Può domandarsi la divisione anche quando uno o più coeredi hanno goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia verificata l'usucapione [1158 ss. c.c.] per effetto di possesso esclusivo(1) 1102 c.c.].
Può domandarsi la divisione anche quando uno o più coeredi hanno goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia verificata l'usucapione [1158 ss. c.c.] per effetto di possesso esclusivo(1) 1102 c.c.].
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 35067/2022
In materia di successione ereditaria, il coerede, prima della divisione, può usucapire la quota degli altri coeredi, senza necessità di invertire il titolo del possesso, allorché eserciti il proprio possesso in termini di esclusività, ossia in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare l'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", della cui prova è onerato, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa. Peraltro, tale volontà non può desumersi dal fatto che lo stesso abbia utilizzato e amministrato il bene ereditario attraverso il pagamento delle imposte e lo svolgimento di opere di manutenzione, operando la presunzione "iuris tantum" che egli abbia agito nella qualità di coerede e abbia anticipato anche la quota degli altri.Cass. civ. n. 9359/2021
Il coerede che, dopo la morte del "de cuius", sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", risultando a tal fine insufficiente l'astensione degli altri partecipanti dall'uso della cosa comune. (Nella specie la S.C., riformando la pronuncia di merito, ha escluso che possa costituire prova dell'usucapione di un appartamento la circostanza che il coerede, che già vi abitava con il padre, abbia continuato, dopo la morte di questi, ad essere l'unico ad averne la disponibilità). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 10/07/2015).Cass. civ. n. 17876/2019
Ai fini della determinazione dei frutti che uno dei condividenti deve corrispondere in relazione all'uso esclusivo di un immobile oggetto di divisione giudiziale, occorre far riferimento ai frutti civili, i quali, identificandosi nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, ben possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 16/05/2014).Cass. civ. n. 10734/2018
Il coerede che dopo la morte del "de cuius" sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus". Non è, al riguardo, univocamente significativo che egli abbia utilizzato ed amministrato il bene ereditario e che i coeredi si siano astenuti da analoghe attività, sussistendo la presunzione "iuris tantum" che abbia agito nella qualità e operato anche nell'interesse degli altri.Cass. civ. n. 7221/2009
Il coerede che dopo la morte del "de cuius" sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune.Cass. civ. n. 27287/2005
Il coerede il quale, dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri coeredi: a tal fine, lo svolgimento di trattative con gli altri coeredi per la vendita da parte di costoro dei diritti loro spettanti sulla comune eredità non è incompatibile con il possesso esclusivo del coerede possessore che non abbia ancora maturato l'usucapione.Cass. civ. n. 16841/2005
Il coerede o il partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa della cosa comune, dimostrando l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso ma di possesso esclusivo (uti dominus) e senza opposizione per il tempo al riguardo prescritto dalla legge, senza la necessità di compiere atti di interversio possessionis alla stregua dell'art. 1164 c.c., potendo, invece, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole ,tali da evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini della cosa, incompatibili con il permanere del compossesso altrui ; viceversa, non sono al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad un estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore.Cass. civ. n. 5006/1993
Allorché un coerede utilizzi ed amministri un bene ereditario provvedendo, tra l'altro, alla sua manutenzione, sussiste la presunzione iuris tantum che egli agisca in tale qualità e che anticipi le spese anche relativamente alla quota degli altri coeredi. Pertanto, il coerede che invochi l'usucapione ha l'onere di provare, a norma dell'art. 1102 c.c., il mutamento del titolo del possesso, ossia che il rapporto materiale con il bene si sia verificato in modo da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare un analogo rapporto con il bene ereditario.Cass. civ. n. 1933/1993
Quando viene scoperto un testamento che modifica le quote che andrebbero attribuite agli eredi legittimi, il precedente compossesso dei beni ereditari da parte dei predetti eredi (legittimi) non può essere considerato possesso di beni altrui e, quindi, non può essere utile ai fini della usucapione.Cass. civ. n. 2944/1990
In tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti inequivocabilmente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, per cui ove possa sussistere un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva.Cass. civ. n. 3563/1989
In tema di comunione ereditaria, ai fini della usucapione dei beni ereditari prima della divisione è necessario un atto di interversione del possesso da parte del coerede qualora egli eserciti su quei beni, in forza del consenso degli altri coeredi, un possesso «separato» quale mera realizzazione del godimento della propria quota ereditaria (salvo conguaglio in sede di divisione).Cass. civ. n. 3208/1986
In applicazione degli artt. 714, 1141 e 1164 c.c., anche prima della divisione il coerede può acquistare per usucapione la quota o il compendio ereditario per l'intero, ove egli abbia posseduto per il tempo necessario ad usucapire, animo domini, in modo esclusivo ed incompatibile con la possibilità di fatto di un godimento comune con il coerede cui appartiene la quota o con tutti gIi altri coeredi, e ciò senza che sia necessaria, a differenza che nel caso del precarista, un'interversione del titolo del possesso.Cass. civ. n. 1529/1985
In tema di comunione ordinaria ed ereditaria il compartecipe può usucapire la cosa senza necessità dell'interversione del possesso (art. 1164 c.c.), attraverso la semplice estensione del possesso medesimo in termini di esclusività, ma a questo fine non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo, altresì, che detto compartecipe ne abbia goduto in modo obiettivamente inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus. (Nella specie, in applicazione del surriportato principio, non si è ritenuto sufficiente, al fine della prova del possesso esclusivo di un immobile di proprietà comune, l'assunzione da parte di uno dei compartecipi, di tutti gli oneri ordinari e straordinari di miglioria).
SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!
Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo?
Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!
Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.
Riguardo il primo quesito, bisognerebbe comprendere il tipo di azione che si intende intraprendere. Occorre, comunque, fare riferimento al complesso istituto processuale del litisconsorzio.
Riguardo la vendita di un bene comune, nessuno dei comproprietari pro quota può essere obbligato a firmare per ottenere in capo ad altri il trasferimento della proprietà dell'intero bene. Ciascun comproprietario è libero di alienare o meno la propria quota. Solo se tutti i comproprietari desiderano vendere ciascuno la propria quota si arriverà ad un consenso traslativo dell'intero bene. Il fatto, poi, che chi si oppone alla vendita della propria quota, impedendo, di fatto, l'alienazione dell'intero bene, non sia in grado di rilevare le quote degli altri comproprietari non ha rilievo giuridico.
A livello economico, peraltro, è chiaro che il bene sarà assai più difficilmente commerciabile. E se anche il potenziale acquirente decidesse di procedere comunque all'acquisto delle quote dei quattro fratelli che desiderano vendere, in attesa di rilevare, magari in futuro, quella del restante fratello, è chiaro che lo farà cercando di lucrare un risparmio. Le quote indivise di un bene, infatti, valgono notoriamente meno, proprio perché non permettono di arrivare ad ottenere la proprietà piena del bene e costringono, di fatto ad una comunione "forzosa". La quale, spesso, crea problemi nell'amministrazione del bene. Esiste, peraltro, per superare questo genere di problemi, lo strumento previsto dall'art. 1505 c.c., quarto comma, a cui si rimanda.