Cass. civ. n. 32438/2019
Nella compensazione di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l'altro di valuta, ai fini della determinazione del primo si deve tenere conto dell'incidenza della svalutazione monetaria, mentre la parte che fa valere il secondo può richiedere, ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., l'ulteriore risarcimento del "danno maggiore" da essa eventualmente subìto, rispetto a quello forfettariamente determinato dal primo comma dello stesso articolo nella misura degli interessi legali. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 12/05/2015).
Cass. civ. n. 21082/2019
Nel processo tributario, qualora il contribuente agisca per ottenere il rimborso di un proprio credito di imposta, l'Amministrazione finanziaria, ferma restando la facoltà di esercitare discrezionalmente i poteri autoritativi di sospensione del pagamento delle somme pretese dal creditore e di pronuncia di compensazione nel caso sia a propria volta titolare di controcrediti tributari nei confronti del contribuente, è comunque legittimata, nel corso del giudizio instaurato dal creditore, ad opporre in compensazione ai sensi dell'art. 1243 c.c., i propri crediti certi, liquidi ed esigibili, spettando conseguentemente al giudice la verifica della ricorrenza dei requisiti richiesti per la pronuncia della compensazione legale.
Cass. civ. n. 12016/2019
In tema di compensazione, con riferimento alla rivalutazione ed agli interessi, quando sia stata giudizialmente riconosciuta in favore del convenuto - attore in riconvenzionale a titolo di indebito oggettivo per le somme trattenute senza titolo da controparte - la sussistenza di un credito, posto contestualmente in detrazione, e pertanto compensato, con il maggior credito vantato dalla parte attrice - nella specie per il ritardato rilascio dell'immobile al convenuto medesimo locato -, in forza del disposto dell'articolo 1242 c.c. il primo dei due crediti deve ritenersi estinto per compensazione sin dal momento della coesistenza degli stessi, senza che sia stato mai produttivo di interessi o di rivalutazione monetaria. Ed invero, tale effetto compensativo si era già verificato al momento della proposizione della domanda riconvenzionale, momento dal quale, giusto disposto dall'art. 2033 c.c., decorrono gli interessi moratori, dovendosi presumere la buona fede dell'"accipiens" in difetto di specifiche prove contrarie.
Cass. civ. n. 4313/2019
La compensazione, legale o giudiziale, rimane impedita tutte le volte in cui il credito opposto in compensazione sia stato ritualmente contestato in diverso giudizio non ancora definito, risultando a tal fine irrilevante l'eventuale sentenza di merito o provvedimento di condanna, anche se immediatamente esecutivi, emessi in quel giudizio, perché non consentono di ritenere integrato il requisito della definitività dell'accertamento, e dunque della certezza del controcredito. (Nella specie la S.C., premesso che pure la c.d. compensazione comunitaria opera secondo la disciplina prevista dalla normativa nazionale, ha ritenuto che non potesse operare la deroga alla compensabilità dei crediti impignorabili - prevista dall'art. 3, comma 5 duodecies, del d.l. n. 182 del 2005, conv. con mod. dalla legge n. 231 del 2005 -, tra le somme richieste in ripetizione per provvidenze finanziarie erogate dall'Agea, prospettate come indebite, ed il credito per provvidenze PAC di competenza dell'operatore agricolo, stante la contestazione del controcredito vantato dall'Agea, ancora oggetto di accertamento in diverso giudizio pendente dinanzi al TAR).
Cass. civ. n. 2970/2019
L'eccezione di compensazione dedotta in via subordinata determina il rigetto di quella di prescrizione presuntiva proposta in via principale in quanto costituisce implicita ammissione dell'esistenza del debito.
Cass. civ. n. 2661/2019
Quando sia dichiarata la risoluzione del contratto d'investimento in valori mobiliari, si ingenerano tra le parti reciproci obblighi restitutori, dovendo l'intermediario restituire l'intero capitale investito, mentre l'investitore è obbligato alla restituzione del valore delle cedole corrisposte e dei titoli acquistati, secondo la disciplina di cui all'art. 2038 c.c.; i reciproci crediti vantati dalle parti, ove ne ricorrano i presupposti, possono compensarsi legalmente, ai sensi dell'art. 1243 c.c. (In applicazione del principio, la Corte, cassando la pronuncia impugnata ha prescritto alla Corte d'Appello in sede di rinvio: di valutare le domande restitutorie con riguardo, rispettivamente, alla somma originariamente investita ed alle cedole ed ai titoli oggetto dell'investimento; di verificare se i titoli fossero ancora nella disponibilità degli investitori; di verificare la sussistenza dei presupposti della compensazione nei limiti della coesistenza dei crediti; di statuire sulla domanda risarcitoria con riguardo al danno eventualmente residuato agli investitori dopo aver proceduto alle restituzioni dovute.) (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 29/09/2016).
Cass. civ. n. 31359/2018
In tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest'ultima, ex art. 1243, comma 2, c.c., presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 15/09/2016).
Cass. civ. n. 23948/2018
La compensazione legale presuppone pur sempre che una delle parti dichiari di volersene avvalere, così esercitando un diritto potestativo, il quale postula che valutando liberamente il proprio interesse all'adempimento, la parte predetta decida di determinare l'estinzione dei debiti contrapposti dal giorno della loro coesistenza.
Cass. civ. n. 23225/2016
L'art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito opposto in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, e l'esigibilità. Nella loro ricorrenza, il giudice dichiara l'estinzione del credito principale per compensazione legale, a decorrere dalla sua coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda, mentre, se il credito opposto è certo ma non liquido, perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, egli può provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, oppure può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
Cass. civ. n. 22324/2014
La compensazione legale, a differenza di quella giudiziale, opera di diritto per effetto della sola coesistenza dei debiti, sicché la sentenza che la accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi e questo automatismo non resta escluso dal fatto che la compensazione non possa essere rilevata di ufficio, ma debba essere eccepita dalla parte, poiché tale disciplina comporta unicamente che il suddetto effetto sia nella disponibilità del debitore che se ne avvale, senza che sia richiesta una autorizzazione alla compensazione dalla controparte.
Cass. civ. n. 23573/2013
La circostanza che l'accertamento di un credito risulti "sub iudice" non è di ostacolo alla possibilità che il titolare lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un diverso giudizio dal suo debitore. In tal caso, se i due giudizi pendano innanzi al medesimo ufficio giudiziario, il coordinamento tra di essi deve avvenire attraverso la loro riunione, all'esito della quale il giudice potrà procedere nei modi indicati dal secondo comma dell'art. 1243 c.c. Se, invece, pendono dinanzi ad uffici diversi (e non risulti possibile la rimessione della causa, ai sensi dell'art. 40 c.p.c., in favore del giudice competente per la controversia avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione), ovvero il giudizio relativo al credito in compensazione penda in grado di impugnazione, il coordinamento dovrà avvenire con la pronuncia, sul credito principale, di una condanna con riserva all'esito della decisione sul credito eccepito in compensazione e contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio - ai sensi, rispettivamente, degli artt. 295 e 337, secondo comma, c.p.c. - fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito.
Cass. civ. n. 9608/2013
La compensazione giudiziale, di cui all'art. 1243, secondo comma, cod. civ., presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la compensazione medesima è invocata e non può, dunque, fondarsi su un credito, la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione ai sensi della norma suddetta, e va, parimenti, esclusa l'invocabilità della sospensione contemplata, in via generale, dagli artt. 295 o 337, secondo comma, cod. proc. civ., in considerazione della prevalenza della disciplina speciale menzionata.
Cass. civ. n. 13208/2010
La compensazione legale non può operare qualora il credito addotto in compensazione sia contestato nell'esistenza o nell'ammontare, in quanto la contestazione esclude la liquidità del credito medesimo, laddove la legge richiede, affinché la compensazione legale si verifichi, la contestuale presenza dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito; pertanto deve escludersi l'operatività della compensazione legale qualora la manifestazione di volontà del debitore di pagare la somma dovuta sia "necessitata", poiché assunta a fronte di un provvedimento giudiziale provvisoriamente esecutivo, senza che ciò escluda la volontà di insistere nella contestazione della pretesa della controparte.
Cass. civ. n. 10025/2010
La disposizione contenuta nell'art. 56 della legge fall. rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l'effetto compensativo si produce e ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte. Le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano l'ammissibilità anche della compensazione giudiziale nel fallimento, per la cui operatività è necessario che i requisiti dell'art. 1243 c.c. Ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, quando la compensazione viene eccepita.
Cass. civ. n. 21923/2009
La compensazione giudiziale, prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., è ammessa soltanto se il giudice del merito, nel suo discrezionale apprezzamento, riconosce la facile e pronta liquidità del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che, difettando tali condizioni, egli deve disattendere la relativa eccezione e il convenuto potrà far valere il credito in separata sede con autonomo giudizio. La verifica della sussistenza del requisito della liquidità, risolvendosi in una valutazione di fatto, è incensurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 391/2006
Per la eccezione di compensazione legale non è necessario che la manifestazione di volontà della parte si attui mediante espressa istanza, proposta con formula sacramentale, essendo sufficiente che dal comportamento difensivo della parte stessa risulti inequivocabilmente la volontà di far dichiarare estinto il proprio debito a causa della contemporanea esistenza di altro debito che a quello si contrappone. (Con riferimento al caso di specie, la S.C. ha tuttavia escluso che fosse sufficiente, a tal fine, l'allegazione da parte della banca convenuta di avere fatto proprio il ricavato dalla realizzazione di un pegno, la quale prescinde del tutto dall'esistenza, indispensabile per la compensazione, di un contrapposto debito del creditore verso il debitore, in virtù di un diverso rapporto, rappresentato nella specie dal saldo attivo di libretti al portatore).
Cass. civ. n. 260/2006
La compensazione legale, a differenza di quella giudiziale, opera di diritto per effetto della sola coesistenza dei debiti, sicché la sentenza che l'accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi, né l'automatismo è escluso dal fatto che la compensazione non possa essere rilevata d'ufficio e debba essere eccepita dalla parte, poiché tale disciplina giuridica comporta unicamente che il suddetto effetto risulta nella disponibilità del debitore che se ne avvale.
Cass. civ. n. 157/2005
Il giudice deve decidere sul credito opposto in compensazione anche allorché non sia di facile e pronta liquidazione, se fatto valere con domanda riconvenzionale e non eccedente la sua competenza per materia o valore; tuttavia, ove nella compensazione ricorra al criterio equitativo di cui agli articoli 1226 e 2056 del c.c., tale criterio deve importare la previa individuazione delle due poste da comparare, con analitica e circostanziata indicazione delle componenti patrimoniali, in modo da rendere palese e chiara l'individuazione dell'
iter logico seguito nella valutazione equitativa.
Cass. civ. n. 11146/2003
La compensazione legale estingue
ope legis i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro coesistenza, sicché la pronuncia del giudice si risolve in un accertamento della avvenuta estinzione dei reciproci crediti delle parti fino dal momento in cui sono venuti a coesistenza; tuttavia la compensazione non può essere rilevata d'ufficio e deve essere eccepita dalla parte che intende avvalersene, non occorrendo peraltro che la relativa manifestazione di volontà sia espressa mediante l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che dal comportamento della parte risulti univocamente la volontà di ottenere la dichiarazione dell'estinzione del credito, non essendo però idonea a detto fine la volontà di avvalersi della compensazione, manifestata al di fuori del processo dal procuratore
ad litem privo di poteri rappresentativi di natura sostanziale.
Cass. civ. n. 9904/2003
La compensazione giudiziale prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., può essere disposta quando il credito, pur non essendo liquido, è di facile e pronta liquidazione, non ostando alla possibilità di una pronta liquidazione la semplice contestazione del credito stesso ma occorrendo che l'accertamento di esso comporti una lunga istruttoria, o che esso sia in corso di accertamento nell'ambito di un separato giudizio - (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza del giudice di merito che aveva escluso la compensabilità del credito risarcitorio della datrice di lavoro con quello retributivo del dipendente, senza dar conto delle circostanze che ostavano ad una facile e pronta liquidazione.
Cass. civ. n. 2480/2003
La domanda di restituzione o riduzione in pristino della parte che ha eseguito delle prestazioni in base a sentenza cassata, prevista dall'art. 389 c.p.c., può essere proposta nello stesso giudizio di rinvio oppure in separata sede, e, in tale seconda ipotesi, il giudice non è tenuto a riunire i due processi, perchè le domande di restituzione o riduzione in pristino sono del tutto autonome da quelle del giudizio di rinvio e prescindono completamente dalla fondatezza o meno di quest'ultima, assolvendo all'esigenza di garantire all'interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, e la loro definizione non deve essere procrastinata dall'istruzione e risoluzione della lite principale; nè è tenuto a sospendere il giudizio sulle restituzioni, neanche in vista della possibile compensazione del credito vantato dall'attore con il controcredito invocato dal convenuto nella causa di rinvio o in altri processi da questi intentati contro l'avversario, perchè la compensazione giudiziale di cui all'art. 1243 c.c. presuppone che sia lo stesso giudice a procedere all'accertamento dei reciproci debiti e crediti, onde, non potendo la stessa operare nell'ipotesi di separati giudizi, deve in tal caso scartarsi ogni possibilità di applicazione degli artt. 295 o 337 c.p.c.
Cass. civ. n. 1955/2003
Ai fini della operatività della compensazione legale come fattispecie dalla quale deriva l'effetto estintivo dell'obbligazione, ciò che rileva è l'omogeneità delle obbligazioni, la liquidità ed esigibilità dei crediti e l'esistenza per ciascun credito di un titolo diverso, prescindendosi ai fini dell'operatività di tale forma di compensazione, da qualunque accordo intervenuto eventualmente tra le parti; ne consegue che unica prova richiesta è quella della contemporanea esistenza dei crediti contrapposti.
Cass. civ. n. 12664/2000
La compensazione giudiziale è ammessa nella sola ipotesi in cui il credito opposto sia (oltreché esigibile ed omogeneo al controcredito) di facile e pronta liquidazione, con la conseguenza che la mancanza di tale condizione (che si verifica non soltanto quando il credito non sia certo nel suo ammontare, ma anche qualora ne risulti contestata l'esistenza, sì che il relativo accertamento necessiti di una lunga istruttoria) obbliga il giudice a disattendere la relativa eccezione, dovendo la parte far valere il credito in separato giudizio con autonoma domanda.
Cass. civ. n. 4073/1998
È esclusa la compensazione legale, per illiquidità del credito contrapposto, se contestato, mentre è esclusa quella giudiziale se il giudice del merito accerta che esso non è di pronta liquidazione, ovvero se a tal fine pende altro giudizio, perché soltanto in questo tale credito può essere liquidato.
Cass. civ. n. 2874/1998
Non può essere fatto valere in giudizio, in via di compensazione, un credito che debba essere accertato da una giurisdizione diversa. (Nella specie, a seguito dell'esito di un giudizio amministrativo, la pubblica amministrazione aveva chiesto ad alcuni pubblici dipendenti, mediante ingiunzione fiscale, la restituzione di somme versate in eccesso in esecuzione della decisione di primo grado, poi parzialmente riformata, e nel relativo giudizio di opposizione gli interessati avevano opposto in compensazione gli interessi anatocistici e la rivalutazione maturati sulle somme effettivamente loro spettanti).
Cass. civ. n. 4800/1997
Al fine di dichiarare l'estinzione per compensazione legale di due crediti reciproci certi, liquidi ed esigibili, pur se riferiti allo stesso rapporto, fino alla concorrenza di quello di importo minore, l'accertamento dell'esistenza (e dell'ammontare) dei crediti medesimi va effettuato secondo la disciplina vigente all'epoca in cui si è verificato l'effetto estintivo per la coesistenza dei due crediti e non trova invece applicazione l'eventuale
jus superveniens, ancorché dotato di efficacia retroattiva. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva ritenuto applicabile la disciplina dell'indebito previdenziale prevista dall'art. 52 legge 9 marzo 1989, n. 88 senza tener conto dell'intervenuta compensazione legale del credito dell'assicurato per ratei di pensione pagati in misura inferiore a quella dovuta con il credito restitutorio dell'Inps anteriormente all'entrata in vigore di tale disciplina).
Cass. civ. n. 2176/1995
La compensazione giudiziale prevista dall'art. 1243 comma 2 c.c., presupponendo l'accertamento del contro-credito da parte del giudice innanzi al quale la compensazione è stata eccepita, non può fondarsi su di un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso, in quanto tale credito non è liquidabile se non in questa sede.
Cass. civ. n. 1393/1995
La compensazione giudiziale è ammessa solo se il giudice riconosca la facile e pronta liquidità del credito, in senso lato e con riferimento anche all'
an debeatur.
Cass. civ. n. 1114/1995
Il credito risarcitorio per inadempimento contrattuale si trasforma in credito pecuniario per effetto e dal momento della quantificazione giudiziale. Ne consegue che la sua estinzione per compensazione, in ragione di coesistenza con credito pecuniario del danneggiante verso il danneggiato, può verificarsi, ai sensi dell'art. 1243 c.c., esclusivamente alla data di detta liquidazione giudiziale e con riferimento alla somma da essa risultante, rimanendo preclusa ogni possibilità di far retroagire la compensazione medesima a data anteriore (con perdita per l'avente diritto della computabilità della svalutazione monetaria successivamente sopravvenuta).
Cass. civ. n. 11850/1993
La compensazione giudiziale è ammessa solo se il giudice riconosca, con apprezzamento rimesso al suo potere discrezionale, non sindacabile in sede di legittimità, la facile e pronta liquidità del credito opposto, salvo che ad iniziativa del convenuto sia introdotta nel processo una domanda riconvenzionale, per modo che la compensazione si profili come conseguenza sulla pronuncia della riconvenzionale. In questa ipotesi per il disposto degli artt. 36 e 112 c.p.c. il giudice, oltre a provvedere sulla domanda principale, ha l'obbligo di conoscere di quella riconvenzionale e di accertare l'eventuale esistenza del credito opposto dal convenuto.
Cass. civ. n. 10352/1993
Nel caso in cui ad una domanda di pagamento proposta in via principale venga contrapposta, in via riconvenzionale, una domanda produttiva anche di effetti estintivi dell'obbligazione di cui alla richiesta formulata in via principale, la contestualità della pronuncia giudiziale in merito ad entrambe le domande si rende necessaria solo quando il contro credito fatto valere in via riconvenzionale abbia i caratteri della omogeneità, esigibilità e liquidità, ovverosia quando si versi in tema di compensazione legale (art. 1243, primo comma, c.c.). Quando, invece, pur in presenza di crediti entrambi omogenei ed esigibili, solo il credito dell'attore è liquido, mentre quello opposto in compensazione non è tale, pur apparendo di pronta e facile liquidazione, la separazione delle due domande ben può essere disposta dal giudice a norma del secondo comma dell'art. 1243 c.c., con valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, senza che rilevi in contrario la facilità della liquidazione del controcredito, costituendo un connotato tipico della compensazione giudiziale.
Cass. civ. n. 1784/1993
La disciplina della compensazione giudiziale non è applicabile nella controversia in cui le parti facciano valere contrapposti crediti derivanti dal medesimo rapporto, anche se uno di essi trovi titolo nella legge e l'altro nel contratto, in quanto in detta situazione si richiede un mero accertamento contabile delle rispettive condizioni di dare e di avere inerenti ad un unico rapporto, non riconducibile nell'ambito della compensazione in senso proprio (fattispecie concernente il debito del possessore di restituzione dei frutti ed il credito del medesimo per i miglioramenti).
Cass. civ. n. 6237/1991
La compensazione giudiziale è inammissibile quando venga contestata l'esistenza del credito opposto in compensazione, salvo che il giudice del merito — con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente motivato — ritenga la contestazione,
prima facie, pretestuosa ed infondata.
Cass. civ. n. 1655/1982
La compensazione legale, pur avendo a necessario presupposto la reciprocità delle obbligazioni, per cui i due soggetti debbono essere debitori l'uno dell'altro, opera anche quando i debiti contrapposti non siano esclusivamente propri dei due soggetti — nel senso che in uno dei due rapporti obbligatori siano intervenuti altri soggetti (in posizione attiva o passiva) che non partecipano al secondo rapporto — comportando l'estinzione dei rispettivi debiti fra quei soggetti dei due rapporti rispetto ai quali concorrano gli estremi legali richiesti.
Cass. civ. n. 431/1982
La compensazione giudiziale, prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., presupponendo l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la compensazione è fatta valere, non può fondarsi su di un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e che, perciò, non è liquidabile se non in quella sede.
Cass. civ. n. 1650/1977
Qualora sia opposto in compensazione un credito liquido ovvero di facile e pronta liquidazione, il giudice del merito deve provvedere al riguardo dichiarando la compensazione legale o pronunciando la compensazione giudiziale, ovvero, qualora ritenga di non poter pronunciare quest'ultimo tipo di compensazione, enunciando i motivi per i quali non intenda esercitare il potere discrezionale conferitogli dall'art. 1243 c.c., in quanto la compensazione è un istituto di carattere generale che non conosce deroghe se non nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 1246 c.c.) e risponde, tra l'altro, ad evidenti esigenze di economia processuale.
Cass. civ. n. 2037/1976
La compensazione estingue
ope legis i debiti contrapposti per effetto del fatto oggettivo della loro coesistenza, sicché la dichiarazione giudiziale della parte che oppone la compensazione legale equivale ad una manifestazione di volontà diretta a giovarsi di un effetto già verificatosi e la pronuncia del giudice non fa che accertare l'avvenuta estinzione per compensazione legale dei contrapposti debiti e crediti con effetto
ex tunc. Tuttavia tale operatività, in un momento anteriore a quello in cui la dichiarazione medesima viene emessa, fa risalire l'effetto estintivo non già alla data in cui coesistevano i fatti giuridici da cui sorgono i crediti e i debiti contrapposti, bensì a quella in cui coesistono crediti liquidi ed esigibili, dato che la compensazione legale ha per presupposti la liquidità e l'esigibilità dei crediti, a differenza della compensazione giudiziale, per la quale è sufficiente che il debito opposto sia di facile e pronta liquidazione.
Cass. civ. n. 185/1976
Qualora fra contrapposti debiti omogenei non operi la compensazione legale, difettando uno di essi dei requisiti della liquidità ed esigibilità (nella specie, trattandosi di debito per risarcimento di danno non ancora accertato nell'
an e nel
quantum), la compensazione giudiziale può essere disposta dal giudice solo se il credito illiquido opposto in compensazione sia di pronta e facile liquidazione. Peraltro, l'uso della facoltà di dichiarare la compensazione giudiziale è rimesso al potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in Cassazione, così come è incensurabile, ove congruamente motivato, l'accertamento della sussistenza dell'estremo della facile e pronta liquidabilità, risolvendosi in una valutazione di fatto.
Cass. civ. n. 2234/1975
La contestazione dell'esistenza o dell'ammontare del credito opposto in compensazione, tranne che appaia
prima facie pretestuosa, esclude la liquidità del credito medesimo, e quindi, anche la compensazione legale.
Cass. civ. n. 1924/1975
La differenza fra la compensazione legale e quella giudiziale risiede nel fatto che mentre nella prima la liquidità del credito opposto in compensazione è anteriore al giudizio, nella seconda, invece, il credito non è liquido, ma viene liquidato dal giudice nel processo. Da tanto consegue che mentre la sentenza che dichiara la compensazione legale è di mero accertamento, la sentenza, invece, che pronunzia la compensazione giudiziale integra un accertamento costitutivo e, pertanto, i suoi effetti, diversamente da quanto dispone l'art. 1242 c.c., non retroagiscono al momento della coesistenza dei due crediti.
Cass. civ. n. 1532/1975
I requisiti necessari per la compensazione legale (certezza, liquidità ed esigibilità del credito) debbono intendersi in base a criteri obiettivi, indipendentemente dal riconoscimento della controparte; così che ben può essere liquido ed esigibile anche un credito litigioso, sempre che sussistano in concreto i requisiti stessi, i quali, nel contrasto fra le parti, possono essere accertati in giudizio; con l'ovvia conseguenza che se il credito già sussisteva con i requisiti richiesti, la sentenza che riconosca la detta situazione ha natura meramente dichiarativa del fatto estintivo, risalente al giorno della coesistenza obiettiva dei due crediti.
Cass. civ. n. 972/1975
La compensazione giudiziale di una parte di un credito opera quale fatto estintivo del medesimo, sino a concorrenza del contrapposto credito accertato a favore dell'altra parte, senza potere incidere sulla decorrenza degli interessi che devono essere liquidati sulla residua parte del credito, non estinta dalla compensazione. Il credito di una somma di danaro liquida o comunque agevolmente determinabile, in base ad elementi o criteri prestabiliti dal contratto o dalla legge, non perde tale carattere per le eventuali contestazioni da parte del debitore. La pronuncia giudiziale, in tal caso, ha infatti effetto meramente dichiarativo, essendo diretta ad accertare quella liquidità che già esiste nel credito, per la sua stessa natura.
Cass. civ. n. 2055/1972
Agli effetti della compensazione legale, la inesigibilità del credito per indeterminatezza del soggetto legittimato a richiederne il pagamento, viene meno retroattivamente dal momento in cui ex post si accerti la titolarità soggettiva di tale legittimazione.
–
Il sequestro giudiziale penale di un credito rende questo inesigibile fino al sopravvenire dell'ordine del giudice che ne consenta l'esazione ad un determinato soggetto.
Cass. civ. n. 620/1970
Per difetto del requisito della certezza non è ammissibile la compensazione legale rispetto a crediti riconosciuti da una sentenza o da altro titolo giudiziale, provvisoriamente eseguibile. Invero la provvisoria esecuzione facoltizza la semplice temporanea esigibilità del credito, ma non concerne la sua certezza necessaria, per contro, per potere determinare ope exceptionis l'estinzione di due debiti per le quantità corrispondenti.