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Articolo 1298 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Rapporti interni tra debitori o creditori solidali

Dispositivo dell'art. 1298 Codice Civile

Nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori(1), salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi(2).

Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente(3).

Note

(1) Il debitore che ha adempiuto può agire verso gli altri con l'azione di regresso (1299 c.c.) e può chiedere ad ognuno solo la propria quota.
(2) Ad esempio in caso di fideiussione.
(3) Ad esempio, può disporre diversamente il titolo costitutivo dell'obbligazione, stabilendo che il prezzo di un bene sia dovuto in misura diversa da due acquirenti.

Ratio Legis

La norma salvaguarda i diritti del debitore solidale che ha adempiuto stabilendo che l'obbligazione si ripartisce su ciascuno degli altri condebitori solidali. Se, però, è stata contratta nell'interesse di uno solo è giusto che sia questi a sopportarla per l'intero.

Spiegazione dell'art. 1298 Codice Civile

Disciplina dei rapporti interni — ripartizione in quote — presunzione di parità

L'art. 1298 regola i rapporti interni fra i vari condebitori e concreditori.

Il codice del 1865 regolava questi rapporti solo in relazione alla solidarietà passiva e stabiliva che l'obbligazione in solido si dividesse di diritto fra i vari condebitori, salvo che fosse stata contratta nell'interesse esclusivo di uno di questi, nel qual caso i primi erano reputati come fideiussori del secondo.

II codice vigente opportunamente contempla i rapporti interni anche nella solidarietà attiva e per questa come per quella passiva adotta la stessa regola, cioè dispone la divisione di diritto fra tutti, salvo il caso di obbligazione contratta nell'interesse esclusivo di un soggetto.

Aggiunge pure il codice vigente la regola che il riparto avviene in parti uguali, salvo non risulti stabilita una differente ripartizione. Qui non si precisa donde questa diversità di riparto debba trarre il suo fondamento, ma è chiaro che questo può riporsi nella legge, se dalla legge deriva la solidarietà, nella convenzione, se da questa ultima essa scaturisce.

A questo ultimo risultato può valere — com’è ovvio — tanto la convenzione originaria, che dà vita all’obbligazione, quanto quella successiva, che integri o modifichi la prima.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

48 Alla regola della divisibilità interna dell'obbligazione solidale (art. 35) sono state apportate, rispetto al corrispondente art. 132 del progetto del 1936, le modifiche atte ad escludere la divisione dell'obbligazione quando essa sia stata contratta nell'interesse esclusivo di uno solo, e ad ammettere la possibilità di quote disuguali in base alla legge, alla convenzione o alle circostanze del caso.
49 Mi è parso, infine, inutile proclamare che l'obbligazione stipulata in solido non acquista i caratteri dell'indivisibilità (art. 1203 cod. civ.; art. 159 progetto del 1936): la norma, infatti, vuole fissare una differenza che si desume dalla separata considerazione legislativa della solidarietà e della indivisibilità.

Massime relative all'art. 1298 Codice Civile

Cass. civ. n. 28987/2019

In tema di azione di rivalsa nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest'ultimo deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c., in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all'utilizzazione di terzi per l'adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un'eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile (e oggettivamente improbabile) devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell'obbligazione.

Cass. civ. n. 15454/2019

Nel processo tributario, in tema di formazione della prova critica valgono i medesimi criteri di cui all'art. 2729 c.c., laddove: la "precisione" va riferita all'indizio costituente il punto di partenza dell'inferenza e postula che esso sia ben determinato nella realtà storica; la "gravità" va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d'esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la "concordanza", infine, richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza d'appello che aveva escluso il superamento della presunzione di cui all'art. 1298 c.c. in ipotesi di accertata differenza reddituale tra cointestatari di conto corrente, non riconoscendo a tale circostanza valore indiziario, in mancanza di una regola di esperienza che consenta di correlarla alla riferibilità delle somme, in un determinato periodo, ad uno solo dei correntisti).

Cass. civ. n. 2267/2019

La solidarietà attiva fra più creditori sussiste solo se espressamente prevista in un titolo negoziale preesistente alla richiesta di adempimento, non essendo sufficiente all'esistenza del vincolo l'identità qualitativa delle prestazioni ("eadem res debita") e delle obbligazioni ("eadem causa debendi"). L'interesse a negare detta solidarietà non è attribuibile esclusivamente a ciascuno dei creditori, ma appartiene anche al debitore ai fini di un corretto e non pregiudizievole assetto dei rapporti obbligatori (come si evince dall'art. 1297, comma 2, c.c. limitativo della proponibilità delle eccezioni personali), giacché, nelle ipotesi di solidarietà attiva, il comune debitore non potrebbe opporre, al creditore che gli abbia chiesto l'intera prestazione, le eccezioni personali ad altro creditore e che a questo il debitore medesimo avrebbe potuto, invece, opporre nel caso di obbligazione parziale. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 07/02/2014).

Cass. civ. n. 77/2018

Nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298, comma 2, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo di deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto.

Cass. civ. n. 26991/2013

Nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 c.c., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto.

Cass. civ. n. 2227/2012

La solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo od, in mancanza, in parti uguali. Pertanto, se il creditore conviene in giudizio due debitori sostenendo la loro responsabilità solidale, e venga pronunciata condanna di uno solo di essi con esclusione del rapporto di solidarietà, il debitore condannato, ove non abbia proposto alcuna domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitore solidale non ha un interesse ad impugnare tale sentenza, perché essa non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore.

Cass. civ. n. 4496/2010

In caso di deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato ai coniugi, i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall'art. 1298, secondo comma, c.c., sicché le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente. Per vincere la predetta presunzione, non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro utilizzato per l'acquisto dei titoli, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi i coniugi, ed essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto, del denaro versato in capo a uno dei contestatari.

Cass. civ. n. 4066/2009

Nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall'art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 cod. civ., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto superata la presunzione di comproprietà in relazione ad un conto corrente contestato a zio e nipote, ritenendo provato che i versamenti fossero stati compiuti con denaro appartenente soltanto al primo).

Cass. civ. n. 804/2009

In materia di obbligazioni solidali, la solidarietà dal lato passivo come da quello attivo non rappresenta una qualità aggiuntiva del debito o del credito, assumendo invece rilievo solo nei rapporti interni, in termini di azioni esperibili, dopo il pagamento, tra i soggetti solidali per realizzare il riequilibrio delle posizioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso di poter ravvisare nella domanda di condanna del committente al pagamento del corrispettivo d'appalto, in via solidale a favore della società capogruppo mandataria di un'associazione temporanea di imprese e della società mandante, una domanda implicita di condanna in esclusivo favore della medesima mandataria, una volta esclusa la contitolarità del rapporto obbligatorio in via solidale).

Cass. civ. n. 28839/2008

La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 cod. civ.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto (art. 1298, secondo comma, cod. civ.), ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto detta presunzione di contitolarità superata dalla prova documentale dell'esclusiva provenienza del denaro da uno solo dei contestatari del conto).

Cass. civ. n. 886/2004

Il saldo di conto corrente bancario cointestato, con facoltà di disposizione disgiunta di ciascuno dei contitolari, non può costituire credito «contratto nell'interesse esclusivo» di alcuno dei contitolari del credito stesso, ai sensi del primo comma dell'art. 1298 c.c., perché ciò contrasterebbe con la funzione del contratto di conto corrente bancario, il quale è finalizzato all'espletamento del servizio di cassa in favore — dunque nell'interesse — di tutti i contitolari, i quali, infatti, possono liberamente disporre del saldo attivo. (Nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha conseguentemente negato la rilevanza in giudizio della dedotta prova della causale del versamento alla base del saldo attivo del conto — causale ritenuta dal ricorrente tale da dimostrare la esclusiva spettanza a lui del versamento stesso — perché la censura proposta con il ricorso consisteva nella violazione del primo comma dell'art. 1298 c.c., agli effetti del quale rilevava il credito del saldo costituente il credito solidale in discussione — e non il diverso credito, verso terzi, la cui avvenuta riscossione aveva dato luogo alla provvista).

Cass. civ. n. 8718/1994

Il principio secondo cui l'apertura di un conto corrente bancario intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, rende gli intestatari «creditori o debitori in solido dei saldi del conto» (art. 1854 c.c.), mentre nei rapporti interni, se non risulta diversamente, «le parti di ciascuno si presumono uguali» (art. 1298, comma 2, c.c.) si applica anche al cosiddetto conto provvisorio, caratterizzato dalla immissione nello stesso di danaro cui viene conferita la specifica destinazione dell'acquisto di titoli, ancorché il danaro sia stato versato da uno solo dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo di essi, salvo che si dimostri che il titolo di acquisizione di quel denaro rendeva destinatario dello stesso in via esclusiva il solo cointestatario che poi lo ha versato sul conto.

Cass. civ. n. 202/1972

L'art. 1298 c.c., disponendo che l'obbligazione si divide tra i diversi debitori o creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuni, e che le parti di ciascuno si presumono eguali se non risulti diversamente, fa riferimento a presunzioni semplici, con possibilità di prova contraria, con ogni mezzo, per dimostrare che l'obbligazione stessa sia stata contratta nell'interesse esclusivo di uno di essi.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1298 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Gianluigi D. chiede
martedì 11/08/2020 - Sardegna
“buongiorno.

vorrei esporre una mia. Nel 2008 i miei genitori anziani decisero di fare domanda per essere inseriti presso un ospizio del mio paese, il comune che allora lo gestiva chiedeva all'atto dell'ingresso in struttura (avvenuto nel 2012) di mettere a disposizione per contribuire alla retta, tutti i loro averi (pensione casa, terreni ed eventuali somme di denaro). Dato che nel 2006 avevano già proceduto alla donazione di casa e terreni a noi figli, avevano solo un libretto di risparmi con circa 40.000 Euro che nel 2008 mia madre cominciò a ritirare fino ad azzerare il libretto dando il tutto a me per la custodia in una mia cassaforte. nel 2012 uno dei miei due fratelli ebbe dei problemi giudiziari e con il consenso dei miei genitori circa la metà è stata usata per l'onorario dei difensori pagato tramite contante, prima depositato e successivamente pagato con bonifico bancario dal mio conto, il resto doveva e deve servire per le spese degli eventuali funerali. Altre somme durante questi anni venivano consegnate a mia madre che per svariati motivi li richiedeva. Dal 2016 con un altro mio fratello non siamo più in buoni rapporti e tramite mia madre ha chiesto più volte di avere metà del denaro in questione, naturalmente fintanto sono vivi non ritengo di dover dare dei soldi a lui ( non si sa mai servano per loro), a questo punto con un escamotage ha fatto firmare all'interno dell'ospizio uno scritto a mia madre e mio padre e facendo firmare come testimone un dipendente dello stesso. Sicuramente lo scritto ha come oggetto questa somma che i miei genitori mi hanno consegnato per tutte le incombenze. Tengo a precisare che lui non si è mai interessato di loro e informo che ho aperto loro dal 2012 un conto cointestato anche con me dove confluiscono esclusivamente le loro pensioni e dal quale vengono pagate mensilmente le rette della struttura e prelevati contanti per le medicine . Gentilmente chiedo dato che si è comportato malissimo nei miei confronti e aver picchiato selvaggiamente l'altro fratello se non dovessi restituire quel che resta a titolo di come risarcimento delle sue azioni e dopo aver pagato i funerali , a cosa vado incontro e come posso fare per tutelarmi? che valenza ha quel foglio firmato dai miei genitori? Grazie dell'attenzione .”
Consulenza legale i 29/08/2020
Trattandosi di conto corrente cointestato (ad entrambi i genitori e al figlio) occorre innanzitutto fare riferimento agli artt. 1854 e 1298 del c.c.
L’art. 1854 del c.c. riguarda i rapporti con la banca, e stabilisce che, nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.
Ciò che ci interessa è, semmai, proprio il disposto dell’art. 1298 c.c., che regola invece i rapporti interni tra cointestatari, prevedendo che nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi; le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.
Nel nostro caso, pertanto, almeno in linea teorica, l’eventuale saldo attivo (ma anche l’eventuale passivo) del conto dovrebbe dividersi in tre parti uguali: tuttavia è anche abbastanza agevole dimostrare che deve procedersi ad una suddivisione diversa, dal momento che il conto corrente risulta alimentato esclusivamente dalle pensioni dei due genitori. Naturalmente, sarà interesse degli altri eredi provarlo.
Infatti, alla morte di uno dei genitori la rispettiva quota del saldo attivo del conto cadrà nella successione del defunto, e dovrà essere suddivisa secondo quanto disposto dall’eventuale testamento o, in mancanza di questo, secondo le regole della successione legittima: eredi legittimi saranno verosimilmente l’altro genitore, cioè il coniuge, nonché i figli, secondo la ripartizione stabilita dal codice civile.
Non è invece possibile trattenere la quota del genitore defunto, né tantomeno l’intero importo rimanente sul conto, a titolo di un preteso risarcimento danni nei confronti di uno dei due fratelli.
Infatti l’art. 463 del c.c. prevede una serie di ipotesi di indegnità a succedere. Si tratta però di comportamenti particolarmente gravi, come l’omicidio volontario o il tentato omicidio della persona della cui successione si tratta, o del coniuge, o di un discendente (ad es. figlio), o di un ascendente della medesima, ma occorre che tutto ciò venga accertato con sentenza passata in giudicato.
Nel quesito ci si limita ad affermare che il fratello in questione si sarebbe “comportato malissimo” (senza ulteriori specificazioni), ma nei confronti del fratello scrivente, e che avrebbe “picchiato” l’altro fratello.
Ora, in generale, se vi sono comportamenti che violano un qualche diritto e sono pertanto fonte di un obbligo al risarcimento del danno, si dovrà agire contro il responsabile nelle opportune sedi, civili ed eventualmente penali, sempre che non siano scaduti i termini previsti dalla legge per procedere (ad esempio: termini di prescrizione in sede civile, scadenza del termine per presentare querela, ove necessaria, in sede penale). Ma non è consentito “trattenere” denaro o beni che dovessero cadere in successione (si rischia anche un'imputazione di appropriazione indebita ex art. 646 del c.p.).
Si aggiunga poi che, normalmente, in caso di decesso di uno dei titolari del conto cointestato, la banca provvede a “bloccare” il conto stesso, parzialmente o, più frequentemente, per l’intero importo, per cui diverrebbe difficile disporre delle somme depositate senza prima definire le questioni successorie.
Pertanto, appare indispensabile rivolgersi ad un legale il quale, messo a conoscenza in maniera dettagliata dei fatti, possa esaminare le possibili azioni da intraprendere nei confronti del fratello per i gravi fatti da questo commessi nei confronti degli altri due.
Non è possibile, infine, fornire risposta alla parte del quesito riguardante il documento che i genitori avrebbero firmato, dal momento che non se ne conosce il contenuto.

PIERCARLO C. chiede
sabato 13/07/2019 - Piemonte
“In caso di conto bancario cointestato tra Tizio e Caio, la proprietà dei fondi è considerata al 50% tra di essi anche se solo Tizio ha versato fondi sul conto stesso? Se Caio avesse versato sul conto cointestato solo una trascurabile parte del fondi ivi esistenti, avrebbe comunque diritto al 50% dei fondi stessi?
Grazie.
13/7/2019”
Consulenza legale i 16/07/2019
La normativa generale di riferimento in tema di conti correnti cointestati è contenuta nell’art. 1854 c.c. e nel secondo comma dell’art. 1298 c.c.

Il primo articolo prevede che i cointestatari, nei rapporti esterni, si considerano creditori e debitori in solido del saldo: questo significa che la banca si libera eseguendo la prestazione a favore di uno qualsiasi dei contitolari, i quali, a loro volta, restano solidalmente obbligati (cioè ciascuno per l’intero) nei confronti dell’istituto bancario.
Tale concetto lo troviamo meglio chiarito in una recente pronuncia della Suprema Corte secondo cui:“quando una certa somma sia affluita sul conto, la stessa rientra nella disponibilità di tutti i correntisti, i quali, ex art. 1854 c.c., ne divengono condebitori, restando irrilevante che taluno dei cointestatari non abbia in concreto compiuto operazioni sul conto, atteso che è sufficiente, ai fini della norma suddetta, che avesse titolo per compierle” (Cass. n.5071/2017).

Se invece parliamo dei rapporti interni tra i correntisti (che è poi la domanda oggetto del quesito) occorre far riferimento al secondo comma del sopra citato art. 1298 c.c.
In base a tale norma vi è una presunzione di uguaglianza delle quote, salvo prova contraria.
Questo significa che se, ad esempio, “ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l'altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo” (Cass. n. 4066/2009).
Il principio sancito nell’art. 1298 c.c. è stato ribadito anche nella sentenza di Cassazione n. 77 del 2018 dove leggiamo che: “nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 c.c., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto”.

Alla luce di quanto precede, dunque, la situazione prospettata nel quesito fa propendere per una contitolarità al 50% ciascuno del deposito bancario anche se "Caio avesse versato sul conto cointestato solo una trascurabile parte del fondi ivi esistenti".
Nel caso invece in cui "solo Tizio ha versato fondi sul conto stesso", si potrebbe ipotizzare un superamento della presunzione di contitolarità solo laddove effettivamente il predetto Tizio provi che il conto sia costituito esclusivamente da somme di sua pertinenza.

Anonimo chiede
giovedì 06/12/2018 - Marche
“Due coniugi sposati da 27 anni con matrimonio in regime di separazione dei beni,
Dall'inizio del matrimonio entrambi occupati con contratto di lavoro dipendente a tempo pieno,
gli stipendi di entrambi vengono accreditati nel medesimo conto corrente e da qui prelevati per le spese famigliari e personali di entrambi.
Dopo 5 anni dal matrimonio nascita della figlia e trasformazione dell'orario di lavoro di Lei in partime
Dopo 15 anni dal matrimonio Lui per necessità familiari cambia azienda ricollocandosi con stipendio e mansioni inferiori contratto sempre fulltime
Dopo 22 anni dal matrimonio Lei perde il lavoro per chiusura aziendale sono vani i ripetuti inviti di Lui a cercarsi una nuova occupazione
Attualmente la situazione patrimoniale è la seguente:
Fatto 100 il reddito complessivo di entrambi dalla data del matrimonio ad oggi,
proporzionalmente ai 100 del reddito complessivo,
30 provengono dal reddito di Lei,
70 provengono dal reddito di Lui,
80 sono spesi per la gestione famigliare e spese personali di entrambi e mantenimento Figlia che a tutt'oggi non è economicamente indipendente
20 sono il saldo sul conto corrente,
Per la prima volta i due coniugi non si trovano d'accordo sull'uso dei 20 di saldo,
Il marito ritiene che tutto o gran parte del saldo sia da attribuire a Lui in quanto a sacrificato stipendio e carriera per necessità familiari, ed inoltre si è dovuto fare totalmente carico negli ultimi 5 anni del mantenimento della famiglia, compresi studi universitari ed esigenze della figlia, ed anche tasse per le proprietà della moglie
La moglie ritiene di aver diritto al 50% del Saldo

La domanda è scontata, come andrebbe diviso il saldo

NB. Le cifre esposte sono a titolo esemplificativo, ma che rappresentano la proporzione, il moltiplicatore è a più zeri

Cordialmente”
Consulenza legale i 13/12/2018
Qualora i coniugi, al momento delle nozze o successivamente, abbiano scelto il regime della separazione dei beni, il codice civile prevede che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art. 215 del c.c.).
Ai sensi dell’art. 217 del c.c., ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo. In questo caso, però, il conto corrente di cui trattasi risulta essere cointestato.
Ora, sul punto, l'art. 1854 del c.c. stabilisce che, nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.
Il che significa che, nei rapporti tra i titolari del conto e i terzi - ad esempio la banca - tutti i cointestatari si considerano titolari per l'intero del saldo attivo (o eventualmente di quello passivo) del conto.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti interni tra contitolari del conto corrente, l'art. 1298 del c.c. prevede che l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi. Inoltre le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente: pertanto è ammessa la prova contraria, cioè ciascun cointestatario può dimostrare che il conto corrente sia alimentato con denaro esclusivamente, o prevalentemente, proprio (come riferito in questo caso).
Sul punto si menziona, tra le altre, Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 4066/2009, secondo cui, nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall'art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 cod. civ., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto superata la presunzione di comproprietà in relazione ad un conto corrente contestato a zio e nipote, ritenendo provato che i versamenti fossero stati compiuti con denaro appartenente soltanto al primo).
Pertanto, nel caso in esame il saldo va diviso tra i coniugi in proporzione ai rispettivi apporti sul conto corrente (versamenti o accrediti).
Ciò premesso, appare doverosa una considerazione riguardante i diritti e doveri reciproci dei coniugi previsti dal codice civile. In particolare, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 143 del c.c., entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo.
Pertanto, in un'ottica non puramente economica, l'apporto dato da ciascun coniuge alle necessità familiari può anche non consistere in un arricchimento patrimoniale, ma estrinsecarsi in un maggiore impegno profuso in termini di cura della casa, accudimento dei figli ecc.
Dunque, fermo restando che il criterio di ripartizione del saldo di conto corrente sia quello in precedenza evidenziato, in un'ottica “conciliativa” e di conservazione di rapporti sereni tra coniugi sarebbe opportuno tenere presente anche l'ultima considerazione svolta: ciò per evitare che, ad esempio, nel caso limite del coniuge che non lavori e non fornisca un apporto economico alla famiglia, ma magari si dedichi completamente alle altre sopra citate esigenze familiari, non possa poi disporre di una somma per le proprie spese personali.

Anonimo chiede
lunedì 01/04/2024
“Buongiorno, nel 2008 ho acquistato una casa con mio marito durante il matrimonio, attualmente è casa familiare. Io sono l'unica intestataria della casa, ma entrambi siamo cointestatari del mutuo della suddetta casa, acquistata in regime di separazione dei beni. Nel 2023 c'è stata la sentenza di separazione giudiziale dove il giudice dice:" Essendo come detto dalla donna il mutuo cointestato ed avendo entrambe le parti sostanze per provvedere al pagamento non si ritiene che debba essere resa dal giudice della separazione alcuna pronuncia in merito, trovando applicazione le regole ordinarie ". Nel 2020, c'è stata l'ordinanza presidenziale della separazione dove il giudice non si è espresso dicendo che non era di sua competenza determinare relativamente al mutuo. Da quel momento in poi il mio ex marito ha smesso di pagare il suo 50% del mutuo. La mia domanda è se esiste qualche articolo il quale afferma che gli tocca pagare la metà del mutuo e se posso richiedere le rate pregresse non pagate. Grazie mille.”
Consulenza legale i 05/04/2024
La risposta al quesito è netta: il marito deve pagare alla banca la propria quota del 50% del mutuo cointestato, stipulato insieme alla moglie, e rimborsare a quest’ultima le quote pregresse da lei anticipate.
Con il contratto di mutuo, infatti, e a prescindere dal fatto che l’immobile in questo caso sia intestato solo alla moglie, egli ha assunto precisi obblighi sia nei confronti della banca mutuante (restituzione della somma mutuata, art. 1813 c.c, nonché degli interessi), sia nei confronti della moglie coobbligata.
Infatti di regola in questi casi l’obbligazione delle parti è solidale, il che significa che la banca creditrice può pretendere da ogni mutuatario l’intera somma dovuta, ma nei rapporti interni tra debitori quello che ha pagato l’intero ha diritto di vedersi restituire la quota di competenza dell’altro (art. 1299 c.c.); in mancanza di diversa previsione, le quote si presumono uguali (art. 1298 c.c.).
Nel nostro caso non è intervenuto alcun titolo tale da modificare la situazione appena descritta: non vi è stata alcuna pronuncia di un Giudice che abbia posto il pagamento delle rate a carico della sola moglie, e neppure vi è stato - come peraltro spesso avviene in circostanze simili - un accordo tra le parti con accollo del debito residuo da parte dell’unica intestataria dell’immobile.
L'interruzione dei pagamenti da parte dell'ex coniuge è, pertanto, priva di giustificazione e legittima la ex moglie ad agire per ottenere la restituzione di quanto versato per "coprire" anche la parte di debito del marito.

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