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Articolo 1164 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Interversione del possesso

Dispositivo dell'art. 1164 Codice Civile

Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato.

Ratio Legis

La disposizione riguarda il caso specifico di interversione nel possesso, che differisce dal più ampio istituto previsto dall'art. 1141, comma 2.
Mentre in quel caso il detentore si comporta come fosse possessore della cosa, nella presente ipotesi, chi esercita sul bene un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui, cambia il proprio possesso in un'altra tipologia corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà sul bene.

Brocardi

Possessio de precario, nomine alieno
Possessio uti condominus
Possessio uti dominus

Spiegazione dell'art. 1164 Codice Civile

L'interversio possessionis

L'articolo riproduce la disposizione tradizionale, contenuta negli art. 2115 e 2116 del codice del 1865, e secondo la quale il possessore di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà se non abbia « invertito » il titolo del suo possesso. Si è visto come la norma vada posta in relazione con quella dell'art. 1141 secondo comma, che stabilisce lo stesso principio per ii detentore e come le due disposizioni avrebbero potuto utilmente essere fuse tra di loro e con quella dell'art. 1102 capov. Va però aggiunto come la diversità delle formule usate nelle varie norme non implichi nella sostanza alcuna diversità di disposizioni. L'opposizione fatta dal possessore in nome altrui contro il diritto del proprietario altro non è infatti se non una opposizione contro il possessore, e l'estensione del diritto del partecipante in danno degli altri non può avvenire se non mediante l'usucapione.


Corollari della norma

Dato il tenore dell'art. 1164 è poi chiaro che, per il nuovo codice, così come per quello del 1865 :
a) per l'atto di opposizione idoneo a intervertire il possesso non è prescritta alcuna forma, essendo sufficiente che esso adempia alla « funzione di manifestare l'animo con cui si detiene la cosa o stabilire entro qual tempo e in qual modo l'usucapione incomincia a decorrere »;
b) non è affatto necessario che la « causa proveniente da un terzo » sia portata a conoscenza della persona contro la quale si prescrive;
c) non è neppure necessario che il precarista, che interverte possesso, sia in buona fede;
d) è da considerare terzo anche la persona per conto della quale il detentore possiede;
e) è invece da escludere che possa venir considerato terzo colui che possedeva in nome altrui insieme col prescrivente.

L'ultimo comma dell'articolo precisa che il termine per la prescrizione prende inizio dalla data dell'interversione: il principio vale però solo per l’ usucapione ordinaria, poiché per la prescrizione abbreviata il coordinamento della norma con quelle degli art. 1159 e 1161 porta alla conclusione che il termine cominci a decorrere soltanto dal giorno della trascrizione del titolo.


Soppressione dell'art. 2117 del codice del 1865

Il nuovo codice non ha riprodotto la dichiarazione dell'art. 2117 codice del 1865 per cui « possono prescrivere coloro ai quali i.... possessori a titolo precario hanno ceduto la cosa a titolo di proprietà ». E logicamente, poiché si tratta di una dichiarazione affatto pleonastica e relativa ad una ipotesi che a torto da alcuni si è voluta costruire come una terza specie di interversio possessionis, da collocare accanto alla causa proveniente dal terzo e alla opposizione del detentore.

Certo, se può aver inizio il decorso del termine prescrizionale tanto nell'una che nelle altre ipotesi, ciò è perchè in tutte e tre trovano luogo gli stessi presupposti, non solo cioè viene posto in essere un possesso in nome proprio, ma dell'animus possidendi si ha una non equivoca manifestazione esteriore.

Se però — è stato giustamente rilevato — in vista di tale circostanza si può essere indotti a ricondurre i due casi di interversio di cui all'art. 2116 e quello ipotizzato all'art. 2117 in una stessa più generale categoria, non si deve peraltro dimenticare la notevole diversità delle tre situazioni. Nelle due prime si ha infatti la trasformazione di un possesso precario in possesso in nome proprio nella persona stessa del detentore, laddove nella terza il possesso precario non si trasforma, ma cessa ed è seguito da un possesso completamente nuovo e nella persona dell'acquirente a titolo singolare.

II che spiega anche come in tale ipotesi la manifestazione della volontà di disporre della cosa non come altrui ma come propria, posta in essere dal precarista sia del tutto irrilevante ai fini dell'usucapione, per cui viene in considerazione soltanto il possesso dell'acquirente.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

550 L'art. 1164 del c.c. regola i modi d'interversione del possesso, agli effetti dell'usucapione della proprietà, da parte di chi abbia un possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui. Si richiede in questo caso, in conformità di una norma tradizionale, che il titolo del possesso sia mutato o per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione fatta dal possessore contro il diritto del proprietario. La disposizione non costituisce un duplicato di quella dell'art. 1141 del c.c., secondo comma, la quale non concerne l'ipotesi del possessore che tende a invertire il titolo del suo possesso, ma l'ipotesi del detentore che tende a trasformare la detenzione in possesso, per quanto identici in entrambi i casi siano i modi d'interversione. Il tempo necessario per l'usucapione decorre naturalmente dalla data in cui il titolo del possesso fu mutato. Circa le cause di sospensione e d'interruzione dell'usucapione e il computo dei termini, ho richiamato (art. 1165 del c.c.), nei limiti della loro applicabilità, le disposizioni dettate in tema di prescrizione. Il principio che il codice del 1865 sanciva nell'art. 2121 riceve, nell'art. 1166 del c.c., formulazione più chiara e completa, conforme all'interpretazione che del disposto del codice anteriore dava la migliore dottrina. Nel primo comma, l'articolo 1166 esclude che l'impedimento, che può derivare da condizione o da termine, all'esercizio del diritto, nonché le cause di sospensione della prescrizione enunciate nell'art. 2942 del c.c., e cioè le cause di sospensione stabilite con riguardo alla condizione del titolare del diritto (minori non emancipati, interdetti per infermità di mente, militari in servizio in tempo di guerra, ecc.) — le quali, ai sensi dell'art. 1165, sono anche cause di sospensione dell'usucapione — operino, nell'usucapione ventennale, rispetto al terzo possessore di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile, ossia rispetto a colui che possiede senza titolo o con titolo a non domino: il corso dell'usucapione ventennale non è impedito nè sospeso, ma il possesso continua a produrre i suoi effetti. Nel secondo comma, l'art. 1166 detta una regola analoga in tema di prescrizione dei diritti reali, escludendo che le menzionate cause impeditive o sospensive della prescrizione siano opponibili al terzo possessore nella prescrizione per non uso dei diritti reali sui beni da lui posseduti: questi diritti si estinguono per non uso, nonostante l'impedimento al loro esercizio o la speciale condizione del titolare. L'art. 1167 del c.c. concerne la così detta interruzione naturale. La disposizione è conforme a quella dell'art. 2124 del codice precedente, che ho tuttavia creduto di integrare al fine di chiarire che l'interruzione si ha come non avvenuta se fu proposta l'azione diretta a ricuperare il possesso e questo venne ricuperato.

Massime relative all'art. 1164 Codice Civile

Cass. civ. n. 9100/2018

Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo ("uti dominus"), non ha la necessità di compiere atti di "interversio possessionis" alla stregua dell'art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed "animo domini" della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore.

Cass. civ. n. 26327/2016

L'interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore - rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto dell'avvenuto mutamento - dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d'esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente "animus detinendi" dell'"animus rem sibi habendi". Non rilevano, a tal fine, l'inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi, in questo caso, un'ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, né meri atti di esercizio del possesso, traducendosi gli stessi in un'ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'interversione nel possesso, da parte del conduttore ed ex proprietario del bene poi espropriato, osservando, da un lato, che la stipula di contratti di locazione e la percezione dei relativi canoni, lo svolgimento di opere di manutenzione e la gestione delle utenze, erano tutte condotte non rivolte nei confronti del soggetto espropriante, e, dall'altro, che la proposizione del giudizio di opposizione alla stima e della domanda di retrocessione dell'immobile erano atti comportanti il riconoscimento del diritto di quest'ultimo).

Cass. civ. n. 4701/1999

L'interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d'esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi dell'animus rem sibi habendi; tale manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto di una concreta opposizione all'esercizio del possesso da parte sua. (Nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva escluso l'interversione del possesso in relazione all'installazione, da parte del detentore di un terreno, di un prefabbricato per il ricovero di pecore - opera implicante ai fini in esame i concetti di amovibilità e provvisorietà anche se dotata di un basamento di calcestruzzo -, e all'esecuzione di talune migliorie).

Cass. civ. n. 8032/1994

Con riferimento al principio, di cui agli artt. 1141 e 1164 c.c., per cui, ai fini del possesso utile all'usucapione, è necessaria l'interversione del possesso, specie con riferimento alla situazione di chi sia detentore in virtù di rapporto obbligato, va ritenuto che nel caso in cui un terreno oggetto di rapporto di affittanza agricola, sia stato acquistato da alcuni dei coltivatori, e per gli altri sia proseguita la coltivazione pro quota del fondo, il possesso utile a favore di questi ultimi si configura automaticamente, per il venir meno del rapporto obbligatorio per effetto della vendita, dalla quale decorre il termine per l'usucapione.

Cass. civ. n. 7846/1994

L'art. 1164 c.c. regolando la sola ipotesi che taluno abbia inizialmente esercitato un possesso corrispondente ad un diritto reale su cosa altrui non è applicabile al caso in cui sin dall'origine il possesso si sia estrinsecato in un'attività corrispondente ad un diritto di proprietà o di comproprietà. Pertanto, non essendo necessario alcun atto di interversione dell'usucapione della comproprietà di un cortile da parte di colui che, pur essendo titolare di una servitù di passaggio sul medesimo, assuma di non essersi mai limitato ad esercitare questo solo diritto, ma di essersi sempre comportato sin dall'inizio del possesso rispetto a quel bene come condomino, erroneamente i giudici di merito disattendono la prova testimoniale a tal proposito dedotta, pur riconoscendo che essa ha ad oggetto comportamenti tipici di colui che ha sul bene un diritto di proprietà o di comproprietà.

Cass. civ. n. 5310/1984

Il godimento di un immobile nell'esercizio di un diritto reale di abitazione non costituisce possesso idoneo all'usucapione del diritto dominicale, occorrendo a tal fine un mutamento del titolo del possesso stesso, ai sensi dell'art. 1164 c.c. Pertanto, con riguardo ad un contratto avente ad oggetto la cessione dei godimento di una casa per la durata della vita del beneficiario, la ricorrenza di un atto costitutivo di diritto reale di abitazione, anziché di un rapporto di locazione, non può essere di per sé ravvisata nel carattere irrisorio o simbolico del canone pattuito, sotto il profilo della sua funzione meramente ricognitiva a tutela del proprietario contro la possibilità di usucapione, atteso che una siffatta esigenza cautelativa assume maggiore rilievo proprio nei confronti di chi entra in relazione con la cosa altrui in forza di un rapporto obbligatorio.

Cass. civ. n. 3523/1981

La interversione nel possesso — che non può avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un fatto esterno, da cui sia consentito desumere che il possessore nomine alieno ha cessato di possedere in nome altrui ed ha iniziato un possesso per conto ed in nome proprio — pur potendo realizzarsi anche mediante il compimento di attività materiali che manifestino inequivocabilmente l'intenzione di esercitare il possesso esclusivamente nomine proprio, richiede sempre, ove il mutamento del titolo in base al quale il soggetto detiene non derivi da causa proveniente da un terzo, che l'opposizione risulti univocamente rivolta contro il possessore, e cioè contro colui per cui conto la cosa era detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore ha cessato di possedere nomine alieno e che intende sostituire alla preesistente intenzione di subordinare il proprio potere a quello altrui l'animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione precedentemente esercitata.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1164 Codice Civile

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Carlo A. chiede
lunedì 11/12/2017 - Liguria
“Nel 1962 il proprietario della mia attuale casa con annesso terreno ( vedi schizzo inviato via mail) vende al costruttore l'area destinata alla costruzione del NUOVO Condominio.
Nel rogito si precisa che ai venditori verrà riservato in esclusiva un passo carraio della larghezza di mt 2 per il transito con qualsiasi mezzo a qualsiasi ora verso la NUOVA Strada comunale. La cinzione sarà realizzata dal costruttore mentre sarà compito dei venditori la realizzazione di un cancello per bloccare l'accesso dal lato nuova strada comunale. Al termine dei lavori la situazione si presentava come da schema. La cinzione che separa il passo carraio dai giardini dei condomini del piano terra è assolutamente privo di accessi verso l'area condominiale,mentre un cancello in ferro con tanto di cartello di divieto, sbarra l'ingresso dalla strada pubblica. Nessun cancello è posto all'ingresso lato proprietà venditori. La proprietà sul passo era necessaria per rispettare le normative edilizie vigenti visto che il giardino adiacente passo carraio era largo 2 mt .
Nel 1963 l'immobile, attualmente di mia proprietà, veniva venduto e ,come d'obbligo,nel rogito veniva precisata la situazione di fatto relativa a cancello, passo carraio e relativo diritto esclusivo di transito .Il passaggio era utilizzato e gestito regolarmente da entrambi i precedenti proprietari che detenevano in esclusiva la chiave di accesso. Nel 1979 ,vista l'impossibilità di passaggio anche con veicoli di medie dimensioni a causa della deviazione a 90° a metà percorso, veniva commissionato ad uno studio locale un progetto di ristrutturazione della casa che prevede la costruzione di un box auto proprio all'interno del cancello. Il progetto è disponibile ma non è mai stato presentato per l'approvazione .
Nell'aprile 1980 casa più giardino più passo carraio sono stati da me acquistati . In tale occasione oltre al progetto per il box mi venne fornita copia della sentenza n°1941 del 17-7-1960 che indica per l'appunto l'apposizione di cancello con serratura, fra gli atti che valgono a rivelare univocamente il possesso esclusivo, elemento idoneo all'acquisto per usucapione al termine dei 20 anni prescritti.
Nel medesimo anno (1980) procedevo ad una ristrutturazione straordinaria sulla base di un mio nuovo progetto, tempestivamente approvato dal comune .I lavori si sono protratti per circa un anno e ,visto l'impossibilità di transito con i normali mezzi, i materiali venivano depositati a ridosso del cancello sul quale era esposto il prescritto cartello dei lavori in corso. Nel 1981 ho trasferito abitazione e residenza nella casa ristrutturata e, per i soliti problemi di transito, il tronco iniziale del passaggio veniva usato per deposito carbone per riscaldamento
. Nel 1995 col proprietario del giardino adiacente il passaggio,essendo convinti che da parte mia fosse da tempo intervenuto acquisto per usucapione, troviamo un accordo che risolve i problemi di accesso al suo giardino e alla mia proprietà:
-il vicino apre accesso al giardino lato strada dotandolo di cancello di 2 mt ad un'anta
-io sostituisco il vecchio cancello a 2 ante con un cancello esattamente eguale e simmetrico a quello del vicino
-il vicino elimina il muretto di separazione fra giardino e passaggio
In particolare questo ultimo intervento,eliminando la deviazione a 90°, rende possibile l'accesso di mezzi alla mia proprietà come stabilito nel contratto di compravendita iniziale .Concludo precisando che :
- saltuariamente sia io che i precedenti proprietari, su specifica richiesta. provvedevamo all'apertura del cancello giusto il tempo per smaltire gli sfridi di potatura di un giardino adiacente
- nel 1985 l'amministratore mi scriveva chiedendo di dare la chiave onde permettere l'ingresso ad un'inquilina dei piani superiori per il recupero di oggetti stesi caduti per il vento dal balcone. Immediata la mia risposta scritta di rifiuto, corredata da giustificazioni e da una nota autografa di un vicino di casa a sostegno delle mie argomentazioni.
Mi va in fine di precisare che anche per effetto della piastrellatura del fondo (inizialmente era terra) si è ottenuto un notevole miglioramento estetico per il caseggiato, cosa rimarcata nel sucessivo consiglio condominiale dagli stessi condomini.
Purtroppo nel 2004 -2005 cambia la posizione di alcuni condomini e, tramite amministratore, mi veniva richiesto di acquistare o affittare (a cifre assolutamente fuori mercato ) il terreno su cui insiste il passo
Ciò premesso la mia domanda è :
vista la situazione sopra descritta da un punto di vista giuridico può essere accettata una mia richiesta di acquisizione per usucapione della proprietà oltre che del diritto di transito sul passo carraio ?
Confermo che sono disponibili tutti i documenti citati e ampie testimonianze a sostegno della mia richiesta
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 21/12/2017
La prima questione da affrontare nel quesito in esame, riguarda gli aspetti relativi la costituzione della servitù di passaggio. Quest’ultima, come previsto dall’art. 1031 del codice civile, può essere costituita coattivamente o volontariamente.
Nel caso di specie, stando ai fatti riportati nel quesito, parrebbe che il diritto di servitù si sia costituito per contratto nel 1962. Successivamente a tale data, negli altri atti di trasferimento della casa e del giardino -stando sempre a quanto riportato nel quesito - si è continuato a far menzione del diritto di passaggio.
Del resto, al diritto di servitù pertiene il cosiddetto "diritto di sequela" in quanto il diritto di servitù è opponibile anche nei confronti dei successivi proprietari che sono tenuti a rispettarne l'esercizio.
Nel caso in oggetto, non potendo esaminare i relativi contratti (le foto del cancello, dal punto di vista giuridico, a poco servono) non è chiaro se si tratti di un diritto di servitù prediale ovvero personale (cioè quella che viene definita servitù “irregolare” in quanto non prevista dal nostro ordinamento).
Nel primo caso, il diritto di servitù viene definito prediale (dal latino "praedium", terreno/fondo) proprio per indicare che il vincolo riguarda il fondo e non il proprietario dello stesso.
Nel secondo caso, invece, viene attribuito un diritto esclusivamente per un vantaggio dei soggetti indicati nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria.
Come ha ribadito la Cassazione nella recente pronuncia n.21356 del 2014: “in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., è consentito alle parti di sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti reali su cose altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori. Pertanto, invece di prevedere l'imposizione di un peso su un fondo (servente) per l'utilità di un altro (dominante), in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una qualitas fundi, le parti ben possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria”.
Dovendoci limitare a considerare solo quanto riportato nel quesito, non è possibile affermare con certezza se siamo di fronte ad una servitù prediale di passaggio o ad un irregolare.
Considerato, tuttavia, che più volte nel quesito si parla di diritto “esclusivo” di passaggio, possiamo ipotizzare che si tratti di una servitù irregolare e cioè personale.

Ciò precisato, prima di rispondere alla domanda, occorre dare anche alcuni brevi cenni in merito all’istituto dell’usucapione. Quest’ultimo è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario disciplinato nell’art. 1158 e seguenti del codice civile.
I requisiti sono: il possesso né violento, né clandestino del bene (o comunque, laddove il possesso sia avvenuto in modo violento o clandestino, la violenza o la clandestinità devono essere cessate).
Il possesso deve essere per un periodo di tempo continuo (20 anni per gli immobili e 10 anni se il possesso è stato acquistato in buona fede in base ad un titolo trascritto astrattamente idoneo a trasferire la proprietà).

Fermo quanto precede, la norma su cui focalizzare l’attenzione per rispondere alla domanda è l’art. 1164 c.c. che stabilisce testualmente che: “chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato.”
Quanto previsto in tale articolo serve ad impedire che colui il quale risulta esser titolare di un diritto reale su cosa altrui, possa usucapire la proprietà del bene in mancanza di determinati presupposti.
Nel caso in esame, laddove il diritto consista in un diritto personale e non reale (nel senso sopra esplicitato di una servitù irregolare), possiamo affermare che in astratto si potrebbe ipotizzare un acquisto per usucapione considerato che:
1) il possesso non è stato né violento né clandestino;
2) si è posseduto come se si fosse proprietari (V. anche lavori effettuati nel 1995 e risposta scritta del 1985 alla richiesta dell’amministratore di fornire la chiave);
3) decorrenza del termine ventennale.

Ciò posto, ipotizzando che invece il diritto di passaggio sia piuttosto un diritto reale di godimento, alla luce del sopra citato art. 1164 c.c. per aversi usucapione del diritto di proprietà occorrerebbe individuare il secondo presupposto previsto da detta norma e cioè “l’opposizione fatta contro il diritto del proprietario”.
In tal caso, il termine per l’usucapione decorre per espressa previsione normativa dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato.
Per aversi usucapione, dovrebbe quindi essersi verificata quella che viene tecnicamente definita “interversione del possesso” cioè deve esserci stato un mutamento del possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui in possesso coincidente all'esercizio del diritto di proprietà.
Come ha ribadito la Suprema Corte nella sentenza n.8900 del 2013: "l'interversione idonea a trasformare la detenzione in possesso non può avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un uno o più atti esterni, sebbene non riconducibili a tipi determinati, dai quali sia consentito desumere la modificata relazione di fatto con la cosa detenuta, in opposizione al possessore. L'interversione del possesso, quindi, pur potendo realizzarsi mediante il compimento di attività materiali in grado di manifestare inequivocabilmente l'intenzione di esercitare il possesso esclusivamente nomine proprio, richiede sempre, ove il mutamento del titolo in base al quale il soggetto detiene non derivi da causa proveniente da un terzo, che l'opposizione risulti inconfondibilmente rivolta contro il possessore e cioè contro colui per conto del quale la cosa era detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore ha cessata di possedere nomine alieno e che intende sostituire al preesistente proposito di subordinare il proprio potere a quello altrui, l'animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione, anche soltanto precaria, precedentemente esercitata".

Nel caso in esame, gli atti indicati nel quesito (i lavori eseguiti, l’apposizione del cancello, la risposta scritta di rifiuto trasmessa all’amministratore ecc.ecc.) potrebbero integrare detta interversione del possesso ai fini dell’acquisto per usucapione il cui accertamento in concreto, comunque, sarebbe oggetto di una indagine di fatto rimessa al giudice di merito.

Mauro chiede
giovedì 21/10/2010
“Posseggo la nuda proprietà su un terreno.
I vicini e parenti dell' usufruttuaria, hanno invaso la mia nuda proprietà,
costruendovi addirittura un muro da una parte, e rete metallica con colonnini dall' altra.
Come posso agire contro questi abusi, visto che come nudo proprietario, nessuno mi ascolta.”