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Articolo 1418 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Cause di nullità del contratto

Dispositivo dell'art. 1418 Codice Civile

Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente(1).

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa [1343], l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346(2).

Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge [458, 778, 785, 788, 794, 1350, 1354, 1355, 1472, 1895, 1904, 1963, 1972, 2103, 2115, 2265, 2744](3).

Note

(1) Si tratta delle c.d. nullità virtuali, così definite in quanto la legge non individua un tipo ma rimanda alle norme imperative violate.
(2) Il comma si riferisce alle c.d. nullità strutturali, qualificate come tali perché incidono sugli elementi costitutivi del negozio. Ne sono esempi: la pattuizione orale se il contratto è volto a trasferire la proprietà di un immobile (1350, 1325 c.c.); il contratto in cui il prezzo è versato per corrompere un pubblico ufficiale (1343 c.c.; 318 c.p.); il contratto di locazione (1571 c.c.) se entrambe le parti si dispongono a stipulare solo per consentire al locatario di realizzarvi una casa per appuntamenti; il negozio tra due privati che ha per oggetto la compravendita (1470 c.c.) del Colosseo.
(3) Si tratta delle c.d. nullità testuali, contenute in singole norme di legge.

Ratio Legis

Il primo comma si giustifica considerando il carattere imperativo delle norme violate che, come tale, non può che condurre alla nullità del negozio; inoltre, la previsione consente di sanzionare anche ipotesi che, pur illecite, non dovessero rientrare nella previsione di causa illecita.
Nel secondo comma il legislatore contempla altri casi di nullità dovuti alla mancanza di elementi essenziali o alla illiceità che affligge il contratto e che, come tale, è sempre sanzionata nel modo più severo.
Infine, poiché la nullità è un rimedio di carattere eccezionale che, quindi, necessita di una previsione espressa, il legislatore si preoccupa di richiamare anche le altre ipotesi di legge che la prevedono.

Brocardi

Exceptio nullitatis
Pacta, quae turpem causam continent, non sunt observanda
Quod nullum est nullum producit effectum
Rerum inhonestarum nulla est societas

Spiegazione dell'art. 1418 Codice Civile

La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative

Tralasciando, sull'esempio degli altri codici, di dare una definizione del fenomeno della nullità, la quale sarebbe inutile ed inopportuna in un testo di legge, il legislatore italiano inizia il capo della nullità con l'elencazione delle cause di nullità del contratto.

Il modo con cui questa norma è formulata dà luogo a taluni dubbi e perplessità.

Il primo comma considera la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative. Nel progetto ministeriale (art. 294, 1° comma) si parla invece di norme imperative o proibitive; quest'aggiunta fu soppressa in base all'osservazione, in seno alla C.A.L. (Atti verb., n. 12, pag. 158) che la norma o è imperativa, nel senso di cogente, o è dispositiva; la norma proibitiva è sempre cogente e quindi è inutile tale specificazione. Se questa è la ragione per cui fu abbandonata la dizione originaria, non si comprende perché non si sia parlato senza altro di norme cogenti anziché di norme imperative, espressione ambigua, dato il significato tradizionale in cui essa viene usata in antitesi alle norme proibitive. Nella R. R. (n. 116) la configurazione delle norme imperative come ragione autonoma di nullità del contratto e giustificata in base alla osservazione che in tal modo si vengono a comprendere nella nullità del contratto anche le ipotesi che potrebbero non rientrare nel concetto di causa illecita.

Nonostante tale ausilio dei lavori preparatori, resta dubbio in che senso debba intendersi l'espressione di «norme imperative» del testo definitivo. Che ad essa si debba attribuire, in conformità a quanto risulta dalla discussione in seno alla C.A.L., il significato di norma cogente è un'opinione difficilmente sostenibile, non solo perché tutti i casi di nullità elencati nel comma successivo sono casi di nullità per contrarietà a norme cogenti, ma anche e soprattutto perché con questa interpretazione il disposto del 1° comma dell'art. 1418 viene a trovarsi in stridente contrasto con il disposto dell'art. 1325, il quale per la nul­lità di un contratto concluso senza l'osservanza di una prescrizione di forma richiede che la sanzione della nullità risulti dalla norma violata. Più attendibile è l'opinione che l’espressione in esame debba intendersi nel senso più ristretto di norme proibitive, come risulta implicitamente dalla R. R. e come è stabilito nel codice civile germanico; il primo comma sarebbe pertanto diretto a ricondurre sotto la sanzione della nullità, quelle ipotesi di illiceità del negozio che non rientrano a rigore nel concetto di illiceità per contrarietà del contenuto, in sé e per sé considerato, del negozio a una proibizione di legge. Queste ipotesi si riducono essenzialmente, a mio avviso, alla illiceità del contenuto del negozio in relazione al soggetto o ai soggetti del negozio (es.: articolo 1471, nn. 1 e 2 cod. civ.).

Interpretando in tal modo il primo comma dell'art. 141 8, si deve osservare che la configurazione in un comma a sé stante dell'ipotesi di violazione di una norma proibitiva, per quanto non erronea, dato che nel testo definitivo, a differenza del testo non coordinato del Libro IV, tale causa di nullità non è contrapposta alle cause elencate nel secondo comma, è tuttavia inopportuna; in una formulazione più precisa e più stringata il primo comma doveva essere abolito e sostituito da un'aggiunta, in quella parte del 2° comma dove si menziona l’illiceità del negozio.

L'inciso finale del 1° comma, aggiunto solo nel testo coordinato, risolve la questione circa gli effetti della violazione di un divieto di legge che non stabilisca espressamente la sanzione della nullità: la regola è la nullità del negozio contra legem, salvo una esplicita diversa disposizione. Con una, formulazione diversa e preferibile, il codice civile germanico non richiede che la sanzione diversa dalla nullità sia espressamente comminata, limitandosi a stabilire che detta diversa sanzione non deve risultare dalla legge. Si ammette così, in conformità del resto con l’insegnamento della migliore dottrina italiana sotto l'impero del codice abrogato, che la sanzione diversa dalla nullità possa anche essere desunta, nel silenzio della lettera della legge, dalla ratio legis. E’ da avvertire però che l'adozione di questo sistema nel nostro ordinamento presenterebbe l'inconveniente di non offrire un criterio sicuro e certo per l'individuazione dei casi di nullità e di annullabilità, dato che il nostro legislatore ricollega talora alla violazione di norme proibitive aventi la medesima ratio in taluni casi la nullità ed in altri la semplice annullabilità (es. art. 1471, nn. 1 e 2, e nn. 3 e 4 cod. civ.).

La nullità del contratto per le altre cause di cui al secondo e terzo comma dell’articolo in esame

L'elencazione delle cause di nullità contenuta nel secondo comma presenta, di riflesso, gli stessi difetti dell’elencazione degli elementi essenziali del contratto contenuta nell'art. 1325 cod. civ.

Non è esatto considerare in linea generale la mancanza dell'accordo come causa di nullità del contratto, giacché, nel sistema accolto dal nuovo legislatore in ordine al problema del valore dell'elemento volitivo nella fattispecie negoziale, solo la divergenza bilaterale (simulazione) tra volontà e dichiarazione è causa di nullità del negozio; la divergenza unilaterale, come è stabilito testualmente negli articoli 428 e 1433 cod. civ. per l'errore ostativo e l’incapacità naturale
è causa di semplice annullabilità. Superflua è inoltre la menzione della illiceità della causa, giacché la causa non costituisce un elemento del
negozio distinto dall'elemento oggettivo e l’illiceità causale altro non è che l'illiceità dell'oggetto del negozio, ricordata più avanti nello stesso comma. È da osservare infine che l'elencazione considera sullo stesso piano delle cause generali di nullità del contratto una causa — il difetto di forma — propria solo di singoli tipi di contratto.

Il terzo comma dell'art. 1418 stabilisce, con una disposizione che poteva essere omessa, che la nullità del contratto può anche derivare da cause particolari stabilite volta per volta dalla legge. Ciò avviene, per non citare che le ipotesi principali, nel caso di contratto sottoposto a condizione illecita od impossibile (art. 1354 cod. civ.), di contratto di alienazione di un diritto o di assunzione di un obbligo sottoposto a condizione sospensiva puramente potestativa (art. 1455 cod. civ.) e di contratto in cui la determinazione della prestazione sia rimessa al mero arbitrio di un terzo, il quale non vuole o non può operare la determinazione e le parti non si accordano per la nomina di un nuovo arbitratore (art. 1349 cod. civ.).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

278 Data l'elencazione fatta dall'art. 182, nell'iniziare la esposizione dei principi concernenti la nullità del contratto mi sono limitato a dire genericamente che tale nullità opera quando il contratto manchi degli elementi essenziali per la sua esistenza, aggiungendo l'ulteriore ipotesi di contrarietà alle norme imperative o proibitive della legge.
Mancava, però, nel progetto del 1936 la disciplina delle nullità parziali. Vi ho provveduto nei due ultimi comma dell'art. 296, applicando il principio utile per inutile non vitiatur.
Là dove risulta che i contraenti non avrebbero voluto il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità, la nullità parziale trascina nei suoi effetti tutto il contratto, diversamente il contratto resta valido. Si contempla, però, un'eccezione; quella in cui è previsto che norme imperative sostituiscono di diritto singole clausole contrattuali. Tale ipotesi si ha in modo particolare nei contratti individuali di lavoro, e nei casi in cui si è trascurato di determinare per iscritto la misura ultralegale dell'interesse civile: allora la volontà stessa della norma esclude che si possa considerare essenziale la clausola nulla, tenuto conto che le parti non potevano ignorare la norma proibitiva e che, se si proclamasse in tali casi la nullità del contratto nel suo complesso, si renderebbe impossibile la stessa inserzione automatica nel rapporto delle disposizioni imperative.

Massime relative all'art. 1418 Codice Civile

Cass. civ. n. 50/2023

Il rilievo d'ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice dell'impugnazione quando sulla validità del rapporto si è formato il giudicato interno e cioè, nel caso in cui la nullità abbia formato oggetto di domanda o di eccezione in primo grado e la decisione (anche implicita) su tale eccezione o domanda non abbia formato oggetto di uno specifico motivo di impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha rilevato che l'eccezione di invalidità per carenza di forma scritta di un contratto della P.A. - già esaminata dal giudice di primo grado, che, in funzione della declaratoria di sussistenza dell'obbligazione derivante da tale negozio, ne aveva necessariamente presupposto ed implicitamente ritenuto la validità - non aveva formato oggetto di uno specifico motivo d'impugnazione da parte del Comune - il quale aveva riproposto l'eccezione soltanto all'udienza di precisazione delle conclusioni - e ha quindi statuito che alla Corte d'appello era preclusa la rilevazione officiosa della nullità, in applicazione della regola della formazione progressiva del giudicato).

Cass. civ. n. 37804/2022

L'impossibilità dell'oggetto alla quale consegue, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., la nullità del contratto, ricorre solo quando la prestazione sia insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa era diretta, e non anche quando insorgano ostacoli più o meno gravi nell'esecuzione della stessa. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che, nell'ambito di un contratto tra un Comune ed una società, avente ad oggetto il noleggio e l'installazione di strumenti di rilevazione di infrazioni al c.d.s., aveva ravvisato la nullità del contratto per impossibilità giuridica e per violazione di norme imperative nella previsione, quale corrispettivo del servizio, della corresponsione da parte del Comune di una quota delle somme incamerate a seguito della rilevazione delle infrazioni, ritenendo che tale previsione indicasse quale corrispettivo un bene della vita al quale veniva impressa una destinazione non consentita).

Cass. civ. n. 17568/2022

Il contratto concluso in violazione di una norma penale è nullo, ove il bene giuridico protetto dalla disposizione violata abbia una connotazione pubblicistica, perché volto a tutelare interessi generali della collettività. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto affetto da nullità, pur in assenza di sanzione esplicita, il contratto concluso mediante una condotta estorsiva di una parte nei confronti dell'altra, poiché l'oggetto della tutela giuridica nel reato di estorsione è costituito non solo dalla salvaguardia del patrimonio dei singoli contraenti, ma anche dalla tutela di diritti inviolabili della persona, quali la libertà personale, la cui protezione è interesse generale della collettività).

Cass. civ. n. 15582/2021

Il contratto di locazione di immobili ad uso abitativo, ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell'art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004, ma, in caso di tardiva registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza "ex tunc", sia pure limitatamente al periodo di durata del rapporto indicato nel contratto successivamente registrato. (Principio affermato in relazione ad un contratto di locazione ad uso abitativo stipulato il 10 marzo 2011 e registrato il 2 marzo 2012).

Cass. civ. n. 15099/2021

In tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile, ove non altrimenti stabilito dalla legge, di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (art. 6 della l. n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cosiddetto "contratto quadro"), mentre è fonte di responsabilità contrattuale, ed, eventualmente, può condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"(il quale, per taluni aspetti può essere assimilato al mandato). Va, in ogni caso escluso, in assenza di un'esplicita previsione normativa, che la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, comma 1, c.c., la nullità del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso. (Nella specie, nel ribadire il principio, la S.C. ha escluso la nullità di un contratto di finanziamento concluso dal dipendente, in violazione del termine dilatorio quadriennale di cui all'articolo 39, comma 2, del d.p.r. n. 180 del,1950, mentre era ancora in corso l'ammortamento di un precedente finanziamento).

Cass. civ. n. 17959/2020

Il contratto stipulato per effetto diretto del reato di estorsione è affetto da nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c., rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in conseguenza del suo contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, in particolare l'inviolabilità del patrimonio e della libertà personale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti.

Cass. civ. n. 525/2020

In tema di cd. nullità virtuale, la violazione di disposizioni inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità unicamente ove non sia altrimenti stabilito dalla legge. Pertanto, questo esito va escluso sia quando risulti indicata una differente forma di invalidità (ad esempio, l'annullabilità) sia ove la legge assicuri l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi. (Nella specie, era stata chiesta la dichiarazione di nullità del contratto di vendita di un immobile per violazione della l. n. 231 del 2007 sull'antiriciclaggio, stante il dedotto pattuito pagamento del prezzo in contanti; la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto non applicabile l'art. 1418 c.c. poiché l'infrazione contestata era sanzionata in via amministrativa). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 03/05/2018).

Cass. civ. n. 8230/2019

La nullità comminata dall'art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985 va ricondotta nell'ambito del comma 3 dell'art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 17/09/2013).

Cass. civ. n. 8499/2018

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'art. 1418, comma 1, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali, la stipulazione di un contratto di affitto di azienda da parte del beneficiario di un finanziamento pubblico in violazione della normativa di settore - nella specie del DM n. 527 del 1995 di agevolazione delle attività produttive nelle aree depresse - non dà luogo a nullità per illiceità di causa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 04/05/2012).

Cass. civ. n. 19196/2016

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'art. 1418, comma 1, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario in violazione dell'art. 216, comma 3, l.fall., che punisce la condotta di bancarotta preferenziale, non dà luogo a nullità per illiceità di causa, ai sensi del citato art. 1418, ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della "par condicio creditorum".

Cass. civ. n. 8066/2016

In tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, l'area delle norme inderogabili di cui all'art. 1418, comma 1, c.c., ricomprende, oltre le norme relative al contenuto dell'atto, anche quelle che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive e soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipula stessa del contratto ponendo la sua esistenza in contrasto con la norma imperativa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la nullità di un accordo transattivo relativo al conferimento dell'incarico di direttore generale della RAI, illecito perché stipulato in violazione dell'incompatibilità di cui all'art. 2, comma 9, della l. n. 481 del 1995).

Cass. civ. n. 11933/2013

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato da nullità del contratto inizia a decorrere dalla data del contratto, se a domandarlo è la stessa parte che ha invocato la nullità; decorre, invece, dalla data di accertamento giudiziale della nullità, se è preteso da una parte negoziale diversa da quella che ha fatto valere quest'ultima.

Cass. civ. n. 26724/2007

In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, in difetto di espressa previsione in tal senso (c.d. «nullità virtuale»), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all'art. 6 della legge n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. «contratto quadro», il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del «contratto quadro»; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, primo comma, c.c., la nullità del cosiddetto «contratto quadro» o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

Cass. civ. n. 19024/2005

In materia di contratti di compravendita di valori mobiliari, la violazione da parte della società di intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse conflittuale nell'operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la natura e l'estensione del suo interesse nell'operazione ed il cliente abbia preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all'operazione (art. 6, comma 1, lett. g), applicabile nella specie ratione temporis), non determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato, ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c.

La violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, stabilito dall'art. 1337 c.c., assume rilievo non soltanto nel caso di rottura ingiustificata delle trattative, ovvero qualora sia stipulato un contratto invalido o inefficace, ma anche, quale dolo incidente (art. 1440 c.c.), se il contratto concluso sia valido e tuttavia risulti pregiudizievole per la parte rimasta vittima del comportamento scorretto; in siffatta ipotesi, il risarcimento del danno deve essere commisurato al "minor svantaggio", ovvero al "maggior aggravio economico" prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona fede, salvo che sia dimostrata l'esistenza di ulteriori danni che risultino collegati a detto comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto.

Cass. civ. n. 14234/2003

In tema di cause di nullità del negozio giuridico, per aversi contrarietà a norme penali ai sensi dell'art. 1418 c.c., occorre che il contratto sia vietato direttamente dalla norma penale, nel senso che la sua stipulazione integri reato, mentre non rileva il divieto che colpisca soltanto un comportamento materiale delle parti e, meno che mai, di una sola di esse. (Fattispecie in tema di fideiussione, di cui il fideiussore ricorrente assumeva la nullità per avere la banca garantita erogato il credito al debitore principale nonostante la richiesta di finanziamento da parte di quest'ultimo asseritamente integrasse gli estremi del reato di ricorso abusivo al credito).

Cass. civ. n. 11256/2003

In tema di nullità del contratto prevista dall'art. 1418 c.c. la natura imperativa della norma violata deve essere individuata in base all'interesse pubblico tutelato. (La Corte, nel formulare il principio sopra richiamato, ha confermato la decisione di giudici di appello che avevano rilevato la nullità del contratto avente ad oggetto una fornitura di caffè, atteso che le relative confezioni non recavano la data di scadenza del prodotto, contrariamente alle prescrizioni dettate dagli artt. 3 e 12 del D.P.R. 322/1982 a tutela della salute del consumatore).

Cass. civ. n. 8236/2003

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto giacché l'art. 1418, primo comma, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma, indipendentemente dalla sua concreta esperibilità e dal conseguimento reale degli effetti voluti. Pertanto la vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 della legge n. 590 del 1965 e 7 della legge n. 817 del 1971, non è viziata da nullità ai sensi del citato art. 1418 (né ai sensi dell'art. 1344 c.c.) sussistendo il rimedio dell'esercizio del riscatto (da parte degli aventi diritto alla prelazione) idoneo a conseguire l'obiettivo normativo dello sviluppo della proprietà contadina, a nulla rilevando l'accidentale decadenza della possibilità di esperirlo.

Cass. civ. n. 5372/2003

Nel sancire la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, l'art. 1418 c.c. fa salvo il caso in cui «la legge disponga diversamente». Ne consegue che tale nullità va esclusa sia quando risulta espressamente prevista una diversa forma di invalidità (es., annullabilità) sia quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi, quali la decadenza da benefici fiscali e creditizi (es., art. 28 legge n. 590 del 1965).

Cass. civ. n. 10119/1996

La nullità di una clausola di un contratto collettivo per contrasto con norma imperativa (art. 1418, primo comma, c.c.) sussiste anche nell'ipotesi in cui la suddetta clausola preveda, come presupposto per la propria operatività, l'abrogazione della norma imperativa suddetta, atteso che non è possibile sottoporre a condizione sospensiva un negozio nullo in radice. Deve pertanto ritenersi nulla, per contrasto con la norma imperativa di cui all'art. 2, terzo comma, della legge 1 febbraio 1978, n. 30 (sull'approvazione delle tabelle nazionali delle qualifiche del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto), la norma collettiva che definisce le nuove qualifiche per gli autoferrotranvieri ancorché tale norma colleghi la «eseguibilità» dei nuovi inquadramenti all'evento, ancora incerto, dell'approvazione di un disegno di legge comportante l'abrogazione della norma imperativa suddetta.

Cass. civ. n. 1877/1995

In base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, l'illiceità (e la conseguente invalidità) del contratto deve essere riferita alle norme in vigore nel momento della sua conclusione e, pertanto, il negozio giuridico nullo all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni, in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore.

Cass. civ. n. 2057/1990

In caso di nullità di una clausola contrattuale per contrarietà a norme imperative, il riconoscimento della sua liceità ad opera della parte, espresso con la preventiva accettazione dell'intero contenuto negoziale, è giuridicamente irrilevante perché l'oggetto è indisponibile e non rimane influenzato dalle opinioni che i soggetti interessati possano aver avuto o manifestato in ordine ad esso.

Cass. civ. n. 1901/1977

L'ipotesi di nullità del contratto per contrarietà alle norme imperative si verifica, salvo che la legge disponga altrimenti, indipendentemente da una espressa comminatoria della sanzione di nullità nei singoli casi. Infatti, la norma dell'art. 1418 c.c. esprime un principio generale, rivolta a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione di precetti imperativi non si accompagna una specifica previsione di nullità. In tali casi, compito del giudice, ai fini della declaratoria di nullità, è solo quello di stabilire se la norma o le norme contraddette dall'autonomia privata abbiano carattere imperativo, siano, cioè, dettate a tutela dell'interesse pubblico.

Cass. civ. n. 2697/1972

Poiché a norma degli artt. 1418, 1419 e 1339 c.c. il contratto è nullo quando è contrario a norma imperativa, salva l'eccezione di una diversa disposizione di legge, allorquando si sia in presenza di una norma proibitiva non formalmente perfetta, cioè priva della sanzione dell'invalidità dell'atto proibito, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre la invalidità o la semplice irregolarità dell'atto e tale controllo si risolve nella indagine sullo scopo della legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato, senza che soccorra il criterio estrinseco della forma.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1418 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Franco V. chiede
sabato 01/06/2019 - Lazio
“Mi è arrivata una richiesta da parte dell'Ag. entrate, per pagare le tasse riguardante un contratto di locazione firmato con firma falsa, io avevo già registrato per lo stesso immobile un altro contratto regolarmente registrato e pagato.
Avevo chiesto la copia del contratto fasullo, ma mi è stata rifiutata. Vorrei fare una denuncia querela contro il dirigente dell'AdE.
Cosa devo fare per bloccare il pagamento? Devo andare da un avv. tributarista, da un commercialista tributarista?
Mi è stata rifiutata la possibilità di chiudere il contratto, non ho l'originale perché non l'ho scritto io
Distinti saluti”
Consulenza legale i 07/06/2019
Il problema non va affrontato sotto il profilo fiscale/tributario, nel senso che non è corretto procedere contro l’Agenzia delle Entrate ed i suoi funzionari, i quali non stanno commettendo alcun reato ma anzi si stanno comportando - come si dirà di seguito - correttamente nell'esercizio delle proprie mansioni.

Il modo giusto di procedere consiste, invece, dapprima nell’invalidazione del contratto e successivamente nella richiesta di rimborso all’Erario delle imposte versate.
Ma procediamo con ordine.

Il contratto al quale sia stata apposta una firma falsa è radicalmente nullo, in forza del richiamo, contenuto nell’art. 1418 del c.c., all’art. 1325 c.c.: quest'ultimo elenca i requisiti del contratto, tra i quali l’accordo delle parti.
Se una di queste risulta formalmente aver prestato il consenso ma ciò non corrisponde, nella sostanza, a verità (perché un terzo ha apposto la firma al suo posto) si configura un grave vizio del contratto.

La nullità del contratto può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e si tratta di azione imprescrittibile, ovvero che può essere fatta senza limiti di tempo.

Una volta ottenuta una sentenza che accerta e dichiara la nullità del contratto, si potrà rivolgersi ad un commercialista per la richiesta di rimborso fiscale.

Non è possibile, tuttavia, si noti bene, evitare in anticipo di pagare l’imposta all’Agenzia delle Entrate.

E’ intervenuta infatti sul tema la Cassazione, con l’ordinanza n. 6834/2018.
La Suprema Corte ha chiarito che "la nullità o l'annullabilità dell'atto imponibile non incidono sull'obbligo di chiederne la registrazione, ne su quello, conseguente, di pagare la relativa imposta, tanto principale quanto complementare, ma costituiscono soltanto titolo per ottenere la restituzione dell'imposta assolta”.
La Corte, tuttavia, specifica altresì che non è sufficiente la dichiarazione di nullità dell’atto per ottenere la restituzione dell’imposta ma occorre la presenza di ulteriori presupposti. La restituzione dell’imposta, dunque, è possibile “subordinatamente, pero, non alla mera declaratoria di invalidità dell'atto con sentenza passata in giudicato, bensì all'accertata contemporanea sussistenza di due ulteriori condizioni, rappresentate dalla non imputabilità alle parti del vizio che ha determinato la caducazione dell'atto e dall'suscettibilità di ratifica, convalida o conferma dello stesso".

In ogni caso, si osserva come non sia affatto conveniente, ad avviso di chi scrive, agire per la nullità del contratto ed intentare un procedimento giudiziale – lungo e soprattutto costoso – all’esclusivo fine di richiedere poi il rimborso di un’imposta il cui importo sarà senz’altro modesto o comunque di molto inferiore ai costi necessari per ottenerne il recupero.