La cancellazione della trascrizione delle domande
La norma dell'art. 2668 riproduce in parte l'art. 1945 del Codice abrogato. Le questioni che si facevano al riguardo sono anche nel commento della nuova legge. Una novità è costituita dal disposto del terzo comma che va coordinato con l’ultimo comma dell’
art. 2659 del c.c..
La questione principale riguarda il punto se la cancellazione sia relativa soltanto alla trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653, o abbia un più vasto campo d'esplicazione comprensivo anche della trascrizione degli atti di alienazione e simili.
La legge fa parola soltanto della cancellazione della trascrizione delle domande, e certo questo è: l'oggetto per cui più di frequente può intervenire la opportunità della cancellazione. Una domanda è un fatto destinato già per se stesso a una vita transeunte, e la trascrizione giova solo a fissare la priorità di una data, non già per se stessa a consolidare un acquisto che è, se mai, in discussione ma non è ancora avvenuto. La domanda da sola non esprime una mutazione giuridica, ma una intenzione a che avvenga detta mutazione. trascrizione di un atto acquisitivo di un diritto fissa sui registri la sorte di questo diritto. La trascrizione di una domanda invece non è destinata a fissare alcunché, né vi è una sorte degli effetti' delle domande che valga affidare ai pubblici registri, dal momento che l'effetto della domanda è aleatorio e mutevole e non può essere toccato dalla pubblicazione della domanda che è il semplice fatto introduttivo o iniziale di una fattispecie ancora in formazione. Queste considerazioni spiegano perché la legge si preoccupi di disciplinare la cancellazione della trascrizione delle domande. Sarebbe inutile anzi spesso pericoloso tenere nei pubblici registri la menzione della esistenza di una procedura di pubblicità riguardo a un atto che ha già esaurito la sua ragion d'essere. Né potrebbe bastare la semplice annotazione in margine alla 'trascrizione della domanda. La annotazione presuppone che l'atto trascritto mantenga o quantomeno abbia avuto un suo effetto (vero o presunto) e quindi viene a costituire: un capitolo della storia di quell’immobile che aveva formato o etto dell'atto in questione. Per le domande la cancellazione più adeguatamente raggiunge lo scopo di rendere pubblico che un atto - un semplice atto — ha cessato la sua ragion d'essere e nessuna mutazione giuridica è da attendersi da esso. Naturalmente la cancellazione della trascrizione porta con sé la cancellazione delle annotazioni poste a margine.
Altri casi in cui è attuabile la cancellazione
Ma se la normale funzione della cancellazione concerne la trascrizione delle domande, non può certo dirsi che sia da escludersi in altri casi.
Anzitutto deve ritenersi che la cancellazione sia possibile ad ogni trascrizione invalida, per i motivi di cui abbiamo a suo tempo discorso. E lo stesso, a maggior ragione, deve dirsi pei casi in cui la trascrizione debba considerarsi addirittura inesistente o inutile essendo stata effettuata per un atto di cui non sia necessaria la pubblicità Non v'è dubbio altresì che sia possibile la cancellazione ove si tratti di atta di alienazione o costituzione di diritti già per se stessi temporanei (com'è dell'usufrutto, dell'uso o abitazione). Non v'è ragione alcuna di mantenere nei pubblici registri la menzione di una trascrizione come ancora efficiente quando ne è invece venuta meno la ragion d'essere.
E — come vedremo la cancellazione, almeno in questi casi, ha una portata più completa di quanto non possa averne la semplice annotazione ; e d'altra parte l'annotazione, così com'è disciplinata dalla legge, non copre tutti i casi in cui può intervenire la necessità di far figurare nei registri la cessazione degli effetti dell'atto trascritto. E le stesse considerazioni debbono valere pei casi di alienazione a termine finale, dopo che, scaduto il termine, il rapporto abbia esaurito la sua efficacia. Così non esitiamo a ritenere che ciò che si dice per la sopraggiunta inefficacia per scadenza del termine finale, valga del pari in caso di inefficacia dipendente da sopravvenuta condizione risolutiva o da mancata condizione sospensiva.
Una diversa e più circoscritta por tata ha la norma del terzo comma dell'art. 2668, ove è disposta la cancellazione non già della trascrizione ma della indicazione sul pubblico registro — tra gli estremi ricavati dalla nota — della condizione o del termine, se tali modalità hanno cessato di manifestare la loro ragione d’essere, per cui la menzione del registro potrebbe, perdurando, apparire superflua oltre che dannosa. La cancellazione della indicazione di quelle modalità la cui quando l'atto si è reso efficace. Si cancellano le trascrizioni quando l'atto è divenuto inefficace. In definitiva la finalità é la stessa, ché in ogni caso mira a rendere più chiaro e reale il contenuto e la base di pubblicità dei registri.
Date le considerazioni esposte, nessuna ragione contrasta la possibilità di ottenere la cancellazione anche in altri casi in cui sia venuto meno il diritto relativo all'atto trascritto. Così è a dirsi se una servitù prediale si sia estinta per non uso. Così, in generale, in ogni caso in cui alcuno abbia ottenuto in un giudizio petitorio una sentenza che affermi l'esistenza di un diritto in contrasto con quello che risulta dai pubblici registri.
Come si vede, quindi, il campo d'applicazione della
.cancellazione delle trascrizioni è assai più ampio di quello che risulta dal disposto dell'art. 2668. E non si tratta di una semplice interpretazione estensiva, dal momento che è la stessa
ratio dell'istituto della trascrizione che esige l'enunciazione di tali concetti .
Requisiti e formalità della cancellazione
Posto come certo che non può imporsi di mantenere lima pubblicità divenuta inefficiente e che la legge non contrasta, anzi con la sua
ratio suffraga la possibilità di attuare la maggiore chiarezza nei registri ove si esprime lo stato della proprietà immobiliare, il problema si riduce a considerare gli estremi su cui pub fondarsi l'istanza per la cancellazione. Estremo pregiudiziale — abbiamo visto — è la giuridica inesistenza di uno degli elementi della fattispecie ; la trascrizione dell'atto (per invalidità formale) o l'atto trascritto (per inesistenza o definitiva inefficacia).
Consegue, quale connesso presupposto, che la fattispecie deve avere totalmente e definitivamente esaurito i suoi effetti. Più semplice, naturalmente, è il caso dell'atto o della trascrizione. In caso di invalidità sopravvenuta (inefficacia definitiva, es. per sopraggiunta condizione risolutiva o per mancata condizione sospensiva) occorrerà provare le circostanze inter. venute, decisive per stabilire' la inutilità della pubblicità. Ma deve dirsi subito chiaramente che la prova in eventuale contraddittorio non può certo proporsi dinanzi al conservatore, la cui funzione non può comportare una valutazione di questioni giuridiche sostanziali, ma solo un diciamo pur materiale apprezzamento di requisiti e presupposti.
Così deve dirsi che solo una sentenza (passata in giudicato) può costituire il presupposto della cancellazione. Si può dubitare se sia necessaria la presenza, nel testo della sentenza, del capo con cui il giudice ordini esplicitamente la cancellazione, o se può intendersi sufficiente che lo stesso giudicato in se stesso, stabilendo l'inefficacia dell'atto trascritto o della trascrizione possa valere come presupposto implicherebbero ancora una indagine sostanziale. D'altra parte, poiché la cancellazione non è un’operazione che può seguire su istanza qualsiasi ma presuppone un preciso interesse nel richiedente, se può reputarsi necessario che tale interesse si manifesti già in sede giudiziale chiedendosi espressamente al giudice , in conclusione della decisione, l’ordine della cancellazione. Deve aggiungersi che talora il giudice stesso deve di sua iniziativa dichiarare la cancellazione allorché, trattandosi di domanda avanzata in giudizio, essa sia stata rigettata o vi sia stata perenzione di istanza o rinuncia della parte al giudizio (art. 2668, comma 2).
Può tenere il posto della sentenza il consenso alla cancellazione da parte di chi potrebbe avere interesse al mantenimento della trascrizione. Così anche l’attore può consentire alla cancellazione della trascrizione della sua domanda. Il consenso (atto unilaterale) deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente. L’atto seguito in paese estero deve essere legalizzato (si richiama l’art. 2657 c.c., l’art. 2668 parla di cancellazione debitamente consentita: cfr. art. 2882). Chi richiede la cancellazione deve esibire al conservatore l’atto di consenso e provare altresì l’esistenza della capacità del consenziente (arg. art. 2883 c.c.).
Deve rilevarsi a scanso di equivoci che fin tanto che l’atto è efficace nessun consenso alla cancellazione è concepibile, anche se concordato tra le parti, perché non si tratta dell’interesse delle sole parti, ma di quello di tutti i terzi. Le parti che intendono recedere dal primo contratto e modificarne l’oggetto o rinnovarlo (e similmente, ove si tratti di rinuncia), non hanno altra via che la trascrizione del nuovo atto giuridico, trascrizione della quale si vedrà se sarà efficiente o meno in relazione a un possibile conflitto con interessi avanzati da terzi.
Si dice ancora che quale requisito perché possa procedersi alla cancellazione, deve sussistere un interesse in chi richiede la cancellazione. Tale concetto, nella dottrina che lo enuncia, non è bene precisato. Siamo d’accordo nel ritenere che la procedura di cancellazione, involgendo la sorte di diritti già stabiliti, necessita di particolari cautele maggiori della stessa procedura di trascrizione. Una trascrizione inefficace al più non fa acquistare un diritto. La cancellazione, invece, toglie la base a un diritto già, se è il caso, acquisito. Non certo chiunque può essere legittimato alla richiesta: la richiesta di cancellazione, a differenza della richiesta di trascrizione, è un vero atto giuridico (si deve provare la capacità di disporre di chi consente alla cancellazione), ma l’interesse del richiedente come tale non viene in considerazione, non forma presupposto e oggetto di prova di fronte al conservatore: basta documentare il consenso di chi può avere interesse in contrasto con la cancellazione oppure esibire l’ordine del giudice. Non è assolutamente stabilito che la persona che richiede la cancellazione debba essere lo stesso consenziente oppure l’altra parte, e in caso di ordine giudiziale l’una o l’altra delle parti contendenti.
Secondo la dottrina, può chiedere la cancellazione l’alienante per gli atti di alienazione, il convenuto per le domande. Ciò è impreciso, se si considera che, a parte casi di origine giudiziale, il consenso deve venire proprio dall’altra parte e non vi è alcuna ragione che chi manifesta tale consenso non possa essere il diretto richiedente di quella procedura la cui attuazione ha consentito. Deve concludersi che proprio ed esclusivamente si può operare la cancellazione in quanto chi ha l’interesse contrario ha già consentito alla cancellazione o è rimasto perdente in un contradditorio giudiziale. Ci si chiede anche su chi abbia interesse a richiedere, e quindi la possibilità di ottenere, la cancellazione di trascrizioni nulle per difetto di forma. Che la cancellazione della prima trascrizione (nulla) possa essere richiesta dal secondo acquirente è fuori discussione. La dottrina contesta invece, almeno per alcuni casi, che tale possibilità abbia l’alienante (contro cui la trascrizione nulla fu effettuata). La nostra opinione è favorevole ad ammettere senza riserve la possibilità di richiesta di cancellazione nell’alienante in ogni caso, e in lui prima che in ogni altro, perché proprio suo è il principale interesse a che il diritto appaia disponibile.
Quando il conservatore rifiuti di procedere alla cancellazione giudiziaria di una trascrizione, il richiedente può proporre reclamo all’autorità giudiziaria (arg. art. 2888 alla cui spiegazione si rinvia).
La cancellazione si esegue a margine della trascrizione, con l’indicazione del titolo dal quale è stata consentita od ordinata e della data in cui si esegue, e deve portare la sottoscrizione del conservatore.
In concreto dunque la cancellazione poco parrebbe distinguersi dalla annotazione. Deve però considerarsi che una trascrizione annotata esiste ancora anche se l’annotazione dichiara l'inesistenza intervenuta dell'atto trascritto. Se si dimostra che l'annotazione è stata eseguita senza fondamento, se ne può ottenere la cancellazione, senza che da ciò la trascrizione venga toccata ; mentre una trascrizione cancellata non esiste più a tutti gli effetti e, ove occorra, deve essere ripetuta; ma la nuova trascrizione non potrà certo mantenere la data di quella che essendo stata cancellata più non esiste. Più in generale diremo che, in un caso, l'operazione del conservatore si fonda su un titolo preordinato proprio al fine di detta operazione (cancellazione) e così, ove non vi sia il consenso esplicito della parte controinteressata, occorre la sentenza che decida sulla inefficacia dell'atto o della trascrizione e ordini la cancellazione ; per l'annotazione invece è la pura e semplice esistenza della sentenza che viene menzionata accanto alla trascrizione dell'atto. L'annotazione attua una pubblicità : la cancellazione la toglie di mezzo. In un caso, il titolo è un atto di volontà (un comando) che si rivolge al conservatore ; nell'altro è un fatto di cui il conservatore constata l'esistenza. L'annotazione è sullo stesso piano di struttura e presupposti con la trascrizione; la cancellazione sul piano opposto. Né, ove è prevista la semplice annotazione, quegli stessi motivi di inefficacia possono portare ad una sentenza che ordini addirittura la cancellazione.