La dichiarazione(1) del creditore di rimettere il debito estingue l'obbligazione quando è comunicata al debitore(2) salvo che questi dichiari in un congruo termine(3) di non volerne approfittare(4)(5).
La dichiarazione(1) del creditore di rimettere il debito estingue l'obbligazione quando è comunicata al debitore(2) salvo che questi dichiari in un congruo termine(3) di non volerne approfittare(4)(5).
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 23404/2022
In tema di successioni, il legato di "liberazione da debito" di cui all'art. 658, comma 1, c.c. (c.d. "legatum liberationis"), attribuendo al legatario il diritto di credito vantato nei suoi confronti dal testatore, comporta l'estinzione dell'obbligazione per confusione in quanto determina la riunione, nella stessa persona, della qualità di creditore e di debitore, pur distinguendosi dalla fattispecie della remissione ex art. 1236 c.c., in quanto, essendo una disposizione liberale a titolo particolare in favore del debitore e configurandosi come negozio unilaterale non recettizio, produce l'effetto della liberazione del legatario immediatamente all'apertura della successione. Tale efficacia viene, tuttavia, meno con effetto "ex nunc" nei confronti del legittimario che abbia ottenuto la riduzione della disposizione testamentaria che lo contiene, con la conseguenza che il credito del testatore verso il legatario, venendo meno l'effetto estintivo, può essere incluso nella porzione della divisione assegnata per soddisfare il legittimario vittorioso.Cass. civ. n. 36636/2021
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco e un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo se è privo di alcun'altra giustificazione razionale; ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio possa fondarsi su altra causa, diversa dalla volontà della società di rinunciare al credito.Cass. civ. n. 1724/2021
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco; un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo quando non possa avere alcuna altra giustificazione razionale, se non quella di rimettere al debitore la sua obbligazione. Ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio altra causa non potesse avere, se non la volontà della società di rinunciare a quel credito.Cass. civ. n. 28439/2020
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco e un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo se è privo di alcun'altra giustificazione razionale; ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio possa fondarsi su altra causa, diversa dalla volontà della società di rinunciare al credito. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che aveva escluso che la mera omissione dell'indicazione d'un credito nel bilancio finale di liquidazione potesse ritenersi indice certo della volontà di rinunciarvi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 13/02/2017).Cass. civ. n. 10293/2007
In tema di remissione del debito, il carattere neutro della causa remissoria, secondo la previsione tipica dell'art. 1236 c.c., comporta che la relativa ricostruzione è devoluta alla cognizione esclusiva del giudice di merito, perché si fonda sulla valutazione di elementi fattuali. Ne consegue che, in difetto di specifiche censure, diverse dalla semplice contrapposizione di una lettura diversa da quella data dal giudice di merito, va confermata la sentenza che abbia qualificato come remissione di debito a titolo gratuito, come tale inefficace nei confronti del fallimento, la lettera con cui il creditore fallito abbia dispensato il debitore dal pagamento del saldo della cessione di azienda.Cass. civ. n. 11749/2006
La remissione del debito non richiede una forma solenne, in difetto di un'espressa previsione normativa, e può quindi essere desunta anche da una manifestazione tacita di volontà o da un comportamento concludente, purché siano tali da manifestare in modo univoco la volontà abdicativa del creditore, in quanto risultino da circostanze logicamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.Cass. civ. n. 13169/2000
La natura negoziale della remissione, quale atto abdicativo, esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti da questa fissati, ossia che l'estinzione si verifichi solo se ed in quanto voluta dal creditore. La volontà di remissione presuppone dunque anche, ed in primo luogo, la consapevolezza dell'esistenza del debito da parte del creditore, non potendo configurasi la remissione di un debito che lo stesso remittente reputasse, a torto o a ragione, inesistente. La remissione del debito, pur non potendosi presumere, può tuttavia ricavarsi da una manifestazione tacita di volontà, ma in tal caso è indispensabile che la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.Cass. civ. n. 2921/1995
In tema di remissione del debito, il carattere neutro della causa remissoria, secondo la previsione tipica dell'art. 1236 c.c., rende conciliabile la figura con un particolare assetto di interessi di più ampia portata perseguito pattiziamente dal creditore e dal debitore del rapporto, in cui la remissione si inserisca, e ciò indipendentemente da qualsiasi ipotesi transattiva. In tale configurazione, sia che l'atto remissorio si inserisca in una trattativa in corso, sia che attenga, come componente, ad un contratto concluso, nulla preclude al remittente di condizionare sospensivamente l'efficacia estintiva del rapporto obbligatorio originario o alla conclusione del contratto o alla realizzazione dell'esecuzione del contratto stesso in tutte le sue componenti.Cass. civ. n. 2021/1995
Nell'ambito dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento, mentre l'accordo remissorio, diretto ad estinguere il debito verso il pagamento, da parte del debitore, di una quota di esso, costituendo un tipico negozio a struttura bilaterale (o plurilaterale), si perfeziona con il consenso manifestato da entrambe le parti, la remissione del debito, ai sensi dell'art. 1236 c.c., è strutturata quale negozio unilaterale recettizio relativamente al quale la dichiarazione a parte creditoris si presume accettata dal debitore, e diventa pertanto operativa dei suoi tipici effetti estintivi dal momento in cui la comunicazione perviene a conoscenza della persona alla quale è destinata (art. 1334 c.c.), a meno che questa, avuto conoscenza della manifesta volontà remissiva, non dichiari entro un proprio termine di ricusarla e, quindi, di non volerne profittare.Cass. civ. n. 5646/1994
La remissione del debito, pur non richiedendo forma solenne e formule particolari, deve peraltro contenere la inequivoca manifestazione di volontà del creditore volta alla rinuncia della prestazione. Pertanto, in mancanza di una manifestazione espressa, non è possibile ravvisare tale volontà nell'assunzione dell'obbligo di restituzione del titolo, se non accompagnata dalla effettiva restituzione, posto che una simile obbligazione potrebbe integrare anche un mero pactum de non petendo, comportante soltanto rinuncia ad azionare il titolo in giudizio, ma non rinuncia estintiva della obbligazione di pagamento.Cass. civ. n. 5260/1983
La remissione del debito — la quale, oltre che parziale, ben può essere condizionata — costituisce un negozio unilaterale recettizio, neutro quoad causam (con conseguente irrilevanza dell'assenza di vantaggi per il creditore) e non soggetto a particolari requisiti di forma nemmeno ad probationem, i cui effetti non possono essere disconosciuti dal creditore, ai sensi dell'art. 1236 c.c., una volta manifestato l'intento abdicativo al debitore, il quale soltanto può paralizzare l'efficacia di tale negozio, ovvero determinarne la risoluzione per l'avverarsi di una conditio iuris, mediante la tempestiva opposizione prevista dall'ultima parte della norma citata.Cass. civ. n. 4090/1978
La remissione di debito ben può avere ad oggetto una parte soltanto del debito stesso, ovvero, in un rapporto obbligatorio continuativo, alcune partite residue, incerte o contestate. L'accertamento circa l'estensione della remissione spetta al giudice del merito, ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. Poiché l'errore è causa di annullamento del contratto solo se riconoscibile dall'altra parte, non può essere annullata la remissione del debito per errore del creditore remittente, ove il giudice del merito accerti che l'errore stesso è stato causato dal modo di tenuta della contabilità del creditore, sì che il debitore non poteva venirne a conoscenza.Cass. civ. n. 3559/1976
La tipica remissione del debito, di cui all'art. 1236 c.c., è un negozio unilaterale recettizio, il cui effetto si verifica in conseguenza della sola comunicazione al debitore; l'accettazione del debitore ha, nella fattispecie, il semplice effetto di rendere irrevocabile il negozio. Una volta intervenuta, in difetto di accettazione, la remissione diviene definitiva ed irrevocabile col decorso del congruo termine, previsto nella norma citata per la dichiarazione del debitore di non volerne profittare. Per la validità della remissione del debito non è richiesto l'animus donandi del remittente.Cass. civ. n. 1100/1974
La remissione di debito, pur non richiedendo formule sacramentali, deve consistere nella dichiarazione recettizia del creditore, comunicata al debitore, di rinunziare alla prestazione da questo dovutagli. Non può considerarsi valida remissione del debito degli interessi l'espressione «senza interessi» contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo riguardante il capitale, se il ricorso sia sottoscritto dal solo procuratore ad litem, che trae i suoi poteri da un separato mandato a compiere l'atto processuale e non a rinunziare parzialmente alla pretesa sostanziale.Cass. civ. n. 1752/1972
La remissione del debito può essere anche tacita, ma deve in tal caso risultare da un comportamento che manifesta in modo univoco la volontà di rinunziare al credito. La remissione della querela in sede penale non può mai, da sola, integrare tale univoca manifestazione di volontà, perché non esprime niente di più della volontà di revocare quella domanda di punizione in essa contenuta.Cass. civ. n. 1322/1969
L'accordo remissorio diretto ad estinguere il debito verso pagamento da parte del debitore di una quota di esso si perfeziona col consenso manifestato dalle parti (laddove la dichiarazione unilaterale di remissione si presume accettata soltanto se in congruo termine il debitore non dichiari di ricusarla). Pertanto, qualora sia concluso a mezzo di mandatario del creditore nessun effetto può attribuirsi alla successiva revoca del mandato anche se intervenuta prima dell'esecuzione (consegna materiale dei titoli) del negozio.
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