La norma in esame disciplina l’istituto della conversione del pignoramento, esprimendo la preferenza da parte del legislatore di forme di espropriazione attraverso cui semplificare i problemi propri della fase di liquidazione dei beni aggrediti.
Viene, infatti, consentito al
debitore di chiedere al
giudice dell’esecuzione, prima che venga pronunciata l'
ordinanza che dispone la
vendita o l'
assegnazione, di sostituire ai beni o ai crediti che hanno formato oggetto di pignoramento, una somma di denaro (si realizza, dunque, una modificazione dell’oggetto del pignoramento).
Tale somma dovrà essere pari:
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alle spese di esecuzione:
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all'importo dovuto, a titolo di capitale, interessi e spese al creditore pignorante e ai creditori intervenuti (si ritiene che non si debba tener conto, ai fini del calcolo della somma da depositare, delle spese e degli interessi maturati dopo il pignoramento e dopo i singoli interventi).
In presenza dei requisiti di legge, la conversione costituisce un diritto del debitore, non sottoposto come tale ad opposizione da parte dei creditori o a valutazione discrezionale del giudice.
Sebbene la lettera della norma legittimi testualmente alla presentazione dell'istanza di conversione solo il debitore, si ritiene che nessun dubbio debba sussistere in merito alla legittimazione anche del terzo proprietario dei beni oggetto del pignoramento.
La conversione disciplinata da questa norma ha la stessa finalità dell’istituto previsto dal terzo comma dell’
art. 494 del c.p.c.; se ne differenzia solo per il fatto che in questo caso il pignoramento è stato già posto in essere ed il debitore, con il deposito della somma di denaro, vuole liberare le cose pignorate, sostituendo l'oggetto del pignoramento (nel caso previsto dall’art. 494, invece, il pignoramento riguarda direttamente la somma di denaro offerta in sostituzione).
A differenza di quanto avviene con il pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario, anch’esso previsto dall’art. 494 c.p.c., l’esecutato versando la somma non si libera dall’
obbligazione.
L'istanza di conversione va depositata presso la
cancelleria del giudice dell’esecuzione competente e deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, dal deposito, a titolo di
cauzione, di una somma di denaro non inferiore ad un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti (quali risultanti dai rispettivi atti di
intervento), previa deduzione dei versamenti già effettuati, di cui il debitore deve essere in grado di fornire prova documentale.
Incombe sul cancelliere l’onere di depositare quella somma presso l’istituto di credito che viene indicato dal giudice.
Non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione, il giudice dell’esecuzione, dopo aver sentito le parti in udienza, determina la somma da sostituire al bene pignorato.
L'audizione di tutti i creditori prima dell'emanazione dell'ordinanza di conversione del pignoramento non è prescritta a pena di
nullità rilevabile d'ufficio e la relativa inosservanza può essere fatta valere soltanto dai soggetti interessati e, cioè, dagli stessi creditori pretermessi, nel cui interesse l'audizione è prevista (e ciò secondo il principio generale di cui al primo comma dell’
art. 157 del c.p.c.).
Un’ulteriore opportunità viene data al debitore nel caso in cui le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili; infatti, la norma prevede che il giudice, con la stessa ordinanza con cui autorizza la sostituzione, può disporre, qualora ne ricorrano giustificati motivi, di versare la somma determinata in sostituzione in rate mensili, entro un termine massimo di quarantotto mesi.
In questo caso, però, la somma complessivamente dovuta va maggiorata degli interessi scalari, determinati secondo il tasso legale o, se si raggiunge un accordo, secondo il tasso convenzionale.
Il beneficio della rateizzazione deve essere concesso dal giudice sul presupposto della sussistenza di “giustificati motivi”, nozione che in realtà appare molto ampia (a titolo esemplificativo si ritiene che egli dovrà valutare le condizioni patrimoniali del debitore, l'ammontare della somma da versare ed altre circostanze dal medesimo debitore indicate).
Ogni sei mesi il giudice provvede ad assegnare al creditore pignorante la somma ricavata dal pagamento delle singole rate ovvero, in caso di più creditori, alla distribuzione tra gli stessi, ex
art. 510 del c.p.c., della somma ricavata.
Se il debitore omette il versamento della somma dovuta in sostituzione ovvero nel caso di omesso o tardivo versamento anche di una sola rata, si avrà la decadenza automatica dalla conversione del pignoramento, la quale dovrà essere pronunciata con ordinanza.
Per effetto di tale decadenza, le somme fino a quel momento versate entrano a far parte dei beni pignorati e non sarà più ammissibile una successiva istanza di conversione.
Inoltre, il giudice dell'esecuzione, previa richiesta del creditore procedente o del creditore intervenuto munito di
titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita dei beni che erano stati originariamente pignorati.
Infatti, l’ultimo comma della norma precisa che, nel caso in cui il pignoramento abbia ad oggetto beni mobili o immobili, nella stessa ordinanza con cui viene ammessa la sostituzione, il giudice dell’esecuzione dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento solo con il versamento dell'intera somma.
A tal proposito la giurisprudenza individua nel procedimento di conversione almeno due distinti provvedimenti, ossia il primo con il quale il giudice determina la somma da sostituire, ed il secondo con cui, verificato l'effettivo versamento di questa, dispone la sostituzione dell'oggetto del pignoramento con la medesima e lo libera dal pignoramento (in caso di
pignoramento immobiliare il giudice dell'esecuzione deve ordinare al
conservatore dei registri immobiliari la cancellazione del pignoramento).
Per quanto concerne il regime giuridico dell'ordinanza di conversione, oltre che opponibile ex
art. 617 del c.p.c., si ritiene che la stessa sia modificabile e revocabile finché non sia stata eseguita (ad esempio, se il giudice abbia commesso un errore nel calcolare la somma da sostituire).