La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito al ricorso, proposto da una società, poi dichiarata fallita, contro una cartella di pagamento per crediti erariali, notificatale dall’Agenzia delle Entrate.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale accoglievano le istanze della contribuente evidenziando, in particolare, come, ai fini della tempestività della proposizione del ricorso introduttivo, la richiesta di rateizzazione da lei avanzata non costituisse un’ipotesi di acquiescenza, né dimostrasse la conoscenza, da parte sua, del debito portato dalla cartella di pagamento.
Rimasta soccombente all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, l’Agenzia delle Entrate ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, denunciando, in particolare, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21 del codice proc. tributario, nonché dell’art. 1988 del c.c., in quanto, a suo avviso, la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel ritenere che il ricorso introduttivo, proposto dalla contribuente, fosse tempestivo, sulla base del presupposto che la richiesta di rateizzazione, da essa avanzata, non costituisse un riconoscimento del debito, non implicando, quindi, la sua effettiva conoscenza.
La Suprema Corte ha ritenuto privo di fondamento il suddetto motivo di doglianza.
I giudici della Cassazione hanno, innanzitutto, ribadito come, sulla base del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia tributaria, non costituisca acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati in una cartella di pagamento, posto che non si può attribuire al puro e semplice riconoscimento dell’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto all’interno di atti della procedura di accertamento e di riscossione, l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario (cfr. Cass. Civ., n. 3347/2017).
Alla luce di tale precisazione, la Commissione Tributaria Regionale, quindi, contrariamente a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate, ha correttamente escluso che l’istanza di rateizzazione avanzata, nel caso de quo, dalla contribuente, costituisse acquiescenza. La Cassazione ha, infatti, rilevato che, ai fini del decorso del termine di impugnazione, la presentazione di un'istanza di questo tipo non comporta l’effettiva conoscenza della cartella di pagamento, posto che è sempre riconosciuta, al contribuente, la possibilità di richiedere la rateizzazione di un pagamento anche per finalità che non presuppongono il riconoscimento del debito, come, ad esempio, al fine di evitare di subire un’esecuzione o l’applicazione di misure cautelari.