(massima n. 1)
In materia di esecuzione, la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell'art. 495 c.p.c., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da anticipare e non deve tenere conto dell'esistenza o dell'ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita ai sensi dell'art. 512 c.p.c., fatta salva la possibilità che il debitore contesti, con l'opposizione all'esecuzione, l'esistenza del credito, ovvero che lo stesso è inferiore a quanto dovuto. Né può affermarsi che tale soluzione comporta un ingiustificato aggravio del principio di economia processuale, in quanto imporrebbe al debitore esecutato di contestare l'esistenza del credito od il suo ammontare in sede di distribuzione della somma depositata ovvero con opposizione agli atti esecutivi, considerato il diverso principio in materia, che è quello della sollecita definizione della pretesa dei creditori istanti, questi sì pregiudicati dalle contestazioni dei crediti.