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Articolo 552 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Donazione e legati in conto di legittima

Dispositivo dell'art. 552 Codice Civile

Il legittimario [536 ss. c.c.] che rinunzia all'eredità [519 c.c.], quando non si ha rappresentazione [467 c.c.], può sulla disponibile ritenere le donazioni [769 ss. c.c.] o conseguire i legati a lui fatti(1) [521 c.c.]; ma quando non vi è stata espressa dispensa dall'imputazione [553, 564, 724 c.c.], se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre [553 ss. c.c.] le disposizioni testamentarie o le donazioni(2) [554 c.c.], restano salve le assegnazioni, fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l'eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a quest'ultimo(3).

Note

(1) Chi rinuncia all'eredità, può trattenere le donazioni e i legati fatti dal de cuius. Tali disposizioni vanno a gravare sulla disponibile, a meno che non vi sia stata la dispensa dall'imputazione di cui all'art. 564 del c.c..
Ove operi la rappresentazione, la norma in commento non opera in quanto l'eredità si devolve ai discendenti del rinunziante.
(2) Dalla rinuncia all'eredità del legittimario che trattenga le disposizioni a lui fatte a titolo di legato o donazione può conseguire una diminuzione della disponibile. Ciò può recare danno ad ulteriori beneficiati che non siano legittimari, i quali possono agire in riduzione sulle donazioni e i legati del legittimario rinunziante.
(3) Esempio: Tizio muore, lasciando due figli Caio (che ha ricevuto dal padre una donazione di 400) e Sempronio. Il de cuius, il cui patrimonio ereditario è pari a 900, dispone in favore dell'amica Mevia un lascito ereditario di 180.
Se Caio e Sempronio accettano l'eredità, al secondo spetta 300 (1/3 del relictum pari a 900), mentre Caio deve imputare alla porzione legittima spettantegli (300) quanto ricevuto in donazione (400) ai sensi dell'art. 564 c.c., sia nei confronti del coerede legittimario, sia in riferimento all'erede non legittimario contro il quale non può dunque agire in riduzione. Caio, dopo aver ritenuto 400 a titolo donativo, può conseguire ulteriori 20, mentre a Mevia spetta il residuo 180.
Diversamente accade qualora Caio rinunci all'eredità. La quota di disponibile è pari a 450 (ossia 1/2 del relictum di 900). Posto che su tale disponibile grava la donazione fatta a Caio (400), la disposizione in favore di Mevia (180) rischia di essere pregiudicata, essendo la disponibile pari a 50 (ossia la disponibile di 450 - la donazione fatta a Caio di 400). In presenza di tale situazione si applica la norma in commento: la donazione fatta al legittimario rinunziante viene ridotta per reintegrare l'erede non legittimario nella sua quota. Quindi la porzione di Mevia, pari a 180, viene così ricavata: 50 dalla disponibile ancora libera, gli ulteriori 130 dalla riduzione della donazione fatta a Caio. A questi spetta 270 (400 - 130), a Sempronio 450.

Ratio Legis

Viene tutelata la posizione degli eredi non legittimari, i cui lasciti gravano sulla disponibile, e rispettata, per quanto possibile, la volontà del testatore che, in assenza di dispensa dall'imputazione in favore del legittimario, presumibilmente voleva che le donazioni e i legati fatti a quest'ultimo gravassero sulla sua quota di legittima.

Spiegazione dell'art. 552 Codice Civile

Punto di partenza nella formulazione di questa norma è stato l’art. #1003# del codice precedente, secondo il quale il successibile che rinunziasse all’eredità, anche se legittimario, poteva sempre ritenere le liberalità a titolo particolare, fino alla concorrenza della disponibile, mentre, quando fosse legittimario, non poteva conseguire nulla a titolo di legittima: disposizione quest’ultima sistematicamente superflua, determinata però da una ragione storica.
Il sistema, per il quale il legittimario rinunziante poteva trattenere, fino a concorrenza della disponibile, le liberalità ricevute in conto di legittima e quindi soggette ad imputazione sulla medesima, apparve criticabile in quanto rendeva possibile ad arbitrio del legittimario rinunziante, in presenza di altri legittimari, un aumento della legittima, nella quale non potevano più calcolarsi le liberalità ricevute dal rinunziante e una diminuzione della disponibile. Di qui l’innovazione della norma in esame, effettuando la quale verosimilmente non si è considerato, di nuovo, che l'inconveniente veniva ad attenuarsi col sistema della legittima variabile.

La norma in esame stabilisce in principio che le donazioni e i legati, disposti a favore del legittimario che rinunzia all’eredità, siano imputati sulla disponibile. È da notare che vanno imputate sulla disponibile non solo le liberalità fatte "senza espressa dispensa dalla imputazione" (cioè in conto di legittima), ma anche, e anzi a maggior ragione, quelle fatte con espressa dispensa: solo che queste ultime non sono soggette alla speciale disciplina della seconda parte dell’articolo.

Per effetto dell’imputazione sulla disponibile delle liberalità ricevute dal rinunziante, gli altri legittimari conseguono per intero la legittima complessiva, per la cui determinazione però, nei casi in cui essa è variabile, il rinunziante non fa numero: tutto ciò a differenza di quanto accade nel caso di legato sostitutivo. Come correttivo del principio dell’imputazione sulla disponibile, la norma stabilisce tuttavia l’intangibilità delle assegnazioni fatte sulla disponibile che non sarebbero soggette a riduzione, se il legittimario avesse accettato l’eredità, e assoggetta, invece di quelle, a riduzione, per integrare la legittima degli altri legittimari, le liberalità ricevute dal legittimario rinunziante.
In tal modo si è creato un sistema che appare contraddittorio. Infatti, le liberalità fatte al legittimario rinunziante, in sostanza, vengono al tempo stesso imputate sulla disponibile, per non intaccare la legittima degli altri legittimari, prescindendo da una loro funzione vicaria della legittima, e imputate sulla legittima, in considerazione di quella pretesa funzione, per non intaccare la disponibile.

Un esempio servirà a chiarire la portata della norma: asse 90, legittimari 3 figli, legittima 60 (due terzi dell’asse), disponibile 30. Il de cuius dona a un figlio 20 e, successivamente, altri 20 a un estraneo. Se il figlio donatario rinunzia all’eredità, la quota spettante a ciascuno degli altri due figli è di 30. Imputando la donazione fatta al figlio sulla disponibile, la seconda donazione dovrebbe essere ridotta di 10; imputandola sulla legittima, non occorrerebbe riduzione, perché la quota legittima individuale degli altri sarebbe di 20. Con questo sistema la legittima complessiva dei due figli resta di 60, ma l'integrazione della legittima avviene, invece che a carico della donazione posteriore fatta all’estraneo, secondo la regola generale, a carico della donazione anteriore fatta al figlio rinunziante, la quale sarà pertanto ridotta dì 10. Così il figlio rinunziante, che avrebbe avuto diritto ad una legittima di 20, non può trattenere la donazione ricevuta che non eccede la disponibile ed è di valore corrispondente a quello della sua legittima, ma deve restituire 10 ai suoi fratelli.

Non si riesce a vedere, malgrado il faticoso tentativo di giustificazione contenuto nella relazione del Guardasigilli, la ragione per cui il legittimario rinunziante, soltanto perché legittimario, debba subire questa specie di pena per la sua rinunzia. Meno ancora si spiega che si sia regolata in due maniere diverse la stessa ipotesi; infatti, tanto nel caso di accettazione del legato sostitutivo di legittima come nel caso ora in esame, l’ipotesi è per il legislatore sempre quella di un legittimario che ha ricevuto liberalità particolari a titolo di legittima e non viene, per volontà sua, all’eredità: nessuna giustificazione può darsi della differenza, per cui nel primo caso è stabilita l’imputazione delle liberalità sulla legittima per l’eccedente sulla disponibile, e nell'altro la curiosa duplice imputazione di cui si è detto, a tutto scapito del legittimario rinunziante.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

270 Un problema, che ho ripreso in esame, è quello della sorte delle donazioni e dei legati in conto di legittima nell'ipotesi di rinunzia del beneficiato. Com'è noto, il codice del 1865 disponeva al riguardo che il rinunziante può ritenere la donazione o domandare il legato fino a concorrenza della porzione disponibile, mentre non può ritenere o conseguire nulla a titolo di legittima. La norma, testualmente riprodotta nell'art. 338 del progetto preliminare, venne soppressa nel progetto definitivo perché ritenuta superflua, in quanto nel nuovo sistema non è erede chi non accetta e solo l'erede è tenuto alla collazione e ha diritto alla legittima. L'esattezza di questo principio per quanto concerne diritto alla legittima non è stata contestata. Tuttavia è stata espressa l'opinione che fosse preferibile ripristinare la disposizione relativa all'esonero dalla collazione da parte del rinunziante, per evitare il dubbio che egli possa ritenere la donazione o domandare il legato anche oltre il limite della quota disponibile. Tale proposta mi ha indotto a riesaminare l'opportunità di superare la soluzione tradizionale del problema, la quale è stata criticata quasi unanimemente dalla dottrina. E' stato invero osservato che le conseguenze pratiche, a cui si perviene nell'applicazione della norma dell'art. 1003 del vecchio codice, sono spesso contrarie alla previdenza e alla volontà del padre di famiglia che abbia fatto delle assegnazioni in anticipazione di eredità. Infatti, la rinunzia alla successione da parte di un figlio che sia stato beneficato con una donazione in conto di legittima, fa aumentare la quota di legittima degli altri tigli e quindi può importare la riduzione di liberalità fatte dal de cuius a titolo di disponibile, che non sarebbero state soggette a riduzione se il legittimario avesse accettato. Ho riconosciuto pienamente fondati questi rilievi e quindi ho ritenuto necessario ricercare una diversa soluzione, che contemperasse i seguenti fondamentali principi: a) il rispetto della volontà del de cuius, che, facendo la donazione in conto di legittima, non intendeva né precludersi la possibilità di attribuire a suo piacimento la disponibile, alterare la situazione degli altri legittimari; b) il principio che il rinunziante non deve ritenere nulla a titolo di legittima; c) il principio per il quale, poiché il rinunziante è considerato estraneo all'eredità, gli altri legittimali devono assorbire l'intera legittima; d) l'esigenza che gli eventuali beneficiari della disponibile non siano alla mercé del rinunziante. Un sistema possibile sarebbe stato quello di far gravare le donazioni o i legati in conto di legittima sulla porzione indisponibile; ma tale sistema mi è sembrato incongruo, perché avrebbe procurato al rinunziante una posizione eccessivamente vantaggiosa. Questi, infatti, avrebbe potuto trattenere la legittima e l'eccedenza sulla disponibile, mentre secondo la regola del codice del 1865 non può trattenere nulla a titolo di legittima. Un altro sistema, che mi sono prospettato, è quello di disporre la risoluzione di qualunque donazione o legato in conto di legittima, per la parte corrispondente alla legittima; ma ho dovuto scartare anche questa soluzione perché essa presenterebbe l'inconveniente di rescindere a distanza di tempo atti di liberalità fatti nell'ambito familiare, in contrasto con la presumibile volontà del disponente. Sono venuto quindi nella determinazione di adottare un quarto sistema, secondo il quale il legittimarlo rinunziante può trattenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti, sulla porzione disponibile, purché però non pregiudichi le assegnazioni fatte dal testatore sulla disponibile che non sarebbero state soggette a riduzione se il legittimario fosse venuto alla successione. Pertanto, se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario procedere a riduzione di disposizioni testamentarie o di donazioni, restano salve le assegnazioni che il de cuius ha fatte sulla disponibile e che non sarebbero state attaccate se il rinunziante fosse venuto alla successione; si riducono invece le donazioni e i legati fatti ad esso rinunziante. In sostanza, si modifica l'ordine nel quale deve essere proposta l'azione di riduzione da parte dei legittimati accettanti, i quali debbono rivolgersi contro il rinunziante, rispettando le altre assegnazioni sulla disponibile. Non mi sembra contestabile l'equità di questa soluzione, che tiene nel dovuto conto le varie esigenze alle quali dianzi ho fatto cenno.

Massime relative all'art. 552 Codice Civile

Cass. civ. n. 11737/2013

In tema di successione ereditaria, la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni non è idonea a sottrarre allo stesso la quota di riserva, garantita dalla legge anche contro la volontà del de cuius; né tale dichiarazione può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale opponibile al legittimario, essendo egli, nell'azione di riduzione, terzo rispetto al testatore.

Cass. civ. n. 2161/1971

L'esistenza di una donazione, a titolo di legittima di «anticipo» sulla disponibile, non esclude la possibilità per l'erede legittimo di conseguire in tutto o in parte il residuo patrimonio del de cuius. (Nella specie, si assumeva che con la donazione fatta dal de cuius al figlio dovevano intendersi soddisfatti tutti i diritti successori di questo sull'eredità paterna).

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Consulenze legali
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Enrico B. chiede
giovedì 12/04/2018 - Liguria
“In un atto di donazione di un immobile stipulato dai miei genitori risulto titolare del diritto di abitazione e la nuda proprietà è divisa in parti uguali tra mio figlio e mia sorella.
Risulto quindi " legato", ma non è stato specificato "in sostituzione della legittima".
Si deve quindi intendere che sono "legato in conto di legittima"?
In questo caso, nel momento che si aprirebbe la successione, potrebbero i miei creditori o il curatore fallimentare, chiedere la restituzione per la parte residuale tra il valore del diritto di abitazione e la quota di legittima?”
Consulenza legale i 19/04/2018
Anche le donazioni possono essere disposte, come i legati, “in conto di legittima” e ciò ai sensi di cui all’art. 552 c.c.
In mancanza, infatti, di espressa volontà contraria del disponente – e così già si risponde al quesito – le donazioni rappresentano sempre un acconto sulla legittima, sulla quale finiranno per gravare, quando si apre la successionesuccessione, in virtù della collazione ereditaria.
Quest’ultima è un’operazione per effetto della quale i chiamati all’eredità devono conferire nel patrimonio ereditario quanto ricevuto in vita a titolo di donazione dal defunto, salvo espressa dispensa di quest’ultimo (fatta in un testamento, s’intende).
Questo anche al fine di definire con precisione le quote di legittima, che non possono - com'è noto - essere intaccate.

A differenza del corrispondente istituto che interessa i legati, la “donazione in sostituzione di legittima” propriamente non esiste: esisterà, eventualmente - nel caso di testamento successivo alla donazione – una dichiarazione del testatore che dispensa quel donatario dalla collazione.

Ciò detto, se nel caso di specie non c’è stata/non ci sarà dispensa dalla collazione, il donatario di cui al quesito dovrà tenere conto della ricevuta donazione in sede di apertura della successione ai fini del calcolo della sua quota di legittima.

Per quanto riguarda, invece, la seconda domanda, in realtà non è molto chiara: in effetti il diritto alla legittima in ambito successorio (più precisamente testamentario) ed il diritto di credito dei terzi sono due cose completamente diverse.
L’intangibilità della legittima rileva solo e soltanto ai fini della determinazione del patrimonio ereditario da dividere tra i chiamati all’eredità ed ai fini della formazione delle quote spettanti ad ognuno.
Una volta, però, che le quote siano state calcolate ed assegnate ai vari soggetti interessati, i quali peraltro devono aver accettato l’eredità, quanto lasciato da de cuius sarà entrato definitivamente a far parte del patrimonio dei singoli eredi e a quel punto i creditori potranno soddisfarsi su quest’ultimo, senza distinzione tra quanto c’era già prima e quanto pervenuto all’erede come quota di legittima.

Pertanto, per concludere, i creditori o il curatore fallimentare – quando si sarà aperta la successione (e, lo si ricorda, quando sarà stata accettata l’eredità) - potranno agire per intero sul patrimonio dell’erede, anche per la parte a quest’ultimo pervenuta dai defunti genitori come quota di legittima.