Cass. civ. n. 27086/2021
Nella divisione ereditaria e in quella ordinaria, il giudice non può procedere al regolamento, sulla massa, dei debiti dipendenti dal rapporto di comunione senza che, in aggiunta alla domanda principale, sia stata anche proposta istanza di rendiconto, mentre, assolto tale presupposto, può autonomamente provvedere, anche in assenza di apposita domanda, alla liquidazione di tale regolamento col sistema dei prelevamenti ovvero con l'incremento della quota, costituendo questa autonoma attività giudiziale, ferma restando la possibilità di deroga pattizia delle norme sull'imputazione e sui prelevamenti, nonché di quelle che stabiliscono l'ordine delle operazioni divisionali.
Cass. civ. n. 17876/2019
Ai fini della determinazione dei frutti che uno dei condividenti deve corrispondere in relazione all'uso esclusivo di un immobile oggetto di divisione giudiziale, occorre far riferimento ai frutti civili, i quali, identificandosi nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, ben possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 16/05/2014).
Cass. civ. n. 15182/2019
L'azione di rendiconto costituisce un'azione autonoma e distinta rispetto alla domanda di scioglimento della comunione, sicché la domanda riconvenzionale con la quale si intende chiedere il rendiconto deve essere proposta, a pena di inammissibilità, con la comparsa di risposta ai sensi dell'art. 167 c.p.c. (Nella specie, la domanda riconvenzionale di rendiconto era stata proposta, tardivamente, per la prima volta, con la memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c., nella formulazione in vigore anteriormente alle modifiche apportate con il d.l. n. 35 del 2005, conv. in l. n. 80 del 2005, applicabile "ratione temporis"). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 28/08/2014).
Cass. civ. n. 5135/2019
Il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, non già l'applicazione dell'art. 1150 c.c. - secondo cui è dovuta un'indennità pari all'aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti - ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per il suddetto bene comune, esclusa la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di debito di valore. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 18/02/2014).
Cass. civ. n. 18857/2018
Nell'ambito dei rapporti tra coeredi, la resa dei conti di cui all'art. 723 c.c., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio, può anche costituire un obbligo a sé stante, fondato - così come avviene in qualsiasi situazione di comunione - sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti; ne consegue che l'azione di rendiconto può presentarsi anche distinta ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione pur se le due domande abbiano dato luogo ad un unico giudizio, sicché le medesime possono essere scisse e decise senza reciproci condizionamenti.
Cass. civ. n. 2148/2014
Il coerede che abbia goduto in via esclusiva dei beni ereditari è obbligato, agli effetti dell'art. 723 cod. civ., per il fatto oggettivo della gestione, sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri eredi a decorrere dalla data di apertura della successione (o dalla data posteriore in cui abbia acquisito il possesso dei beni stessi), senza che abbia rilievo la sua buona o mala fede (nella specie, indipendentemente dalla conoscenza della falsità del testamento), non trovando applicazione, in tal caso, gli artt. 535 e 1150 cod. civ.
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La domanda di rendimento del conto (nella specie, tra coeredi) include la domanda di condanna al pagamento delle somme che risultano dovute, in quanto il rendiconto, ai sensi degli artt. 263, secondo comma, e 264, terzo comma, cod. proc. civ., è finalizzato proprio all'emissione di titoli di pagamento. Ne consegue che non viola l'art. 112 cod. proc. civ. il giudice che, pur senza un'espressa domanda al riguardo, condanni chi rende il conto alla corresponsione delle somme dovute.
Cass. civ. n. 30552/2011
In tema di divisione ereditaria, l'art. 723 c.c. prevede che dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili e degli immobili, si procede ai conti che i condividenti si devono rendere tra loro e, tra l'altro, ai relativi conguagli e rimborsi, ivi compresa la restituzione dei frutti; ne consegue che la domanda di restituzione dei frutti è da ritenere ricompresa in quella di resa dei conti.
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Nell'ambito dei rapporti tra coeredi, la resa dei conti di cui all'art. 723 c.c., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio, può anche costituire un obbligo a sé stante, fondato - così come avviene in qualsiasi situazione di comunione - sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti; ne consegue che l'azione di rendiconto può presentarsi anche distinta ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione pur se le due domande abbiano dato luogo ad un unico giudizio, sicché le medesime possono essere scisse e decise senza reciproci condizionamenti.
Cass. civ. n. 21288/2011
L'azione di rendiconto e quella conseguente di pagamento dell'eventuale saldo - manifestando l'intento di acquisire all'asse ereditario beni ad esso spettanti - rispondono all'interesse di tutti gli eredi e possono essere esercitate da ognuno di questi singolarmente, nell'esercizio dei poteri di gestione dell'eredità e dell'interesse comune, fermo restando, ovviamente, l'obbligo di rendere il conto ai coeredi e di ripartire fra tutti l'attivo ereditario in sede di divisione, senza che siano ravvisabili, in linea di principio, gli estremi del litisconsorzio necessario, trattandosi di iniziativa che non può arrecare pregiudizio ai coeredi, salvo specifica dimostrazione in contrario da parte dell'interessato.
Cass. civ. n. 11519/2011
In tema di divisione giudiziale, qualora al condividente sia assegnato un bene di valore superiore alla sua quota (trattandosi di bene non comodamente divisibile, attribuito al titolare della quota maggiore ex art. 720 c.c.) e, sin dall'apertura della successione, il citato assegnatario si trovava nel possesso dell'intero bene, avendone percepito i frutti, oltre al diritto al conguaglio dovuto agli altri condividenti (regolato nell'ambito del giudizio di divisione), sorge a favore di questi ultimi altresì il diritto alla corresponsione degli interessi, di natura corrispettiva, sul capitale oggetto di gestione pregressa, da determinarsi nel più complesso rapporto di debito e credito relativo ai frutti - eventualmente maturati e non percepiti - prodotti dai beni costituenti la comunione ereditaria e di cui investire il giudice non già con la citata azione di divisione (che concerne il conguaglio sul capitale a tale titolo attribuito), bensì con autonoma, sia pure contestuale, azione di rendiconto, in considerazione della situazione esclusiva di godimento dei beni in comunione per il periodo precedente di indivisione.
Cass. civ. n. 6982/2009
Il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie, può pretendere, in sede di divisione, non già l'applicazione dell'art. 1150, comma quinto, c.c. - secondo cui è dovuta un'indennità pari all'aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti - ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per materiali e manodopera.
Cass. civ. n. 9269/2008
Il gestore di una comunione ereditaria ha diritto al rimborso delle spese necessarie od utili per la conservazione o il miglioramento dei beni comuni ma non può pretendere il pagamento dei debiti verso la massa da parte dei coeredi o legatari, in quanto l'obbligo di versamento, a loro carico, sorge al momento del giudizio di divisione e di resa nel conto e non nei confronti del gestore, privo del potere di rappresentanza della massa ereditaria.
Cass. civ. n. 1144/1995
Con riguardo ai crediti nascenti da un rapporto di comunione a favore di un comunista nei confronti di un altro (nella specie, per rimborso di spese di ricostruzione e di addizioni relative ad immobile in comunione), che non siano mai stati oggetto di accordo, né circa l'ammontare né circa la data del pagamento, la prescrizione può decorrere soltanto dal momento della divisione, cioè dal tempo in cui si è reso (o si sarebbe dovuto rendere) il conto, non essendo configurabile, con riguardo a tali crediti, un'inerzia del creditore alla quale possa riconnettersi un effetto estintivo, giacché l'obbligo della resa dei conti dal momento in cui è sorta la comunione e l'esigenza dell'imputazione alla quota di ciascun comunista delle somme di cui è debitore verso i condividendi traggano origine, appunto, dalla divisione.
Cass. civ. n. 7797/1991
In tema di divisione ereditaria, l'art. 723 c.c. prescrive che i condividenti, nel corso delle operazioni divisionali, si debbono rendere i conti, ma non stabilisce le modalità del rendiconto, né in particolare impone il ricorso a quelle degli artt. 263 e seguenti, c.p.c., la cui adozione, pertanto, è meramente facoltativa ed affidata alle scelte discrezionali del giudice del merito, il quale può preferire indagini e prove di tipo diverso (nella specie, consulenza tecnica).
Cass. civ. n. 5861/1991
Con riguardo ad una comunione la resa dei conti, così come il pagamento delle migliorie, oltre che operazioni inserite nel relativo procedimento di divisione possono costituire anche obblighi a sé stanti, sicché l'azione di rendiconto e quella di pagamento delle migliorie sono autonome e distinte rispetto alla domanda di scioglimento della comunione. Ne consegue che la domanda riconvenzionale con la quale si intende chiedere il rendiconto od il pagamento delle migliorie deve essere proposta, a pena di inammissibilità, con la comparsa di risposta ai sensi dell'art. 167 c.p.c. che ne preclude la proponibilità nell'ulteriore corso del giudizio, a meno che la controparte non abbia accettato il contraddittorio su di essa.
Cass. civ. n. 4633/1991
Nel caso di possesso esclusivo della cosa comune, esercitato da un partecipante alla comunione, il possessore ha in ogni caso l'obbligo, quale mandatario espresso o tacito degli altri partecipanti, di rendere loro il conto dei frutti, così come ha diritto alla contribuzione nelle spese sostenute per i miglioramenti apportati anche in rappresentanza degli altri partecipanti, prescindendo dalla distinzione tra possessore di buona fede o di mala fede, che, ai sensi dell'art. 1148 c.c., ha rilevanza al fine di determinare il periodo per il quale è dovuta la restituzione dei frutti maturati.
Cass. civ. n. 7716/1990
Il condividente di un bene immobile che durante il periodo di comunione abbia goduto l'intero bene da solo senza un titolo giustificativo, deve corrispondere agli altri, quale ristoro per la privazione della utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti al tempo della divisione; frutti che, identificantesi con il corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono — solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione — essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l'immobile.
Cass. civ. n. 1528/1985
Ai fini della determinazione dei frutti che uno dei condividenti deve corrispondere in relazione alla detenzione di un immobile oggetto di divisione giudiziale occorre far riferimento ai frutti civili, i quali si identificano nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri ma non agli utili ricavati dall'esercizio nell'immobile di un'impresa commerciale, in quanto questi non rientrano tra i detti frutti, ma costituiscono i proventi dell'impresa, cioè il prodotto che il detentore consegue impiegando la sua complessiva organizzazione aziendale.
Cass. civ. n. 2505/1976
L'obbligo della resa dei conti tra coeredi, per quanto riguarda i frutti dei beni dall'apertura della successione, e la stessa esigenza di imputare alla quota di ciascun condividente le somme di cui egli sia debitore verso gli altri coeredi, traggono origine dalla divisione e sono collegati positivamente a tale vicenda dalla normativa vigente; nè immuta a tale disciplina il fatto che ad un certo momento la percezione dei frutti compiuta in qualità di erede cessi per dar luogo a raccolta per titolo diverso, perchè il nuovo rapporto che si instaura tra le parti ha per contenuto solo la sorte della futura raccolta dei frutti a venire. Non è perciò ipotizzabile un decorso della prescrizione dell'obbligo del rendiconto per la gestione a titolo di erede che abbia inizio dal momento in cui a tale gestione sia subentrata l'amministrazione nella qualità di mandatario, se non vi sia stata divisione dell'eredità.