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Articolo 769 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Istanza

Dispositivo dell'art. 769 Codice di procedura civile

L'inventario può essere chiesto al tribunale (1) dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli [763] (2) ed è eseguito dal cancelliere del tribunale (3) o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal tribunale (1).

L'istanza si propone con ricorso [125], nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio [c.c. 43, 47] nel comune in cui ha sede il tribunale (3) (4).

Il tribunale (1) provvede con decreto (5)(6).

Quando non sono stati apposti i sigilli, l'inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l'iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte (7).

Note

(1) Il presente articolo è stato modificato da ultimo dal D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, con entrata in vigore dal 31 ottobre 2021.
Il testo dell'art. 769 c.p.c. in vigore dal 31/10/2021 è il seguente:
"L'inventario può essere chiesto al tribunale dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito dal cancelliere del giudice di pace o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal giudice di pace.
L'istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice di pace.
Il giudice di pace provvede con decreto.
Quando non sono stati apposti i sigilli, l'inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l'iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte".
(2) I soggetti legittimati a proporre l'istanza per chiedere l'inventario dei beni ereditari sono gli stessi che ai sensi dell'art. 763 del c.p.c., ovvero l'esecutore testamentario, coloro che possono avere diritto alla successione, i creditori, il pubblico ministero nei casi previsti dall'art. 754 ed il curatore dell'eredità giacente.
(3) Le parole «della pretura» e «la pretura» sono state sostituite rispettivamente dalla parole: «del tribunale» e «il tribunale» ai sensi dell'art. 110, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, recante l'istituzione del giudice unico, a decorrere dal 2-6-1999.
(4) Il ricorso può essere sottoscritto dalla parte personalmente e può essere anche presentato da un notaio che ha ricevuto la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario. Nel ricorso devono essere indicate le ragioni della domanda e deve essere proposto davanti al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
(5) Il tribunale decide in composizione monocratica, mediante decreto soggetto a reclamo e revocabile dallo stesso giudice che lo ha emesso. Si precisa inoltre che tale decreto è impugnabile con reclamo ai sensi dell'art. 739 del c.p.c. e che nello stesso decreto il giudice procede all'eventuale nomina del notaio incaricato della redazione dell'inventario. Durante la formazione dell'inventario il giudice può emettere i provvedimenti diretti alla conservazione dei beni.
(6) Si precisa che l'inventario effettuato senza la preventiva autorizzazione del Tribunale è nullo, con la conseguenza che gli eredi che hanno accettato con beneficio di inventario ed hanno lasciato trascorrere i termini per la redazione dello stesso, confidando nella validità dell'inventario non autorizzato dal tribunale, non acquistano il beneficio di inventario e, pertanto, devono essere considerati eredi puri e semplici.
(7) Tale comma è stato aggiunto dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, convertito con L. 17 febbraio 2012, n. 10.

Ratio Legis

La norma in esame descrive il procedimento per la formazione dell'inventario scindendolo in due momenti. Nel primo viene richiesto il decreto di autorizzazione all'inventario, con la relativa nomina del pubblico ufficiale incaricato mentre nel seconda momento si procede all'esecuzione dell'inventario vero e proprio, cui provvede il cancelliere o il notaio nominato dal giudice o indicato dal testatore.

Spiegazione dell'art. 769 Codice di procedura civile

L'inventario è quell'operazione giuridica attraverso cui si procede all'individuazione ed alla descrizione dei beni ereditari, al fine di accertare la consistenza del patrimonio ereditario e così poter provvedere alla liquidazione dei legatari e dei creditori dell'eredità.
Per quanto concerne la sua natura giuridica, secondo parte della dottrina si tratta di una dichiarazione di scienza in quanto atto descrittivo di un patrimonio, il cui contenuto deve essere veritiero; secondo altra parte della dottrina, invece, si tratta di negozio giuridico dichiarativo, in quanto per mezzo di esso viene delimitata ed individuata l'effettiva consistenza dell'entità patrimoniale.
Oggetto di inventario sono tutti i beni, sia mobili che immobili, che appartenevano al defunto; per i beni mobili si procede contestualmente alla loro stima e custodia.

La legittimazione a proporre l'istanza per la formazione dell'inventario compete a tutti i soggetti che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli, ovvero l'esecutore testamentario, coloro che possono avere diritto alla successione, i creditori, nonché il pubblico ministero nei casi previsti dall’art. 754 del c.p.c..
L'inventario può essere ordinato dal giudice ogni volta in cui si riscontri un'alterazione dei sigilli ex art. 767 del c.p.c. comma 2.

Il procedimento per la formazione dell'inventario si divide in due distinte fasi:
  1. nella prima fase vi si fa rientrare l’ottenimento del provvedimento di autorizzazione dell'inventario e la designazione del pubblico ufficiale che vi dovrà provvedere;
  2. la successiva fase è quella di attuazione del provvedimento in oggetto.

Salvo che si proceda d’ufficio, la prima fase ha inizio con un'istanza al giudice competente, la quale si propone con ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo di apertura della successione.
E’ questa un’ipotesi di competenza per territorio funzionale e perciò inderogabile (l'eventuale provvedimento reso da giudice incompetente sarebbe nullo).
Il richiedente deve indicare nel ricorso la residenza o il domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, indicazione che si presenta come strumentale alla comunicazione dell'avviso del giorno, del luogo e dell'ora in cui avverranno le operazioni di inventario prevista dall'art. 772 del c.p.c..
Oltre alle indicazioni previste dalla norma in esame, il ricorso, in quanto atto di parte, deve anche avere il contenuto di cui all'art. 125 del c.p.c., ed in particolare deve enunciare le ragioni della domanda, ovvero l'esistenza del diritto e il pericolo di dover subire un danno.

A seguito di tale istanza, il giudice decide con decreto non impugnabile, in forza del quale designa il cancelliere del tribunale del luogo di apertura della successione ovvero un notaio a procedere all'inventario.
Non occorre alcuna nomina se il testatore ha provveduto ad individuare con testamento il soggetto che deve eseguire l'inventario; in tale ipotesi, infatti, occorre un'istanza con cui si chiede di investire il notaio così designato delle funzioni d'inventariazione.
A seguito del provvedimento di nomina il notaio assume le funzioni e le responsabilità proprie di un ausiliario del giudice; l’inventario da lui redatto, in quanto proveniente da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, ha natura di atto pubblico.

Fattispecie diversa è quella dell'inventario convenzionale, espressione con cui ci si riferisce all’inventario redatto dalle parti senza l'assistenza del pubblico ufficiale, il quale assume il contenuto e il valore di reciproche confessioni. In questo caso si parla di inventario stragiudiziale o semplice, redatto in contraddittorio, in cui la descrizione e individuazione dei beni viene effettuata in accordo tra le parti.

Il quarto comma della norma introduce la possibilità di procedere in via accelerata ed extragiudiziale all’inventario, disponendo che, fintanto che non siano stati apposti i sigilli, l'inventario può essere chiesto direttamente dalla parte che ne abbia interesse al notaio designato dal defunto nel testamento o, in mancanza di designazione, scelto dalla parte medesima.

Massime relative all'art. 769 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 5407/2012

In tema di imposta sulle successioni, il chiamato all'eredità che abbia dichiarato di accettarla con il beneficio di inventario deve completare l'inventario stesso nei tre mesi successivi (sei nel caso di proroga) alla pronuncia del decreto con il quale il giudice, ex art. 769 c.p.c., nomina il soggetto (cancelliere o notaio) deputato alla redazione dell'inventario, e non alla data della dichiarazione, perché, altrimenti, il decorso del periodo necessario per l'adozione del provvedimento renderebbe obiettivamente incerta l'idoneità del lasso di tempo residuo ad assicurare l'espletamento delle operazioni. Ne consegue che, in caso di accettazione dell'eredità ex art. 484 c.c., il termine per la presentazione della dichiarazione di successione decorre dalla scadenza di quello fissato nel decreto del giudice per la formazione dell'inventario.

Cass. civ. n. 2721/2010

In tema di accettazione di eredità con beneficio di inventario, il decreto con il quale il tribunale rigetta l'istanza di proroga del termine per la redazione dell'inventario non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, esso chiude un procedimento di tipo non contenzioso privo di un vero e proprio contraddittorio e non statuisce in via decisoria e definitiva su dette posizioni, stante la sua revocabilità e modificabilità alla stregua dell'art. 742 c.p.c.

Cass. civ. n. 922/2010

Il decreto che autorizza la formazione dell'inventario, ai sensi dell'art. 769 c.p.c., e quello che concede la proroga del termine per la redazione del medesimo sono provvedimenti emessi all'esito di un procedimento di cui è parte il solo istante e nel quale il giudice si limita ad accertare la riconducibilità del medesimo alle categorie di persone aventi diritto alla rimozione dei sigilli ai sensi dell'art. 763 c.p.c.; ne consegue che tali provvedimenti, non contenendo alcuna decisione in merito alla capacità a succedere del soggetto richiedente, sono riconducibili alla giurisdizione volontaria, e quindi privi del carattere di decisorietà e inidonei a passare in giudicato, con la conseguenza che non sono impugnabili col ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 10446/2002

La legittimazione a richiedere l'inventario dei beni del defunto ex art. 769 c.p.c., conseguente all'accettazione beneficiata dell'eredità, spetta alle persone che hanno diritto alla rimozione dei sigilli ai sensi dell'art. 763 c.p.c. anche quando l'apposizione dei sigilli ai sensi dell'art. 763 c.p.c., misura di natura tipicamente cautelare e che può quindi anche mancare, non sia stata in concreto disposta.

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Consulenze legali
relative all'articolo 769 Codice di procedura civile

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Anonimo chiede
venerdì 02/09/2016 - Veneto
“Buon giorno
Recentemente è venuta a mancare mia madre. Mio padre se n’era andato 25 anni fa lasciando moglie e due figli, io e mio fratello, più vecchio di me di 15 anni.
Il patrimonio di mio padre, costituito da case, partecipazioni e soldi, era tutto intestato a lui e gestito da lui.
Alla sua morte, in assenza di testamento, la successione è avvenuta secondo legge, a parte i conti bancari che sono stati girati integralmente a mia madre.
Mia madre si è disinteressata da subito della gestione delle sue finanze delegando mio fratello per qualsiasi cosa e sembra che l’abbia fatto anche bene.
Per le pratiche di successione mi sono però accidentalmente imbattuta in un documento che rischia di modificare radicalmente la situazione. Nell’estratto dell’atto di morte di mio padre ho notato una discrepanza e ho pensato subito ad un errore. Risultava che mio padre fosse deceduto nel pomeriggio mentre ricordavo bene che avvenne di mattina.
Ho chiesto ad un amico funzionario di banca e ho appreso che, se non è prassi, però ancora oggi capita che, alla morte di uno dei coniugi, le banche “facilitino” il passaggio del saldo del conto corrente al coniuge superstite prendendo qualche scorciatoia procedurale.
Questa è una scoperta che mi fa sorgere più di un dubbio.
Basterebbe mettere a confronto gli ultimi movimenti bancari di mio padre con i primi di mia madre ma mio fratello non ne vuole parlare, dice che non c’è più la relativa documentazione e con le banche, temo che sarà ancora peggio perché, legalmente, non sono tenute a conservare documentazione oltre i 10 anni.
Io ho sempre avuto grande fiducia in mio fratello e ce l’ho ancora. Non ho mai dubitato di lui, sinora, prima del suo silenzio sulla questione sopra descritta e prima che lui si rifiutasse di condividere con me l’esame delle “carte” della mamma, anche alla ricerca di eventuale testamento (pare non ci sia).
Credo di avere anch’io, anche se in ritardo, il diritto di conoscere l’ammontare della liquidità travasata da mio padre a mia madre. Quello che non posso avere dalle banche lo posso chiedere a mio fratello, sì o no?
E la sua risposta è pura cortesia o posso in qualche modo costringerlo a farlo?
Le carte della mamma non sono anche mie? La corrispondenza bancaria intestata a mia madre, come prima, anche dopo la morte continua ad arrivare alla residenza che ora è solo di mio fratello: ma è solo sua?
Se si trattasse di beni o gioielli verrebbe la tentazione di denunciarlo per appropriazioni di beni (anche) altrui, ma trattandosi di “informazioni, carte, note, scritture” di cosa lo posso accusare?
Può lui permettersi di rispondermi, a fronte delle mie richieste di accesso e condivisione, che “non appena saranno pronte le carte per la successione, mi farà sapere consegnandomi la documentazione”?
Devo subire anche la scelta del notaio e di eventuali periti stimatori per la valutare dei beni di casa ma anche delle partecipazioni societarie nel caso decidessi di farmi liquidare? E il costo di questi di chi sarebbe a carico?
Devo trovare il modo, ma non so quale, senza accusare mio fratello di alcunché rispetto alla gestione dei soldi di nostra madre, attraverso il quale costringere lui (e anche le banche, se fosse ancora possibile) a mettere a disposizione tutta la documentazione bancaria a partire da quella ultima di mio padre e tutta quella di mia madre, compresa anche le sue cose personali e la sua corrispondenza personale.
Mi potete cortesemente dire cosa posso fare per vedere le carte e, come scritto nel Vs sito, fornirmi l’“inquadramento giuridico del problema , con l'indicazione di tutte le soluzioni possibili e delle probabilità di successo in un'eventuale causa legale?”
Grazie


Consulenza legale i 09/09/2016
E' indubbio il diritto dell’erede a conoscere esattamente la consistenza del patrimonio ereditario.

Se, quindi, nel caso di specie, la finalità è quella di ricostruire quelli che sono stati i movimenti bancari del conto corrente della madre defunta – per poi risalire anche a quelli del conto paterno, confluito nel primo – l’unico modo è quello, ad avviso di chi scrive, di utilizzare gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per, come già detto, individuare l’esatta consistenza del patrimonio ereditario della defunta, piuttosto che “passare” attraverso il diritto di accesso ai documenti bancari.

Per quanto riguarda, infatti, il diritto di accesso alla documentazione bancaria, correttamente ci si pone il problema del decorso del tempo.
Due sono i riferimenti normativi in materia: il Testo Unico Bancario (Decreto Legislativo n. 385/1993) e il Codice della Privacy (Decreto Legislativo n. 196/2003).
L’art. 119 del Testo Unico Bancario afferma che "il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione".

Il Codice della Privacy riconosce (articoli dal 7 al 10) il diritto di accesso ai dati personali riferiti a persone decedute da parte di chi ha un interesse proprio (sull’esistenza del quale in capo all’erede la giurisprudenza è concorde), o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

Pertanto, si può risalire, con la richiesta alla Banca, alle informazioni relative al conto corrente del defunto solamente entro il limite dei dieci anni.

Altra strada – limitata, tuttavia, anche questa, all’esame delle proprietà della madre defunta, per poi cercare solo indirettamente di comprendere cosa sia “avvenuto” del denaro e delle proprietà del padre – è quella di procedere con una richiesta di inventario, ai sensi degli articoli 769 e seguenti del codice civile.

Si tratta di un procedimento che prende avvio da un’istanza al Tribunale e che viene poi materialmente eseguito dal cancelliere o da un notaio, in questo caso scelto dalla parte istante. Serve ad elencare, descrivere e valutare nel dettaglio tutti i beni del patrimonio ereditario, individuando anche le passività.

Altra importante azione finalizzata alla conservazione e custodia del patrimonio materno, al fine di preservarlo da eventuali "furti", perdite e/o manomissioni (ciò con riferimento in particolare ai documenti), è l'apposizione dei sigilli (art. 752 e seguenti del cod. proc. civ.).
Tale procedimento consiste, in pratica, nella pubblica assunzione della custodia dei beni ereditari, totale o parziale. Si procede con ricorso al Tribunale, a cui sono legittimati diversi soggetti, tra i quali coloro che hanno diritto alla successione.
In particolare, per quel che qui ci interessa, l'art. 757 cod. proc. civ. stabilisce: "Se nel procedere all'apposizione dei sigilli si trovano testamenti o altre carte importanti, il giudice provvede alla conservazione di essi. Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui sigillato e sottoscritto, in presenza delle parti, fissando il giorno e l'ora in cui emetterà i provvedimenti cautelari".
E' evidente che si tratta di procedimento che garantisce la massima protezione ai beni da esso interessati; tuttavia, è altresì evidente - con riferimento alla fattispecie concreta in esame - che ciò che sia già stato eventualmente asportato dalla casa materna non potrà più ormai essere preservato.

Per quanto riguarda, ancora, le “carte”, ovvero eventuale documentazione (corrispondenza, polizze, certificati, ecc.), anche di natura personale (lettere, fotografie. ecc.) intestata e/o appartenente alla defunta, tutti gli eredi di quest’ultima avranno il pieno diritto di visionarli, dal momento che si tratta, a tutti gli effetti, di beni appartenenti al patrimonio ereditario ed al contenuto dei quali hanno quindi un interesse diretto e proprio tutti gli eredi.

Sotto questo profilo, una possibilità di farsi consegnare tali documenti - ovviamente quelli dei quali si sappia che sono detenuti da altri - è la promozione di un’azione avanti al Tribunale chiamata “petizione di eredità” (art. 533 cod. civ.), alla quale è legittimato, appunto, l’erede che chieda la restituzione dei beni rientranti nella successione al terzo che li detenga, anche a titolo di erede (come, in questo caso, appunto il fratello). Si tratta di azione imprescrittibile.

Infine, per quanto riguarda un’eventuale liquidazione della propria quota di eredità, si potrà procedere con un’azione giudiziale di divisione: anche quest’ultima prevede una fase di esatta individuazione e descrizione del patrimonio ereditario, per cui sarebbe anch’essa utile a ricostruire la documentazione che attualmente è detenuta da un solo erede oppure dalla banca.

In primo luogo va ricordato che prima di avviare una causa relativa ad una divisione è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato. Se poi la mediazione non riesce, la richiesta di divisione giudiziale può essere fatta in qualunque momento, anche a distanza di molti anni dall’apertura della successione, non essendo previsto alcun limite temporale.

La divisione giudiziale può avvenire su domanda di uno solo degli eredi nei confronti di tutti gli altri davanti al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.

l processo di divisione davanti al Giudice è strutturato in due fasi: la prima ha per oggetto la verifica del diritto di ciascun coerede a conseguire la propria quota ereditaria e la seconda è volta alla formazione delle porzioni di beni corrispondenti a ciascuna quota e alla loro attribuzione a ciascun coerede.

La prima fase viene sempre gestita esclusivamente dal Giudice, mentre la seconda – che prevede la definizione della massa da dividere, la formazione delle porzioni e l’attribuzione di ciascun lotto a ciascun coerede - può essere delegata dal Giudice a un notaio.

Esiste anche la divisione giudiziale a domanda congiunta”, di cui all’art. 791 bis-bis c.p.c., chiamata così perché il ricorso è presentato, di comune accordo, da tutti gli interessati.

In entrambi i casi, le spese, secondo la giurisprudenza, vanno a carico della massa ereditaria perché sono sostenute nell’interesse di tutti i coeredi.

Per una disamina più approfondita del caso sarebbe opportuno però disporre di maggiori informazioni.

Carmelo T. chiede
giovedì 07/07/2016 - Sicilia
“Quadro generale: accettazione di eredità con beneficio di inventario da parte di 4 eredi. Eredità costituita da 2 immobili ubicati in F. e a S.
Chi scrive è uno degli eredi. Poiché risiedo all'estero conferii delega per agire a mio nome ad una sorella coerede. Questa affidò l'incarico di procedere all'inventario ad un avvocato, che venne a rappresentare tre eredi. Un quarto erede preferí rivolgersi ad altro legale. Il procedimento per la formazione dell'inventario ebbe termine il passato 1º giugno. Lo scrivente sospetta che le modalità applicate per lo meno da uno dei legali possano essere state arbitrarie ed abusive, comunque non finalizzate ai criteri di trasparenza, efficienza e riduzione dei costi. In effetto, i due avvocati incaricati iniziarono il procedimento in modo pressoché simultaneo, ma senza coordinazione fra di loro. Non ci fu trasparenza. Lo scrivente non fu mai informato dei dispositivi di legge utilizzati per il fine perseguito, ed esplicite richieste al legale incaricato rimasero senza risposta. Questo stesso professionista richiese somme, a titolo di anticipo, anche per effettuare viaggi da S. a F. allo scopo di contattare di persona il notaio rappresentante gli eredi non residenti. Furono emesse fatture di dubbia legalità con nominativi non identificabili immediatamente. Di fronte a questa situazione, chiedo: quale atteggiamento è conveniente assumere? (O è conveniente che io assuma, visto che gli altri coeredi non vogliono mettersi contro l'avvocato). Può essere utile informare il giudice incaricato della successione, considerando che le spese per la formazione dell'inventario sono a carico dell'eredità?”
Consulenza legale i 24/07/2016

Il caso sottoposto è molto particolare poiché la richiesta di inventario, quando non effettuata direttamente dall’erede, è normalmente avanzata da un solo legale e la presenza di più avvocati non può implicare la formazione di più domande e di più inventari, quindi risulta poco utile.

Ai sensi dell'art. 769 cod. proc. civ. l'inventario può essere chiesto al tribunale dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito dal cancelliere o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dall'autorità giudiziaria.
L'istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale che provvede con decreto. Il notaio opera comunque in qualità di ausiliario del giudice che lo ha nominato, anche quando sia stato indicato dall'erede beneficiato (Cass. Civ. Sez. II, 1953/76). L’inventario deve essere eseguito con modalità molto precise e la mancata osservanza delle formalità prescritte determina la nullità dello stesso, con la conseguente decadenza dal beneficio.

Nel caso specifico, si può supporre che i legali si siano limitati a fare richiesta al tribunale competente: rimane in tal caso il dubbio di come gli stessi abbiano potuto avanzare la relativa richiesta senza essersi mai coordinati.
Oppure, come sembra di potersi evincere, l'incarico è stato conferito direttamente al notaio designato dal defunto senza il passaggio giudiziale.

Va ricordato che, laddove siano stati gli stessi avvocati a redigere l’inventario anziché delegarlo ad un notaio o ad un cancelliere, lo stesso sarebbe da ritenersi nullo con la conseguenza che l’eredità si intende puramente e semplicemente accettata, essendo decaduto il beneficio.

Se, ad ogni buon conto, il procedimento per la redazione dell'inventario si sia svolto regolarmente, e se ne volessero contestare gli esiti (es. la stima dei beni immobili), va dapprima ricordato che la sede per fare ciò era proprio quella giudiziale (se fu adita l'Autorità Giudiziaria) oppure stragiudiziale, dinnanzi al notaio.
Nel caso in esame, se l'erede residente all'estero ha conferito incarico ad un legale, questi avrebbe dovuto, nell'interesse del cliente, proporre eventuali eccezioni o osservazioni al Tribunale o al notaio. In caso non l'abbia fatto, si profila una sua responsabilità professionale, di cui si dirà brevemente più avanti.

Se l'erede ritiene che l'inventario non sia stato correttamente redatto e vuole contestare il processo verbale di inventario redatto dal cancelliere o da un notaio, deve proporre querela di falso, in quanto il verbale fa piena prova degli atti che il pubblico ufficiale attesta di avere compiuto, delle dichiarazioni a lui rese dai presenti, dell’esistenza dei beni e dei documenti inventariati e dell’esattezza della loro descrizione;

Quanto alle condotte dei legali incaricati, si deve esclusivamente fare riferimento al rapporto di mandato tra professionista e cliente: quest'ultimo avrebbe dovuto accettare almeno un preventivo di massima, su cui basare i pagamenti per le prestazioni del legale. Laddove ciò non sia stato fatto e vengano chieste somme ritenute esorbitanti, il cliente ha sempre la possibilità di contestare le richieste di pagamento. Prima di adire la via giudiziale, è consigliabile chiedere all'Ordine di appartenenza del legale di valutare la congruità del compenso richiesto dall'avvocato, correlato alla "quantità" e "qualità" del lavoro svolto.

Come giustamente ricordato nel quesito, le spese per ogni atto dipendente dall'accettazione con beneficio d'inventario sono a carico dell'eredità (art. 511 del c.c.): il loro ammontare comprende, però, solo gli atti strettamente necessari, quindi certamente le spese processuali o il compenso del notaio incaricato. I compensi dei legali incaricati dagli eredi non sembrano potersi ricomprendere fra quelli a carico dell'eredità, ma restano in capo ai soggetti che hanno dato mandato agli avvocati stessi. Per questo motivo non ci sembra utile che il giudice che deciderà in merito alla successione venga messo a conoscenza delle parcelle degli avvocati delle parti (in ogni caso, alla fine egli liquiderà le spese giudiziali relative al procedimento che si svolge dinnanzi a sé, non altro - se non espressamente richiesto negli atti introduttivi del giudizio).