Come imposto dalla delega, nell’art. 420
bis si è rimodulata l’intera disciplina dell’assenza, riformulata sulla base della indicazione chiave della lettera a) dell’art. 1 co. 7 l.134/2021, che valorizza, ai fini della possibilità di procedere senza la presenza dell’
imputato, da un lato, l’effettiva conoscenza della pendenza del processo e non già del mero procedimento o della accusa: un parametro che sottende la consapevolezza dell’imputato della fissazione di un’
udienza (nel caso in esame,
preliminare, ma come si vedrà, anche dibattimentale o d’appello).
A questo scopo, nel testo dell’art. 420
bis sono state distinte due situazioni idonee a dare certezza della conoscenza: quella in cui l’imputato è stato citato a comparire a mani proprie o con notifica avvenuta a mani di una persona espressamente delegata dall’imputato al ritiro dell’atto e quella in cui l’imputato ha espressamente rinunciato a comparire o, sussistendo un impedimento ai sensi dell’articolo
420 ter, ha rinunciato espressamente a farlo valere.
Le ultime due situazioni confinano addirittura con la presenza, in quanto è l’imputato a comunicare di voler rinunciare a comparire oppure che consente a che si proceda anche se sarebbe impedito e potrebbe, quindi, avvalersi dei diritti che gli riconosce l’art. 420
ter.
Accanto a queste situazioni, la nuova disciplina, in conformità alla delega e alla direttiva della direttiva (UE) 2016/343 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016 (che costituisce l’altro punto di riferimento decisivo nella predisposizione delle norme in esame), aggiunge quelle situazioni nelle quali, pur non essendovi stata una notifica a mani proprie o di persona espressamente delegata e pur non risultando espressa rinuncia a comparire, la conoscenza della pendenza del processo può comunque ritenersi effettivamente sussistente, perché accertata in base ad un complesso di elementi rimessi alla valutazione del giudice (comma 2).
In questo caso, per offrire al giudice un criterio di valutazione sono stati indicati alcuni elementi sintomatici, idonei a far desumere l’effettiva conoscenza della pendenza del processo: la formula utilizzata esalta le indicazioni della legge di delega che invitano il giudice a dare rilevo, oltre che alle modalità di notifica (potendo ad esempio valorizzarsi, a tal fine, l’esecuzione della notifica presso un
domicilio dichiarato o eletto dall’imputato), a ogni altra circostanza del caso concreto, avvalorando la valutazione giudiziale caso per caso, in netta contrapposizione con il sistema di indici presuntivi attualmente previsti. L’indicazione nel testo di elementi valutativi è meramente esemplificativa, come dimostrato dalla locuzione per cui il giudice può tenere conto «
di ogni altra circostanza rilevante».
Nel comma 3 sono, invece, collocati i casi di volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo. Situazione che include certamente la latitanza, per la quale la delega espressamente prevede che si proceda sempre in assenza e che è ritenuta, anche dalla citata direttiva (UE) 2016/343, caso tipico di sottrazione volontaria alla conoscenza del procedimento e in questa logica, come si vedrà, ridisciplinata, ma che può includere anche altri casi, che non è necessario tipizzare, rispetto ai quali si può affermare che la mancata conoscenza dipende da un comportamento volontario.
Laddove i predetti presupposti per procedere in assenza risultino non sussistere, prima di avviare la procedura prevista dell’art.
420 quater, il giudice dell’udienza preliminare deve disporre ulteriori ricerche finalizzate alla notificazione a mezzo della
polizia giudiziaria dell’avviso di fissazione della medesima e del
verbale d’udienza, dal quale risulta la data del rinvio, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1 co. 7 lett. b l. 134/2021. Una procedura che porterà o a rintracciare effettivamente l’imputato oppure ad acclarare una concreta impossibilità di rintracciarlo.
Peraltro, con disposizione generale è previsto che nello stesso modo il giudice deve sempre provvedere se si avvede, anche successivamente, di aver proceduto in assenza pur in difetto dei presupposti indicati nei primi tre commi dell’articolo in esame. Il giudice rileva il difetto e, salvo che l’imputato sia comparso in udienza (nel qual caso è concesso all’imputato il rimedio
restitutorio), procede a disporre la notifica a mezzo di p.g., per avviare eventualmente la procedura di cui all’art. 420
quater.
Questa previsione esprime il più generale indirizzo che informa tutta la materia in esame e che distingue sempre chiaramente tra casi in cui si è erroneamente proceduto in assenza, pur quando mancavano i presupposti normativi per farlo, e le ipotesi nelle quali, invece, in ragione dei dati a disposizione del giudice, la declaratoria di assenza ha pienamente rispettato i parametri di legge ed era quindi del tutto corretta, ma l’imputato offre successivamente una valida dimostrazione che in realtà egli non aveva una conoscenza effettiva oppure non aveva potuto intervenire tempestivamente senza sua colpa.
Secondo uno schema che emerge anche dall’art.
604 c.p.p. vigente, il quale distingue tra i casi in cui non si sarebbe potuto procedere in assenza, rispetto ai quali prevede che la
sentenza sia dichiarata nulla e quelli in cui, invece, l’imputato prova che l’assenza era dovuta ad una sua incolpevole mancata conoscenza del processo, rispetto ai quali parimenti prevede che la sentenza sia annullata, ma, appunto, previa prova di una incolpevole mancata conoscenza del processo.
In questa logica, quindi, secondo un modulo che si ripeterà in tutto il corso del processo, e che rappresenta la spina dorsale portante del sistema dei rimedi, se, prima della decisione, l’imputato compare il giudice revoca sempre, anche d’ufficio, l’ordinanza che dichiara l’assenza, ma restituisce l’imputato nei termini per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto o in ragione del fatto che la dichiarazione di assenza era errata (ogni qual volta risulti, quindi, che le condizioni per procedere in sua assenza non erano soddisfatte) oppure solo in presenza di precisi presupposti che è onere dell’imputato dimostrare.
Infatti, proprio perché l’assenza risulta ben dichiarata, l’imputato assente che compare è rimesso nei termini solo se dimostra che si è trovato nell’assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto per
caso fortuito,
forza maggiore o altro
legittimo impedimento e che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell’impedimento senza sua colpa.
Parimenti, ma nei soli casi di assenza previsti dall’art. 420
bis, commi 2 e 3 (ossia quando l’assenza è stata correttamente ritenuta provata dal giudice) l’imputato è rimesso nei termini se prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto.