Cass. civ. n. 7682/2023
La scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito che, come tale, abbia un carattere meramente ricognitivo di un situazione debitoria certa, non avendo per oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d'uso.
Cass. civ. n. 32787/2022
L'espromissione si distingue dalla promessa di pagamento, disciplinata dall'art 1988 c.c., in quanto, mentre quest'ultima si colloca fra i negozi unilaterali, la prima integra un contratto, caratterizzato dall'incontro delle volonta di chi si pone come nuovo debitore (accanto, e talora al posto, del debitore originario) e chi lo accetta come tale.
Cass. civ. n. 2091/2022
La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell'art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", comportante una semplice "relevatio ab onere probandi" per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e che, oltre ad essere preesistente, può anche nascere contemporaneamente alla dichiarazione di promessa (o trovarsi "in itinere" al momento di questa), ma della cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento.
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In tema di ricognizione di debito, ove l'atto ricognitivo provenga da una pubblica amministrazione, lo stesso richiede la forma scritta "ad substantiam" e la prova della sua esistenza e del suo contenuto non può essere fornita né attraverso la confessione, né mediante la testimonianza.
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Allorquando l'atto di riconoscimento di un debito provenga da una pubblica amministrazione, l'adempimento della trasmissione dell'atto scritto di ricognizione alla Procura regionale della Corte dei Conti, prescritto dall'art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002 per le pubbliche amministrazioni nei casi ivi disciplinati, integra un requisito formale e procedimentale della ricognizione di debito, che ne condiziona la validità e l'efficacia e di cui va tratta necessaria evidenza dal documento stesso, in quanto vincolato alla forma scritta, in ordine sia alla previsione dell'invio alla competente Procura regionale della Corte dei Conti che al tempestivo adempimento dell'onere stesso. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la corte d'appello aveva ritenuto, in una fattispecie di cessione del credito, che fosse onere della debitrice ceduta provare il mancato adempimento della trasmissione ex art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002, invocando anche il principio di vicinanza della prova, e non, invece, che fosse onere della creditrice cessionaria documentare di avere agito in giudizio sulla scorta di un atto connotato dalla ricorrenza dei requisiti formali e procedimentali richiesti, nella specie, per potersi avvalere della ricognizione di debito "titolata" o, in mancanza, provare il rapporto fondamentale.
Cass. civ. n. 2431/2020
La ricognizione di debito avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del suo autore è opponibile alla massa dei creditori, in quanto deve presumersi l'esistenza del rapporto fondamentale, salva la prova - il cui onere grava sul curatore fallimentare - della sua inesistenza o invalidità.
Cass. civ. n. 731/2020
Il mero possessore di un assegno bancario, il quale non risulti prenditore o giratario dello stesso (nella specie, mancante dell'indicazione del beneficiario), non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l'assegno sia a lui pervenuto abusivamente; né l'assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., atteso che l'inversione dell'onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all'ordine (privo del valore cartolare), non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore.
Cass. civ. n. 31879/2019
In materia di titoli di credito, il mero possessore di un assegno bancario che non risulti né prenditore né giratario dello stesso non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, né l'assegno può valere come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., la quale richiede la certezza del destinatario del titolo, non desumibile dalla mera apposizione della firma del prenditore nella cd. "girata in bianco"; ne consegue che, al fine di fondare l'azione causale, il giratario che invochi la "girata in bianco" è tenuto a fornire la prova che il girante intese trasmettergli i diritti portati dall'assegno (cd. "intentio"), generalmente individuabile nella materiale "traditio" (o in altra modalità di trasmissione del titolo), purché questa sia coerente con la suddetta intenzione e non viziata.
Cass. civ. n. 14773/2019
La rinuncia al vantaggio della dispensa dell'onere della prova del rapporto fondamentale, derivante dall'effetto di astrazione processuale prodotto dalla promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c., può essere anche implicita, ma richiede una inequivoca manifestazione della volontà abdicativa, la quale è configurabile quando il beneficiario, nell'azionare il credito, deduca, oltre alla promessa di pagamento, il rapporto ad essa sottostante chiedendo "sua sponte" di provarlo, e non anche quando lo stesso promissario formuli tale richiesta istruttoria per reagire alle eccezioni del promittente.
Cass. civ. n. 10215/2019
In tema di insinuazione allo stato passivo, la ricognizione di debito avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del suo autore, non determina la presunzione dell'esistenza del rapporto fondamentale, trattandosi di documento liberamente apprezzabile dal giudice al pari di quanto avviene per la confessione stragiudiziale resa ad un terzo, qual'è il curatore fallimentare (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio il decreto del tribunale che aveva ammesso al concorso il credito vantato dalla banca, sulla base del riconoscimento di debito contenuto in una scrittura privata autenticata sottoscritta dal correntista prima dell'apertura del suo fallimento).
Cass. civ. n. 28094/2018
Dal curatore del fallimento non può provenire l'effetto dell'inversione della prova di cui all'art. 1988 c.c. ("la promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale"), in quanto il riconoscimento di un debito "deve pur sempre provenire da un soggetto legittimato sotto il profilo sostanziale a disporre del patrimonio sul quale incide l'obbligazione dichiarata, trattandosi di atto avente carattere negoziale". La dichiarazione rilasciata dal soggetto poi fallito non può comunque assumere, nell'ambito dei giudizi relativi allo stato passivo, l'efficacia della confessione stragiudiziale di cui all'art. 2735 c.c., posto che il curatore "rappresenta la massa dei creditori e non il fallito"; nè può essere messo in dubbio che il principio così espresso venga a valere anche per la figura del riconoscimento di debito e in relazione all'inversione dell'onere della prova disposta dalla norma dell'art. 1988 c.c.
Cass. civ. n. 20899/2018
La rinuncia al vantaggio della dispensa dall'onere della prova del rapporto fondamentale, derivante dall'effetto di astrazione processuale prodotto dalla promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c., può essere anche implicita, ma richiede un'inequivoca manifestazione della volontà abdicativa, la quale è configurabile quando il beneficiario, nell'azionare il credito, deduca, oltre alla promessa di pagamento, il rapporto ad essa sottostante chiedendo "sua sponte" di provarlo, e non anche quando lo stesso promissario formuli tale richiesta istruttoria per reagire alle eccezioni del promittente.
Cass. civ. n. 26334/2016
La ricognizione del debito, prevista dall’art. 1988 c.c., costituisce una dichiarazione unilaterale recettizia che, in virtù di astrazione meramente processuale, esonera dall’onere di provare il rapporto fondamentale soltanto il soggetto al quale è stata indirizzata, a meno che non contenga l’indicazione della “causa debendi”: in tal caso, anche il cessionario del credito, quale successore a titolo particolare nel rapporto obbligatorio oggetto della scrittura ricognitiva, può avvalersi della presunzione correlata alla sua sottoscrizione.
Cass. civ. n. 20689/2016
La ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", da cui deriva una semplice "relevatio ab onere probandi" che dispensa il destinatario della dichiarazione dall'onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, venendo, così, meno ogni effetto vincolante della ricognizione stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento.
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La ricognizione di debito può offrire elementi di prova anche nei confronti di un soggetto diverso da quello dal quale proviene ove contenga un espresso riferimento al rapporto fondamentale, del quale il primo sia parte, nonché la menzione di fatti da cui possa evincersi, in concorso con altri elementi istruttori, la dimostrazione della pretesa azionata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata laddove aveva condannato la debitrice della banca controricorrente avvalendosi, oltre che dei contratti di conto corrente tra esse intercorsi, recanti pure l'indicazione del pattuito tasso di interessi per la disponibilità accordata, e delle fideiussioni rilasciate in favore della creditrice, di due lettere ricognitive di debito provenienti dalle garanti e da cui aveva desunto l'ammontare del debito residuo).
Cass. civ. n. 19803/2016
La cambiale può essere utilizzata anche come titolo recante una promessa di pagamento riconducibile alla previsione dell'art. 1988 c.c., ed in tal caso è idonea ad integrare la prova scritta del credito derivante dal rapporto sottostante (nella specie, un contratto di mutuo chirografario) tra il traente ed il prenditore della stessa.
Cass. civ. n. 14993/2016
La ricognizione di debito, come qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale, può risultare anche da un comportamento tacito, purché inequivoco, tale essendo il contegno che nessuno terrebbe se non al fine di riconoscersi debitore, e senza altro scopo se non quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ravvisato rinuncia ad avvalersi dell'eccezione di reticenza dell'assicurato, e con essa tacita ricognizione di debito nei suoi confronti, nel comportamento dell'assicuratore contro i danni che si era limitata a far visitare da un medico legale l'assicurato).
Cass. civ. n. 3184/2016
L'accettazione della cessione del credito da parte del debitore ceduto non costituisce ricognizione tacita del debito, trattandosi di una dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale, sicché, il ceduto non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario, se non contesta il credito, pur se edotto della cessione, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché, per assumere tale significato, occorre un'intesa tra le parti negoziali cui il ceduto è estraneo.
Cass. civ. n. 24710/2015
La ricognizione di debito ha natura di negozio unilaterale recettizio, sicché il suo effetto si verifica solo se la dichiarazione sia indirizzata alla persona del creditore; non ha, pertanto, tale valenza l'atto interno dell'organo di una P.A. (nella specie, la delibera di una giunta comunale) non investito della rappresentanza legale dell'ente.
Cass. civ. n. 22186/2014
La firma apposta dall'avallante ad una cambiale dà luogo esclusivamente ad una obbligazione cartolare, in quanto la promessa di pagamento insita nella sottoscrizione della cambiale sussiste esclusivamente nei rapporti tra emittente e prenditore o fra girante ed il suo immediato giratario, onde solo nell'ambito di tali rapporti opera l'inversione dell'onere della prova di cui all'art. 1988 cod. civ., non anche nei rapporti tra avallante e avallato.
Cass. civ. n. 17193/2014
Nel caso di assegno con clausola di intrasferibilità, e girato in bianco, il giratario può far valere la girata come promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ., ove provi che il girante abbia inteso trasmettergli i diritti provenienti dal titolo e, quindi, dimostri la materiale "traditio" oppure altra modalità di trasmissione coerente con l'intento del girante.
Cass. civ. n. 13243/2014
La dichiarazione "provvederò" o altra simile, resa dal trattario di una cambiale tratta non accettata al notaio o al pubblico ufficiale che procede al protesto e che la riproduce nell'atto pubblico di protesto, non ha natura di negozio cambiario né efficacia di accettazione della cambiale tratta, essendo priva della forma richiesta, nonché contenuta in un atto distinto dal titolo cambiario anche se collegato a quest'ultimo attraverso il foglio di allungamento; essa, tuttavia, ha valore di promessa di pagamento o di riconoscimento di debito ex art. 1988 cod. civ., ed è idonea ad obbligare il dichiarante, salvo che questi non provi il difetto di causa.
Cass. civ. n. 21098/2013
La promessa di pagamento ha il solo effetto di sollevare il promissario dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e deve essere, oltre che esistente, valido. Ne consegue che essa è priva di effetti se si accerti giudizialmente che il rapporto non è sorto, è invalido o si è estinto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di accoglimento di opposizione a decreto ingiuntivo, la cui prova scritta era costituita da un assegno bancario risultato emesso per coprire interessi usurari su una somma oggetto di mutuo, accertando, pertanto, che il rapporto sottostante alla promessa di pagamento era nullo per illiceità della causa, in ragione del combinato disposto degli artt.1321 e 1343 cod. civ.).
Cass. civ. n. 15688/2013
In materia di titoli di credito, il mero possessore di un assegno bancario che non risulti né prenditore né giratario dello stesso (nella specie, sul titolo mancava l'indicazione del beneficiario) non é legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l'assegno sia a lui pervenuto abusivamente. Né l'assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., atteso che l'inversione dell'onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all'ordine (privo del valore cartolare), non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore.
Cass. civ. n. 13689/2012
La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, comporta la presunzione fino a prova contraria del rapporto fondamentale, differenziandosi dalla confessione,che ha per oggetto l'ammissione di fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli all'altra parte; ne consegue che una promessa di pagamento, ancorché titolata, non ha natura confessoria, sicché il promittente può dimostrare l'inesistenza della causa e la nullità della stessa promessa, e che le particolari limitazioni di prova, poste per la confessione dall'art. 2732 c.c., possono trovare applicazione soltanto ove, nello stesso documento, coesistano una promessa di pagamento (o una ricognizione di un debito) e la confessione.
Cass. civ. n. 6473/2012
La ricognizione di debito e la promessa di pagamento, pur non avendo natura giuridica di confessione, consistendo la prima in una dichiarazione di scienza e la seconda in una dichiarazione di volontà, devono comunque provenire da soggetto legittimato dal punto di vista sostanziale a disporre del patrimonio su cui incide l'obbligazione dichiarata; ne consegue che, con riferimento ad un ente collettivo, non può aversi una promessa unilaterale proveniente da persona non munita dei relativi poteri rappresentativi. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto valore di ricognizione di debito fatta da una società di capitali ad un assegno bancario emesso da soggetto cui risultava, già in data anteriore all'emissione, revocata la delega ad operare sul conto corrente intestato alla stessa società).
Cass. civ. n. 2104/2012
Il riconoscimento e la ricognizione di debito, che ai sensi dell'art. 1988 c.c. costituiscono dichiarazione unilaterale recettizia, non rappresentano una fonte autonoma di obbligazione, ma hanno soltanto un effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale. Pertanto, affinché la dichiarazione unilaterale, con la quale ci si riconosca debitori, possa spiegare i suoi effetti, è necessario che sia rimessa direttamente dall'obbligato al creditore, senza intermediazioni e vi sia lo specifico intento del primo di costituirsi debitore del secondo, da ciò conseguendo la sua efficacia nel momento in cui venga a conoscenza del promissario la volontà del mittente di obbligarsi nei suoi confronti. Ne deriva che nessuna presunzione può sussistere a beneficio del preteso promissario nel caso in cui la ricognizione ed il riconoscimento del debito siano avvenuti per interposta persona, restando irrilevante che il documento che li contenga venga ugualmente a conoscenza, seppure indirettamente, del presunto creditore.
Cass. civ. n. 16556/2010
Il possessore di un assegno bancario, in cui non figuri l'indicazione del prenditore oppure cui l'assegno sia stato girato dal primo prenditore o da ulteriori giratari, sia con girata piena che con girata in bianco, ha diritto al pagamento dello stesso in base alla sola presentazione del titolo, senza che, se presentato per il pagamento direttamente all'emittente, questi possa pretendere che il titolo contenga anche la firma di girata di colui che ne chiede il pagamento, applicandosi a tali ipotesi la disciplina dei titoli al portatore.
Cass. civ. n. 5245/2006
In tema di promessa di pagamento e ricognizione di debito, una volta che il debitore abbia fornito la prova dell'inesistenza o dell'estinzione del debito relativo al rapporto fondamentale indicato dal creditore (ovvero dallo stesso debitore, essendone il creditore esentato e non essendo la promessa titolata), spetta a chi si afferma comunque creditore l'indicazione di un diverso rapporto sottostante che giustifichi il credito, in quanto il principio dell'astrazione processuale della causa, posto dall'art. 1988 c.c., che esonera colui a favore del quale la promessa o la ricognizione è fatta dall'onere di provare il rapporta fondamentale, non può intendersi nel senso che al debitore compete l'impossibile prova dell'assenza di qualsiasi altra ipotetica ragione di debito, ulteriore rispetto a quella di cui abbia dimostrato l'insussistenza.
Cass. civ. n. 6191/2005
In tema di promessa di pagamento, i limiti alla prova testimoniale, desumibili dall'art. 2556, primo comma, c.c. (in forza del quale i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di un'azienda debbono essere provati per iscritto), operano solo quando sia dedotto, come fonte di obblighi, direttamente e specificamente il contratto e la parte chieda in giudizio l'accertamento o l'adempimento del suo eredito: Quando, però, la pretesa creditoria si fondi su una promessa di pagamento o su una dichiarazione ricognitiva di debito, in cui la causa non venga neppure enunciata, come il promittente, allo scopo di superare la presunzione di esistenza del rapporto sottostante (art. 1988 c.c.), non incontra alcun limite probatorio, e può provare con testimoni l'inesistenza o l'estinzione del rapporto giuridico assunto a causa della promessa, così il destinatario della promessa medesima può contrastare con qualsiasi mezzo istruttorio i risultati della prova prevista dalla controparte, e, quindi, far ricorso alla prova per testimoni contraria, anche se essa abbia ad oggetto un contratto per cui sia richiesta la forma scritta ad probationem (nella specie, trasferimento di azienda), quale fonte dell'obbligazione cui la deliberazione si riferisce, tenuto conto che, in questa situazione, il contratto stesso viene dedotto solo per esigenze difensive, quale mezzo al fine di consentire alla promessa di pagamento di spiegare i suoi effetti.
Cass. civ. n. 4632/2004
L'atto di riconoscimento di debito non ha natura negoziale né carattere recettizio e non deve essere necessariamente compiuto con una specifica intenzione ricognitiva; tuttavia occorre che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha escluso che la presentazione all'INPS, da parte di un datore di lavoro, del modello 01/M, contenente il riepilogo delle retribuzioni corrisposte nell'anno precedente ai propri dipendenti, integrasse un riconoscimento del debito contributivo - in quanto tale idoneo ad interrompere la prescrizione - in relazione alle retribuzioni ivi indicate e risultanti di importo superiore a quello mensilmente documentato con i diversi modelli DM 10, in relazione alle quali i contributi erano stati regolarmente versati).
Cass. civ. n. 18311/2003
La ricognizione di debito, al pari della promessa di pagamento, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto conservativo di un preesistente rapporto fondamentale, realizzandosi ai sensi dell'art. 1988 c.c. — nella cui previsione rientrano anche dichiarazioni titolate — un'astrazione meramente processuale della causa, comportante l'inversione dell'onere della prova, ossia l'esonero del destinatario della promessa dall'onere di provare la causa o il rapporto fondamentale, mentre resta a carico del promittente l'onere di provare l'inesistenza o la invalidità o l'estinzione di detto rapporto, sia esso menzionato oppure no nella ricognizione di debito.
Cass. civ. n. 8515/2003
La promessa di pagamento cosiddetta titolata, cioè facente riferimento al rapporto fondamentale, quale è quella che abbia per oggetto il pagamento del «saldo prezzo» di vendita di un immobile e contenga il riferimento al contratto di compravendita, spiega gli effetti di cui all'art. 1988, c.c., in tema di ripartizione dell'onere della prova, dispensando il promissario dall'onere di provare l'esistenza del rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla sua esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venire meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa, se il promettente dimostri che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto. (Nella specie, la S.C., nell'enunciare il suindicato principio di diritto, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto provata l'estinzione dell'obbligazione, in quanto il promittente aveva prodotto quietanza liberatoria rilasciatagli dal promissario).
Cass. civ. n. 1831/2001
La ricognizione del debito costituisce una dichiarazione unilaterale recettizia che, in virtù di astrazione meramente processuale, produce l'effetto dell'inversione dell'onere della prova in ordine all'esistenza del sottostante rapporto obbligatorio. La presunzione di esistenza della
causa debendi non sottrae il rapporto sostanziale alle norme ed ai patti che lo regolano, e la legge non pone alcuna limitazione alla prova di cui è onerato l'autore della ricognizione: tale prova può riguardare, pertanto, sia l'esistenza o meno del rapporto sostanziale, sia lo specifico contenuto e la causa di questo, sia infine le modalità e le ragioni della eventuale cessazione della vigenza del rapporto o dell'esigibilità del credito.
Cass. civ. n. 15575/2000
La natura di negozio unilaterale recettizio del riconoscimento di debito di cui all'art. 1988 c.c. comporta che l'effetto negoziale della dichiarazione (che determina astrazione processuale della causa debendi ) si verifichi soltanto se detta dichiarazione è indirizzata alla persona del creditore.
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La promessa di pagamento, al pari della ricognizione del debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell'art. 1988 c.c. - nella cui previsione rientrano anche le dichiarazioni titolate - un'astrazione meramente processuale della causa debendi , comportante una semplice rilevatio ab onere probandi per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e che, oltre ad essere preesistente, può anche nascere contemporaneamente alla dichiarazione di promessa (o trovarsi in itinere al momento di questa), ma della cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero (come nel caso di specie) che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento.
Cass. civ. n. 1231/2000
La ricognizione di debito è atto unilaterale recettizio; in mancanza di tale requisito può valere come prova del rapporto debitorio se ha efficienza confessoria.
Cass. civ. n. 6675/1998
La ricognizione di debito non è fonte di obbligazioni nuove ed autonome, in quanto ha un valore meramente confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, con il limitato effetto di dispensare colui a cui favore è fatta dall'onere di fornire la prova. Di conseguenza, essa non sottrae il rapporto medesimo alle norma ed ai patti che lo regolano, e — pertanto — non interferisce sull'operatività della clausola compromissoria con la quale le parti abbiano devoluto ad arbitri le controversie ad esso inerenti.
Cass. civ. n. 259/1997
La promessa di pagamento, anche se titolata, non ha natura confessoria, poiché non contiene una dichiarazione di scienza, ma una dichiarazione di volontà intesa a impegnare il promittente all'adempimento della prestazione oggetto della promessa, ma questo non esclude — pur nella distinzione concettuale delle due figure negoziali — che nello stesso documento siano contenute una promessa di pagamento (o la ricognizione di un debito) e la confessione, proveniente dal promittente, di fatti a lui sfavorevoli e pertinenti al rapporto fondamentale (nella fattispecie concreta la questione della identificazione della promessa di pagamento e della confessione si è posta, nel contesto di rapporti nascenti da un contratto di factoring, in relazione alla dichiarazione di accettazione della cessione del credito da parte del debitore ceduto, che aveva sottoscritto dei moduli di notificazione della cessione, recanti l'indicazione di avvenuta regolare, esecuzione delle forniture di cui alle fatture in essi menzionate).
Cass. civ. n. 3173/1993
La promessa di pagamento cosiddetta titolata, cioè facente riferimento al rapporto fondamentale, quale è quella che abbia per oggetto il versamento di una provvigione per attività di mediazione in relazione alla conclusione di un determinato affare, spiega gli effetti di cui all'art. 1988 c.c., in tema di ripartizione dell'onere della prova, solo se non vi sia contrasto sull'interpretazione del rapporto (o, se insorto, venga risolto secondo le comuni regole di ermeneutica negoziale), ed, inoltre, ove il rapporto stesso sia ancora in fieri al momento della formulazione, se il promissario fornisca la dimostrazione del suo perfezionamento; pertanto, se il promittente neghi che il rapporto sia stato eseguito, spetta al promissario dare la prova dell'esecuzione, fornita la quale spetta al promittente provare gli eventuali fatti modificativi o estintivi del rapporto medesimo, ai sensi dell'art. 2697 c.c.
Cass. civ. n. 9480/1991
Con riguardo alla ricorrenza di una promessa unilaterale di pagamento non sussistono limitazioni di carattere probatorio a carico del promissario, il quale, pertanto, si può avvalere della prova testimoniale, anche se questa abbia riferimento ad un rapporto per il quale sia richiesta la prova scritta, tenuto conto che il contratto viene richiamato solo per esigenze difensive, quale mezzo al fine di consentire alla promessa di pagamento di spiegare i suoi effetti e non viene azionato come autonoma fonte dalla quale nasca l'obbligazione dedotta in giudizio.
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L'effetto giuridico che si ricollega alla promessa unilaterale di pagamento, sia essa pura o titolata, è l'astrazione processuale della causa debendi , per cui il promissario, agendo per l'adempimento dell'obbligazione, ha soltanto l'onere di provare la ricorrenza di tale promessa e non anche l'esistenza del rapporto giuridico da cui essa trae origine, mentre incombe al promittente l'onere di provare l'inesistenza o l'invalidità o l'estinzione del rapporto fondamentale, sia questo menzionato oppure non nella promessa unilaterale di pagamento.