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Articolo 659 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Legato a favore del creditore

Dispositivo dell'art. 659 Codice Civile

Se il testatore, senza fare menzione del debito, fa un legato al suo creditore, il legato non si presume(1) fatto per soddisfare il legatario del suo credito(2).

Note

(1) Si tratta di una presunzione che ammette prova contraria.
(2) In senso opposto, la menzione del debito fa presumere che il legato assolva alla funzione di soddisfare il creditore attraverso una datio in solutum, che permette al debitore di liberarsi attribuendo al creditore un bene diverso da quello originariamente dovuto (v. art. 1197 del c.c.).
Qualora il debito menzionato non esista, il legato rimane valido, salvo non risulti che il testatore sia stato indotto a disporre solo nella convinzione di essere debitore del legatario.

Ratio Legis

La norma presume che, in mancanza di indicazione in senso contrario, la volontà del testatore che dispone in favore del proprio creditore sia di attribuire ad esso un beneficio senza con ciò pregiudicare la soddisfazione del diritto di credito.

Brocardi

Legatum debiti

Massime relative all'art. 659 Codice Civile

Cass. civ. n. 706/1990

Ai fini della configurabilità, alla stregua di una lettura a contrario dell'art. 659 c.c., del legato di debito, fatto cioè al creditore dal testatore ad estinzione totale o parziale di un proprio debito, è sufficiente la menzione implicita di tale debito, cioè la sussistenza dell'intento del testatore, desumibile dall'interpretazione delle espressioni adoperate, di adempiere con il legato la propria obbligazione, ancorché il testatore medesimo non abbia piena conoscenza del valore del suo debito e del legato, attenendo tale comparazione al momento della verifica della avvenuta estinzione, totale o parziale, dell'obbligazione del de cuius, il cui importo, ove relativo a prestazioni di lavoro subordinato (nella specie, domestico), deve essere determinato tenendo conto, ai sensi dell'art. 429, terzo comma, c.p.c., anche della svalutazione monetaria verificatasi dalla data di maturazione del legato, coincidente con quello della morte del testatore.

Cass. civ. n. 2306/1985

Il legato a favore del creditore, previsto dalla norma dell'art. 659 c.c., si presume fatto per soddisfare il legatario del suo credito solo nel caso in cui nella scheda testamentaria vi sia menzione del debito, mentre se questa indicazione manca, il legato si presume disposto a titolo di liberalità. In entrambe le ipotesi la presunzione è, però, uris tantumi e può, quindi, essere vinta dalla prova contraria fornita dalla parte interessata.

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Consulenze legali
relative all'articolo 659 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. T. chiede
giovedì 30/03/2023
“Buongiorno, mio padre ha lasciato un testamento, dove dichiara per la costruzione di un fabbricato su una sua proprietà, riconosce un debito a mia sorella, per cui lascia solo a lei il fabbricato e il terreno su cui insiste. Visto che questa struttura è stata costruita interamente a cura e spese di mia sorella, quindi venendo trasferita a lei il debito è soddisfatto, per evitare che in futuro lei avanzi ancora crediti nei confronti di noi eredi, sia suoi che di terzi, cosa possiamo fare per tutelarci.”
Consulenza legale i 02/04/2023
Il punto di forza della vicenda che si sottopone ad esame è dato dalla possibile sussistenza di un accordo tra i coeredi.
Se così è, vi sono alcune specifiche norme che il codice civile detta in materia di successione alle quali è possibile fare ricorso per soddisfare gli interessi di tutte le parti.
Tali interessi consistono:
a) dal lato della figlia, nel vantare un credito nei confronti dell’eredità per aver realizzato a proprie spese una costruzione su suolo di proprietà del padre (credito di cui il de cuius ha espressamente riconosciuto l’esistenza in sede di redazione del testamento);
b) dal lato degli altri eredi legittimari, nel volersi garantire che, dando esecuzione alla volontà testamentaria del padre, la sorella non abbia più nulla a pretendere dell’eredità paterna e soprattutto possa ritenersi integralmente soddisfatta del diritto di credito vantato.

Ebbene, il soddisfacimento dei suddetti contrapposti interessi può conseguirsi facendo ricorso a quanto previsto dagli artt. 557 e 659 c.c.
La prima di tali norme si occupa di disciplinare l’azione di riduzione, azione esperibile dal legittimario in quanto tale, e non in quanto erede, allorchè dovesse essere pretermesso o leso nella quota che la legge gli riserva (si veda l’art. 537 del c.c.).
Nel quesito non viene precisato se l’immobile che il padre ha deciso di lasciare alla figlia sia l’unico immobile facente parte dell’eredità o se vi siano altri beni a comporre l’eredità relitta.
Ad ogni modo, sia nell’uno che nell’altro caso il primo atto che si suggerisce di porre in essere è un atto di c.d. adesione e acquiescenza a testamento, con contestuale e reciproca manifestazione della volontà di rinunciare all’azione di riduzione e, quindi, riconoscendo l’eredità del de cuius devoluta in forza del testamento redatto dal medesimo.
Un atto con tale contenuto risulta indirettamente consentito dal secondo comma dell’art. 557 del c.c., nella parte in cui è detto che i legittimari non possono rinunziare al diritto di agire in riduzione finchè vive il donante (in questo caso il testatore).
Si precisa che la rinunzia all’azione di riduzione è irrevocabile, in quanto ad essa si ritiene che non sia applicabile l’art. 525 del c.c., norma avente carattere eccezionale e riferita solo alla rinunzia all’eredità.

La sottoscrizione di un atto di tale tipo metterà tutti gli eredi, ed in particolare la sorella beneficiaria della disposizione testamentaria, al riparo dal pericolo che entro il termine di dieci anni dall’apertura della successione taluno degli eredi possa decidere di esercitare il diritto potestativo di agire in riduzione, lamentando, appunto, di essere stato leso nel diritto ad ottenere la quota di riserva che la legge gli attribuisce.

Una volta garantito l’interesse della sorella a non essere destinataria di un’azione di riduzione, occorre a questo punto preoccuparsi anche dell’interesse degli atri eredi, a cui si è fatto riferimento sopra sotto la lettera b).
Sotto questo profilo si consiglia di prendere spunto da quanto previsto all’art. 659 c.c., rubricato “Legato a favore del creditore”, norma che pone il principio secondo cui, se il testatore dispone di un legato a favore di un proprio creditore, senza menzionare il debito che ha nei suoi confronti, si presume che la disposizione non abbia lo scopo di soddisfare il legatario del suo credito, bensì quello di attribuirgli una liberalità, sicchè il legatario può pretendere sia il legato che il credito.

Ebbene, applicando al caso di specie il principio dettato da tale norma, può dirsi che nel caso di specie, avendo il testatore voluto attribuire alla figlia il fabbricato ed il terreno su cui quel fabbricato insiste, riconoscendosi debitore nei confronti della medesima figlia in misura pari a quanto da lei speso per la realizzazione del fabbricato, implicitamente tale disposizione deve intendersi come:
1. riconoscimento di debito;
2. manifestazione della volontà di soddisfare quel debito nella sua interezza mediante attribuzione del fabbricato.

Pertanto, nello stesso atto di adesione ed acquiescenza a testamento, a cui sopra si è fatto riferimento, si suggerisce di far rendere alla sorella la seguente duplice dichiarazione:
- di ritenersi integralmente soddisfatta del credito vantato nel confronti del padre per effetto dell’assegnazione del fabbricato oggetto della disposizione testamentaria;
- di volersi impegnare ad assumersi l’obbligo di far gravare esclusivamente su di sé qualunque eventuali ragione creditoria possa essere vantata da terzi in dipendenza della costruzione dell’edificio di cui è divenuta piena proprietaria in esecuzione del testamento.

Questi sono gli accorgimenti che si consiglia di adottare, proponendoli all’organismo di mediazione dinanzi al quale a breve gli eredi dovranno comparire.

Anonimo chiede
domenica 07/02/2021 - Molise
“Salve, ci tengo a precisare che quanto esporrò di seguito più che problemi legati a provvedimenti in corso sono per lo più semplici (forse anche troppo banali) dubbi che vorrei sfatare per evitare eventuali e future complicazioni in merito.

Sono in possesso di un testamento olografo scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal testatore.

Il testatore, mia nonna, è ancora in vita e in tale documento dichiara che:
“Io sottoscritta NOME COGNOME DATA DI NASCITA e CF nelle mie piene facoltà mentali di intendere e di volere dichiaro che i buoni postali n. “…” aperti presso “…” a me intestati, sono in realtà i risparmi di mio nipote NOME COGNOME DATA DI NASCITA e CF . Sono stati a me intestati solo a titolo fiduciario, pertanto detti buoni e relativi interessi sono di proprietà del nipote suddetto.”

Detto ciò pongo le mie domande.

1) Data questa forma, è considerabile a tutti gli effetti, senza fraintendimenti vari, un testamento olografo?

2) Può essere considerato un testamento olografo non disponendo esso per gli eredi diretti per tutto il patrimonio ma solo a favore del nipote per particolari e circoscritti patrimoni?

3) Nel totale del patrimonio di mia nonna (altri patrimoni immobiliari, due case) il totale del patrimonio oggetto del testamento olografo (circa 20.000 euro) rientra facilmente nella quota del patrimonio disponibile? (Il coniuge è defunto, gli eredi diretti sono 4 figlie).

4) Nel caso ci fossero ulteriori buoni postali (intestati a mia nonna ma per i quali vale la stessa situazione sopra esposta) non inclusi nel testamento in oggetto poichè sottoscritti dopo di esso, quale sarebbe l’opzione più fattibile per includerli nel testamento evitando però problematiche di qualunque tipo?
(Sono in grado di adempierle tutte).

•Che mia nonna sottoscriva un altro testamento circa questi altri buoni postali. (Quindi sarei in possesso di due testamenti olografi con date diverse e buoni postali diversi).
•Che mia nonna continui, ampliandolo, il precedente testamento. (Se reputate questa la scelta migliore vi prego di indicarmi come il testatore deve comportarsi nell’apposizione della firma, essendocene già una; e nell’impostazione del testo da aggiungere).
•Che mia nonna sottoscriva un nuovo testamento, includendo quindi anche i buoni elencati nel precedente e poi distruggere il primo testamento. (In questo caso però la data di sottoscrizione dei primi buoni non coincide con quella di sottoscrizione del testamento, nel caso in cui ciò sia un problema).

5) Il testamento deve essere vidimato da marca da bollo e/o timbro del notaio e/o qualsiasi altra forma di vidimazione (a parte la firma) per considerarsi valido?

6) In conclusione vi chiedo se ci sono possibilità di impugnazione in genere per questo tipo di atti da parte degli eredi diretti (4 figlie) in base sia alla normativa che alla giurisprudenza. E se si, come devo comportarmi per prevenirli e possibilmnete evitarli.

Sottolineo ancora una volta che mi rendo ben conto della banalità, se non della totale ovvietà delle domande poste; ma lasciatemelo dire in tutta franchezza, studiando giurisprudenza ho imparato che nel diritto nulla è più lontano dall’ovvio.”
Consulenza legale i 17/02/2021
Il testamento di cui si è in possesso chiama in causa due diversi istituti giuridici, e precisamente quello della intestazione fiduciaria e quello del legato di debito.

L’intestazione fiduciaria prende origine, senza che magari le parti interessate se ne possano rendere conto, da un vero e proprio contratto di mandato o pactum fiduciae (concluso oralmente, o meglio per facta concludentia, non essendo necessaria nel caso di specie la forma scritta), in forza del quale un soggetto (cd. fiduciante, in questo caso il nipote) trasferisce ad un altro soggetto (cd. fiduciario, in questo caso la nonna) beni o diritti, con l’obbligo di amministrarli e gestirli per il soddisfacimento di determinati interessi del trasferente o comuni ad entrambe le parti.

La proprietà dei beni (il denaro) rimane in capo al fiduciante, mentre il fiduciario agisce in base alle direttive impartite dal primo. A seguito di tale intestazione fiduciaria, al fiduciario potrebbero essere attribuiti compiti di sola amministrazione dei valori mobiliari o anche di gestione.
Nel primo caso il fiduciario si limiterà a custodire i buoni postali, ad esercitarne i relativi diritti per poi restituirli ad una certa scadenza; nel caso di gestione, invece, il mandato del fiduciario consiste anche nell’investire e disinvestire i valori stessi in altri valori mobiliari.

Il nostro codice civile, in realtà, non disciplina la figura del negozio giuridico da cui consegue l’intestazione fiduciaria di beni; tuttavia, lo stesso si ritiene ammissibile in base al generale principio dell’autonomia negoziale, secondo cui è pur sempre consentito ai privati stipulare contratti, anche al di fuori dei tipi previsti dalla legge, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.
Questa è la qualificazione giuridica che si ritiene possa essere data al rapporto che si è instaurato tra nonna e nipote a seguito della intestazione alla prima dei buoni postali con denaro che le è stato messo a disposizione dal nipote.
Adesso, il riconoscimento scritto (contenuto nl testamento) che una specifica serie di buoni postali è soltanto intestata fiduciariamente alla testatrice è sufficiente per consentire al nipote, proprietario-fidu­ciante, di pretendere, alla scadenza di tali buoni, il ritrasferimento in suo favore delle somme di denaro utilizzate come capitale per l’acquisto degli stessi buoni.
In tal senso si è espressa la giurisprudenza della Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020, con la quale la S.C. afferma, in sostanza, che non occorre che rispetti la forma scritta anche il negozio fi­duciario, ossia l'accordo con il quale la nonna ha accettato di intestarsi i buoni postali acquistati con denaro del nipote.

Prima della citata sentenza, la tesi dominante nella giurisprudenza della Cas­sazione (cfr. Cass. nn., 6024/1993, 3706/1994, 5663/1998 ,9489/2000,4886/2003, 8001/2011, 11757/2014, 13216/2017) riteneva che, nel caso in cui oggetto del negozio fiduciario fossero stati diritti reali immobiliari, il pactum fiduciae, ossia il negozio giuridico che ne sta a fondamento, doveva avere la forma scritta a pena di nullità, poiché in mancanza di tale forma il fiduciante non avrebbe avuto azione contro il fiduciario (o i suoi eredi) per il ritrasferimento dei beni fiducia­riamente intestati al fiduciario.
A tale tesi dominante si contrapponeva quella della giurisprudenza mino­ritaria, fatta propria in particolare da Cass. n. 10633/2014, secondo cui, invece, in mancanza di un pactum fiduciae redatto per iscritto, era sufficiente per il fiduciante esibire in giudizio una di­chiarazione scritta del fiduciario attestante l'altrui proprietà sostan­ziale e l'impegno a trasferire al fi­duciante i beni, anche immobili, fiduciati.

E’ proprio questo indirizzo minoritario che adesso viene seguito dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza del 2020, affermando esplicitamente che, in assenza di una norma espressa che lo richieda, l'ac­cordo fiduciario non necessita in­defettibilmente della forma scrit­ta a pena di invalidità, ed aggiungendo che la prescrizione di for­ma si intende ugualmente soddi­sfatta in caso di esistenza di una dichiarazione scritta con la quale il fiduciario si impegni a trasferi­re determinati beni al fiduciante, in attuazione del pactum fiduciae (pertanto, il testamento in questo caso adempie pienamente a tale requisito di forma).

Passando adesso ad occuparci dell’inquadramento giuridico di questa dichiarazione sotto il profilo successorio, si ritiene che una disposizione di tale tipo possa qualificarsi come legato di debito ex art. 659 c.c., in quanto la testatrice non si limita a riconoscere in favore del nipote un debito di restituzione delle somme investite nei buoni postali intestati a se stessa (c.d. riconoscimento di debito), ma ne dispone anche sotto il profilo patrimoniale, attribuendogli la qualità di legatario (sotto un profilo prettamente tecnico giuridico, con questa disposizione testamentaria si dà vita ad una nuova obbligazione, producendosi l’effetto estintivo della precedente obbligazione di restituzione).
Si tratta, dunque, di una vera e propria disposizione testamentaria a titolo particolare, la quale conferisce piena validità al documento testamentario che la contiene, con la conseguenza che, alla morte della testatrice, si aprirà la successione legittima (per ciò che compone il patrimonio della de cuius e di cui la stessa non ha disposto) e gli eredi legittimi, nel momento in cui decideranno di accettare l’eredità, saranno obbligati a dare esecuzione a quella disposizione testamentaria.

Quanto fin qui detto, però, vale soltanto per i buoni specificatamente indicati nel testamento, mentre non può valere per eventuali ulteriori buoni acquistati in data successiva alla sua redazione.
Per questi ultimi, dunque, ciò che può consigliarsi è di adottare la seguente soluzione:

a) invitare la nonna a redigere ex novo un testamento, nel quale, dando atto per maggiore sicurezza di voler revocare ogni sua precedente disposizione testamentaria, riportare quanto già scritto in quello esistente per i buoni ivi indicati ed aggiungere il riferimento, seppure generico, ad eventuali altri buoni dello stesso tipo che dovessero rinvenirsi al momento della sua morte (non può creare alcun problema il fatto che non vi sia coincidenza tra la data del testamento e quella di acquisto dei buoni);

b) ogni qual volta verranno acquistati nuovi buoni postali, impiegando denaro del nipote, sarà opportuno redigere una scrittura privata, nel corpo della quale dare atto del patto fiduciario intercorso tra nonna e nipote e da cui fare espressamente risultare che le somme impiegate per l’acquisto dei buoni provengono dal patrimonio del nipote (l’ideale sarebbe allegare alla scrittura eventuale documentazione attestante la provenienza del denaro, come ad esempio gli estremi di un bonifico bancario).

Infine, facendo riferimento a quanto da ultimo chiesto nel quesito, si precisa che, trattandosi di testamento olografo, non occorre apporre alcuna marca da bollo, timbro o firma da parte del notaio.
Unica cosa che può farsi, unicamente per evitare che il testamento possa andare smarrito o essere sottratto, è invitare la nonna a depositare il proprio testamento olografo presso un notaio.