La norma in esame fa rinvio all’
art. 497 del c.p.c., il quale impone al
creditore procedente o a qualunque altro creditore titolato intervenuto un termine acceleratorio di 90 giorni (che alcuni ritengono abbia carattere perentorio altri ordinatorio), la cui inutile decorrenza determina la perenzione del
pignoramento.
Si tratta di disposizione volta a soddisfare la necessità di rendere più sollecito il procedimento espropriativo e di evitare che i beni restino vincolati per un tempo indefinito senza il compimento di quelle attività procedimentali (istanza di vendita o di assegnazione) che conducono alla fase di trasformazione e realizzazione del credito.
Il termine di
efficacia del pignoramento comincia a decorrere dal momento del suo perfezionamento, il quale varia a seconda dei diversi tipi di espropriazione.
Al riguardo, nel caso della espropriazione immobiliare la questione è controversa, in quanto mentre secondo una parte della dottrina il termine de quo decorre dalla
notificazione dell’atto di pignoramento, secondo altra tesi dottrinaria il termine d'efficacia deve farsi decorrere dalla
trascrizione, dovendosi individuare in quest'ultima il momento perfezionativo del
pignoramento immobiliare.
Viene peraltro disciplinato un rapido procedimento per la cancellazione della trascrizione del pignoramento al ricorrere delle condizioni ivi previste, così da consentire la restituzione del bene pignorato alla libera circolazione negoziale ed in particolare alla piena ed efficace disponibilità del suo proprietario (finché la cancellazione non sia eseguita, permangono tutti gli effetti del pignoramento, né acquistano valore gli atti compiuti in spregio di esso).
Parte della dottrina ritiene che il giudice dell'esecuzione possa rendere l'ordine di cancellazione solo su
eccezione della parte interessata, mentre secondo altra tesi il giudice può disporre la cancellazione anche d'ufficio.
Secondo quanto disposto dall'
art. 172 delle disp. att. c.p.c., il giudice dell'esecuzione, prima di disporre la cancellazione del pignoramento, con la stessa ordinanza con cui dichiara l'estinzione del processo, deve sentire le parti, ossia
creditore pignorante, creditori pignoranti e intervenuti, debitore ed eventualmente terzo
proprietario assoggettato all'espropriazione, e ciò al fine di impedire abusive richieste da parte del
debitore.
Per tale ragione, il giudice fissa con decreto, da comunicarsi a mezzo di
biglietto di cancelleria, l'
udienza nella quale le parti debbono comparire; qualora risulti o appaia probabile che alcuna delle parti non sia comparsa per circostanze indipendenti dalla sua volontà, il giudice dell'esecuzione fissa una nuova udienza, della quale il
cancelliere dà
comunicazione alla parte non comparsa.
L'ordinanza di cancellazione, a sua volta, è reclamabile ex art.
630, 3° co. c.p.c., dovendosi osservare le forme di cui agli ultimi tre commi dell'
art. 178 del c.p.c. (sul
reclamo il
collegio provvede in
camera di consiglio con
sentenza appellabile ex
art. 130 delle disp. att. c.p.c.).
Il conservatore dei registri immobiliari potrà concretamente provvedere alla cancellazione solo dopo che l'ordinanza contenente l'ordine giudiziale di cancellazione sia divenuta irreclamabile o sia passata in giudicato la sentenza che respinge il reclamo.
Al fine di dimostrare la definitività dell'ordinanza è necessaria la attestazione del cancelliere che non è stato presentato reclamo nei termini di legge.
Si ritiene che la cancellazione possa essere richiesta da una parte qualsiasi, ovvero sia dal creditore pignorante che dal debitore pignorato o dal terzo assoggettato all'espropriazione, interessato a liberarsi degli effetti del pignoramento; tale legittimazione può spettare anche al terzo che abbia acquistato diritti sul bene pignorato.