Rassegna degli atti impeditivi ; legittimazione al compimento dei medesimi
Come abbiamo visto
(supra, n. 6
c), la decadenza non ammette interruzione, ma impedimento. Le cause di impedimento sono quelle e soltanto quelle stabilite dalla legge, o dal contratto, dall’atto col quale la decadenza è stata stabilita.
Gli atti impeditivi possono consistere :
a) nella proposizione di una domanda o azione o di un ricorso o di un'opposizione;
b) in una domanda, contestazione, od opposizione stragiudiziali;
c) in una dichiarazione di volontà debitamente resa o notificata;
d) in una denuncia o altra comunicazione di dati oggettivi;
e) nell'elevazione del protesto; nel compimento dell' inventario;
f) in atti di adempimento o comunque di pagamento o di versamento;
g) in altri atti giuridici vari, come la notifica e l'esecuzione della sentenza, l'istanza per vendita o per sequestro, l’ iscrizione del credito sugli immobili da separarsi, l'istanza per il riconoscimento della persona giuridica, etc.;
h) in atti materiali come la costruzione o la demolizione del muri, l'inseguimento degli sciami, il riempimento della cambiale in bianco, ecc.
La domanda giudiziale s'intende proposta con la notifica della citazione ; la dichiarazione di volontà o la denuncia possono essere comunicate con qualunque mezzo verbale o scritto (atto stragiudiziale).
A volte la legge parla genericamente di esercizio del diritto : quando una disposizione successiva non spieghi come diritto debba essere esercitato, la decadenza deve ritenersi impedita col compimento da parte del titolare di quegli atti che sono in suo potere per il conseguimento dell'effetto utile.
In taluni casi è richiesto compimento non di uno, ma di più atti, in altri all'impedimento di una decadenza segue l'inizio di un nuovo termine di decadenza concernente sempre lo stesso diritto o potestà.
Legittimato al compimento dell'atto impeditivo è in primo luogo il titolare del diritto o della potestà; nel caso di incapacità, si veda
sub art. 2964, n. 2. Debbono inoltre ritenersi legittimati i creditori in virtù della regola generale dell'art. 290o.
La decadenza potrà essere validamente impedita dal chiamato all'eredità, in quanto egli è investito del potere di compiere atti conservativi (art. 460) ; così pure dall'erede con beneficio d'inventario durante il tempo in cui deve liberare o in cui ha l'amministrazione (articoli 486, 491). Per le persone giuridiche tal compito spetta agli amministratori, ed eventualmente anche prima del loro riconoscimento (articoli 600, 786).
L'art. 2945 ult. comma e la decadenza
Non sempre può risultare esatta l'affermazione che il compimento dell'atto impedisce definitivamente la decadenza.
Allorché l'atto consiste nella proposizione di una azione o di un'impugnazione (ciò che avviene per la potestà di tutela), la proposizione è una semplice condizione del conseguimento dell'effetto utile che si otterrà solo con la sentenza di accoglimento.
Sorge in questi casi il problema dell'applicabilità in tema di decadenza della norma di cui all'art. 2945, ult. comma. Per l'art. 2128 cod. 1865 si aveva come non interrotta la prescrizione nel caso di recesso dalla domanda o di perenzione. Di conseguenza era logico ritenere che, come la prescrizione non era interrotta, cosi la decadenza non era impedita. L'art. 2945, ult. comma, ha innovato disponendo che «se il processo si estingue, rimane fermo, l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'atto interruttivo ». Ciò per quanto concerne la prescrizione, appare logico perché la proposizione della domanda giudiziale è pur sempre un atto interruttivo, cui non può attribuirsi minor valore di un qualunque atto di costituzione in mora. Ma si può dire, per analogia, che la proposizione dalla domanda giudiziale vale a impedire la decadenza anche se il processi così iniziato successivamente si estingue ?
Si ritiene di no. Se il processo si estingue, trascina con sé nel nulla la proposizione della domanda. Invero per ottenere la sentenza l'interessato dovrebbe proporre una nuova domanda, ma questa sarebbe fuori termine. Non altrimenti se il processo di appello si estingue, la sentenza del primo giudice passa in giudicato.
Il riconoscimento del diritto
In materia di diritti disponibili, la legge riconosce efficacia impeditiva anche a un atto della controparte, ossia al riconoscimento del diritto. Dice la Relazione al Re (n. 155) : «
Costituirebbe un ingiustificato formalismo costringere la parte a chiedere il riconoscimento giudiziale del diritto quando questo è spontaneamente riconosciuto da colui che dovrebbe essere convenuto in giudizio ».
Il riconoscimento potrà, è vero, rimanere platonico, non essere cioè seguito dal soddisfacimento, e quindi rendere necessario un nuovo giudizio. Ma l'azione sarà questa volta libera da termini. Ciò avviene perché il riconoscimento, quale negozio di accertamento, pone il diritto su una nuova base (allo stesso modo che la sentenza, quale provvedimento di accertamento, dà luogo
all’actio judicati soggetta a termine diverso dall'azione originaria).
Il riconoscimento di cui all'art. 2966, benché alcuni autori (Messineo) la pensino diversamente, non è infatti cosa diversa dal riconoscimento del quale si parla come negozio di accertamento ; né vedo in che potrebbe consistere la differenza, che il M. non indica.
Il riconoscimento non va confuso con la confessione, la quale, com'è noto, verte solo sul fatto e non anche sul diritto. La semplice confessione non basta a impedire la decadenza. Occorre però soggiungere che l'indagine volta a stabilire se si tratti di confessione o di riconoscimento è alquanto delicata e non deve fermarsi superficialmente e formalisticamente alle parole usate dalla parte, ma deve dirigersi all'intenzione
: Molto spesso l'ammissione del fatto è un modo pedestre di riconoscere il diritto; anzi si potrebbe dire che essa contiene un implicito riconoscimento del diritto, tutte le volte che la parte ammettendo il fatto non intenda riservarsi eccezioni di diritto.
Perché si abbia riconoscimento valido occorre che la patte abbia capacità di obbligarsi. L'inclusione di un credito nel conto corrente non implica riconoscimento (arg.
ex art. 1827). In deroga alla regola che abbiamo tratto per analogia dall'art. 1310, il riconoscimento fatto da uno dei debitori in solido non impedirà la decadenza nei riguardi degli altri condebitori (arg. art, 1309) ; fatto invece a uno dei creditori in solido gioverà anche agli altri.
Anche nel caso in cui l'atto da compiere consiste in una denuncia, il riconoscimento ha efficacia impeditiva : esso infatti la rende inutile, anzi ha una portata maggiore perché implica l'ammissione e quindi la incontestabilità del fatto che dovrebbe essere denunciato. Applicazioni di ciò si hanno negli articoli 1495, 1511, 1522, 1667.
Inefficacia impeditiva del riconoscimento rispetto alle decadenze aventi per oggetto potestà d'acquisto o eliminabili con atti conservativi
Meno agevole è riconoscere efficacia impeditiva al riconoscimento in tutti gli altri casi in cui non valgono le ragioni addotte dalla ministeriale : così per le potestà di acquisto che si esercitano mediante una dichiarazione, e non con la proposizione di una domanda.
Per vero, la legge col parlare di diritto da « far valere » si riferisce evidentemente alle sole potestà di tutela.
Riconoscere al chiamato il diritto di accettare l'eredità o al venditore il diritto di riscatto non significa esentarlo dall’onere di manifestare la sua volontà entro un dato termine. Qualora lo si voglia esentare ia tale onere, e sollevare da una incombente decadenza, bisognerà ricorrere a un vero e proprio atto di rinuncia.
Lo stesso è a dirsi quando l'atto da compiere è un atto conservativo diverso dalla denuncia. Il fatto che io riconosca al giratario il diritto ii agire in regresso verso di me, non significa che io lo esenti dall'elevare a suo tempo il protesto. Se ciò intendo fare, io compio un atto non di riconoscimento, ma di rinuncia.
Questioni sulla validità dell'atto impeditivo
L'atto impeditivo della decadenza dev'essere un atto valido. Sotto il codice abrogato, molto si discusse se la domanda proposta davanti al giudice incompetente avesse l'effetto di impedire la decadenza, some aveva ed ha l'effetto di interrompere la prescrizione (art. 2125 coda 1865, 2943, 3° comma cod. vig.). L'opinione dominante era per l'affermativa, ma anche l'opinione opposta era autorevolmente rappresentata.
La questione ha oggi perduto parte della sua importanza per l'articolo 5o del nuovo codice di procedura civile, che consente di considerare il processo davanti al giudice designato dalla Corte di cassazione M sede di regolamento di competenza come una prosecuzione di quello stesso processo proposto davanti al giudice incompetente. Il regolamento di competenza va quindi considerato come una sanatoria di quel vizio. Ma se la parte non si vale di tale rimedio, la questione si ripresenta e deve a mio avviso risolversi in senso negativo coerentemente alla soluzione accolta in caso di estinzione del processo.
Similmente nel caso di litisconsorzio necessario, la domanda proposta contro una delle parti potrà impedire la decadenza a condizione che il contradittorio sia integrato nel termine stabilito dal giudice a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. ; ma se anche questo termine, che è perentorio, decorrerà invano, la domanda dovrà ritenersi improponibile e la decadenza si verificherà anche contro la parte che era stata citata.
L'inefficacia della domanda a impedire la decadenza si verifica per qualsiasi nullità della citazione o della notifica (articoli 16o, 164 cod. proc. civ.). La costituzione del convenuto non impedisce la decadenza verificatasi per tale causa, trattandosi di un diritto già quesito (art. 164, cpv.).
In linea generale la validità di tutti gli atti impeditivi diversi dalla domanda giudiziale va giudicata in relazione alla loro idoneità a conseguire lo scopo cui erano diretti.
Talora la legge indica espressamente le cause di nullità (
art. 2892 del c.c., ultimo comma).