Cons. Stato n. 3871/2019
In materia di espropriazione per pubblica utilità il provvedimento di acquisizione sanante emanato dall'amministrazione, ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, determina l'improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno proposte in relazione all'area di proprietà del richiedente.
Cons. Stato n. 3467/2019
Le controversie sulla spettanza del potere/dovere ex art. 42-bis e delle correlate e presunte responsabilità sono del tutto inutili, in quanto il soggetto che adotta il provvedimento ex art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 e corrisponde il valore venale deve e può rivalersi sul soggetto ritenuto responsabile della illegittimità della procedura espropriativa e condannato a corrispondere il risarcimento del danno, dovendo essere tenuta distinta la questione della responsabilità per l'illegittimità della procedura espropriativa seguita da quella dell'individuazione del soggetto competente all'acquisizione, quale autorità attualmente utilizzatrice del bene.
Cons. Stato n. 3195/2019
La realizzazione di un'opera pubblica su un fondo oggetto di legittima occupazione in via di urgenza, non seguita dal perfezionamento della procedura espropriativa costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, ed è, come tale, inidonea, da sé sola, a determinare il trasferimento della proprietà in favore della P.A. Infatti, l'espropriazione deve sempre avvenire in buona e debita forma, e l'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione, sicché il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente.
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La controversia che ha ad oggetto la restituzione di un suolo, ovvero il risarcimento del danno per la perdita della proprietà del medesimo, occupato d'urgenza, in forza di una dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza, ancorché illegittima perché priva dei termini iniziale e finale dei lavori, e in mancanza del completamento delle procedure di esproprio, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a causa del collegamento della realizzazione dell'opera fonte di danno con la dichiarazione suddetta, senza che rilevi la qualità del vizio da cui sia affetta quest'ultima, in quanto il comportamento della Pubblica Amministrazione è la conseguenza di un assetto di interessi conformato da un originario provvedimento ablativo, espressione di un potere amministrativo in concreto esistente, riguardante l'individuazione e la configurazione dell'opera pubblica sul territorio, cui la condotta successiva, anche se illegittima, si ricollega in senso causale.
Cass. civ. n. 13071/2018
Il risarcimento del danno da occupazione sine titulo integrato dall'importo complessivo del canone di locazione pari alla durata dell'occupazione configura un danno punitivo, se non viene provata la concreta intenzione del proprietario di mettere a frutto l'immobile in questione. Infatti, può accadere che il proprietario di un immobile, per libera scelta, decida di non trarne alcun guadagno.
Cons. Stato n. 3105/2018
La condotta illecita dell'amministrazione, quale che sia stata la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), non può comportare l'acquisizione del bene medesimo, giacché essa configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c., ne consegue che la suddetta condizione di illiceità può cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo; b) di un accordo transattivo; c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti individuati dal Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 3988 del 2015 e n. 3346 del 2014); e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, solo impropriamente definito "acquisizione sanante".
Cons. Stato n. 1778/2017
Deve ritenersi legittimamente adottata una deliberazione con la quale il Consiglio comunale, ai sensi dell'art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, ha disposto l'acquisizione sanante di un fondo privato, illegittimamente occupato per scopi di interesse pubblico, nel caso in cui, in tale provvedimento sia stato espressamente previsto che il trasferimento del diritto di proprietà alla mano pubblica si produrrà solo al momento dell'effettivo pagamento delle somme da parte della P.A. in favore della proprietà, senza alcuna efficacia retroattiva del medesimo provvedimento.
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Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per una controversia proposta dal privato proprietario di un fondo per l'annullamento della delibera con la quale la P.A. che lo aveva illegittimamente occupato, ne ha disposto l'acquisizione sanante ex art. 42-bis, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ove la controversia attenga esclusivamente alla quantificazione dell'importo dovuto in applicazione di detto articolo, non venendo in contestazione l'utilizzo, da parte dell'Amministrazione, di tale strumento né la legittimità dello stesso in relazione alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante.
Cass. civ. n. 8810/2017
In materia di espropriazione per pubblica utilità, la necessità di interpretare il diritto interno in conformità col principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui l'espropriazione deve sempre avvenire in "buona e debita forma", comporta che l'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione, sicché il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente.
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In caso di occupazione usurpativa, la natura permanente dell'illecito perdura fino al momento dell'atto abdicativo della proprietà da parte del privato ovvero dell'azione restitutoria da esso intrapresa, non essendo in sé l'occupazione suscettibile di determinare l'effetto acquisitivo in favore della P.A. Invero la perdita della proprietà da parte del privato, in questi casi, non è conseguenza dell'accessione invertita, essendo l'opzione del proprietario per una tutela risarcitoria, in luogo della pur possibile tutela restitutoria, a comportare un'implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato.
Cons. Stato n. 4457/2016
Ai fini della determinazione dell'indennità di cui all'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, l'Amministrazione - in sede di emissione di un provvedimento di acquisizione sanante - deve prevedere: a) una somma costituita dal valore venale del bene calcolato al momento dell'emanazione del provvedimento de quo; b) in aggiunta, deve prevedere una somma pari al 10% del valore venale per il ristoro del pregiudizio non patrimoniale; c) infine, deve prevedere una somma pari al 5% annuo sul valore venale per il periodo di occupazione illegittima.
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Sebbene l'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 non espliciti la regola per cui il computo dell'indennità va riportato al valore del bene al momento dell'acquisizione sanante, la giurisprudenza è pacificamente orientata in tal senso, atteso che "...la norma prevede bensì la corresponsione di un indennizzo determinato in misura corrispondente al valore venale del bene e con riferimento al momento del trasferimento della proprietà di esso, sicché non vengono in considerazione somme che necessitano di una rivalutazione". L'indennità spettante ex art 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 deve pertanto essere computata con riferimento alla data di emissione del provvedimento, ferma restando la precisazione per cui il valore di mercato va determinato tenendo conto delle caratteristiche attuali del bene e, quindi, anche dell'irreversibile trasformazione del fondo nel frattempo intervenuta.
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L'indennizzo pari al 10% del valore venale che va liquidato in sede di determinazione dell'indennità ex art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, è previsto dalla stessa norma per il solo pregiudizio non patrimoniale e non anche per quello patrimoniale; tale indennizzo costituisce un importo ulteriore, non previsto per l'espropriazione condotta nelle forme ordinarie, determinato direttamente dalla legge, in misura certa e prevedibile, per il quale il privato, in deroga alle regole ordinarie, è sollevato dall'onere della relativa prova. La voce del 10% per il pregiudizio non patrimoniale, infatti, istituisce un meccanismo di liquidazione automatica del citato profilo di danno che prescinde da una specifica allegazione e dimostrazione dello stesso.
Cons. Stato n. 2/2016
Con riferimento a una sentenza avente ad oggetto una domanda demolitoria di atti concernenti una procedura espropriativa, il commissario ad acta può emanare il provvedimento di acquisizione coattiva previsto dall'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327: a) se nominato dal giudice amministrativo a mente degli artt. 34 comma 1 lett. e), e 114 comma 4 lett. d) Cod. proc. amm. qualora tale adempimento sia stato previsto dal giudicato de quo agitur; b) se nominato dal giudice amministrativo a mente dell'art. 117 comma 3 stesso codice, qualora l'Amministrazione non abbia provveduto sull'istanza dell'interessato che abbia sollecitato l'esercizio del potere di cui al menzionato art. 42-bis.
Cons. Stato n. 4777/2015
Il nuovo istituto dell'acquisizione sanante di cui all'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327 - introdotto dall'art. 34 comma 1 D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011 n. 111 a seguito della declaratoria di incostituzionalità per eccesso di delega del previgente art. 43 - è qualificabile come una "sorta di procedimento espropriativo semplificato, che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio, e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento dell'intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma".
Cons. Stato n. 4403/2015
L'istituto dell'acquisizione sanante previsto dall'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327 è tale da porre nel nulla l'eventuale precedente condanna giudiziale alla restituzione del fondo occupato sine titulo, in quanto l'ordine di restituzione non incide sulla struttura dell'istituto stesso che presuppone appunto l'assodata lesione del diritto di proprietà altrui - dal momento che la restituzione è conseguenza dell'accertamento della proprietà dei beni -, non implica effetti costitutivi e non è idoneo a paralizzare un atto di Autorità che consapevolmente viola il diritto di proprietà senza contestarne la titolarità.
Cons. Stato n. 4193/2015
L'obbligo di restituzione del bene illegittimamente occupato nell'ambito di una procedura espropriativa non ricade sul soggetto che ha commesso l'illecito ma, come correttamente evidenzia l'art. 42-bis del D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. espropriazione), su "l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico". E, in effetti, la norma positiva evidenzia un dato di palese e incontroversa ragionevolezza, atteso che sarebbe impossibile imporre la restituzione a un soggetto che non ha più la disponibilità del bene.
Cons. Stato n. 3988/2015
In linea generale deve escludersi che la P.A. possa usucapire aree illegittimamente occupate ed irreversibilmente trasformate nell'ambito di una procedura di espropriazione per p.u., impedendo in tal modo, addirittura, trattandosi di acquisto a titolo originario, che il proprietario possa chiedere l'applicazione dell'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 (sulla c.d. acquisizione sanante), norma la cui costituzionalità è stata riconosciuta dal giudice delle leggi con la recentissima sentenza n. 71/ 2015.
Corte cost. n. 71/2015
In tema di acquisizione sanante è infondata, con riferimento agli artt. 42, 111 comma 1 e 2, 117 comma 1, 3, 24, 97 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327 che disciplina l'utilizzazione senza titolo, da parte della Pubblica Amministrazione, di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, prevedendo che l'Autorità che utilizza il bene possa disporne l'acquisizione, non retroattiva, al proprio patrimonio indisponibile, contro la corresponsione di un indennizzo patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfettariamente liquidato nella misura del 10 per cento del valore venale del bene, mentre per l'eventuale periodo di occupazione senza titolo è computato, a titolo risarcitorio, un interesse del 5 per cento annuo sul valore venale, salva la prova del maggior danno, con la precisazione che le nuove regole valgono non solo quando manchi del tutto l'atto espropriativo, ma anche laddove sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio.
Cass. civ. n. 735/2015
Alla luce della giurisprudenza comunitaria, deve ormai escludersi la possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato. Caduto l'istituto della cd. occupazione acquistiva, in quanto contrastante con i principi affermati dall'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell'art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa.
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Alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, deve ritenersi che, quando il decreto di espropriazione per p.u. non sia stato emesso o sia stato annullato, l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell'Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni; in particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell'occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell'illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e, conformemente a quanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell'occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente.
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Nel caso di occupazioni illegittime della P.A. nell'ambito di procedimenti espropriativi, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell'immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l'opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato; tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l'acquisto della proprietà del fondo da parte dell'Amministrazione (3). La cessazione dell'illecito può aversi, infatti, per effetto di un provvedimento di acquisizione reso dall'Amministrazione, ai sensi del T.U. di cui al D.P.R. n. 327/2001.
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L'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno. Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente.
Cons. Stato n. 2779/2014
In tema di acquisizione sanante il maggior danno previsto dall'art. 42-bis comma 3 seconda parte T.U. 8 giugno 2001 n. 327 non è sempre e comunque dovuto, bensì spetta soltanto se dalla parte interessata viene provato che il danno effettivamente subito è maggiore dall'ammontare dell'interesse del 5% annuo liquidato in ogni caso per il periodo di occupazione abusiva a titolo di risarcimento del danno.
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In tema di acquisizione sanante, nel caso in cui l'indennità dovuta al proprietario coltivatore è calcolata, ai sensi dell'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327, in base al valore venale dei terreni agricoli - che è sempre maggiore del loro valore agricolo medio - viene meno la possibilità di riconoscere gli importi aggiuntivi previsti dall'art. 40 comma 4, ancorché a titolo di maggior danno, considerata anche la tendenziale omnicomprensività dell'indennità riconosciuta nell'ipotesi di acquisizione sanante, potendosi diversamente ritenere palesemente sproporzionato l'importo dovuto dall'Amministrazione ove utilizzi l'art.42-bis già citato.
Cons. Stato n. 2232/2014
Il procedimento di acquisizione sanante previsto dall'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327 può avere applicazione solo dove vi sia ancora da acquisire alla proprietà pubblica il bene, acquisito solo in via di fatto, da cui deriva l'ovvia conseguenza dell'impossibilità di applicare il meccanismo di acquisizione sanante (nella specie valutato in relazione al previgente art. 43 citato T.U.), nei casi in cui la Pubblica amministrazione già risulti titolare dell'area espropriata, in base ad una sentenza del giudice civile che abbia espressamente ravvisato tale titolarità, con una statuizione inequivocabile su cui si è formato il giudicato.
Cass. civ. n. 441/2014
In tema di acquisizione sanante, non è manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 111 e 117 comma 1 Cost. - anche alla luce degli artt. 6 e 1 del I protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955 n. 848 - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modifiche dalla L. 15 luglio 2011 n. 111, il quale ha introdotto l'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327, tenendo presente fra l'altro che: a) la "legalizzazione dell'illegale" non è consentita dalla giurisprudenza di Strasburgo neppure ad una norma di legge, né tanto meno ad un provvedimento amministrativo di essa attuativo, quale è quello che disponga la predetta (reintroduzione dell'acquisizione sanante; b) rivive con la norma in parola la possibilità per l'Amministrazione che utilizza un bene privato senza titolo per scopi di interesse pubblico, di evitarne la restituzione al proprietario (e/o la riduzione in pristino stato) attraverso il ricorso ad un atto di acquisizione coattiva al proprio patrimonio indisponibile, che sostituisce il procedimento ablativo prefigurato dal citato T.U., e si pone, a sua volta, come una sorta di procedimento espropriativo semplificato - con dubbio di elusione delle garanzie poste dall'art. 42 Cost. a tutela della proprietà privata -, il quale assorbe in sé sia le dichiarazione di pubblica utilità, che il decreto di esproprio, e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento dell'intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma.
Cons. Stato n. 4318/2013
Dopo l'entrata in vigore dell'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327, disposto per effetto dell'art. 34 comma 1 D.L. 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011 n. 111, nell'ipotesi di utilizzo di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, la Pubblica amministrazione ha in ogni caso l'obbligo di far venir meno l'occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, dovendo scegliere a tal fine - alternativamente - tra l'emanazione di un provvedimento adottato in base alla disciplina ivi contenuta e - per l'appunto - sanante la situazione di illegittimità determinatasi, ovvero l'immediata restituzione del bene la cui occupazione si sia protratta contra ius previo ripristino dell'area e il pagamento dei danni da illegittima occupazione, senza che l'avvenuta realizzazione dell'opera pubblica precluda l'una l'altra via, tenendo presente che allo stesso tempo, non risulta esclusa dall'ordinamento la possibilità per le parti di accordarsi per una cessione bonaria dell'immobile alla Pubblica amministrazione con contestuale accordo per il ristoro dei danni derivanti dall'occupazione illegittima subita.
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L'art. 42-bis T.U. 8 giugno 2001 n. 327, emanato a seguito della declaratoria di illegittimità dell'art. 43 avvenuta con sentenza Corte costituzionale 8 ottobre 2010 n. 293, non elimina il potere discrezionale dell'Amministrazione di disporre l'acquisizione sanante di un bene immobile che sia stato modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, agendo solo sul piano processuale, non riproponendo lo schema previsto dal comma 2 dell'originario art. 43, che attribuiva alla P.A. la facoltà e l'onere di chiedere la limitazione alla sola condanna risarcitoria ed al giudice il potere di escludere senza limiti di tempo la restituzione del bene, con il corollario dell'obbligatoria e successiva emanazione dell'atto di acquisizione, con l'avvertenza che la disciplina sopravvenuta non norma più, invece, i rapporti tra azione risarcitoria, potere di condanna del giudice e successiva attività dell'Amministrazione, con la conseguenza che ove il giudice amministrativo condannasse, in applicazione dei principi generali, l'Amministrazione alla restituzione del bene, il vincolo del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante della P.A. medesima, salva l'autonoma volontà transattiva delle parti, con conseguente frustrazione degli obiettivi perseguiti dal Legislatore.
Cons. Stato n. 1438/2012
In tema di espropriazioni, la domanda giudiziale volta alla restituzione di un'area privata occupata dalla Pubblica Amministrazione è improcedibile qualora sia stato emanato un provvedimento autoritativo di acquisizione ex art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, anche se i fatti oggetto di causa sono antecedenti all'introduzione di tale normativa. Infatti, il comma 8 dell'art. 42-bis prevede espressamente che la disciplina ivi contenuta sì applica anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore.
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In materia di espropriazione, l'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 che prevede l'emanazione di un provvedimento di acquisizione dei beni immobili privati occupati in assenza di un valido ed efficace decreto di esproprio è conforme ai principi della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Infatti, tale norma consente l'emanazione di un provvedimento espresso e motivato previa valutazione degli interessi in conflitto da parte della P.A. e l'attribuzione dì un indennizzo al privato a seguito dell'emanazione di un provvedimento espresso e motivato.
Cons. Stato n. 6351/2011
Nell'ipotesi in cui sia realizzata l'opera pubblica ed il giudice amministrativo successivamente annulli gli atti ablatori, l'Amministrazione ai sensi dell'art. 42-bis del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella L. n. 2011, valutate le circostanze e comparati gli interessi in conflitto, può decidere se demolire in tutto o in parte l'opera (affrontando le relative spese) e restituire l'area al proprietario, oppure se disporre l'acquisizione (evitando che sia demolito, paradossalmente, quanto altrimenti risulterebbe meritevole di essere ricostruito), con la corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio subito, patrimoniale e non patrimoniale. L'Amministrazione ha dunque l'obbligo giuridico di far venire meno la occupazione sine titulo e cioè deve adeguare la situazione di fatto a quella diritto.
Cons. Stato n. 5844/2011
In sede di risarcimento del danno per illecita occupazione, devono essere valutati "i danni morali" richiesti dall'appellante sulla base del nuovo art. 42-bis del T.U. Espropriazione n. 327/2001, introdotto dall'art. 34 della cd. "Manovra economica 2011" (D.L. 6 luglio 2011, n. 98), il quale, reintroducendo l'istituto dell'acquisizione sanante, prevede che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, anche con riferimento ai fatti antecedenti (comma 8 del predetto art. 42-bis).
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In sede di risarcimento del danno non patrimoniale per illecita occupazione, (trattandosi di obbligazione derivante da illecito extracontrattuale, e quindi di debito di valore), tali somme, determinate con riferimento alla data della trasformazione irreversibile del bene, devono essere rivalutate equitativamente all'attualità sulla base degli indici Istat.