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Articolo 488 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Dichiarazione in caso di termine fissato dall'autoritā giudiziaria

Dispositivo dell'art. 488 Codice Civile

(1)Il chiamato all'eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato assegnato un termine a norma dell'articolo 481, deve entro detto termine, compiere anche l'inventario; se fa la dichiarazione e non l'inventario, è considerato erede puro e semplice [487, 496, 500 c.c.].

L'autorità giudiziaria può accordare una dilazione [749 c.p.c.].

Note

(1) Qualora sia stato fissato un termine a norma dell'art. 481 del c.c., entro il medesimo termine il chiamato, se vuole accettare con beneficio di inventario, deve compiere l'inventario.
In caso contrario, pur in presenza della dichiarazione di cui all'art. 484 del c.c. il chiamato è considerato erede puro e semplice.
Laddove invece non sia stato fissato alcun termine entro cui accettare l'eredità, si applica l'art. 487 del c.c..

Ratio Legis

Il chiamato all'eredità che non ha il possesso dei beni ereditari è soggetto a termini di maggior favore per procedere con l'accettazione beneficiata rispetto a quelli previsti dall'art. 485 del c.c., in quanto, non avendo la disponibilità materiale dei beni ereditari, non può appropriarsi di essi arrecando pregiudizio alle ragioni dei creditori dell'eredità. Tali termini vengono, tuttavia, ridotti laddove sia stata chiesta la fissazione del termine di cui all'art. 481 del c.c..

Spiegazione dell'art. 488 Codice Civile

Il chiamato non possessore di beni ereditari al fine di accettare con beneficio di inventario, qualora sia stato fissato dal giudice un termine entro cui accettare l'eredità ai sensi dell'art. 481 del codice civile (c.d. actio interrogatoria), deve, entro tale termine, redigere anche l'inventario dei beni. Qualora dichiari di accettare entro il termine fissato, ma non compia l'inventario sarà considerato erede puro e semplice.

Si tratta di un'ipotesi di decadenza dalla facoltà di accettare con beneficio di inventario relativa esclusivamente al chiamato non possessore in quanto per il chiamato possessore l'art. 485 2° comma del codice civile prevede l'obbligo di redigere l'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 488 Codice Civile

Cass. civ. n. 24668/2006

La pronuncia resa sull'ordinanza adottata dal tribunale, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., in sede di reclamo avverso un provvedimento con cui sia stata respinta un'istanza impropria ai sensi dell'art. 487 c.c., volta a far dichiarare la decadenza di un erede dal diritto di accettare l'ereditā per non aver reso la dichiarazione di accettazione nei 40 giorni successivi al compimento dell'inventario, č priva dei caratteri di decisorietā e definitivitā. Ne consegue che, contro di essa, č inammissibile il ricorso straordinario per cassazione. (Nella specie la S.C. ha precisato che, stante l'anomalia del procedimento, le questioni relative alla avvenuta o meno accettazione dell'ereditā, decise con delibazione sommaria, avrebbero potuto essere sollevate in un eventuale giudizio di cognizione relativo alla sussistenza o meno della qualitā di erede del resistente).

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Consulenze legali
relative all'articolo 488 Codice Civile

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Rita B. chiede
mercoledė 17/03/2021 - Calabria
“Buongiorno, avrei la necessità di una Vs. cortese consulenza. Venuti a mancare i miei genitori lo scorso anno, a distanza di appena un mese l'uno dall'altra, sono stata costretta a formulare actio interrogatoria nei confronti dei miei due fratelli con i quali non ci sono buoni rapporti. Il fratello più piccolo ha dichiarato di accettare puramente e semplicemente le due quote di eredità; il fratello maggiore ha invece dichiarato di accettare con beneficio d'inventario.
Rispetto al fratello maggiore, quindi, si sono verificate due distinte fattispecie:
1)-per quanto attiene il procedimento relativo alla successione di mia padre, il giudice ha dichiarato inammissibile la richiesta e concesso un termine di quattro mesi per dichiarare l'accettazione o la rinuncia. I termini sono appena scaduti e il mio avvocato mi ha detto che ove non avesse fatto alcuna dichiarazione, sarebbe decaduto dalla qualità di erede.
2)- Il problema si pone rispetto alla successione di mia madre. In questo caso, il giudice ha preso atto della dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario e ha dichiarato chiuso il procedimento. Il mio dubbio è il seguente: poiché la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario va effettuata secondo formalità precise e obbligatorie, nel caso mio fratello non avesse fatto nulla - non avesse cioè né effettuato la dichiarazione in forma scritta né l'inventario - decadrebbe dalla qualità di erede, oppure per effetto della dichiarazione davanti al giudice in actio interrogatoria diverrebbe erede puro e semplice?
Grazie per la Vs. attenzione, attendo una risposta.
Saluti.”
Consulenza legale i 23/03/2021
Nel nostro ordinamento la morte del de cuius, l'apertura della successione e la delazione dell'eredità costituiscono una sorta di fase preliminare e preparatoria in cui i c.d. chiamati all’eredità non hanno ancora acquisito la piena qualità di eredi, ma possono esercitare solo alcuni specifici poteri (quelli previsti dall’art. 460 del c.c.) nonché il diritto di accettare o rinunciare all'eredità.

Tale situazione di incertezza può durare per un periodo di tempo abbastanza lungo, in quanto il legislatore all’art. 480 del c.c. prevede che il diritto di accettare l’eredità si prescrive dopo dieci anni dall’apertura della successione.
Proprio per questa ragione, lo stesso legislatore ha delineato una serie di accorgimenti volti a limitare il protrarsi di questa fase.

Così, il successivo art. 481 del c.c. mette a disposizione di determinate categorie di soggetti la possibilità di esperire l'actio interrogatoria, per mezzo della quale è possibile chiedere al giudice la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dovrà rendere la dichiarazione di accettazione (ex art. 475 del c.c.) o rinuncia (ex art. 519 del c.c.).

La giurisprudenza ritiene concordemente che quello previsto all’art. 481 del c.c. costituisca un termine di decadenza e che non possa assimilarsi ad una rinuncia, neppure tacita o presunta.
Qualora si ammettesse il contrario, non se ne potrebbe far conseguire l'estinzione della delazione e del diritto di accettare, il che consentirebbe una successiva revoca ex art. 525 del c.c., ciò che, ovviamente, non è in alcun modo ammissibile.

Pertanto, quanto appena detto vale a confermare la tesi secondo cui il fratello, in relazione alla successione del padre, se non ha reso alcuna dichiarazione entro il termine fissato dal giudice, può considerarsi definitivamente decaduto dalla posizione di chiamato all’eredità, avendo così perso ogni diritto di accettare o rinunziare all’eredità.

Per quanto concerne, invece, la posizione che lo stesso fratello ha assunto con riferimento alla successione della madre, l’art. 481 c.c. deve essere coordinato con il successivo art. 488 c.c.
Tale norma, infatti, inserita nella Sezione dedicata al beneficio di inventario, dispone che, nella specifica ipotesi in cui al chiamato all’eredità sia stato fissato un termine per accettare l’eredità e questi voglia avvalersi del beneficio di inventario, entro il medesimo termine deve anche compiere l’inventario.
La sola esecuzione dell’inventario senza dichiarazione di accettazione comporta la perdita del diritto di accettare.
Se invece effettua la dichiarazione ma non redige l’inventario decade dal beneficio ed è considerato erede puro e semplice.
Soltanto il giudice può concedere una dilazione dei termini stabiliti su richiesta dell’interessato, ciò che nel caso di specie non è avvenuto, malgrado ne sia stata fatta espressa richiesta in udienza (come si legge nella copia del provvedimento trasmessa a questa Redazione).

Per quanto concerne la forma della dichiarazione di accettazione, invece, si ritiene che possa ritenersi pienamente valida ed efficace, in quanto contenuta in un verbale di udienza, al quale non può che riconoscersi natura di atto pubblico.