Cass. civ. n. 32212/2022
In tema di rapporti patrimoniali tra coniugi separati, la prescrizione del diritto di credito volto ad ottenere la metà del valore dei beni rientranti nella comunione "de residuo" non è sospesa durante la separazione personale, poiché non è configurabile alcuna riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, essendo oramai conclamata la crisi della coppia e cessata la convivenza, a seguito dell'esperimento delle relative azioni; ne consegue che la prescrizione del menzionato credito comincia a decorrere dal momento in cui si scioglie la comunione legale per effetto della separazione e, dunque, da quando il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione, davanti al medesimo presidente, del processo verbale di separazione consensuale, poi omologato.
Cass. civ. n. 6820/2021
In materia di comunione legale tra i coniugi, la separazione personale costituisce causa di scioglimento della comunione, che è rimossa dalla riconciliazione dei coniugi medesimi, cui segue il ripristino automatico del regime di comunione originariamente adottato, con la sola esclusione degli acquisti effettuati durante il periodo di separazione e fatta salva l'invocabilità, "ratione temporis", dell'effetto pubblicitario derivante dalla novella di cui all'art. 69 del d.P.R. n. 396 del 2000, che ha previsto l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio delle dichiarazioni rivelatrici della volontà riconciliativa. (Principio affermato in fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.P.R. n. 396 cit.). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 13/07/2018).
Cass. civ. n. 15692/2020
Qualora un bene immobile, oggetto della divisione, appartenga a coniugi in regime di comunione in comproprietà con terzi, la comunione legale dei coniugi persiste, pur se ne muta l'oggetto: non più la quota indivisa, ma i beni assegnati in proprietà ai coniugi per effetto della stessa divisione; ne consegue che se la divisione è inserita nel processo di espropriazione per un debito di uno solo dei coniugi comproprietari, l'espropriazione comporterà il venire meno della comunione legale sui beni attribuiti nella divisione ai coniugi unitariamente, ma tale risultato si realizzerà solo in sede esecutiva come se, fin dall'origine, fosse stato sottoposto a pignoramento un bene appartenente a loro, per intero, in regime di comunione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 24/09/2018).
Cass. civ. n. 7966/2019
n tema di agevolazioni cd. "prima casa", il trasferimento ad un terzo dell'immobile acquistato con le stesse, per effetto di un accordo tra coniugi in sede di separazione personale, non comporta la decadenza dai benefici fiscali, attesa la portata generale dell'art. 19 della l. n. 74 de 1987, che non distingue tra atti eseguiti all'interno della famiglia e nei confronti di terzi, e la "ratio" della disposizione, volta a favorire la complessiva negoziazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede. (Cassa e decide nel merito, COMM.TRIB.REG. PERUGIA, 18/05/2015).
Cass. civ. n. 33546/2018
L'usufrutto acquistato da entrambi i coniugi permane, nella sua interezza e senza quota, nella comunione legale fra loro esistente fino allo scioglimento della stessa, allorquando cade in comunione ordinaria fra i medesimi coniugi, che divengono contitolari di tale diritto, ciascuno per la propria quota, fino alla sua naturale estinzione. Tuttavia, ove la cessazione della comunione legale avvenga per effetto del decesso di uno dei coniugi, la quota di usufrutto spettante a quest'ultimo si estingue, non potendo avere durata superiore alla vita del suo titolare, salvo che il titolo non abbia previsto il suo accrescimento in favore del coniuge più longevo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 23/12/2013).
Cass. civ. n. 8803/2017
La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi permane sino al momento del suo scioglimento, di cui all’art. 191 c.c., allorquando i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla, essendo venuta meno l’esigenza di tutela del coniuge a non entrare in rapporto di comunione con estranei.
Cass. civ. n. 3808/2014
Il passaggio in giudicato della sentenza di separazione è il fatto costitutivo del diritto del coniuge allo scioglimento della comunione familiare, anche se i beni da dividere siano solo genericamente indicati (nella specie, mobili presenti nell'appartamento comune), in quanto la loro specifica individuazione appartiene alla fase attuativa della divisione.
Cass. civ. n. 5972/2012
In tema di regime patrimoniale della famiglia, lo scioglimento della comunione legale dei beni fra i coniugi si verifica "ex nunc" con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, il quale non è impedito dalla proposizione dell'appello con esclusivo riferimento all'addebito, all'affidamento dei figli ed all'assegno di mantenimento, importando esso acquiescenza alla parte autonoma della sentenza sulla separazione. Tale indirizzo interpretativo non vale soltanto per il futuro, in quanto dal mutamento di esegesi sulla scindibilità della pronuncia sulla separazione dal capo riferito all'addebito, non derivano preclusioni o decadenze per la parte, il cui diritto di azione e difesa non è compromesso, onde non è applicabile il principio in tema di "overruling", secondo cui il mutamento della precedente interpretazione della Corte di cassazione su di una norma processuale non opera nei confronti della parte, che in detta interpretazione abbia incolpevolmente confidato.
Cass. civ. n. 324/2012
Lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi si verifica, con effetto "ex nunc", dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione ovvero dell'omologazione degli accordi di separazione consensuale, non spiegando, per converso, alcun effetto, al riguardo, il provvedimento presidenziale di cui all'art. 708 del codice di rito autorizzativo dell'interruzione della convivenza tra i coniugi, attesone il contenuto del tutto limitato e la funzione meramente provvisoria.
Cass. civ. n. 18619/2003
In materia di comunione legale tra i coniugi, la separazione personale costituisce causa di scioglimento della comunione, che è rimossa dalla riconciliazione dei coniugi, dalla quale deriva il ripristino del regime di comunione originariamente adottato; tuttavia, in applicazione dei principi costituzionali di tutela della buona fede dei contraenti e della concorrenza del traffico giuridico (artt. 2 e 41 Cost.), occorre distinguere tra effetti interni ed esterni del ripristino della comunione legale e, conseguentemente, in mancanza di un regime di pubblicità della riconciliazione, la ricostituzione della comunione legale derivante dalla riconciliazione non può essere opposta al terzo in buona fede che abbia acquistato a titolo oneroso un immobile dal coniuge che risultava unico ed esclusivo del medesimo, benché lo avesse acquistato successivamente alla riconciliazione. (Fattispecie alla quale
ratione temporis non era applicabile l'art. 69, D.P.R. n. 396 del 2000, che ha previsto l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio delle dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione).
Cass. civ. n. 15231/2001
Le agevolazioni di cui all'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, come interpretato e modificato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 154 del 1999, operano — quanto agli atti ed accordi finalizzati allo scioglimento della comunione tra i coniugi conseguente alla separazione — limitatamente all'effetto naturale della separazione, costituito dallo scioglimento automatico della comunione legale, e non competono con riferimento ad atti — solo occasionalmente generati dalla separazione — di scioglimento della comunione ordinaria tra gli stessi coniugi, che ben potrebbe persistere nonostante la separazione.
Cass. civ. n. 266/2000
La trattazione congiunta di cause soggette a riti differenti può attuarsi, secondo le regole di cui all'art. 40 c.p.c. (nel testo modificato dalla legge n. 353 del 1990), soltanto laddove tali cause siano connesse ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.; conseguentemente non è possibile il cumulo in un unico processo della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, soggetta al rito della camera di consiglio, e di quella di scioglimento della comunione su un bene comune dei coniugi, soggetta a rito ordinario, trattandosi di domande non legate da vincoli di connessione ma in tutto autonome e distinte. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di improponibilità in sede di divorzio della domanda di divisione perché incompatibile col rito camerale).
Cass. civ. n. 12098/1998
Ai fini dell'opponibilità ai terzi degli effetti dello scioglimento della comunione derivante dalla separazione personale dei coniugi, con riferimento ai negozi di acquisto di beni immobili (o mobili registrati) contenenti la dichiarazione del coniuge acquirente del proprio
status di separato, deve ritenersi necessaria la sola trascrizione della relativa nota nei registri immobiliari, e non anche l'annotazione del provvedimento di separazione a margine dell'atto di matrimonio (richiesto, invece,
ex art. 193 c.c., con riferimento tassativo alle ipotesi di scioglimento della comunione di cui al precedente art. 191).
Cass. civ. n. 11418/1998
Posto che, ai sensi dell'art. 191 c.c., la separazione personale dei coniugi costituisce causa di scioglimento della comunione dei beni, una volta rimossa con la riconciliazione tale causa si ripristina automaticamente tra le parti il regime di comunione originariamente adottato, con esclusione di quegli acquisti effettuati durante il periodo della separazione.
Cass. civ. n. 6234/1998
Lo scioglimento della comunione legale dei beni fra i coniugi si verifica
ex nunc soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, non spiegando effetti — al riguardo — il precedente provvedimento presidenziale (provvisorio e funzionalmente limitato) con cui i coniugi siano stati autorizzati ad interrompere la convivenza. Da ciò consegue, fra l'altro: 1) che, se in pendenza del procedimento di separazione personale il diritto allo scioglimento della comunione legale dei beni dei coniugi non è ancora sorto (per non essersi compiutamente realizzata la correlativa vicenda costitutiva), neppure — evidentemente — esiste un interesse, attuale e concreto del coniuge a reclamarne la tutela giudiziale; 2) che la declaratoria di scioglimento della comunione non possa essere quindi richiesta antecedentemente alla formazione del giudicato sulla separazione dei coniugi, e la domanda in tale senso eventualmente formulata prima di tale data va dichiarata — come tale — improponibile, non potendosi d'altronde — neppure — farsi ricorso al provvedimento di sospensione del relativo procedimento, in quanto un provvedimento di tal fatta si porrebbe estraneo al paradigma normativo di cui all'art. 295 c.p.c., il quale rende ricollegabile l'istituto della sospensione solo ad un rapporto «sincronico» di interdipendenza logica tra due coevi giudizi, suscettibili di proseguire altrimenti in modo autonomo, e giammai ad un rapporto «diacronico» di succedaneità logico — giuridica tra due giudizi il secondo dei quali (quello — in tesi — pregiudicato), proprio perché subordinato, nella sua promuovibilità, ad un determinato esito dell'altro, non possa — per definizione — entrare con quello in contraddizione.
Cass. civ. n. 11031/1997
La sentenza del giudice di merito che, in relazione ad una domanda di scioglimento di una comunione coniugale (e di conseguente divisione), ne sancisca l'inammissibilità per mancato passaggio in giudicato della sentenza sulla separazione personale e, nel contempo, la rigetti nel merito, consta, in realtà, del tutto legittimamente, di due distinte pronunce, poste, tra loro, in rapporto di alternatività condizionata, poiché la prima contiene una statuizione pregiudiziale di inammissibilità, mentre la seconda si fonda sulla (implicita) condizione negativa della ipotetica non correttezza giuridica della precedente pronuncia pregiudiziale.