Cass. civ. n. 37266/2021
Il principio secondo il quale la clausola compromissoria non costituisce un accessorio del contratto nel quale è inserita, ma ha propria individualità ed autonomia nettamente distinta da quella del contratto cui accede, per cui ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale, non trova applicazione nelle ipotesi in cui queste siano esterne al negozio e comuni ad esso e alla clausola. Pertanto, la invalidità dell'atto derivante dal fatto che l'amministrazione non potesse legittimamente stipulare il contratto e, perciò, inserire nello stesso una clausola compromissoria, determina la invalidità anche di questa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 17/02/2016).
Cass. civ. n. 29332/2020
La deroga convenzionale alla competenza del giudice ordinario non può essere affermata, quale effetto della clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, ove si tratti di controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al principale cui accede la clausola; tale situazione, peraltro, non corrisponde a quella delle pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario enucleabili nel contesto di un medesimo programma negoziale perché, ove si tratti di atti aggiuntivi finalizzati a meri adeguamenti progettuali, non può sostenersi che la clausola compromissoria non si estenda alle controversie così insorte, ove la clausola contempli tutte le controversie originate dal contratto al quale lo stesso atto aggiuntivo funzionalmente accede. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza dichiarativa della nullità del lodo arbitrale essendo mancata qualunque indagine tesa a stabilire quale fosse, in concreto, la effettiva e comune intenzione delle parti rispetto alla realizzazione dell'opera nel suo complesso e la relatio tra le prestazioni di cui alla convenzione ed all'atto aggiuntivo). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/07/2019).
Cass. civ. n. 1439/2020
La clausola compromissoria contenuta in un preliminare di compravendita sopravvive alla sua mancata riproduzione nel contratto definitivo, trattandosi di negozio autonomo ad effetti processuali, avente funzione distinta dal contratto preliminare cui accede; ne consegue che le parti possono porla nel nulla solo mediante una manifestazione di volontà specificamente diretta a tale effetto. (Rigetta, TRIBUNALE VICENZA, 25/09/2018).
Cass. civ. n. 15697/2019
La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società, alla domanda di accertamento dell'inadempimento dell'amministratore agli obblighi di comunicazione ai soci accomandanti del bilancio e del conto dei profitti e perdite, ai sensi dell'art. 2320, comma 3, c.c., e alla connessa domanda di condanna dell'amministratore al risarcimento del danno ex art. 2395 c.c., rientrando i correlativi diritti nella disponibilità del socio che se ne vanti titolare.
Cass. civ. n. 3795/2019
La clausola compromissoria, in mancanza di espressa volontà contraria, deve essere interpretata nel senso di ascrivere alla competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la "causa petendi" nel contratto cui detta clausola è annessa. (In applicazione del predetto principio la S.C. ha ritenuto incluso nell'ambito applicativo della clausola compromissoria anche le controversie riferibili al periodo antecedente alla stipula della convenzione d'arbitrato).
Cass. civ. n. 21550/2017
In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero avente ad oggetto tutte le controversie nascenti dal contratto ad esclusione dei procedimenti sommari o conservativi, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non potendo essere ricompreso in tali procedimenti, rimane soggetto ad arbitrato.
Cass. civ. n. 4035/2017
La clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi "causa petendi" nel contratto medesimo, con esclusione di quelle che hanno, in esso, unicamente un presupposto storico, come nel caso di specie in cui, pur in presenza della clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto, gli attori hanno proposto azione di responsabilità extracontrattuale, ex art. 1669 c.c., deducendo gravi difetti dell'immobile da loro acquistato.
Cass. civ. n. 941/2017
In tema di deroga alla competenza dell'autorità giurisdizionale ordinaria, la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto (nella specie, di locazione) non estende i propri effetti alle controversie relative ad altro contratto (nella specie, di sublocazione), ancorché collegato a quello principale.
Cass. civ. n. 25410/2016
In tema di arbitrato relativo ad appalto di opere pubbliche, qualora le parti abbiano fatto riferimento ad una norma legislativa (nella specie, l'art. 47 del capitolato generale delle opere pubbliche di cui al d.p.r. n. 1063 del 1962, in tema di arbitrato), il contenuto della stessa viene recepito nella dichiarazione negoziale formandone elemento integrante, sicché l'estensione ed i limiti del contratto vanno individuati esclusivamente con riferimento al contenuto della disposizione richiamata al momento della stipula. Ne segue che, formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata nell'art. 47 del capitolato generale vigente nel momento in cui il contratto è stato concluso, l'intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina e le eventuali modificazioni sopravvenute di tale capitolato, così come gli interventi abrogativi della Corte costituzionale, non possono alterare il regime pattizio dei contratti in corso: ciò vale sia per le previsioni di carattere sostanziale sia per le previsioni di carattere processuale, come quelle concernenti la competenza del collegio arbitrale.
Cass. civ. n. 19546/2015
L'indagine sulla portata di una clausola compromissoria, ai fini della risoluzione di una questione di competenza, rientra nei poteri della Corte di cassazione che, in tale materia, è anche giudice di fatto.
Cass. civ. n. 747/2015
Il capitolato generale per le opere pubbliche, di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, ha valore normativo e vincolante e si applica, quindi, in modo diretto, solo per gli appalti stipulati dallo Stato mentre per quelli stipulati dagli altri enti pubblici, dotati di distinta personalità giuridica e di propria autonomia, le previsioni del capitolato costituiscono clausole negoziali, comprensive anche di quella compromissoria per la soluzione delle controversie con il ricorso all'arbitrato, che assumono efficacia obbligatoria solo se e nei limiti in cui siano richiamate dalle parti per regolare il singolo rapporto contrattuale. A tal fine, tuttavia è necessario che la volontà di recepire il contenuto dell'intero capitolato risulti espressa in maniera esplicita ed univoca.
Cass. civ. n. 17721/2014
La clausola compromissoria contenuta in un capitolato, generale o speciale, non deve essere approvata specificamente, essendo sufficiente, ai fini della validità della stessa, che la volontà di rimettere ad arbitri la risoluzione di controversie si possa evincere da atto scritto.
Cass. civ. n. 17711/2014
Il principio di autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto cui accede, se fondatamente conduce all'affermazione per cui la nullità di quest'ultimo non travolge, per trascinamento, la clausola ivi contenuta restando riservato agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità, non implica, altresì, che la stessa possa conservare la sua efficacia in ipotesi di inesistenza dell'accordo cui afferisce ancorché derivante da fattori sopravvenuti.
Cass. civ. n. 10000/2014
Qualora il contratto di appalto stipulato tra l'ente pubblico e la società appaltatrice abbia previsto l'applicazione del capitolato generale delle opere pubbliche di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, è legittima la pattuizione di una clausola compromissoria, in deroga all'art. 45 del d.P.R. n. 1063 cit., che preveda la costituzione di un collegio arbitrale composto da tre anziché da cinque membri ed il cui contenuto non sia evincibile da un unico documento avente forma scritta, ma dalla volontà in tal senso manifestata, da un lato, dalla società appaltatrice (con la notificazione della domanda di arbitrato, la contestuale nomina dell'arbitro e l'invito all'ente pubblico a nominare l'arbitro di competenza) e, dall'altro, dall'ente pubblico (con la nomina dell'arbitro, la successiva designazione del terzo arbitro con funzioni di presidente del collegio arbitrale e con l'invito alla controparte ad esprimere l'accettazione del terzo arbitro, espressa dalla società appaltatrice con lettera inviata all'ente).
Cass. civ. n. 3665/2014
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società di persone, che preveda la nomina di un arbitro unico ad opera dei soci e, nel caso di disaccordo, ad opera del presidente del tribunale su ricorso della parte più diligente, è affetta, sin dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, da nullità sopravvenuta rilevabile d'ufficio - ove non fatta valere altra e diversa causa di illegittimità in via d'azione - con la conseguenza che la clausola non produce effetti e la controversia può essere introdotta solo davanti al giudice ordinario
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La clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, la quale, non adeguandosi alla prescrizione dell'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla società, è nulla anche ove si tratti di arbitrato irrituale.
Cass. civ. n. 1090/2014
La clausola compromissoria binaria, che devolva determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, può trovare applicazione in una lite con pluralità di parti quando, in base ad una valutazione da compiersi "a posteriori" - in relazione al "petitum" e alla "causa petendi" - risulti il raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, sempre che tale raggruppamento sia compatibile con il tipo di pretesa fatta valere. (In applicazione di tale principio la S.C. ha riconosciuto la validità della clausola individuando un unico centro di interesse, pure in presenza di una pluralità di società obbligate alla liberazione di una stessa fideiussione, in quanto fra tali società si erano verificati fenomeni successori tali per cui la pluralità di parti risultava solo apparente).
Cass. civ. n. 25024/2013
In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un'individualità nettamente distinta dal contratto nel quale inserita, non costituendone un accessorio. Ne consegue che la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità.
Cass. civ. n. 18134/2013
La nullità del contratto nel quale è inserita una clausola compromissoria non comporta nullità della stessa, poiché essa costituisce un contratto autonomo ad effetti processuali. È pertanto, infondato desumere dalla affermata competenza arbitrale il rigetto implicito dell'eccezione di nullità del contratto, in cui la clausola compromissoria è inserita.
Cass. civ. n. 2189/2013
In tema di arbitrato societario, non è nulla per inidoneità a garantire l'imparzialità degli arbitri la clausola compromissoria, prevista dall'atto costitutivo, che preveda la decisione di qualunque controversia insorta tra i soci e la società da parte di un arbitro amichevole compositore nominato dall'autorità giudiziaria su istanza della società, in quanto non attributiva del potere di nomina dell'arbitro in capo alla società, ma soltanto di quello di provocarne la nomina da parte dell'autorità giudiziaria.
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In tema di arbitrato societario, la clausola compromissoria prevista dall'atto costitutivo di società, che preveda la decisione di qualunque controversia insorta tra i soci e la società sia decisa da un arbitro amichevole compositore nominato dall'autorità giudiziaria su istanza della società, non è lesiva del diritto del socio di agire a tutela dei suoi diritti, in quanto l'art. 810 c.p.c., il quale prevede che nel caso di inerzia di una delle parti nella nomina del proprio arbitro l'altra parte possa chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale, deve ritenersi applicabile analogicamente, ricorrendo l'"eadem ratio", al caso in cui sia rimessa all'autorità giudiziaria la nomina dell'unico arbitro e sia previsto che la relativa istanza venga presentata da una specifica parte e questa non abbia attivato il procedimento malgrado il sollecito dell'altra parte.
Cass. civ. n. 1158/2013
In tema di arbitrato, la decisione del giudice ordinario, che affermi o neghi l'esistenza o la validità di un arbitrato irrituale, e che, dunque, nel primo caso non pronunci sulla controversia dichiarando che deve avere luogo l'arbitrato irrituale e nel secondo dichiari, invece, che la decisione del giudice ordinario può avere luogo, non è suscettibile di impugnazione con il regolamento di competenza, in quanto la pattuizione dell'arbitrato irrituale determina l'inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, ivi compreso l'art. 819 ter c.p.c..
Cass. civ. n. 20636/2012
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 47 del d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063, è l'esame del contenuto della clausola compromissoria che consente d'individuare la fonte dell'arbitrato, in quanto è solo in base al suo tenore che può stabilirsi, se, attraverso il richiamo del capitolato generale dello Stato, le parti abbiano voluto limitarsi ad identificare la disciplina legale concretamente applicabile, ovvero abbiano inteso recepire il contenuto della normativa generale relativa agli appalti dello Stato, conferendo alla stessa valore negoziale; pertanto, nel caso in cui la clausola compromissoria contenuta nel contratto si esaurisca in un semplice e generico richiamo dell'intero capitolato generale (comunque applicabile nella specie per l'espresso disposto della legge Regione Puglia n. 27 del 1985), senza menzionare l'arbitrato, essa non può costituire fonte autonoma di quest'ultimo, ma si risolve in un mero riferimento con carattere ricognitivo della fonte legale, che resta l'unica fonte esterna e dunque eteronoma dell'arbitrato medesimo, con la necessità di riferirsi alla disciplina legale vigente, ai fini della derogabilità della competenza arbitrale.
Cass. civ. n. 12825/2012
È valida ed efficace la clausola compromissoria binaria inserita in un contratto plurilaterale (nella specie, di affiliazione commerciale o "franchising"), con la quale soltanto alcune delle parti si obbligano a devolvere le reciproche controversie ad un collegio arbitrale, se dal contratto siano sorti rapporti giuridici diversi, ancorché collegati, tra le parti firmatarie della clausola compromissoria e le altre.
Cass. civ. n. 5111/2012
Sia nell'ambito dell'arbitrato rituale che in quello rituale la rinuncia alla domanda, formulata da una delle parti, deve essere accettata dalle altre, valendo per il mandato collettivo che investe gli arbitri le regole sulla formazione del contratto, incluso l'art. 1328 cod. civ., con la conseguenza che la rinuncia al procedimento, per essere preclusiva dell'arbitrato, deve essere accompagnata dalla revoca dell'arbitro.
Cass. civ. n. 24542/2011
Rientra nella competenza dell'arbitro - al quale le parti abbiano deferito, con apposita clausola compromissoria, le eventuali controversie derivanti da un contratto da esse concluso - la cognizione anche della domanda fondata sull'arricchimento senza causa di una parte in danno dell'altra, ove questa abbia la sua ragione giustificatrice nel rapporto costituito dagli interessati nell'esercizio della loro autonomia negoziale.
Cass. civ. n. 23651/2011
In tema di arbitrato, non si configura come rinuncia ad avvalersi della clausola compromissoria, relativa a controversia avente ad oggetto il rilascio di locali ceduti in affitto, la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento dei relativi canoni scaduti, trattandosi di azioni diverse per "petitum" e "causa petendi".
Cass. civ. n. 18567/2011
La compromissione in arbitri delle controversie relative all'esecuzione del contratto non comprende di per sé le controversie aventi ad oggetto la domanda di pagamento dell'indennizzo per arricchimento senza causa, in quanto diverse per "causa petendi" e per "petitum", riguardando entrambe diritti cd. eterodeterminati, per l'individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi.
Cass. civ. n. 26046/2010
La clausola compromissoria, apposta ad un contratto di affitto d'azienda, è inidonea ad attribuire agli arbitri la cognizione sulle obbligazioni originate dal contratto di transazione, con il quale il primo sia stato consensualmente risolto e siano stati diversamente regolati i rapporti fra le parti senza richiamare il contratto di affitto, in quanto il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio in cui è stata inserita ne comporta l'estensione alle sole cause di invalidità di questo, purché ad esso non esterne, mentre ne esclude l'ultrattività in ordine ai rapporti derivanti da contratti successivi, neppure indirettamente menzionati nella clausola stessa e di cui il precedente negozio costituisca ormai soltanto un mero antecedente storico.
Cass. civ. n. 27336/2008
In materia di concessioni di pubblici servizi (nella specie, del servizio di distribuzione del gas metano ) e in riferimento alla compromettibilità in arbitri delle relative controversie, concernenti concessioni anteriori alla legge n. 205 del 2000, è esclusa la possibilità di ricorrere all'arbitrato, con conseguente nullità della clausola compromissoria, sussistendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi art. 5 della legge n. 1034 del 1971. Né può avere rilievo il sopravvenuto art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000 (che ha introdotto anche per le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la facoltà di avvalersi di un arbitrato rituale di diritto per la soluzione delle controversie concernenti diritti soggettivi ), il quale non pone una norma sulla giurisdizione, ma risolve un problema di merito, giacché, estendendo la possibilità di deferire ad arbitri le controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, investe la validità ed efficacia del compromesso e della clausola compromissoria, i quali, in base all'art. 806 c.p.c., non potevano essere stipulati ; né alla suddetta norma sopravvenuta, in mancanza della espressa previsione della sua efficacia retroattiva, può essere attribuita efficacia sanante della originaria invalidità del compromesso o della clausola compromissoria stipulati durante la vigenza della legge n. 1034 del 1971 ed anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 205 del 2000.
Cass. civ. n. 7262/2008
In tema di deferimento, secondo la previsione dello statuto di una cooperativa, delle controversie tra società e soci ad un collegio di probiviri in qualità di arbitri, va assicurato il requisito di ordine pubblico – non venuto meno a seguito della riforma dell'art. 809 c.p.c. ad opera della legge n. 25 del 1994 e che prescinde dalla natura rituale o irrituale dell'arbitrato – della imparzialità della decisione, derivandone la necessità che la nomina dei probiviri provenga anche dal socio in lite, a pena di nullità della contraria clausola compromissoria, che può essere fatta valere nel giudizio di opposizione intentato dal socio contro l'esclusione; in particolare, per poter considerare valida la delibera dell'assemblea che nomina i probiviri, non è sufficiente dimostrare che il socio in lite vi abbia concorso con il proprio voto favorevole né che la delibera sia stata assunta con il voto unanime dei presenti nell'assemblea, ma, semmai, che lo statuto prevedesse sin dall'origine ed in termini generali che i probiviri fossero designati soltanto con il concorso di tutti i soci (non solo dei presenti e votanti in assemblea), solo così potendosi realizzare la garanzia di imparzialità di costoro che sono chiamati a risolvere una lite tra la medesima società ed il socio.
Cass. civ. n. 12321/2007
In materia di procedimento arbitrale, è legittima l'instaurazione di un unico procedimento arbitrale per la risoluzione di controversie connesse nascenti da contratti collegati, contenenti clausole compromissorie di identico contenuto, e la cui risoluzione è destinata ad incidere sulla complessiva regolamentazione negoziale dettata dai contratti medesimi; qualora, peraltro, non vi sia consenso sull'esistenza di una situazione di collegamento negoziale o di clausole omologhe, la controparte può manifestare la volontà di tenere distinte le procedure e nominare un arbitro diverso per ciascuna di esse, mentre l'unico arbitro nominato dalla prima parte comporrà i diversi collegi che si andranno a formare.
Cass. civ. n. 2256/2007
Il requisito della forma scritta ad substantiam richiesto per la validità del compromesso e della clausola compromissoria non postula che la volontà negoziale sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo realizzarsi anche con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l'accettazione del deferimento della controversia ad arbitri, dovendosi interpretare la richiesta di costituzione di un collegio arbitrale e la relativa accettazione come concorde volontà di compromettere la lite in arbitri (nel caso di specie, nell'ambito di un contratto d'appalto il cui capitolato speciale conteneva una clausola compromissoria, una delle parti aveva nominato il suo arbitro e l'altra, in adesione all'iniziativa, aveva nominato il proprio).
Cass. civ. n. 13121/2004
In tema di arbitrato, qualora la parte promuova nei confronti dei medesimi contraddittori un giudizio davanti al giudice ordinario avente identità, totale o parziale, di oggetto, tale comportamento costituisce implicita rinuncia ad avvalersi della clausola compromissoria, restando, così, ad essa preclusa la possibilità di far successivo ricorso al procedimento arbitrale (nella specie, il ricorrente, impugnando il lodo ne aveva eccepito la nullità, per essere intervenuta rinuncia implicita alla clausola compromissoria, in quanto presso il giudice ordinario era pendente fra le stesse parti, da epoca anteriore all'inizio del procedimento arbitrale, un giudizio avente identico oggetto).
Cass. civ. n. 5549/2004
In tema di interpretazione di una clausola arbitrale, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche (in applicazione del suindicato principio di diritto, la Suprema Corte ha ritenuto esente da vizi di motivazione la sentenza di merito che interpretava la clausola arbitrale, contenente anche un riferimento all'art. 31 bis della legge n. 216 del 1995, non come semplice sottoposizione agli arbitri delle sole controversie relative alla iscrizione di riserve relative ad appalto di opera pubblica, ma anche come riferibile a giudizi di risoluzione contrattuale).
Cass. civ. n. 9070/2003
In sede arbitrale non possono essere fatte valere ragioni di credito vantate verso una parte sottoposta a fallimento o ad amministrazione straordinaria, giacché l'effetto attributivo della cognizione agli arbitri, proprio del compromesso o della clausola compromissoria, è in ogni caso (si tratti cioè di arbitrato rituale o di arbitrato irrituale) paralizzato dal prevalente effetto, prodotto dal fallimento o dalla apertura della procedura di amministrazione straordinaria, dell'avocazione dei giudizi, aventi ad oggetto l'accertamento di un credito verso l'impresa sottoposta alla procedura concorsuale, allo speciale, ed inderogabile, procedimento di verificazione dello stato passivo.
Cass. civ. n. 13623/2001
È nulla, per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la clausola compromissoria con cui si attribuisca alla cognizione degli arbitri la controversia avente ad oggetto la legittimità del provvedimento con cui la P.A. revochi la concessione di progettazione, costruzione e gestione di opera pubblica e risolva la convenzione a questa accessiva.
Cass. civ. n. 1496/2001
La clausola compromissoria deve, in mancanza di espressa volontà contraria, essere interpretata nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la loro causa petendi nel contratto medesimo.
Cass. civ. n. 1191/2001
Qualora la contestazione circa la natura rituale od irrituale dell'arbitrato sia sollevata con il ricorso per cassazione, la Corte Suprema deve esaminare e valutare direttamente il contenuto della clausola compromissoria, incidendo la relativa qualificazione sul problema processuale dell'ammissibilità dell'impugnazione del lodo per nullità.
Cass. civ. n. 1328/2000
La sottoscrizione della polizza di carico (ovvero, come nella specie, la mera firma per girata della polizza stessa, avente la sola funzione di trasferire ad altro soggetto i diritti nascenti dal contratto), pur implicando adesione del destinatario al contratto di trasporto marittimo, non può assumere, ex se, il valore di accettazione di una clausola compromissoria per arbitrato estero in mancanza di espresso e specifico richiamo a quest'ultima – mercé espressioni che rivelino il consenso alla deroga alla giurisdizione del giudice italiano –, trattandosi di pattuizione da stipularsi per iscritto e, quindi, in una forma che condiziona la possibilità di delibazione del lodo eventualmente ottenuto dalla parte interessata, secondo le previsioni in tal senso desumibili dagli artt. V e II della Convenzione di New York 10 giugno 1958, resa esecutiva in Italia con legge n. 62 del 1968. (Nella specie, la polizza di carico rilasciata dal vettore al caricatore, e poi girata al ricorrente, conteneva un generico richiamo alle condizioni, termini ed eccezioni della convenzione di trasporto marittimo, ritenuta del tutto insufficiente a giustificare la deroga alla giurisdizione dalla S.C. che ha, nell'occasione, enunciato il principio di diritto di cui in massima).
Cass. civ. n. 11218/2000
Con riguardo ad appalto di opera pubblica stipulato da ente pubblico diverso dalle amministrazioni dello Stato, l'eventuale clausola del capitolato speciale che preveda in via obbligatoria la devoluzione agli arbitri delle controversie inerenti all'esecuzione del contratto prevale sul richiamo alle disposizioni del capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962 (prevedente, all'art. 47, la facoltatività dell'arbitrato), ove il richiamo sia effettuato in via residuale e solo in quanto le disposizioni richiamate non risultino in contrasto con quelle fissate nel capitolato speciale, con la conseguenza che le suddette controversie devono ritenersi devolute in via esclusiva ed inderogabile alla cognizione degli arbitri.
Cass. civ. n. 9022/2000
Le controversie in materia societaria possono formare oggetto di compromesso con esclusione di quelle che incidono su interessi della società o che concernano la violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi. (Nella specie la S.C. ha ritenuto compromettibile in arbitri, in quanto incidente esclusivamente sull'interesse individuale del socio, la controversia con la quale il socio accomandante lamentava nei confronti dell'accomandatario la mancata corresponsione della quota di competenza degli utili).
Cass. civ. n. 8376/2000
La clausola compromissoria non costituisce un accessorio del contratto nel quale è inserita, ma ha propria individualità ed autonomia nettamente distinta da quella del contratto cui accede, per cui ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale.
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Il contratto di franchising o di affiliazione commerciale tra due società costituisce espressione del principio di libertà di iniziativa economica privata garantito dall'art. 1322 c.c. e ancor prima dall'art. 41 Cost., il quale consente e tutela l'aggregazione e l'affiliazione e comunque la collaborazione di imprese. Ne deriva che detto contratto attiene a materia disponibile in quanto espressione della libertà di scelta nello svolgimento delle attività economiche riconosciuta al soggetto privato in quanto tale, con la conseguenza che le controversie nascenti dal contratto medesimo, compresa quella relativa alla facoltà di recesso della società affiliata prima del termine finale previsto dal contratto, sono compromettibili in arbitrato rituale.
Cass. civ. n. 8222/2000
Il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio di riferimento vale in relazione all'arbitrato rituale, che si attua, per volontà delle parti compromittenti, mediante l'esercizio di una podestà decisoria alternativa rispetto a quella del giudice istituzionale e si risolve in un lodo avente tra le parti la stessa efficacia di sentenza, ma non può essere invocato in relazione all'arbitrato irrituale, avente natura negoziale e consistente nell'adempimento del mandato, conferito dalle parti all'arbitro, di integrare la volontà delle parti stesse dando vita ad un negozio di secondo grado, il quale trae la sua ragione d'essere dal negozio nel quale la clausola è inserita e non può sopravvivere alle cause di nullità che facciano venir meno la fonte stessa del potere degli arbitri.
Cass. civ. n. 4845/2000
L'eccezione con la quale si deduca l'esistenza (o si discuta dell'ampiezza) di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale non pone una questione di competenza dell'autorità giudiziaria (come nel diverso caso di clausola compromissoria per arbitrato rituale), ma contesta la proponibilità della domanda per avere i contraenti scelto la risoluzione negoziale della controversia rinunziando alla tutela giurisdizionale; la suddetta eccezione non ha pertanto natura processuale ma sostanziale e introduce una questione preliminare di merito in relazione all'esistenza o meno della suddetta rinuncia, con la conseguenza che è da ritenersi inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri, qualificandola come error in procedendo, l'interpretazione, resa dal giudice di pace in controversia di valore inferiore ai due milioni, di una clausola compromissoria relativa all'individuazione di quanto devoluto agli arbitri irrituali, attesi i limiti del sindacato di legittimità in ordine alla sentenza del giudice di pace pronunziata secondo equità.
Cass. civ. n. 4842/2000
La cosiddetta clausola compromissoria costituisce un contratto, ad effetti processuali, a sé stante, anche quando – come prevalentemente accade – è inserita nell'atto contenente il contratto cui ineriscono le controversie oggetto della clausola; né, data la loro autonoma funzione, tra i due contratti sussiste tecnicamente un rapporto di accessorietà, come è espressamente riconosciuto dall'art. 808, terzo comma, c.c. (come novellato dalla L. n. 25 del 1994), secondo cui la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce. Ne consegue che la clausola compromissoria contenuta in una proposta contrattuale può ritenersi operante anche se l'accettazione contiene modifiche riguardanti la sola parte sostanziale del contratto, perché la relativa causa di nullità del contratto (mancanza di accordo delle parti) non incide sulla validità della clausola compromissoria. (Fattispecie relativa a clausola compromissoria contenuta in una proposta di acquisto immobiliare formulata tramite un intermediario e letteralmente formulata con riferimento alle controversie insorgenti in merito alla proposta stessa; la S.C. ha ritenuto la competenza arbitrale per la domanda di restituzione del deposito cauzionale nella parte in cui era diretta nei confronti del virtuale venditore – che detta clausola aveva accettato –, esclusa la rilevanza della proposizione della stessa domanda davanti al giudice ordinario anche contro altri soggetti, stante la non incidenza della connessione sulla competenza arbitrale, a norma dell'art. 819 bis c.p.c.).
Cass. civ. n. 4802/2000
In materia di locazione di immobili urbani, la clausola compromissoria, con la quale le controversie inerenti al rapporto di locazione vengano deferite ad arbitri amichevoli compositori, è nulla ai sensi dell'art. 79 della legge n. 392 del 1978 in quanto, svincolando la soluzione della controversia dalla disciplina legale, è attributiva al locatore di vantaggi in contrasto con le disposizioni di detta legge; è pertanto nulla la clausola con cui le parti di un contratto di locazione di immobile adibito ad uso commerciale deferiscano al giudizio equitativo di un arbitro la determinazione dell'indennità di avviamento.
Cass. civ. n. 1476/1999
In tema di interpretazione di una clausola compromissoria, il permanere di una situazione di incertezza in ordine alla natura dell'arbitrato impone come corretta opzione interpretativa la dichiarazione di irritualità dell'arbitrato, tenuto conto del carattere pur sempre eccezionale dell'arbitrato rituale introduttivo di una deroga alla competenza del giudice ordinario.
Cass. civ. n. 11357/1998
È valida la clausola che attribuisce ad un collegio arbitrale la competenza a decidere la controversia tra un comune ed un privato, avente ad oggetto la concessione della gestione di uno stabilimento balneare appartenente al patrimonio disponibile del detto ente, perché in tal caso non sussiste la giurisdizione amministrativa, né la finalità di soddisfare le esigenze dei turisti e dei residenti, prevista per caratterizzare l'obbligazione del gestore di tale esercizio commerciale pubblico, può esser idonea a elevarlo a pubblico servizio, con conseguente inclusione dell'immobile nel patrimonio indisponibile dell'ente stesso.
Cass. civ. n. 10086/1998
L'eccezione di arbitrato irrituale, che non è vincolata ai limiti dell'eccezione d'incompetenza, ma può essere fatta valere in ogni momento del giudizio, dev'essere proposta sempre secondo le regole proprie delle eccezioni di natura sostanziale, pertanto non è rilevabile d'ufficio, ma dalla parte interessata, la quale, vertendosi in materia di diritti disponibili, può rinunziare ad essa, anche tacitamente ponendo in essere comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersi del compromesso (nel caso di specie la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso fondato sull'indicata eccezione, poiché attinente a questione nuova non dedotta con i motivi d'appello, ma solo introdotta con la memoria di replica dell'appellante).
Cass. civ. n. 6248/1998
In tema di interpretazione di una clausola compromissoria, il carattere rituale ovvero irrituale dell'arbitrato in essa previsto va desunto con riguardo alla volontà delle parti ricostruita secondo le ordinarie regole di ermeneutica contrattuale, ricorrendo la fattispecie dell'arbitrato rituale quando sia stata demandata agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, integrandosi, per converso, l'ipotesi dell'arbitrato libero quando il collegio arbitrale sia stato investito della soluzione di determinate controversie in via negoziale, mediante un negozio di accertamento ovvero strumenti conciliativi o transattivi. Tale attività ermeneutica circa la natura dell'arbitrato presuppone, in sede di legittimità, l'esame e la valutazione diretta del patto compromissorio da parte della Corte, che non può limitarsi al mero controllo formale della decisione del giudice di merito, incidendo la soluzione della questione dedotta sul problema processuale dell'ammissibilità stessa dell'impugnazione del lodo per nullità dinanzi al giudice di appello, ovvero della sua eventuale impugnabilità dinanzi al tribunale per vizi negoziali. Il permanere del dubbio interpretativo circa la effettiva volontà dei contraenti impone, come corretta opzione interpretativa, la dichiarazione della irritualità dell'arbitrato, tenuto conto del carattere del tutto eccezionale dell'arbitrato rituale, introduttivo, pur sempre, di una deroga alla competenza del giudice ordinario.
Cass. civ. n. 5717/1998
Il dubbio sulla comune intenzione delle parti di deferire ad arbitri le controversie insorte dal contratto deve essere risolto nel senso della competenza del giudice naturale quale giudice ordinario.
Cass. civ. n. 5292/1997
La possibilità di compromettere in arbitri le controversie insorte in materia di concessioni di lavori pubblici trova fondamento nella disposizione di cui all'art. 31 bis, comma quarto, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (introdotto dal D.L. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 1 giugno 1995, n. 216) a norma del quale, ai fini della tutela giurisdizionale, le concessioni in materia di lavori pubblici sono equiparate agli appalti, valendo tale equiparazione anche per le controversie relative ai lavori concessi anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, in conformità di quanto disposto dal comma quinto del cit. art. 31 bis.
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La clausola compromissoria contenuta in una convenzione, rogata in forma pubblica amministrativa, fra un Comune e un Consorzio, ed avente ad oggetto la costruzione di un'opera pubblica, non richiede specifica approvazione per iscritto a norma dell'art. 1341 c.c., atteso che la particolare forma contrattuale rivestita dall'accordo esclude la necessità della suddetta approvazione, anche in ipotesi di unilaterale predisposizione della clausola da parte di uno dei contraenti.
Cass. civ. n. 3001/1997
Nell'ipotesi in cui al giudice ordinario venga richiesta, dopo l'instaurazione del giudizio arbitrale, una decisione sulla questione di competenza, il giudice deve limitarsi a prendere atto della circostanza che l'accordo derogatorio della competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria ha già trovato concreta attuazione, indipendentemente dal fatto che la contestazione in ordine alla legittima investitura del collegio arbitrale sia successiva alla concorde instaurazione del giudizio arbitrale, ovvero se essa sorga ancor prima, a seguito della mera notificazione dell'atto di accesso agli arbitri per iniziativa di una delle parti, essendo sufficiente che il giudizio arbitrale abbia comunque avuto inizio e che gli arbitri abbiano risolto la questione affermando la propria competenza a decidere la controversia insorta fra le parti compromittenti. Ne consegue che, ove rilevi la pendenza del giudizio arbitrale, il giudice adito deve limitarsi a dichiarare improponibile o improseguibile l'azione, astenendosi da ogni accertamento in ordine all'esistenza ed alla validità dell'accordo compromissorio che ha conferito agli arbitri la potestas iudicandi in ordine alla controversia sottoposta al loro esame, atteso che solo a questi ultimi è riservata, in via esclusiva, la preventiva verifica dei propri poteri, salva restando la possibilità di proporre impugnazione per nullità del lodo che si assuma pronunciato da arbitri privi di ogni potere al riguardo.
Cass. civ. n. 349/1997
Con riguardo alla definizione delle controversie in materia di appalto di opere pubbliche, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 9 maggio 1996, n. 152 — che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 16 legge n. 741 del 1981 nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale possa essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti — la competenza arbitrale prevista dall'indicata disposizione non deve più considerarsi vincolante, con la conseguenza che una delle parti contraenti può legittimamente manifestare la propria volontà di deroga, rivolgendosi all'autorità giudiziaria ordinaria, senza che la controparte abbia facoltà di opporsi.
Cass. civ. n. 9155/1995
Qualora l'ente pubblico territoriale si avvalga, per la redazione del progetto di un'opera pubblica, di un professionista privato, l'atto di affidamento del relativo incarico, come pure gli atti che vengono successivamente ad interferire sul rapporto, sono espressione non di poteri pubblicistici, ma di autonomia negoziale privatistica. Ne consegue che a tale rapporto è applicabile l'istituto della transazione e, quindi, la regola generale di cui agli artt. 806 ed 808 c.p.c., in virtù della quale tutte le questioni suscettibili di transazione, anche se riguardanti gli enti pubblici, purché non devolute alla cognizione di speciali giurisdizioni esclusive, possono formare oggetto di compromesso e clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 7127/1995
Fra le controversie non deferibili ad arbitri rientrano tutte quelle per le quali è prevista la competenza funzionale ed inderogabile del giudice ordinario, come, in particolare, i procedimenti speciali di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione e di sfratto per morosità, previsti dagli artt. 657 e 658 c.p.c. che appartengono alla competenza funzionale del pretore, limitatamente peraltro alla prima fase a cognizione sommaria, non sussistendo invece alcuna preclusione a che nella fase successiva a cognizione piena la causa sia decisa nel merito da arbitri. Ne consegue che la deduzione, nella fase sommaria, dell'esistenza di una clausola arbitrale, non priva il pretore della competenza ad emettere i provvedimenti immediati (ivi compresa la eventuale concessione del termine di grazia ex art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che appartiene alla prima fase del procedimento di sfratto per morosità) ma lo obbliga, una volta chiusa la fase anzidetta, a declinare con sentenza la propria competenza, dichiarando sussistente per il merito quella arbitrale, incombendo poi alle parti di attivarsi per l'effettivo svolgimento del relativo giudizio.
Cass. civ. n. 5216/1995
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società cooperativa che deferisce ogni controversia tra quest'ultima ed i soci alla cognizione di un collegio di «probiviri» eletto dall'assemblea, senza esigere l'unanimità od almeno il voto favorevole del socio in lite è nulla perché in contrasto con il principio inderogabile secondo cui gli arbitri devono essere designati con il concorso della volontà di entrambi i contendenti.
Cass. civ. n. 3817/1994
L'eccezione di compromesso in arbitrato libero (o irrituale) non è deducibile con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, non investendo le attribuzioni giurisdizionali del giudice adito, ma concernendo esclusivamente la proponibilità della domanda davanti a questo.
Cass. civ. n. 1983/1994
Nell'ipotesi in cui sia stato promosso da una delle parti del rapporto di lavoro il procedimento arbitrale previsto in tema di licenziamenti dal contratto collettivo per i dirigenti di imprese commerciali, l'effettiva volontà dell'altra parte di escludere la cognizione degli arbitri non può ritenersi manifestata con la proposizione di una eccezione subordinata alla difesa nel merito o con la dichiarazione di voler sottoporre all'autorità giudiziaria la decisione di una questione diversa da quella trattata dagli arbitri.
Cass. civ. n. 8476/1992
L'inosservanza di una clausola contrattuale che obblighi le parti, prima di promuovere l'azione giudiziaria, ad esperire un tentativo di amichevole componimento della lite può determinare unicamente conseguenze di natura sostanziale, come l'obbligazione di risarcimento del danno, ma non ha rilevanza nel sistema processuale e non comporta l'improcedibilità, neppure temporanea, dell'azione giudiziaria promossa senza aver ottemperato all'obbligo in discorso, non implicando detta clausola rinuncia alla tutela giurisdizionale, atteso anche che i presupposti processuali per la validità del procedimento, rispondendo ad esigenze di ordine pubblico, possono trovare ragione di esistenza soltanto nella legge e non nell'autonomia privata.
Cass. civ. n. 3023/1990
In caso di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato dei dirigenti di aziende industriali, il ricorso al collegio arbitrale ai sensi dei contratti collettivi di categoria 13 aprile 1981 e 16 maggio 1985 costituisce strumento di tutela alternativo – e non esclusivo – del dirigente licenziato, dovendosi ritenere automaticamente inclusa nella clausola compromissoria la facoltà, pur non espressamente prevista, di ricorrere all'autorità giudiziaria, fermo il divieto di far valere in via giudiziaria le proprie ragioni una volta che ci si sia rivolti al collegio arbitrale. Tuttavia l'azione giudiziaria – e, in particolare, quella con cui il dirigente reclama l'accertamento della mancanza di giustificazione del licenziamento e la condanna del datore di lavoro alla corresponsione dell'indennità supplementare – è esperibile, nonostante l'iniziale scelta del dirigente di avvalersi della tutela innanzi al collegio predetto, ove questo si sia dichiarato privo di legittimazione a decidere la controversia per il difetto d'iscrizione del datore di lavoro alle associazioni stipulanti e può essere esercitata entro il normale termine di prescrizione del diritto controverso, non soggiacendo né al termine di decadenza previsto dall'art. 6 della L. n. 604 del 1966 (norma inapplicabile ai dirigenti, ex art. 10 della stessa legge, e di stretta interpretazione) né ad alcuno dei termini che detta contrattazione prevede esclusivamente per il procedimento davanti agli arbitri.
Cass. civ. n. 365/1990
Il lodo arbitrale, che, in relazione ad assegnazione di terreno di riforma fondiaria, e prendendo atto dell'avvenuta risoluzione consensuale del rapporto, riconosca e liquidi l'indennità per migliorie dovuta all'assegnatario, non è affetto da nullità, sotto il profilo dello sconfinamento in materia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, a norma dell'art. 5, primo comma della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, atteso che la relativa statuizione, investendo solo le questioni patrimoniali contemplate dal secondo comma della citata disposizione, senza incidere sul rapporto pubblicistico di concessione, si mantiene nell'ambito delle attribuzioni del giudice ordinario, rispetto alle quali è consentito l'intervento in via sostitutiva degli arbitri.
Cass. civ. n. 3817/1989
In tema di assegnazione di terreni di riforma fondiaria, la controversia inerente alle indennità per migliorie dovute all'assegnatario dall'ente concedente a seguito della risoluzione del rapporto concessorio, senza che venga in discussione il verificarsi di quest'ultima, non investe detto rapporto, e, pertanto, rientrando nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 5, secondo comma della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere rimessa alla cognizione di arbitri, in forza di compromesso o clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 9049/1987
Nel caso di clausola compromissoria che riguardi qualsiasi vertenza originata dal contratto, rientra nella competenza arbitrale la controversia insorta in relazione alle successive modificazioni apportate alle pattuizioni contrattuali originarie, in quanto la specificata clausola compromissoria va riferita a tutte le controversie che si ricollegano all'esistenza del contratto stesso ed ai diritti che da esso scaturiscono.
Cass. civ. n. 1463/1987
Con riguardo ai dipendenti con la qualifica di dirigenti, come tali sottratti alle norme limitative dei licenziamenti individuali poste dalle L. 15 luglio 1966, n. 604 e 20 maggio 1970, n. 300, ed in relazione alla clausola del contratto collettivo, che devolva ad un collegio di arbitrato e conciliazione il riscontro della giustificazione o meno del licenziamento, nonché il riconoscimento, in difetto di giustificazione, di un'indennità in favore del dipendente licenziato (nella specie, artt. 17 e 20 del C.C.N.L. del 4 aprile 1975 per i dirigenti di aziende industriali), l'indagine diretta a stabilire la ricorrenza di un arbitrato, rituale od irrituale, soggetto alle specifiche disposizioni degli artt. 4 e 5 della L. 11 agosto 1973, n. 533, ovvero di un arbitraggio, esorbitante dall'applicazione di dette ultime norme, deve essere condotta dal giudice del merito in base al principio secondo cui l'arbitrato (rituale od irrituale) si traduce in un intervento su controversia fra opposti diritti, che si assumono esistenti per effetto di un rapporto già costituito, mentre l'arbitraggio viene a completare una fattispecie negoziale ancora non perfezionatasi, e, quindi, a comporre un mero conflitto di interessi. All'indicato fine, pertanto, il medesimo giudice, avvalendosi degli ordinari criteri di ermeneutica negoziale, deve stabilire se la clausola contrattuale contempli o meno il giudizio arbitrale sulla premessa della delimitazione pattizia dei casi di legittimità del recesso del datore di lavoro (eventualmente anche utilizzando espressioni analoghe a quelle usate in proposito dalla menzionata legge del 1966), atteso che, ove ciò si verifichi, la pronuncia degli arbitri assume i predetti connotati di un intervento su diritti in conflitto.
Cass. civ. n. 214/1987
Le clausole dei contratti collettivi le quali prevedono, nelle controversie riguardanti i rapporti di cui all'art. 409 c.p.c., l'arbitrato irrituale, senza far espresso riferimento alla facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria, non sono per ciò stesso affette da nullità, giacché, avuto riguardo al precetto dell'art. 24 Cost. ed alle norme dettate dall'art. 5 della L. n. 533 del 1973 e dall'art. 6 della Convenzione 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848), una tale facoltà è da ritenersi automaticamente inserita nelle dette clausole. Consegue che, essendo l'arbitrato irrituale previsto dal C.C.N.L. 9 ottobre 1979 per i dirigenti di aziende industriali alternativo — e non esclusivo — rispetto all'azione giudiziaria, la relativa facoltà se viene meno ove le parti abbiano investito della vertenza il collegio arbitrale, risorge ove il provvedimento non pervenga alla sua conclusione con il dolo.
Cass. civ. n. 3849/1986
Ai sensi dell'art. 4 della L. 11 agosto 1973, n. 533 (modificativo dell'art. 808 c.p.c.) e dell'art. 5 della stessa legge, le controversie previste dall'art. 409 c.p.c. possono essere decise da arbitri, in forma rituale o irrituale, sempre che tale previsione sia contenuta nei contratti collettivi, alla condizione che non sia pregiudicata «la facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria».