile sommato alle disponibilità liquide e decurtato del debito residuo del mutuo in essere verso la banca. È corretto?
Tale forma di calcolo è corretta e risponde del resto a quanto prescritto dall’art. 556 del c.c., rubricato “Determinazione della porzione disponibile”.
Secondo quanto disposto da tale norma, al fine di determinare la quota disponibile del patrimonio del de cuius e, conseguentemente, la quota di riserva spettante a ciascun legittimario, occorre aggiungere al c.d. relictum il donatum e detrarre dalla massa così ottenuta i debiti (tra i quali vanno incluse le somme dovute in forza del mutuo contratto in vita).

  1. E’ corretto considerare il valore della piena proprietà (risultante della rendita catastale moltiplicato 115,50 (cat catastale A2)) o occorre fare riferimento al valore di mercato, praticamente quadruplo?
Non è corretto, in quanto tale valore rileva soltanto ai fini fiscali per la determinazione dell’imposta da liquidare in sede di presentazione della dichiarazione di successione.
Per la determinazione della quota di riserva, invece, occorre fare riferimento al valore reale che presenta il bene al momento dell’apertura della successione, ovvero al suo valore di mercato (in tal senso può tra l’altro argomentarsi da Cass. civ., Sez. II sentenza n. 17926 del 27.08.2020, ove si richiede espressamente, in sede di esercizio dell’azione di riduzione, l’indicazione del valore venale dei beni).

  1. nell’ipotesi in cui mia madre rinunci al legato, diventa automaticamente erede come per legge (1/3 del mio patrimonio a suo favore)?
Per rispondere a questa domanda occorre prendere in esame il secondo comma dell’art. 551 c.c., il quale dispone che se il legittimario preferisce conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del legato sia inferiore a quello della legittima e non acquista la qualità di erede.
Il legato sostitutivo, dunque, si configura come un’attribuzione a titolo particolare, che si acquista, come per ogni altro legato, senza necessità di accettazione, con la conseguenza che in caso di sua rinuncia il legittimario, non ancora erede, dovrà necessariamente esperire l’azione di riduzione per conseguire la quota di eredità a cui ha diritto.

  1. Su chi graverà il debito residuo del mutuo acceso sull’immobile al momento della successione? E la banca creditrice quali richieste avanzerebbe?
Il debito residuo del mutuo rientra tra i debiti ereditari ed in quanto tale i chiamati all’eredità saranno tenuti a rispondervi in proporzione alla quota di eredità ricevuta.
Qualora, dunque, la madre, beneficiaria del legato sostitutivo, dovesse decidere di non esercitare la facoltà di scelta, rimanendo titolare del solo diritto di usufrutto, la stessa non verrebbe ad assumere la posizione di erede e, pertanto, non sarebbe tenuta a rispondere di eventuali debiti e pesi ereditari.
Tuttavia, poiché l’immobile su cui è costituito l’usufrutto è sicuramente gravato da ipoteca in favore della Banca mutuante, anche la legataria potrà subire l’esecuzione forzata in caso di mancato pagamento delle rate di mutuo, valendo in ogni caso la regola secondo cui il creditore deve sempre rivolgersi all’erede e non al legatario (il quale non ha una legittimazione passiva per i debiti del de cuius).

A questo punto non resta che cercare di suggerire alcune soluzioni per raggiungere la finalità desiderata, ovvero quella di beneficiare dei propri beni soltanto uno dei fratelli, escludendo sia l’altro fratello che la madre, senza incorrere nel divieto di patti successori.
Ebbene, per quanto riguarda l’immobile, ciò che si consiglia è di stipulare con il fratello, anche da subito, un atto di cessione onerosa, in forza del quale cedere allo stesso la nuda proprietà di tale immobile in cambio dell’assunzione, da parte del cessionario, dell’obbligo di prestare al cedente assistenza morale e materiale vita natural durante.
In questo modo, al momento della morte del cedente, il cessionario diviene automaticamente pieno proprietario dell’intero, senza che nulla possa eccepire la madre legittimaria, considerato che quel trasferimento non si è realizzato per spirito di liberalità.

Per quanto concerne, invece, le somme di denaro, si può pensare di redigere e sottoscrivere con il fratello prescelto una scrittura privata, da cui far risultare che quest’ultimo ha nel corso degli anni versato periodicamente all’altro delle somme di denaro a titolo di prestito infruttifero, con la conseguenza che tali somme dovranno essere detratte dalla massa ereditaria per soddisfare il relativo debito.

Si tratta, ovviamente, di soluzioni che non possono qui che essere proposte in termini generici, ma che necessitano di essere studiate e predisposte nei dettagli, adattandole alla concreta situazione familiare ed economica delle parti.


M. G. M. chiede
mercoledì 24/05/2023
“Essendo stata nominata erede universale da mio fratello con testamento pubblico nel quale ha istituito 2 legatari la figlia (riconoscendogli la metà della casa alla figlia per un valore di 250.000 euro ed il diritto di abitabilità alla moglie che è proprietaria dell'altra metà). La casa è gravata di mutuo per €178.0000 ma se io rinuncio ad € 13000 (polizza proteggi mutuo) salderei il mutuo per quota di mio fratello ma nello stesso tempo mi farei carico di una rata di €70 per estinguere il finanziamento che mio fratello si è preso per pagarsi la polizza. Gli immobili che andrebbero a me hanno un valore € 80.000 (questi immobili sono 1/2 della quota di mio padre perchè mia madre è titolare dell' altra metà.
Mio fratello ha reso beneficiaria mia figlia di un fondo pensionistico "seconda pensione amundi" in cui la società (Cassa Depositi e prestiti ) in cui lavorava mio fratello versava le quote del tfr. Inoltre c'è una assicurazione di € 250.000 che la società versa in caso di morte + € 125.000 per la figlia minore ed € 39.000 euro busta paga finale. Faccio presente che c'era una causa di separazione ma non conclusa. La moglie mi ha inviato una transazione in cui mi chiede che paghi la quota del mutuo relativo alla sua parte ed le dia 90.000 euro. Vorrei sapere se la legittima è stata lesa e se questa transazione è valida.”
Consulenza legale i 07/06/2023
L’esame della scheda testamentaria è risultato di fondamentale importanza per comprendere come il testatore abbia voluto disporre delle sue sostanze ed entro quali limiti ed a quali condizioni la sua volontà possa trovare attuazione.
A parte la nomina della sorella quale erede universale di tutti i suoi beni, il testamento del de cuius contiene due legati in sostituzione di legittima in favore della moglie e della sorella, istituto giuridico disciplinato dall’art. 551 c.c. (definito anche “legato a tacitazione di legittima”) mediante il quale il testatore intende privare il legittimario della quota riservata sostituendola con una vocazione a titolo particolare attributiva di beni determinati (legato di specie) o di un diritto di credito (legato obbligatorio), disponendo appunto a titolo universale di tutto l'asse ereditario in favore esclusivo di altri.

Ora, come chiaramente risulta dallo stesso testo della norma che lo disciplina, il legato sostitutivo si configura come una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che la vocazione testamentaria a titolo di legato rimane priva di efficacia qualora il legatario rinunzi: in tal modo egli diverrà un legittimario pretermesso e potrà, agendo in riduzione, conseguire la qualità di erede (la rinunzia al legato tacitativo è, dunque, condizione, o meglio requisito costitutivo, dell'azione di riduzione).
Anche la giurisprudenza ha qualificato la rinuncia al legato tacitativo come condizione dell'azione, precisando che questa deve essere verificata dal giudice anche in assenza di eccezioni di parte (in tal senso possono citarsi Cass. n. 8195/2020; Cass. n. 19646/2017; Cass. n. 11288/2007; Cass. n. 4971/2000).

Al pari di qualsiasi altro legato, anche quello sostitutivo è soggetto alla norma generale di cui all’art. 649 del c.c. secondo cui si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare; peraltro, va sottolineato che, salvo il caso in cui esso abbia ad oggetto beni immobili, la rinunzia al legato è atto non formale.

In conseguenza di quanto fin qui detto, dunque, sia il coniuge superstite che la figlia del defunto, nella loro qualità di legittimari, finché non dichiareranno che preferiscono conseguire il legato o finchè non lasceranno trascorrere il termine eventualmente fissato ex art. 650 del c.c., conserveranno il diritto di rinunciare al legato e di agire in riduzione.
Stando così le cose, se l’erede universale nominato per testamento non vuole perdere del tutto i benefici derivanti da tale nomina, si reputa quanto mai opportuno addivenire ad una soluzione transattiva della vicenda successoria, soluzione che, una volta intervenuta la morte del soggetto della cui successione si tratta, non può che farsi dipendere dalla libera volontà delle parti.
In tal senso può argomentarsi dal secondo comma dell’art. 557 del c.c., norma che riconosce ai soggetti che possono chiedere la riduzione (i c.d. legittimari) la facoltà di rinunciare a tale diritto dopo la morte del disponente.

Ebbene, qualunque transazione divisoria, anche se lesiva della quota di riserva dei legittimari che la concludono, deve ritenersi valida ed efficace purchè posta in essere dopo l’apertura della successione, con la conseguenza che la stessa, nel momento in cui viene sottoscritta, implica rinunzia implicita al diritto di poter successivamente agire in riduzione.
Si tenga oltretutto presente che, non essendo richiesta alcuna formale manifestazione di volontà di rinunciare al legato sostitutivo, l’intento manifestato dai legittimari di voler dividere transattivamente il patrimonio ereditario deve considerarsi quale formale rinuncia a quel legato, costituendo ciò anche il presupposto per poter successivamente agire in riduzione.

Per quanto concerne il contenuto della transazione, come si è prima cercato di far capire, lo stesso non può che essere rimesso all’autonomia contrattuale delle parti interessate.
Nel caso di specie, peraltro, un esame della controproposta di transazione evidenzia che i legittimari potrebbero avere ben poco da eccepire, considerato che vengono comunque assegnati loro beni per un valore che copre abbondantemente la quota di riserva ai medesimi spettanti ex [542cc]].
Infatti, su un patrimonio complessivo di circa euro 823.000,00, le quote assegnate a moglie e figlia (rispettivamente pari a complessivi euro 277.219,09 e 309.500,00) risultano superiori a quel terzo indiviso che a ciascuna di esse riserva il predetto art. 542 c.c.

P. C. chiede
lunedì 05/09/2022 - Piemonte
“Tizio è il “de cuius”
Caio è il fratello di Tizio nominato, con testamento, erede universale di Tizio
Sempronia, vedova di Tizio, è nominata, con testamento di Tizio, usufruttuaria in sostituzione di legittima.
Cosa succede se entro dieci anni dalla morte di Tizio, Sempronia non manifesta la volontà di rinunciare all’usufrutto
Cosa succede se entro dieci anni dalla morte di Tizio, Sempronia manifesta la volontà di rinunciare all’usufrutto
Se Sempronia manifesta la volontà di rinunciare all’usufrutto, da quando si applica tale “legittima”?
Se si applica retroattivamente dalla data della morte di Tizio, cosa deve pagare Caio a Sempronia?
Se si applica, ad esempio, dal settimo anno dalla morte di Tizio, cosa deve pagare Caio a Sempronia?
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 13/09/2022
L’art. 551 c.c. disciplina la specifica ipotesi che nel caso in esame viene chiesto di prendere in considerazione, ossia quella in cui il testatore decida di lasciare al legittimario un legato in sostituzione della legittima.
E’ stato detto, in occasione di precedenti consulenze aventi ad oggetto lo stesso argomento, che con il legato in sostituzione di legittima il testatore intende privare il legittimario della quota riservata, escludendolo nel contempo dall’eredità.
Secondo la tesi che si ritiene preferibile, fatta propria sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, il legato sostitutivo può qualificarsi come una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva.
Ciò deve intendersi nel senso che la vocazione testamentaria a titolo di legato perde la sua efficacia qualora il legatario decida di rinunciarvi; in quel momento lo stesso legatario si verrà a trovare nella posizione di erede pretermesso e potrà, agendo in riduzione, conseguire la qualità di erede, avendo così diritto a ricevere la quota di patrimonio che la legge gli riserva.

La norma regolatrice di tale fattispecie non prevede espressamente un termine entro cui dover effettuare la rinuncia, limitandosi a disporre al primo comma che il legittimario “può rinunciare al legato e chiedere il supplemento”.
Da ciò se ne è dedotto che per tale rinuncia debba farsi valere il termine ordinario decennale di prescrizione previsto per l’esercizio dell’azione di riduzione, fatte salve le ipotesi in cui sia intervenuta decadenza a seguito di esercizio della c.d. actio interrogatoria di cui all’art. 650 del c.c..

Tuttavia, è bene precisare che è possibile godere di questo spatium deliberandi allorchè si faccia attenzione a non prestare acquiescenza alla disposizione voluta dal testatore, in quanto, come è dato leggere in una risalente sentenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 4196/1975, non smentita da altra pronuncia successiva) in tal caso si verrebbe a configurare una implicita accettazione del legato tacitativo, con conseguente impossibilità di agire in riduzione (si verifica un’ipotesi del genere nel caso di erede che si immetta nel possesso dei beni costituenti oggetto del legato).

Pertanto, tenuto conto delle brevi considerazioni sopra svolte, si può così rispondere alle domande che vengono poste nel quesito:
a) se entro dieci anni dalla morte di Tizio, il coniuge superstite Sempronia non manifesta la volontà di rinunciare al legato sostitutivo, l’acquisto del legato si consolida in capo a Sempronia, e ciò anche in considerazione del fatto che, secondo la tesi prevalente, il legato sostitutivo deve intendersi soggetto alla norma generale di cui all’art. 649 del c.c., in forza del quale il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunciare;
b) se entro il termine di dieci anni Sempronia manifesta la volontà di rinunciare (sempre che non sia decaduta da tale diritto per essersi comunque immessa nel possesso dei beni costituenti oggetto del legato), viene ad assumere la posizione di legittimario pretermesso e, come tale, dovrà agire in riduzione per ottenere la quota che la legge le riserva.
Si ricorda, a tale riguardo, che legittimari ex art. 536 del c.c. sono il coniuge, i figli e gli ascendenti e che al coniuge, in assenza di concorso con figli o ascendenti, è riservata la metà del patrimonio dell’altro coniuge, oltre ai diritti di uso e di abitazione sulla casa coniugale (così art. 540 del c.c.).
Deve anche precisarsi, con riferimento alla forma della rinuncia al legato, che la stessa non necessita di particolari forme, potendo anche risultare da atti univoci, compiuti dal legatario, che implichino detta volontà di rinunciare al legato (è stato, tuttavia, precisato che non può ritenersi sufficiente, a tal fine, la proposizione dell'azione di riduzione o l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario).
c) se Sempronia manifesta la volontà di rinunciare, per il calcolo della quota di riserva vale il disposto di cui all’art. 556 del c.c., norma che a sua volta richiama le disposizioni di cui agli artt. 747 e 750 c.c. (si dovrà necessariamente fare riferimento al valore che i beni del de cuius, mobili ed immobili, avevano al tempo dell’apertura della successione).
d) alle ultime due domande può rispondersi cumulativamente.
E’ errata la convinzione che Caio debba pagare qualcosa a Sempronia, in quanto, come si è cercato di chiarire prima, la rinunzia al legato in sostituzione di legittima da parte di Sempronia pone quest’ultima nella posizione di erede pretermesso, a cui compete, in conseguenza del positivo esperimento dell’azione di riduzione, una quota pari ad un mezzo indiviso su tutti i beni presenti nel patrimonio del de cuius al momento dell’apertura della successione.

P. C. chiede
giovedì 05/05/2022 - Piemonte
“riferimento consulenza Q202230535
Potrebbero gli eredi del de cuius Tizio ancora ricorrere alla collazione, facendo rientrare nella massa ereditaria, i premi delle polizze vita incassate dal beneficiario Caio, i saldi di conti bancari ed i beni immobili" ?
Può Caio essere sicuro che non vi è possibilità di contenzioso e disporre liberamente dei beni ereditati senza che venga messa in discussione l'accettazione tacita di Sempronia?
Grazie mille.”
Consulenza legale i 12/05/2022
Nella consulenza 25292 è stato riferito che Tizio muore senza figli ed ascendenti, nominando suo erede universale il fratello Caio ed usufruttuaria in sostituzione di legittima, di beni immobili e conti bancari, la propria moglie Sempronia.
La collazione è quel particolare istituto giuridico previsto dal codice civile per mezzo del quale i figli, i loro discendenti e il coniuge del defunto, conferiscono alla massa ereditaria tutti i beni mobili e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando questi era in vita.
In buona sostanza, con la collazione la legge intende ripristinare, a favore dei parenti più stretti del defunto, l'uguaglianza di trattamento nella ripartizione del patrimonio ereditario, e ciò perché le donazioni fatte dal defunto quando era in vita possono incidere anche significativamente sul complesso dei beni lasciati dal defunto e, di conseguenza, sull'entità delle porzioni di beni spettanti a ciascuno degli eredi.
Dalla collazione dei beni ricevuti per donazione, infatti, ne deriva un aumento della massa ereditaria, alla quale si deve fare riferimento per stabilire le quote che spettano a ciascun erede, come se le donazioni fatte in vita dal defunto costituissero un anticipo sulla successione.
Tale aumento, però, si ripete, va fatto soltanto in riferimento ai coeredi che siano i discendenti (figli e nipoti e pronipoti) o il coniuge del defunto, perché le porzioni spettanti a tutti gli altri coeredi vanno calcolate senza tener conto della collazione.
Poiché nel caso di specie, come evidenziato all’inizio, Tizio non lascia parenti stretti, ma soltanto il coniuge, i cui diritti successori sono stati soddisfatti mediante un legato in sostituzione di legittima, non vi sono soggetti obbligati a collazione.

A ciò si aggiunga, come è stato più volte detto ed illustrato nelle precedenti consulenze (a cui si rimanda, ed in particolare a quanto riportato nella consulenza 30535), che neppure è ipotizzabile l’esercizio dell’azione di riduzione da parte degli eredi di Sempronia, ritenendosi che le ragioni ereditarie di quest’ultima siano state integralmente soddisfatte con l’accettazione, seppure tacitamente avvenuta, del legato sostitutivo.
Ciò esclude, ormai, ogni possibilità di rinuncia, da parte degli eredi di Sempronia di quel legato in sostituzione di legittima, condizione indispensabile per essere reintegrati nella quota di riserva che alla medesima sarebbe spettata.

In conseguenza di ciò, pertanto, si può affermare che Caio deve ritenersi libero di disporre liberamente dei beni di cui è divenuto titolare a seguito dell’apertura della successione del fratello Tizio.
Ovviamente, nessuno potrebbe impedire agli eredi di Sempronia di mettere in piedi un contenzioso per recuperare al patrimonio della stessa l’intera quota di riserva che le sarebbe spettata sul patrimonio del coniuge Tizio, ma, sulla scorta di quanto è stato più volte detto e ripetuto, si ritiene che ogni pretesa in tal senso sarebbe priva di ogni fondamento giuridico.

P.C. chiede
sabato 03/07/2021 - Piemonte
“Tizio, coniugato senza discendenti né ascendenti, muore con testamento olografo pubblicato con il quale nomina erede universale di tutti i suoi beni presenti e futuri, il proprio fratello Caio e la propria moglie Sempronia, usufruttuaria in sostituzione di legittima.
Successivamente alla morte di Tizio, muore la moglie Sempronia senza accettare il testamento del marito Tizio né redigere un proprio testamento.
Esistono Mevio, fratello di Sempronia in un paese straniero (forse deceduto, cui subentrerebbe - in tal caso per rappresentazione - la figlia Filana) e due nipoti di Sempronia, identificati come Calpurnio Uno e Calpurnio Due, figli di una sorella di Sempronia, irreperibili finora in altro paese straniero.
Come noto, in assenza di accettazione espressa entro dieci anni dalla morte d Tizio (o, forse, di Sempronia?), si verifica l’accettazione tacita da parte degli eredi di Sempronia.
A che si devolve l’eredità di Sempronia:
1) In caso di accettazione espressa di tutti gli eredi di Sempronia?
2) In caso di accettazione espressa di solo una parte degli eredi di Sempronia?
3) In caso di non manifestazione, entro dieci anni, di accettazione di solo una parte degli eredi di Sempronia?
4) In caso di non manifestazione, entro dieci anni, di accettazione di tutti gli eredi di Sempronia?
Molte grazie in anticipo.”
Consulenza legale i 11/07/2021
Il tema del legato in sostituzione di legittima è stato già trattato nella consulenza 27544, che qui si ritiene utile in parte richiamare per rispondere alle domande che vengono poste.
Si è detto in tale consulenza che la disposizione in favore della moglie Sempronia si inquadra nel disposto di cui all’art. 551 c.c., norma che prevede appunto l’ipotesi in cui il testatore decida di lasciare al legittimario un legato in sostituzione di legittima.
Ciò che viene in particolar modo in rilievo dalla lettura di tale norma è la facoltà riconosciuta alla legataria Sempronia di rinunziare al legato e chiedere la quota di legittima che le spetta (così il primo comma), mentre qualora Sempronia dovesse scegliere di conseguire il legato, non soltanto perde il diritto di pretendere un supplemento (nel caso in cui il valore di esso sia inferiore alla quota che le spetterebbe per legge), ma neppure acquista la qualità di erede.

Altro aspetto su cui occorre concentrare l’attenzione è quello relativo alla sussistenza o meno di un termine di prescrizione entro cui rinunciare al legato, ed al riguardo si è detto che è pacifica la tesi secondo cui la rinuncia al legato sostitutivo non è soggetta ad un autonomo termine di prescrizione, dovendo per essa farsi valere il termine ordinario decennale di prescrizione previsto per l’esercizio dell’azione di riduzione.

Precisato ciò, deve osservarsi che nel caso di specie Sempronia è morta subito dopo la morte di Tizio senza aver potuto esercitare quella facoltà di scelta che l’art. 551 c.c. le attribuisce.
In conseguenza di ciò, poiché secondo la tesi prevalente il legato sostitutivo è soggetto alla norma generale di cui all’art. 649 del c.c., secondo cui il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare, si avrebbe che beneficiari di esso sarebbero automaticamente gli eredi di Sempronia.
Tuttavia, si pone a questo punto un ostacolo, costituito dal fatto che il legato disposto in favore di Sempronia aveva ad oggetto il solo diritto di usufrutto, il quale si caratterizza per il fatto di estinguersi ipso iure alla morte del suo titolare; da ciò se ne deve far conseguire che, deceduta la legataria Sempronia, in favore dei suoi eredi non si trasmetterebbe alcun diritto.

Pertanto, per poter concretamente trarre dei benefici dalla successione di Sempronia, non resta ai suoi eredi che esercitare quella facoltà di scelta prevista dal più volte citato art. 551 c.c., rinunciando al legato e chiedendo la quota di riserva spettante alla stessa Sempronia (ciò che può farsi, come detto prima, entro il termine ordinario decennale previsto per l’esercizio dell’azione di riduzione).
Anche a questo proposito non può farsi a meno di richiamare quanto detto nella consulenza 27544, nella parte in cui viene citata la recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI, n. 17861 del 27.08.2020, secondo cui qualora un soggetto, legittimario del de cuius ex art. 536 del c.c., riceva per testamento un legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto il diritto di usufrutto, e muoia prima di avervi rinunciato, il diritto di rinunciare al legato in sostituzione di legittima si trasmette in capo agli eredi del legatario defunto.

Ciò significa che anche gli eredi del legatario potranno scegliere di rinunciare al legato sostitutivo, assumere la posizione di pretermessi del de cuius originario ed agire in riduzione.

A questo punto occorre individuare quali sono gli eredi di Sempronia; sulla base di ciò che viene detto nel quesito, potranno assumere tale qualità, in assenza di discendenti e ascendenti:
  1. Mevio, fratello della de cuius, ed in sua vece (ossia per rappresentazione) la figlia Filana;
  2. Calpurnio Uno e Calpurnio Due, in rappresentazione di altra sorella di Sempronia, anche lei premorta.

Individuati anche gli eredi, si è adesso in condizione di rispondere alle singole domande:
  1. se tutti gli eredi di Sempronia accettano l’eredità di quest’ultima, la stessa andrà divisa in parti eguali tra Mevio (o Filana) ed i figli dell’altra sorella premorta.
Dispone infatti l’art. 469 c.c. che “quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi”(una stirpe è quella di Mevio ed un’altra quella dell’altra sorella di Sempornia).
  1. se soltanto una parte degli eredi di Sempronia accetta espressamente l’eredità, quest’ultima si devolverà esclusivamente in loro favore, salvo il diritto degli altri chiamati di accettare l’eredità entro il termine decennale di cui all’art. 480 del c.c. o nel minor termine fissato dall’art. 481 del c.c. a seguito di esercizio di actio interrogatoria
  2. Domande 3 e 4: se entro il termine decennale non viene manifestata alcuna volontà di accettazione espressa dell’eredità, gli eredi di Sempronia o parte di essi perderanno anche il diritto di rinunciare al legato in sostituzione di legittima e agire in riduzione per chiedere quella quota di riserva a cui Sempronia avrebbe avuto diritto sul patrimonio del marito Tizio.
Non potendo più agire in riduzione, il legato sostitutivo non potrà produrre alcun effetto nei loro confronti, in quanto, come si è prima evidenziato, ha ad oggetto il solo diritto di usufrutto, il quale viene ad estinguersi con la morte dell’usufruttuario.


PIERCARLO C. chiede
sabato 13/02/2021 - Piemonte
“Tizio nomina, con testamento olografo, il proprio fratello Caio erede universale mentre alla moglie Sempronia viene assegnato l’usufrutto in sostituzione di legittima di beni immobili e conti bancari cointestati da Tizio e Sempronia.
Tizio premuore a Sempronia.
Tizio aveva stipulato polizze di assicurazione vita con beneficiario esclusivamente il fratello Caio che le riscatta, alla morte di Tizio.
Atteso che le polizze di assicurazione vita non rientrano nell’asse ereditario e sono esenti, pertanto, dall’imposta di successione, si chiede se gli eredi di Sempronia (suo fratello ed i figli di sua sorella premorta ad essi ) possano pretendere che i premi assicurativi corrisposti per tali polizze vengano considerati come donazione di Tizio a Caio e corrisposti da Caio per il 50% agli eredi di Sempronia, se questi impugnano il testamento, optando per la legittima.
Se, invece, gli eredi di Sempronia accettano il testamento, tacitamente o espressamente, decadono dal diritto alla loro parte dei premi assicurativi pagati da Tizio?
13/02/2021”
Consulenza legale i 18/02/2021
Alla morte di Tizio, il suo patrimonio ereditario viene diviso, secondo la sua espressa volontà, tra il fratello Caio (a cui va la nuda proprietà dei beni) e la moglie Sempronia, in favore della quale viene lasciato, quale legato in sostituzione di legittima, l’usufrutto universale di tutti i suoi beni.
Nel patrimonio ereditario, come correttamente viene osservato nel quesito, non vi rientrano le somme derivanti dal riscatto delle polizze assicurative, atteso che queste vengono acquisite iure proprio dal fratello Caio, designato quale beneficiario dal contraente defunto Tizio (così dispone espressamente il terzo comma dell’art. 1920 del c.c., ove viene qualificato come “diritto proprio” quello acquistato dal terzo beneficiario).

La disposizione in favore della moglie Sempronia, invece, si inquadra nel disposto di cui all’art. 551 del c.c., norma che prevede appunto l’ipotesi in cui il testatore decida di lasciare ad un legittimario un legato in sostituzione di legittima.
Leggendo tale norma, viene in rilievo la facoltà riconosciuta al legatario di rinunziare al legato e chiedere la quota di legittima che le spetta (così il primo comma), mentre qualora scelga di conseguire il legato, non soltanto perde il diritto di pretendere un supplemento (nel caso in cui il valore di esso sia inferiore alla quota che le spetterebbe per legge), ma neppure acquista la qualità di erede.

Con il legato in sostituzione di legittima, infatti, il testatore intende privare il legittimario della quota riservata, escludendolo nel contempo dall’eredità; è stato perfino detto che il legittimario beneficiato con un legato tacitativo è “diseredato”, ma è senza dubbio preferibile dire “pretermesso” dal testatore.
La qualificazione giuridica più corretta che si ritiene possa darsi al legato sostitutivo è quella, fatta propria dalla dottrina (Capozzi, Successioni e donazioni) e dalla giurisprudenza (Cass. n. 37/1964, Cass. 16252/2013), secondo cui esso può definirsi come una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che la vocazione testamentaria a titolo di legato perde la sua efficacia qualora il legatario vi rinunzi (così, più di recente, Cass. 8195/2020, nonché Cass. n. 19646/2017; Cass. n. 11288/2007; Cass. n. 4971/2000).
Una volta effettuata la rinunzia, egli diventerà un legittimario pretermesso e potrà, agendo in riduzione, conseguire la qualità di erede.

Circa la forma della rinuncia al legato, va detto che essa non necessita di particolari forme, potendo anche risultare da atti univoci, compiuti dal legatario, che implichino detta volontà di rinunciare al legato; è stato, tuttavia, precisato che non può ritenersi sufficiente, a tal fine, la proposizione dell'azione di riduzione o l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.

Altro aspetto da considerare, prima di giungere alle conclusioni in ordine a ciò che qui viene espressamente chiesto, è quello relativo alla sussistenza o meno di un termine di prescrizione entro cui rinunciare al legato.
Al riguardo va detto che è opinione pacifica quella secondo cui la rinuncia al legato sostitutivo non è soggetta ad un autonomo termine di prescrizione, con la conseguenza che per essa vale il termine ordinario decennale di prescrizione previsto per l’esercizio dell’azione di riduzione (salvo, ovviamente, che non sia intervenuta decadenza a seguito di actio interrogatoria ex art. 650 del c.c.).
In questo arco temporale, tuttavia, occorrerà fare attenzione a non prestare acquiescenza alla disposizione voluta dal testatore, in quanto, come precisato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 4196/1975) in tal caso si avrebbe una implicita accettazione del legato tacitativo, con conseguente impossibilità di agire in riduzione (un’ipotesi del genere si verifica, ad esempio, quando l'erede si sia immesso nel possesso dei beni oggetto del legato).
Quest’ultima considerazione risponde, peraltro, a quanto osservato nella parte finale del quesito, ove viene chiesto se gli eredi di Sempronia, dando esecuzione al testamento (in forma espressa o tacita) perdono il diritto di agire in riduzione, non potendo di conseguenza recuperare i premi assicurativi pagati da Tizio.

Fatte queste precisazioni, attraverso cui sono stati sostanzialmente delineati i confini di operatività del legato in sostituzione di legittima, si tratta adesso di stabilire se è possibile che la scelta a cui fa riferimento l’art. 551 c.c. possa anche provenire dagli eredi del legittimario legatario e se, di conseguenza, gli stessi, rinunciando al legato, possano agire in riduzione.
Nel caso di specie, oltretutto, si presenta un’ulteriore difficoltà, data dalla circostanza che il legato sostitutivo ha ad oggetto il diritto di usufrutto, il quale, come indubbiamente sarà noto, si caratterizza per il fatto che si estingue alla morte del suo titolare, con la conseguenza che, deceduto il legatario, l’erede o gli eredi di quest’ultimo perderebbero anche la facoltà di esercitare il diritto di rinuncia al legato in sostituzione.

Ebbene, in senso favorevole alla posizione degli eredi di Sempronia si pone la Corte di Cassazione, la quale, con la recentissima sentenza della Sezione VI n. 17861 del 27.08.2020, ha stabilito che qualora un soggetto, legittimario del de cuius ex art. 536 del c.c., riceva per testamento un legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto il diritto di usufrutto, e muoia prima di avervi rinunciato, il diritto di rinunciare al legato in sostituzione di legittima si trasmette in capo agli eredi del legatario defunto.

Ciò significa che anche gli eredi del legatario potranno scegliere di rinunciare al legato sostitutivo, assumere la posizione di pretermessi del de cuius originario ed agire in riduzione; in sede di azione di riduzione sarà possibile chiedere, ex art. 556 del c.c., la riunione fittizia dei beni di cui il testatore abbia disposto in vita a titolo di donazione, fra i quali vanno compresi i premi assicurativi versati per le polizze riscattate dal fratello Caio (beneficiario).
Aggiunge la S.C. che a nulla varrebbe obiettare che, estintosi il diritto di usufrutto a seguito della morte del legatario, non rientrerebbe tra le facoltà dell’erede di quest’ultimo esercitare il diritto di rinuncia al legato in sostituzione di legittima.
Infatti, secondo l’orientamento della stessa Corte di Cassazione, nell’ipotesi in cui il legato in sostituzione di legittima abbia ad oggetto il diritto di usufrutto, non è questo diritto che si trasmette all’erede del legatario defunto, bensì l’intera posizione giuridica connessa al legato acquistato ope legis dal legatario, compresa la facoltà di rinunciare.

In conclusione, se non è stata consumata la facoltà di scelta prevista dall’art. 551 c.c. (mediante acquiescenza, anche tacita, alla disposizione testamentaria), tale facoltà si trasmette agli eredi di Sempronia, compreso il diritto di agire in riduzione, considerato peraltro che l’azione di riduzione ha natura patrimoniale e come tale è trasmissibile e cedibile agli eredi ed agli aventi causa del legittimario (si veda in tal senso l’art. 557 c.c).


PIERCARLO C. chiede
venerdì 10/04/2020 - Piemonte
“Tizio muore, senza figli ed ascendenti, nominando suo erede universale il fratello Caio ed usufruttuaria in sostituzione di legittima, di beni immobili e conti bancari, la propria moglie Sempronia.
Sempronia muore senza aver esplicitamente accettato l’usufrutto lasciato da Tizio.
Come viene devoluta l’eredità di Tizio?
Grazie”
Consulenza legale i 19/04/2020
Il tema che con il quesito posto si rende necessario affrontare è quello del legato in sostituzione di legittima, argomento non certo semplice da trattare, in quanto del suo corretto inquadramento giuridico e del suo modo di operare si è ampiamente discusso e si continua a discutere sia in dottrina ed in giurisprudenza.
Con il legato in sostituzione di legittima il testatore intende in sostanza privare il legittimario della quota che per legge gli viene riservata, sostituendola con una vocazione a titolo particolare attributiva di beni determinati e disponendo a titolo universale di tutto l’asse ereditario in favore esclusivo di altri.
La volontà del de cuius, dunque, è quella di escludere il legittimario dalla sua eredità.

In tal senso può, peraltro, chiaramente argomentarsi dalla norma che si occupa di tale istituto, ossia l’art. 551 c.c., norma che attribuisce al testatore la facoltà di soddisfare il diritto alla quota di riserva spettante al legittimario mediante una attribuzione a titolo particolare in sostituzione, appunto, della legittima.
Dispone detta norma che, in presenza di una attribuzione di tale tipo, il legittimario può decidere di:
  1. conseguire il legato, perdendo in questo caso il diritto di chiedere un supplemento qualora il valore del legato dovesse risultare inferiore a quello della quota di riserva.
Conseguenza di ciò sarà che non si acquista la qualità di erede.
  1. rinunziare al legato e chiedere la quota di legittima.

Si è prima detto, infatti, che con il legato tacitativo il legittimario beneficiato viene escluso dall’eredità, ovvero deve considerarsi come erede pretermesso, ed è per questa ragione che, rinunziando al legato, si trova costretto a chiedere la quota di eredità che per legge gli compete.

Sotto il profilo della sua natura giuridica, il legato sostitutivo deve considerarsi, almeno secondo l’opinione ampiamente prevalente in giurisprudenza, come una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, ossia capace di produrre effetti fin quando il legatario non vi rinunci; solo in quel momento il legatario rinunciante diventa legittimario pretermesso e potrà, mediante esercizio dell’azione di riduzione, conseguire la qualità di erede (in tal senso possono citarsi in dottrina Capozzi, in Successioni e donazioni, ed in giurisprudenza Cass. n. 37/1964 e Cass. n. 16252/2013).

Inoltre, in quanto disposizione a titolo particolare, il legato sostitutivo è soggetto alla norma generale fissata dall’art. 649 del c.c., secondo cui il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà del legatario di rinunciarvi (per la rinuncia non è richiesto il rispetto di alcun particolare requisito di forma, salvo il caso in cui il legato abbia ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari).
La stessa giurisprudenza, nell’affermare il principio dell’acquisto ipso iure del legato sostitutivo, ha precisato che il legittimario in cui favore è stato disposto tale legato non diviene erede fin quando non vi rinuncia (così Cass. n. 2809/1990; n. 4883/1996; n. 1573/2000) e che si ha implicita accettazione del legato tacitativo quando l’erede vi abbia dato volontaria esecuzione, immettendosi nel possesso dei beni oggetto del legato (così Cass. 4196/1975).
La mancata rinuncia al legato costituisce atto di gestione del rapporto successorio da parte del beneficiario, confermativo ex lege della già realizzata attribuzione patrimoniale.

Ebbene, nel caso in esame si ritiene che la volontà del defunto sia abbastanza chiara, avendo il testatore nominato espressamente erede universale il fratello Caio e legato alla moglie in sostituzione della legittima l’usufrutto di beni immobili e conti bancari, senza attribuirle alcun diritto di chiedere il supplemento, ciò che potrebbe valere a qualificare quel legato come in conto di legittima.
Non avendo Sempronia manifestato alcuna volontà di rinunziare al legato, ciò che avrebbe dovuto fare espressamente e rispettando il requisito della forma scritta richiesto ad sustantiam, la medesima ha conseguito ipso iure la qualità di legatario del de cuius, risultando così pretermessa dall’eredità del proprio coniuge.
Già queste considerazioni sono sufficienti per poter asserire che alla morte di Sempronia unico erede universale di Tizio non potrà che essere il fratello Caio.

A ciò si aggiunge un altro aspetto, anch’esso non certo privo di particolare rilevanza, e relativo a quello che è l’oggetto del legato sostitutivo, ossia l’usufrutto dei beni immobili e dei conti bancari del testatore.
La natura temporanea del diritto di usufrutto, sancita espressamente dal primo comma dell’art. 979 del c.c., comporta che esso termina con la vita dell’usufruttuario, ciò che rafforza ulteriormente la tesi secondo cui il testatore, nel caso di specie, ha voluto assegnare al coniuge la qualità di legatario, con l’intenzione di estrometterlo dal suo patrimonio ereditario, che con la morte di Sempronia sarà interamente devoluto in piena proprietà in favore del fratello Caio.

Certo, tutto quanto sopra detto non può indurre ad escludere a priori che, da un esame più dettagliato del caso specifico, si possa pervenire ad una ricostruzione diversa, dalla quale se ne possa desumere la natura ereditaria dell’attribuzione.
Infatti, secondo un isolato orientamento della dottrina, pur dovendosi riconoscere carattere automatico all’acquisto del legato ex art. 649 c.c, nel caso specifico del legato in sostituzione di legittima occorrerebbe pur sempre l’accettazione da parte del legittimario come conferma della disposizione testamentaria, idonea a rendere irrevocabile sia l’acquisto del legato che l’esclusione dell’accettante dalla comunione ereditaria.
Il diritto di scelta, spettante al legittimario, presupporrebbe sempre un negozio di accettazione o rinuncia al legato, con conseguente perdita o meno del diritto alla quota di legittima.

Ora, poiché alla rinuncia al legato si ritiene applicabile la prescrizione ordinaria (di dieci anni dall’aperura della successione), dall’accoglimento di una tale tesi se ne può dedurre che quella facultas alternativa di cui è titolare il legittimario si trasmetta, ex art. 479 del c.c., agli eredi dello stesso legittimario (cioè agli eredi di Sempronia), i quali, pertanto, entro il termine di dieci anni, ed in assenza di alcuna manifestazione tacita della volontà di accettare il legato sostitutivo, potranno rinunciare al legato e agire in riduzione ex art. 557 del c.c..

Si tenga conto che la costruzione giuridica appena espressa (alla quale potrebbero tentare di aggrapparsi gli eredi di Sempronia) è frutto di un orientamento davvero isolato e che portare avanti una tale tesi sarebbe un’impresa davvero ardua, sia perché l’orientamento prevalente e consolidato in giurisprudenza sostiene che il beneficiario non è tenuto ad accettare il legato (risultando questo automaticamente acquisito al suo patrimonio dal momento dell’apertura della successione), sia perché, avendo il legato ad oggetto il diritto di usufrutto, si ritiene che sia ben difficile dimostrare che Sempronia, prima di morire, non abbia goduto dei beni sui quali le è stato lasciato l’usufrutto (integrando ciò un atto di accettazione tacita di quel legato).


PIERCARLO C. chiede
domenica 01/12/2019 - Piemonte
“QUESITO

Tizio, coniugato con Caia, senza discendenti né ascendenti, redige testamento olografo nominando il proprio fratello Sempronio erede universale di tutti i suoi beni e lasciando a Caia l’usufrutto in sostituzione di legittima dei seguenti beni:
1) immobile cointestato, in parti eguali, a Tizio e Caia
2) immobile cointestato, in parti eguali, a Tizio e Sempronio
3) deposito bancario intestato, in parti eguali, a Tizio e Caia
4) deposito bancario intestato, in parti eguali, a Tizio e Sempronio
5) deposito bancario intestato solo a Tizio

Supponendo che Caia, alla morte di Tizio, accetti l’usufrutto in sostituzione di legittima, si chiede come vengono attribuiti e in quali quote e titolo (proprietà piena, nuda proprietà ed usufrutto) i suddetti beni.
Inoltre, si chiede come, alla successiva morte di Caia le stesse quote vengono attribuite ed a quale titolo.
Grazie in anticipo.

Consulenza legale i 11/12/2019
Dalla lettura del testamento fatto pervenire a questa redazione, si evince chiaramente che la volontà del testatore è stata quella di nominare il fratello Sempronio erede universale e di legare alla moglie, in sostituzione della legittima, una serie di immobili, di cui il de cuius era proprietario in ragione di un mezzo indiviso, oltre ad alcuni depositi bancari.

Per interpretare meglio la volontà testamentaria, occupiamoci preliminarmente del legato in sostituzione di legittima, fattispecie disciplinata espressamente dall’art. 551 c.c.

Con tale specie di legato, definito anche a tacitazione di legittima, il testatore intende essenzialmente raggiungere il fine di privare il legittimario della quota che la legge gli riserva, sostituendolo con una vocazione a titolo particolare, attributiva di beni determinati, e disponendo nel contempo a titolo universale in favore di altri.
Sotto questo profilo esso si differenzia dal legato in conto di legittima (disciplinato dal successivo art. 552 del c.c.), con il quale il testatore compie una attribuzione a titolo particolare in favore del legittimario, che quest’ultimo deve imputare alla sua quota, non precludendogli di attaccare le altre disposizioni testamentarie o donative.

In giurisprudenza si afferma che per ammettersi la natura sostitutiva del legato deve risultare, anche senza l’impiego di formule sacramentali, una manifestazione di volontà certa ed univoca del testatore di voler soddisfare il legittimario con l’attribuzione di quei beni determinati senza chiamarlo all’eredità (cfr. Cass. 5232/1998; Cass. 16083/2005; Cass. 23371/2014); non è neppure necessario che il testatore utilizzi la formula “in sostituzione della legittima” (così Cass. 5779/2006).

Quanto fin qui detto, dunque, non lascia alcun dubbio sul fatto che il testatore, nel caso di specie, abbia voluto tacitare la moglie legittimaria con l’attribuzione di quei beni determinati, precludendole la possibilità di chiedere un supplemento (ciò che avrebbe potuto anche prevedere stante il disposto della seconda parte del secondo comma dell’art. 551 c.c.), salva ovviamente la facoltà della medesima di rinunciare a quel legato e così poter agire in riduzione (quale legittimario pretermesso) e conseguire la qualità di erede.
Ciò lo si desume con estrema certezza dall’espressione che lo stesso testatore ha usato nel redigere la scheda testamentaria, disponendo di voler lasciare alla moglie l’usufrutto “in sostituzione di legittima”.

Chiarito l’aspetto per così dire teorico della fattispecie in esame, passiamo adesso ad analizzarne il profilo pratico, cercando di capire come di fatto dovranno essere attribuiti e gestiti i beni lasciati dal de cuius.

Su tutti i beni, immobili e depositi bancari, si verrà ad instaurare una c.d. comunione di godimento, in quanto il godimento degli stessi compete a più persone (la moglie Caia ed il fratello Sempronio) sulla base di diritti diversi (nuda proprietà, usufrutto e piena proprietà).
In particolare, le quote che si verranno a formare saranno le seguenti:
  1. Immobile cointestato in parti eguali tra Tizio e Caia:
  1. Caia usufrutto su ½ indiviso e piena proprietà per l’altro mezzo indiviso iure proprio;
  2. Sempronio nuda proprietà su ½ indiviso

  1. Immobile cointestato in parti eguali tra Tizio e Sempronio:
  1. Caia usufrutto su ½ indiviso
  2. Sempronio nuda proprietà su ½ indiviso iure successionis e piena proprietà iure proprio sull’altro mezzo indiviso.

  1. Deposito bancario cointestato tra Tizio e Caia:
  1. Caia usufrutto su ½ indiviso e piena proprietà sull’altro mezzo indiviso iure proprio;
  2. Sempronio nuda proprietà su ½ indiviso

  1. Deposito bancario cointestato tra Tizio e Sempronio:
  1. Caia usufrutto su ½ indiviso
  2. Sempronio nuda proprietà su ½ indiviso e piena proprietà sull’altro mezzo indiviso iure proprio

  1. Deposito bancario intestato solo a Tizio:
Caia usufrutto sull’intero e Sempronio nuda proprietà sull’intero.

Vediamo adesso quali saranno gli effetti di tale ripartizione del patrimonio ereditario.
Avendo il testatore deciso di lasciare alla moglie l’usufrutto dei suoi beni, o meglio delle quote che gli appartengono, troveranno applicazione le norme che il codice civile detta in materia di usufrutto, ed in particolare, per quello che qui ci interessa, l’art. 984 del c.c., il quale dispone che per tutta la durata del suo diritto, competono all’usufruttuario i frutti naturali ed i frutti civili.
Ciò vale sia per gli immobili che per i depositi di somme di denaro, con l’unica particolarità che, in relazione a questi ultimi, è più corretto parlare non di usufrutto, ma di quasi usufrutto, istituto giuridico previsto dall’art. 995 del c.c., il quale disciplina appunto l’usufrutto costituito su cose consumabili, quali sono le somme di denaro depositate su un conto corrente o quelle investite in titoli.

Questo significa che, in relazione ai depositi di somme di denaro ed alla somma capitale esistente al tempo dell’apertura della successione, l’usufruttuario avrà diritto, entro i limiti delle quote sopra determinate, di far propri i frutti civili nonché di servirsi del capitale con obbligo di restituirlo alla sua morte.
A tutela del coerede Sempronio non usufruttuario sussiste il diritto di pretendere dall’usufruttuario il rilascio di idonea garanzia per la restituzione del capitale al termine dell’usufrutto (garanzia che, a titolo meramente esemplificativo, potrebbe essere costituita da una polizza fideiussoria).

Un esempio concreto può forse servire a chiarire meglio la complessa situazione che si verrà a creare:
si immagini che il deposito bancario intestato in parti eguali tra Tizio e Sempronio sia pari a 100 euro e che produca frutti per 10 euro l’anno.
Caia farà propri i frutti per 5 euro e potrà usare il capitale per 50 euro, che dovrà comunque restituire prima della sua morte.

Alla morte di Caia, Sempronio diventerà pieno proprietario per l’intero dei beni e depositi di cui ai numeri 2), 4) ed 5), mentre si aprirà la successione in ragione di un mezzo indiviso sull’immobile di cui al numero 1) e sul deposito bancario di cui al numero 3), gli unici beni sui quali Caia aveva la piena proprietà per il 50%.


Nicola E. chiede
lunedì 18/03/2019 - Campania
“Gentile Avvocato mi rivolgo a lei per avere risposte su quanto segue:
premesso che mio zio, coniugato e senza figli, ha nominato con testamento pubblico testualmente :"Nomino eredi universali di tutti i miei beni mobili e immobili i miei nipoti N. e M., figli di mio fratello D..
Lego a mia moglie, in sostituzione della legittima a lei spettante, l’usufrutto vitalizio di tutti i miei beni dispensandola dal fare inventario e dal prestare cauzione".
N. B. Il testamento è stato pubblicato dopo il decesso della moglie.
Detto questo le mie domande sono:
1 Possono i nipoti della moglie, attraverso l’istituto della trasmissione, agire per impugnare le disposizioni testamentarie?
2 La riscossione dei canoni di locazione da parte della moglie e di un suo nipote concretizza la tacita accettazione dell’eredità?
3 Noi, eredi testamentari, siamo liberi di vendere due immobili acquistati dal de cuius prima del matrimonio e pervenuti a noi per testamento e accatastati e volturati a nostro favore?
4 Quanto pervenuto al de cuius per successione legittima di una sorella a lui premorta resta nel patrimonio personale o entra nel suo asse ereditario?

Sicuro di esaustive risposte, cordialmente saluto”
Consulenza legale i 02/04/2019
Siamo di fronte in questo caso a un’ipotesi di successione testamentaria, in cui il de cuius, che non ha lasciato figli, ha inteso istituire eredi universali i propri nipoti, figli del fratello.
Alla moglie, invece, è stato attribuito l’usufrutto vitalizio su tutti i beni del marito: si tratta più precisamente di un legato in sostituzione di legittima, espressamente previsto dall’art. 551 del c.c.
Secondo Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 13868/2018, la disposizione testamentaria che attribuisca l’usufrutto generale - cioè su tutti i beni - del patrimonio del defunto è da qualificare come legato (in conto di legittima, se il testamento non dispone diversamente: nel nostro caso però il testamento parla espressamente di legato in sostituzione di legittima). Se, tuttavia, oltre a disporre l’usufrutto, il testatore effettui altre attribuzioni di porzioni del proprio patrimonio, l’usufruttuario deve essere qualificato come erede.
In definitiva, per stabilire quale sia la natura (istituzione di erede o legato) del lascito di usufrutto generale occorre esaminare con attenzione le disposizioni testamentarie nel loro complesso.
Stando a quanto riferito nel quesito, non vi sarebbero nel testamento altre attribuzioni patrimoniali in favore della moglie; pertanto la disposizione testamentaria in esame può essere qualificata come legato.
Altro dato di cui tenere conto è che il testamento è stato pubblicato dopo la morte della moglie.
Rispondiamo ora alle diverse domande nello stesso ordine in cui sono state formulate.
Rispetto alla prima questione sollevata, l’istituto della trasmissione, cui fa riferimento chi pone il quesito, è previsto dall’art. 479 del c.c., intitolato “trasmissione del diritto di accettazione”. In base a tale norma, se il chiamato all'eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi. Se questi ultimi non sono d'accordo per accettare o rinunciare, colui che accetta l'eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunciato.
Nel nostro caso, però, la trasmissione non è l’istituto cui fare riferimento, poiché occorre verificare non tanto se vi sia trasmissione del diritto di accettare l’eredità, quanto piuttosto l’eventuale diritto degli eredi della moglie ad impugnare le disposizioni testamentarie eventualmente ritenute lesive della quota di legittima.
Sul punto l’art. 557 del c.c. stabilisce che la riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima può essere chiesta anche dagli eredi dei legittimari. Secondo Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 26254/2008, infatti, il carattere personale dell'azione non incide sulla trasmissibilità del diritto ma esclusivamente sull'accertamento della lesione, che deve essere limitata alla quota di colui che agisce.
Pertanto, gli eredi della moglie del testatore potrebbero eventualmente impugnare il testamento, qualora ritenessero che vi sia stata una lesione della quota di legittima. Va sottolineato che, ai sensi dell’art. 649 del c.c. ed al contrario di quanto avviene per l’eredità, il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunciare.
In questo caso, tuttavia, occorre tenere presente che il testamento ha attribuito alla vedova un legato in sostituzione della legittima, per cui occorre far riferimento all’art. 551 c.c.
Tale norma prevede che, se a un legittimario è lasciato un legato in sostituzione della legittima, egli ha la facoltà di rinunciare al legato e chiedere la legittima. Se però preferisce conseguire il legato, allora perde il diritto di chiedere un supplemento, per l’ipotesi in cui il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede (a meno che il testatore abbia espressamente conferito al legittimario, la facoltà di chiedere il supplemento).
La rinuncia al legato richiede una forma ben precisa se questo ha per oggetto beni immobili: secondo Cass. Civ., SS.UU, sentenza n. 7098/2011, il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 del c.c., n. 5.
Rispetto alla seconda domanda, va premesso che, ai sensi dell’art. 476 del c.c., si può parlare di accettazione tacita dell’eredità quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare, e che egli non avrebbe il diritto di porre in essere se non nella qualità di erede.
In quest’ottica, la riscossione dei canoni di locazione relativi ad un bene ereditario ben può essere considerata accettazione tacita dell’eredità; sul punto, la Cassazione, Sez. II Civile, con sentenza n. 2743/2014, ha affermato che “la riscossione dei canoni di locazione di un bene ereditario, quale atto dispositivo e non meramente conservativo, integra accettazione tacita dell'eredità, ai sensi dell'art. 476 cod. civ.”.
Attenzione, però, perché in questo caso si pone un problema non di accettazione dell’eredità, ma di acquisto del legato: ora, secondo Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 26955/2008, in materia di diritti riservati ai legittimari, poiché il legato si acquista senza bisogno di accettazione, la semplice acquisizione, da parte del legittimario, dell'oggetto del legato in sostituzione della legittima non implica automatica manifestazione della sua preferenza per il legato, con conseguente perdita della facoltà di conseguire la legittima (allo stesso modo, peraltro, la proposizione dell'azione di riduzione non costituisce manifestazione chiara ed inequivoca della volontà di rinunciare al legato, essendo ipotizzabile un residuo duplice intento di conservare il legato e di conseguire la legittima).
Passando alla domanda di cui al punto 3, gli immobili acquistati dal de cuius prima del matrimonio possono al più essere esclusi dalla eventuale comunione dei beni con la moglie, ma cadono comunque nella successione. Anche su di essi gravava l’usufrutto legato alla moglie (che riguardava appunto tutti i beni del defunto), usufrutto che però si è estinto col decesso di quest’ultima. Pertanto, è possibile vendere la piena proprietà di detti immobili e non solo la nuda proprietà come avverrebbe in caso di esistenza di un diritto di usufrutto sugli stessi.
Infine, per rispondere alla domanda n. 4, è necessario chiarire un equivoco: tutto ciò che fa parte del “patrimonio personale” del defunto entra necessariamente nell’asse ereditario, in quanto alla sua morte deve essere trasmesso ad altri soggetti, in base alle ultime volontà espresse dal de cuius (se questi ha lasciato un testamento) oppure, in assenza di testamento, secondo i criteri stabiliti dalla legge. Pertanto anche i beni pervenuti nel patrimonio del de cuius per successione legittima della sorella devono ritenersi ricompresi nell’eredità del medesimo.

Stefano S. chiede
sabato 27/12/2014 - Sicilia
“Egregi avvocati, sono un erede testamentaria,nipote di zio paterno(testatore,senza figli). Vorrei sapere se la moglie poteva avvalersi dell'art.551 c.1° e dell'art.540 del codice civile sul seguente testamento pubblico. "Lego a mia moglie B.M., per metà, e ai miei nipoti F.M., figlio di mio fratello V., e F.M. e P.M., figli di mio fratello P., in ragione di un sesto ciascuno, la piena proprietà dei titoli di credito, del denaro e dei suoi rappresentativi di cui sarò proprietario al momento della mia morte. Lego alla predetta mia moglie B.M. il diritto di usufrutto,vita natural durante, su tutti i miei beni immobili e su tutti gli altri miei beni mobili, dispensandola dal prestare cauzione e dal fare inventario. Nella nuda proprietà di quanto legato in usufrutto a mia moglie, nomino eredi i predetti miei nipoti, in quote uguali fra loro. Per il caso di premorienza di detti miei moglie e nipoti, dispongo quanto segue. In caso di premorienza di mia moglie, le sostituisco i miei predetti nipoti, in quote uguali fra loro; in caso di premorienza di uno o più dei miei nipoti, sostituisco a chi mi premorirà i di lui figli che saranno nati o concepiti al momento della mia morte; nel caso in cui chi dei miei nipoti mi premorirà, dovesse essere senza figli, neanche concepiti, la sua quota si accrescerà agli altri nipoti o ai loro sostituti.". Da premettere che, tutti i beni, mio zio (testatore) li ha ereditati dai suoi genitori (i miei nonni).”
Consulenza legale i 27/12/2014
Quando il testatore lascia in legato alcuni suoi beni ad un soggetto che è anche legittimario (art. 536 del c.c.), il lascito può essere di due tipi:
1. Legato in sostituzione di legittima, art. 551 del c.c.: il legittimario-legatario può rinunziare al legato e chiedere la legittima; se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede. Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile: ma se il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario, per l'eccedenza il legato grava sulla disponibile.
2. Legato in conto di legittima (art. 552 del c.c.): il legittimario ha la facoltà di chiedere la differenza sulla quota a lui riservata.

Il codice civile non fornisce criteri per valutare se il legato sia del primo o del secondo tipo, pertanto nel corso degli anni la giurisprudenza ha elaborato alcuni principi in materia.
Innanzitutto, non occorrono formule sacramentali da parte del testatore per indicare che si tratta di un legato in sostituzione di legittima: è sufficiente la manifestazione di una non equivoca volontà di tacitare il legittimario per mezzo del legato. Si tratta di una indagine di fatto, lasciata al giudice di merito ed insindacabile da parte della Cassazione se correttamente motivata (v. tra le molte sentenza n. 16083/2005).
Anche Cass. civ., sez. I, 15.11.1982 n. 6098 spiega: "La ricorrenza di un legato in sostituzione di legittima, ai sensi e per gli effetti dell'art. 551 c.c., pur non richiedendo formule sacramentali, né un'espressa menzione del testatore sull'alternativa offerta fra conseguimento del legato stesso e richiesta della legittima, postula che, dal complessivo contenuto delle disposizioni testamentarie, risulti la chiara ed inequivocabile volontà del de cuius di tacitare il legittimario con l'attribuzione di determinati beni, precludendogli la possibilità di mantenere il legato e di attaccare le altre disposizioni per far valere la riserva, sicché, in difetto di tale volontà, il legato deve ritenersi in conto di legittima".
Alcune pronunci recenti hanno statuito: "Ai fini della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che risulti l'intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l'attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all'eredità; tale intenzione non richiede formule sacramentali, ma può desumersi dal complessivo contenuto dell'atto, in forza di un apprezzamento compiuto dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato" (Cass. civ., sez. II, 3.112014, n. 23371).

L’attribuzione di un legato in sostituzione di legittima costituisce di fatto un modo concesso al testatore di soddisfare le ragioni del legittimario senza chiamarlo all’eredità.
Per la Cassazione (sentenza n. 459/1990) nel legato in sostituzione di legittima l’attribuzione patrimoniale oggetto della disposizione testamentaria è caratterizzata dalla intenzione del testatore di soddisfare integralmente mediante la stessa i diritti di legittimario spettanti all’istituito.
Il legittimario che preferisca rinunziare al legato si ritrova ad essere un legittimario pretermesso (il testatore voleva garantirgli il legato e non già la quota dell’eredità): egli parteciperà alla comunione ereditaria solo dopo avere esperito e vinto l’azione di riduzione.

Nel caso di specie, la moglie del testatore, cui era stata legata la metà di tutti i titoli di credito e del denaro e l'usufrutto sui beni immobili del de cuius, di cui però erano stati nominati nudi proprietari i nipoti, ha rinunciato al legato per ottenere la legittima, che consiste nella metà del patrimonio del coniuge (art. 540 del c.c.). Ella avrebbe potuto far ciò solo se la disposizione testamentaria citata nel quesito si fosse potuta configurare come legato in sostituzione di legittima.

Ricordato che solo al giudice di merito spetta interpretare la suddetta disposizione testamentaria, è però possibile affermare che in effetti sembra che il testatore, nelle sue ultime volontà, abbia inteso soddisfare la moglie (legittimario) senza chiamarla all'eredità. Difatti, si legge una nomina ad "eredi" solo a favore dei nipoti ("Nella nuda proprietà di quanto legato in usufrutto a mia moglie, nomino eredi i predetti miei nipoti, in quote uguali fra loro"), mentre in riferimento alla moglie si parla solo di legato. Il testatore sembra aver voluto lasciare alla moglie ogni diritto di godimento sul suo patrimonio per tutta la durata della sua vita, trasferendone la nuda proprietà ai nipoti, probabilmente per ragioni anagrafiche. Ci sembra, insomma, che il testatore abbia voluto tacitare la moglie-legittimario con l'attribuzione di determinati beni, precludendole la possibilità di mantenere il legato e di attaccare le altre disposizioni per far valere la riserva.
Pertanto, si ritiene che l'interpretazione data dalla moglie alla disposizione testamentaria del marito, che vi ha letto un legato in sostituzione di legittima, sia verosimile e che di conseguenza ella, rinunziando al legato, avrebbe legittimamente potuto conseguire la sua quota legittima.

Cliente chiede
sabato 27/04/2024
“PREMESSA:
Sono figlia biologica riconosciuta tardivamente dal padre biologico presso l’anagrafe.
Lui ha sempre sostenuto di non sapere niente della mia esistenza. Cionostante, ancora prima di verificare mediante DNA, se lui fosse o no mio padre, i coniugi (la moglie non è mia madre) hanno convenuto di scegliere il regime di separazione di beni ed inoltre a breve distanza di giorni, il mio allora ancora presunto padre, ha fatto un atto di donazione alla moglie della nuda proprietà della quota di tutti suoi immobili , riservandosi l’usufrutto.
In seguito al suo decesso a settembre 2023 e alla pubblicazione del suo testamento, risulta che:
ha nominato la moglie erede universale, mentre, per me ha previsto unicamente quanto segue:

“a mia figlia OMISSIS in sostituzione di legittima, lego la quota di 1/3 della nuda proprietà di tutti gli immobili da me donati a mia moglie con contratto in data OMISSIS onerandola a trasferire la proprietà o a pagare il relativo controvalore.
I quesiti che pongo sono:
• La nuda proprietà per 1/3 citato nel testamento come deve intendersi, dato anche che gli immobili sono locati e quindi vi sono introiti da affitti. Per il momento io sono stata totalmente esclusa, dicendomi che non mi spetta niente. Non mi è chiaro se entrerò o no in possesso dei beni immobili, solo dopo il decesso della moglie oppure se ho diritto di possesso già da ora con relativa quota di introiti da locazione se accetto il legato?
• Inoltre, posso io chiedere di ricevere il relativo controvalore al posto degli immobili oppure questa scelta spetta unicamente alla moglie, sua erede universale?
• Qualora decidessi di rinunciare al legato, potrò avere diritto alla quota di legittima sulle donazioni, essendo esse state fatte, come suddetto, prima che mio padre sapesse della mia esistenza e in quale quota, per 1/3 come da testamento o per 1/2 , la moglie e io?
Vi ringrazio anticipatamente per la vostra cortese risposta.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 08/05/2024
La vicenda descritta nel quesito coinvolge diversi istituti giuridici disciplinati dal legislatore in materia di successioni e donazioni.
Innanzitutto occorre cercare di inquadrare giuridicamente la disposizione testamentaria per effetto della quale il de cuius ha voluto legare alla figlia, tardivamente riconosciuta ed in sostituzione della legittima, la quota di 1/3 della nuda proprietà di tutti gli immobili dallo stesso in precedenza donati al coniuge superstite, onerando quest’ultima al trasferimento della proprietà ovvero al pagamento del relativo controvalore.
Tale disposizione non fa altro che ricalcare il contenuto dell’art. 651 c.c., norma che fa salva la volontà del testatore anche nell’ipotesi in cui questi abbia disposto di un bene non proprio, a condizione che dal testamento stesso o anche da altra dichiarazione scritta risulti che “…questi sapeva che la cosa legata apparteneva all’onerato o al terzo…”.
In tal caso la disposizione non è nulla e l’onerato deve intendersi obbligato ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo ed a trasferirla al legatario, ciò che il testatore ha voluto espressamente precisare nel corpo della stessa scheda testamentaria.
Peraltro, come risulta dalla rubrica della norma, la cosa oggetto di legato può essere sia di proprietà dello stesso onerato (ipotesi ricorrente proprio nel caso di specie) che di un terzo.

Accertata la validità di tale disposizione, si può intanto rispondere alle prime domande che vengono poste.
Dato per ammesso che il coniuge superstite, nonché soggetto “onerato”, intenda trasferire alla figlia legataria la nuda proprietà di quel terzo indiviso (anziché avvalersi della facoltà di pagarne il relativo controvalore in denaro), il nudo proprietario non può vantare alcun diritto sui frutti che da tali beni si conseguono, essendo tale diritto riservato esclusivamente a colui che risulta titolare del diritto di usufrutto.
In tal senso depone chiaramente il primo comma dell’art. 984 del c.c., norma che riconosce all’usufruttuario, per tutta la durata del suo diritto, il potere di far propri i frutti naturali e civili che il bene è in grado di produrre.
Peraltro, il legatario, nella sua qualità di nudo proprietario, non potrà entrare in possesso di quei beni fin quando non si estinguerà il diritto di usufrutto.

Con successiva domanda si chiede di sapere se la scelta di conseguire la nuda proprietà del terzo o il relativo controvalore in denaro competa unicamente al soggetto onerato o possa anche essere esercitata dal legatario.
La risposta viene fornita dallo stesso testo dell’art. 651 c.c., dalla cui lettura si evince che tale facoltà è prevista unicamente per il caso di legato di cosa di un terzo, mentre se l’onerato ne ha già la proprietà al momento dell’apertura della successione (come accade nel caso di specie), lo stesso sarà tenuto a trasmetterla al legatario, mentre non avrà alcuna facoltà di pagaglierne il giusto prezzo.

Per questo secondo caso sia la dottrina che la giurisprudenza ammettono perfino la possibilità per il legatario di ottenere il trasferimento della cosa per mezzo di una sentenza costitutiva, ovvero facendo ricorso all’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 del c.c. (così Tribunale di Catania sent. 20.04.1994).
Quanto appena detto spiega la ragione per la quale il testatore ha voluto formulare in quel modo la disposizione testamentaria in esame, ossia riconoscendo in ogni caso all’onerato il diritto di effettuare la scelta, diritto che gli sarebbe stato precluso secondo la formulazione letterale dell’art. 651 c.c.
Ciò induce anche a dover dire che la scelta non potrà essere esercitata dal legatario, ma esclusivamente dall’onerato, in tal senso potendosi argomentare dal rilievo che tale legato viene così ad assumere la natura giuridica di un vero e proprio legato con facoltà alternativa (fattispecie diversa dal legato alternativo di cui all’art. 665 del c.c.)

Rimane da affrontare la questione della possibilità o meno per il legatario di rinunciare al legato e chiedere la legittima.
A tale domanda va data risposta positiva, in tal senso potendosi argomentare dal testo dell’art. 551 del c.c., il quale al primo comma riconosce espressamente al legittimario-beneficiario di un legato in sostituzione della legittima il diritto di rinunziare al legato e chiedere la legittima (si trova indubbiamente in tale posizione la figlia tardivamente riconosciuta).
Dovendosi fare applicazione delle regole dettate in tema di legato, si avrà che mentre l’accettazione del legato è a forma libera, in quanto trattasi di atto che rende definitivo un acquisto già verificatosi de iure (ad esempio, sarebbe sufficiente la pretesa alla consegna del bene), diversa è la situazione in caso di rinunzia.

Quest’ultima, infatti, da un lato deve avere forma scritta ai sensi del n. 5 dell’art. 1350 del c.c. se trattasi di legato immobiliare e dall’altro riconduce l’istituito nella condizione di erede legittimario pretermesso, il quale potrà come tale accettare l’eredità e partecipare alla comunione ereditaria solo dopo aver vittoriosamente esperito l’azione di riduzione, di cui peraltro la rinunzia è condizione.
In sede di esercizio dell’azione di riduzione, ai fini del calcolo della quota di riserva spettante al legittimario pretermesso, dovrà farsi applicazione del disposto di cui all’art. 556 del c.c., il quale impone che, ai fini della determinazione complessiva della massa ereditaria, occorre riunire al relictum il valore delle donazioni effettuate in vita dal defunto, detraendo eventuali debiti ereditari; sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre e conseguentemente la quota spettante a ciascuno dei legittimari superstiti, secondo le regole dettate dagli artt. 536 e ss. c.c.
In particolare, l’art. 542 c.c. dispone che in caso di concorso del coniuge con un solo figlio, a ciascuno di essi è riservato un terzo del patrimonio ereditario (dunque, alla fine ciò di cui ci si avvantaggia è di avere quel terzo, di cui il testatore ha disposto, in piena proprietà anziché per la sola nuda proprietà).

Si tenga presente che la rinunzia, in quanto esercizio di una mera facoltà, non è soggetta a prescrizione (fatto salvo il caso di decadenza dalla stessa ex art. 650 del c.c.), mentre è pur sempre soggetta a prescrizione l’azione di riduzione (di cui la rinunzia è condizione processuale), la quale dovrà essere iniziata entro il decennio dall’apertura della successione.


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