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Articolo 1125 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai

Dispositivo dell'art. 1125 Codice Civile

Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali(1) dai proprietari dei due piani(2) l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Note

(1) Poiché la norma non è ricompresa nell'art. 1138 del c.c., essa è derogabile dalle parti.
La norma non si applica nel caso in cui la terrazza di proprietà di un unico condomino svolga la funzione si coprire l'appartamento sottostante (c.d. terrazza a livello), perché in questo caso opera l'art. 1126 del c.c..
(2) Nel giudizio promosso da uno dei due proprietari contro l'altro, non c'è necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del condominio.

Ratio Legis

La norma riguarda il complesso delle norme stabilmente incorporate che servono a suddividere orizzontalmente due proprietà.

Spiegazione dell'art. 1125 Codice Civile

Ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai fra il proprietario del piano soprastante ed il proprietario di quello sottostante

Per il suo contenuto e per la chiarezza della formulazione merita lode l’ art. 1125, relativo alla manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai. Il codice del 1865, all'art. 562, terzo comma, stabiliva che il proprietario di ciascun piano o porzione di esso fa e mantiene il pavimento su cui cammina, le volte, i solai ed i soffitti che coprano i luoghi di sua proprietà, e la norma veniva interpretata nel senso che in ogni copertura bisognasse distinguere due strati: uno strato che fa da pavimento, a carico del proprietario che vi cammina, e uno strato che fa da soffitto, a carico del proprietario del piano sottostante. I mattoni dovevano essere riparati dal proprietario che vi cammina, la trave del soffitto doveva essere riparata dal proprietario dell'appartamento sottostante.

Bisogna riconoscere che tale norma aggravava ingiustamente la posizione del proprietario del piano sottostante, in quanto la trave p. es. serviva per il soffitto, ma serviva anche a sostenere il pavimento del piano soprastante.

E la Corte di Cassazione, nel caso di costruzioni a cemento armato, in cui un'unica soletta serve da soffitto e da base al pavimento dell'appartamento soprastante, pervenne nel tempo a una più equa soluzione, ponendo a carico comune le spese di manutenzione e ricostruzione della soletta. Ora quello che si dice per la soletta, perché non avrebbe dovuto dirsi per la trave ?

Opportunamente ed esattamente il nuovo codice distingue tre parti, anziché due. C'è una parte mediana costituita dai soffitti, dalle volte o dai solai, variamente usati, a seconda dei vari tipi di costruzione, che serve allo stesso tempo di copertura di un appartamento e di base alla pavimentazione dell'appartamento soprastante, la quale, essendo di utilità comune, deve essere mantenuta e ricostruita a cura dei proprietari dei due piani, l'uno all'altro sovrastanti, in parti uguali. Questa parte comune ha, poi, per così dire due facce, che costituiscono le due altre parti, l'una propria del piano soprastante, l'altra del piano sottostante, e ciascuno dei due proprietari ha la cura della propria faccia o proiezione: quindi la copertura del pavimento è a carico del proprietario del piano superiore, l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto sono a carico del proprietario del piano inferiore.

La norma, di carattere generale, servirà come criterio per la risoluzione delle possibili specie di fatto anche non esemplificate.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

529 Nell'art. 1123 del c.c. ho fuso le disposizioni degli articoli 13 e 14 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934, concernenti la ripartizione delle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni, nonché la ripartizione delle spese per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza nei limiti dei suoi poteri. Ho poi dettato negli articoli 1124, 1125 e 1126 particolari norme, come già faceva il codice del 1865 negli articoli 562 e 563, per le spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale, dei soffitti, delle volte, dei solai e di quei lastrici solari che siano di uso esclusivo. Per quanto riguarda le scale, ho abbandonato il sistema del codice del 1865 (art. 562, quarto comma), che poneva le spese relative a carico dei proprietari di quei piani a cui serviva ciascun tratto di scala, in ragione del valore dei piani stessi. Tale sistema infatti portava a conseguenze non dei tutto eque, aggravando eccessivamente l'onere dei proprietari degli ultimi piani. Ho ripartito invece le spese per la manutenzione e ricostruzione tra i proprietari dei diversi piani, a cui le scale servono, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo (art. 1124, primo comma). È giusto che i proprietari degli ultimi piani contribuiscano in misura maggiore, perché è da presumere che col maggior uso diano luogo al maggior consumo delle scale. Sarebbe però eccessivo che i proprietari delle soffitte o camere a tetto e dei palchi morti contribuissero in ragione dell'altezza, perché in questi casi viene meno la presunzione del maggior logorio in conseguenza dell'uso, trattandosi di locali non destinati ad abitazione; perciò ho stabilito che questi proprietari, come quelli delle cantine, concorrano soltanto nella metà delle spese stesse che è ripartita in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano (art. 1124 del c.c., secondo comma). Circa le spese relative alla manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai, ho creduto giusto disporre (art. 1125 del c.c.) che tali spese siano sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. Le spese di manutenzione e di ricostruzione dei lastrici solari sono a carico dei condomini che ne traggono utilità, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di proprietà di ciascuno. Siccome però può darsi che del lastrico solare alcuni condomini traggano soltanto l'utilità che deriva dalla funzione principale del lastrico, che è quella di servire, come il tetto, alla copertura dell'edificio o di una parte dell'edificio, mentre altri condomini, oltre che trarre tale utilità, abbiano del lastrico solare l'uso esclusivo, il godimento diretto, in quanto si servono di esso come potrebbero servirsi di una terrazza, è sembrato giusto per questa ipotesi porre le spese di manutenzione e di ricostruzione per un terzo a carico dei condomini che del lastrico hanno l'uso esclusivo e per gli altri due terzi a carico di tutti i condomini dell'edificio a cui il lastrico serve di copertura, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascun condomino (art. 1126 del c.c.). In fondo, la distinzione tra i due gruppi di condomini era già contenuta nell'art. 563 del codice del 1865, il quale disponeva che, ove l'uso del lastrico solare non fosse comune a tutti i condomini, quelli che ne avevano l'uso esclusivo,"per ragion del calpestio", erano tenuti a contribuire per un quarto - quota che mi è sembrata troppo esigua - nelle spese di riparazione e di ricostruzione, mentre gli altri tre quarti erano a carico così di costoro come degli altri condomini nelle proporzioni indicate dal precedente art. 562.

Massime relative all'art. 1125 Codice Civile

Cass. civ. n. 18187/2021

Il condomino che subisca, nella propria unità immobiliare, un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comuni di un edificio, ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza tuttavia essere esonerato dall'obbligo - che trova la sua fonte nella comproprietà o nella utilità di quelle e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile - di contribuire, a propria volta e "pro quota", alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni, nonché alla rifusione dei danni cagionati.

Cass. civ. n. 11462/2021

In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 cod. civ., ma si deve, invece, procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 cod. civ., il quale stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, mentre accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione e pone a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Cass. civ. n. 30935/2018

In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c., ma si deve, invece, applicare analogicamente l'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi, con l'uso esclusivo della stessa, determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 24266/2018

Il solaio che separa due unità abitative, l'una sovrastante all'altra ed appartenenti a diversi proprietari, deve ritenersi, salvo prova contraria, di proprietà comune ai due piani; tale presunzione "iuris tantum" vale per tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e copertura, in quanto svolgono una inscindibile funzione divisoria tra i due piani, con utilità ed uso uguale per entrambi e correlativa inutilità per gli altri condomini, sicché le spese per la loro manutenzione e ricostruzione competono in parti eguali ai rispettivi proprietari, come previsto dall'art. 1125 c.c.. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, statuendo sulla ripartizione delle spese di riparazione e manutenzione di una terrazza di proprietà e in uso esclusivo, costituente il solaio dell'appartamento sottostante, aveva applicato in via analogica l'art. 1125 c.c. ed escluso l'utilizzabilità dell'art. 1126 c.c.).

Cass. civ. n. 15913/2007

In tema di condominio, i balconi «aggettanti» i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell'edificio — come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio — non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani e ad essi non può applicarsi il disposto dell'articolo 1125 c.c. I balconi «aggettanti» pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. (Nella specie la S.C., sulla base dell'enunciato principio, ha escluso che il proprietario dell'appartamento sito al piano inferiore potesse agganciare le tende alla soletta del balcone «aggettante» sovrastante, se non con il consenso del proprietario del corrispondente appartamento).

Cass. civ. n. 7655/2004

Il diritto di proprietà può esser frazionato in senso orizzontale e quindi la proprietà del sottosuolo può appartenere ad un soggetto diverso dal proprietario del suolo e del fabbricato su esso insistente. In tal caso il rapporto tra i rispettivi proprietari non è di comunione perché il fondo sottostante deve sopportare il peso dell'edificio sovrastante e quindi il rapporto tra le due proprietà è di servita (servitus oneris ferendi). Pertanto, da un lato il proprietario del sottosuolo non deve, se sono necessarie opere di manutenzione o consolidamento per consentire l'esercizio di detta servita, sopportarne le spese, in applicazione dell'art. 1030 c.c., a meno che la legge o il titolo dispongano diversamente; dall'altro egli non può diminuire o rendere pia incomoda la servitù, in applicazione dell'art. 1067 c.c. (principio affermato in fattispecie in cui il giudice di merito, per le opere di manutenzione e consolidamento della volta di una grotta su cui sovrastavano degli edifici, aveva posto a carico del proprietario di questa le relative spese, a norma dell'art. 1125 c.c., ritenuta inapplicabile dalla Corte cass.).

Cass. civ. n. 1225/2003

Nel giudizio instaurato, ai sensi dell'art. 1225 c.c., per la divisione delle spese di manutenzione o ricostruzione del solaio divisorio comune, dal proprietario del piano sovrastante nei confronti del proprietario di quello inferiore o viceversa, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di altri soggetti e, specificamente, del condominio, in quanto il rapporto dedotto in giudizio è afferente solo alla titolarità del diritto di proprietà dei piani divisi dal solaio.

Cass. civ. n. 3568/1999

In tema di condominio di edifici, la ripartizione delle spese per la manutenzione, ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai secondo i criteri dell'art. 1125 c.c., riguarda le ipotesi in cui la necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomini trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di colui che li ha cagionati.

Cass. civ. n. 1477/1999

La manutenzione e la riparazione del solaio di copertura di un locale interrato costituendone parte integrante compete unicamente, salvo diversa pattuizione, al suo proprietario, anche se l'area soprastante appartenente ad altro soggetto riceva da tale copertura un qualche vantaggio o utilità.

Cass. civ. n. 283/1997

La presunzione assoluta di comunione (ex art. 1125 c.c.) del solaio divisorio di due piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi vale pure per la piattaforma o soletta del balcone dell'appartamento del piano superiore, la quale, avendo gli stessi caratteri per struttura e funzione (separazione in senso orizzontale, sostegno, copertura), del solaio, di cui costituisce prolungamento, è attratta nel regime giuridico dello stesso. Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore anche e soprattutto in termini di calpestio ed estrinsecantesi per l'altro proprietario, oltre che nella fruizione del commodum proveniente dalla copertura, nell'acquisizione di ogni ulteriore attingibile utilità, cui non ostino ragioni di statica ed estetica, sicché quest'ultimo può ancorare a detta soletta le strutture di chiusura necessarie per la realizzazione di una veranda ed altresì utilizzare la faccia inferiore (prolungamento del proprio soffitto) per installarvi apparecchi di illuminazione, per farvi vegetare piante rampicanti, ecc.

Cass. civ. n. 3386/1995

La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per oggetto ai sensi dell'art. 1125 c.c. il solaio in se stesso considerato e non anche lo spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.

Cass. civ. n. 3178/1991

Il solaio che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenente a diversi proprietari deve ritenersi, salvo prova del contrario, di proprietà comune dei proprietari dei due piani costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà con utilità ed uso uguale e inseparabile per le medesime e correlativa inutilità per gli altri condomini. Ne consegue che il confine fra le due proprietà esclusive sovrapposte è costituito non dalla linea mediana del solaio ma dall'intera struttura di cui esso consta. Pertanto la sostituzione del solaio non può essere effettuata in modo da restringere o limitare i beni immobili sovrapposti di proprietà esclusiva ove non sia indispensabile o manchi il consenso di entrambi i detti proprietari, derivandone, anche nel caso di sussistenza di esigenze tecniche, il diritto del risarcimento del danno che uno di essi abbia a subire per il conseguente restringimento della cubatura dell'appartamento di proprietà esclusiva.

Cass. civ. n. 1362/1989

Qualora la proprietà di un locale sotterraneo spetti ad un soggetto diverso dal proprietario del fondo sovrastante (nella specie, autorimessa sottostante ad area adibita a giardino ed accesso a vicino fabbricato), le spese di manutenzione o rifacimento delle strutture di copertura di tale locale, in difetto di diversa previsione contrattuale, gravano sul proprietario del locale medesimo, ove dette strutture ne costituiscano parte integrante senza alcuna funzione di sostegno del, fondo sovrastante e, quindi, salvo titolo contrario, non sono oggetto di comunione con il proprietario del suolo, restando di conseguenza esclusa la applicabilità in via analogica delle disposizioni dell'art. 1125 c.c., in tema di soffitti, solai o volte negli edifici condominiali.

Cass. civ. n. 4601/1981

L'art. 1125 c.c., secondo il quale, negli edifici condominiali, le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, costituisce norma derogabile dall'autonomia privata, sicché i condomini interessati ben possono addivenire ad un accordo sul loro rispettivo diritto e determinare convenzionalmente, oltre ai lavori da eseguire, chi debba sostenerne la spesa. Conseguentemente, solo in caso di mancanza di tale accordo trova applicazione il criterio ripartitivo ex art. 1125 c.c., restando, d'altro canto, il diritto di rimborso del condomino, che abbia provveduto a tali opere, subordinato, oltre alla richiesta in tal senso, anche alla duplice condizione della necessità della spesa e della sua urgenza, cioè dell'indifferibilità, secondo il criterio del buon padre di famiglia, per evitare un possibile nocumento.

Cass. civ. n. 3715/1976

Il solaio che divide due piani di un edificio va considerato comune ai proprietari di tali piani, in quanto svolge allo stesso tempo la duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore, costituendo un corpo unico formato da elementi strutturali fusi, stabilmente fra loro e incorporati in altre strutture comuni, cioè nei muri maestri. Ciò esclude che tra il soffitto del piano inferiore e il pavimento del piano superiore possano esistere altre opere le quali non facciano parte del solaio e delle quali occorra quindi accertare di volta in volta la destinazione, al fine di stabilire a chi appartengano. (Nella specie la Suprema Corte ha enunciato la massima che precede per escludere che potesse ritenersi bene in proprietà comune una intercapedine costruita per areare un locale dell'appartamento sottostante e nascondere un tubo di scarico passante sotto il pavimento dell'appartamento sovrastante).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1125 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. C. chiede
giovedì 05/09/2024
“Buongiorno, sono proprietaria di un appartamento al piano terra di un condominio di 12 unità abitative.
L'appartamento ha un giardino di uso esclusivo principalmente piastrellato che funge anche da copertura dei box sottostanti dei condomini, del locale immondizia e delle cantine situate al piano -1.
Il proprietario di un box sottostante il giardino ha riscontrato da tempo delle infiltrazioni d'acqua nel suddetto box. Per questa ragione, sono stati fatti dei lavori di sostituzione della guaina sottostante le piastrelle del mio giardino con conseguente rimozione delle piastrelle.
Volevo chiedere come deve essere ripartita la spesa tra i condomini e inoltre se questa spesa può essere rimborsata dal l'assicurazione e può essere vista come una ristrutturazione.
Credo che si applichi la norma c. C. relativa ai lastrico solari di uso esclusivo, ma vorrei esserne certa.
Grazie.
Saluti.”
Consulenza legale i 09/09/2024
Purtroppo, ormai da anni può dirsi prevalente l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale alla fattispecie descritta non può trovare applicazione la suddivisione 1/3 – 2/3 prevista dall’ art. 1126 del c.c. per il lastrico solare; al contrario, gli oneri inerenti alla ristrutturazione della copertura offerta dal giardino privato soprastante locali interrati, vuoi di proprietà esclusiva o vuoi di proprietà comune, devono essere ripartiti secondo quanto previsto dall’art. 1125 del c.c. La ragione di questa scelta risiede nel fatto che l’art. 1125 del c.c.:” …accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi, con l’uso esclusivo della stessa, determina la necessità dell’inerente manutenzione…” (in tal senso, tra le tante, Cass.Civ., Sez. 6°, n.21337 del 14.09.2017).

Applicando l’art. 1125 del c.c. al caso descritto, rimangono ad esclusivo carico del proprietario del giardino le spese inerenti al rifacimento della piastrellatura; devono essere attribuite esclusivamente ai proprietari dei singoli locali ad esso sottostanti le spese inerenti al rifacimento dell’intonaco e tinta dei loro rispettivi soffitti. A tale ultimo proposito, le spese inerenti al rifacimento del soffitto dei locali condominiali che usufruiscono della copertura del giardino (es. locali rifiuti) dovranno essere suddivise tra tutti i condomini, ivi compreso il proprietario del giardino, applicando il primo comma dell’art. 1123 del c.c.. Infine, i soli oneri inerenti il rifacimento della guaina di copertura dovranno essere sopportati: quanto al 50 % dal proprietario del giardino, e quanto alla restante metà dai proprietari dei locali sottostanti; anche in questo caso, a rigor di logica, una quota di questa seconda metà, andando a ripristinare la copertura di spazi comuni, dovrà essere sopportata tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi in ragione di quanto dispone il primo comma dell’art.1123 del c.c.


Anonimo chiede
lunedì 13/05/2024
“Io e mia sorella siamo comproprietarie di un appartamento posto al secondo piano di un condominio. La palazzina, a partire dal primo piano, è in aggetto sul marciapiede per la larghezza dello stesso. Il balcone del nostro appartamento è situato al confine con un’altra palazzina pertanto il balcone è per un lato loggia rientrante e per l’altro lato è balcone. Dato che la parte sottostante del balcone/loggia rientrante presenta delle lesioni vogliamo sapere a chi spetta la manutenzione, a noi ai quali funge da piano calpestio oppure ai proprietari del piano di sotto ai quali funge da copertura?
In allegato le invio la foto della palazzina il balcone è quello sulla sinistra al secondo piano con il telo verde a protezione di eventuali cadute di materiale.”
Consulenza legale i 25/05/2024
Dalle immagini fornite a corredo si evince come il manufatto oggetto del quesito sia un classico balcone aggettante che sporge dalla facciata dell’edificio condominiale. Tali tipologie di manufatti hanno creato diversi contrasti tra i giudici in merito alla loro natura giuridica, che oggi però appaiono per la maggior parte risolti. La Corte di Cassazione oramai è infatti ferma nel definire il balcone aggettante come un naturale prolungamento della unità immobiliare a cui accede, e quindi una parte dell’edificio che rimane nella sua interezza in proprietà esclusiva, fatto salvo per i suoi elementi decorativi.

Molto calzante per il caso descritto è, tra le tante, Cass. Civ, Sez. II, Sentenza n. 14576 del 30/07/2004: "In tema di condominio negli edifici e con riferimento ai rapporti tra la generalità dei condomini, i balconi aggettanti, costituendo un "prolungamento" della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. Pertanto, anche nei rapporti con il proprietario di analogo manufatto che sia posto al piano sottostante sulla stessa verticale, nella ipotesi di strutture completamente aggettanti - in cui può riconoscersi alla soletta del balcone funzione di copertura rispetto al balcone sottostante e, trattandosi di sostegno, non indispensabile per l'esistenza dei piani sovrastanti - non può parlarsi di elemento a servizio di entrambi gli immobili posti su piani sovrastanti, nè quindi di presunzione di proprietà comune del balcone aggettante riferita ai proprietari dei singoli piani"

Per i giudici quindi anche la parte sottostante del balcone (anche detta cielino) deve rientrare nel diritto di proprietà del singolo condominio: pertanto deve essere solo costui a sopportarne le spese di manutenzione, escludendosi qualsiasi partecipazione pro quota in capo al condomino del piano sottostante ai sensi dell’art.1125 del c.c.



M. C. chiede
lunedì 11/03/2024
“Acquistato immobile da ristrutturare in condominio, al primo piano, con lastrico solare di proprietà e ad suo esclusivo, accessibile dall'appartamento mediante alcuni scalini in discesa dal terrazzino tergale (quindi non è un prolungamento del solaio di calpestio dell'appartamento). Il lastrico solare funge da copertura alla sola rampa di accesso (quindi area a comune e su un solo livello inclinato) a circa 30 garage interrati e seminterrati, costituenti un condominio a parte rispetto a quello di cui fa parte l'appartamento. Ci sono delle infiltrazioni di acqua piovana e l'Amministratore di condominio (che amministra entrambi i condomìni) ritiene che la spesa di rifacimento del solaio/copertura/lastrico vada così ripartita: 50% (appartamento) 50% (condominio dei garage serviti dalla rampa), in quanto non c'è una verticale di unità immobiliari coperte, ma la singola rampa.
Sorge il dubbio se non sia più corretto procedere secondo quanto previsto dall'art. 1126 del c.c. cioè rispettivamente 1/3 e 2/3, evidenziando i seguenti punti:
- uso esclusivo del lastrico solare all'appartamento, quindi non condominiale;
- uso a comune della rampa tra i proprietari dei garage, quindi condominiale anche se diverso condominio;
- principale funzione di copertura, visto l'accesso dall'appartamento mediante scala.
Per giunta, l'Amministratore ha riferito che l'infiltrazione era pre-esistente alla data del rogito e il precedente proprietario ne era stato informato, già da qualche anno, ma solo verbalmente. I figli che hanno ereditato e venduto l'immobile sostengono di non esserne stati a conoscenza. Chi deve pagare e in che proporzione? Grazie”
Consulenza legale i 16/03/2024
La suddivisione ai sensi dell’art. 1125 del c.c. proposta dall’amministratore di condominio trova sicuramente maggior sostegno da parte della giurisprudenza maggioritaria ed è quindi sicuramente da preferirsi al fine di prevenire eventuali contestazioni. In questo senso, per esempio, Cass. Civ., Sez. VI, n.21337 del 14.09.2017: "Qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o del viale di accesso all’edificio condominiale che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condòmino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere al criterio previsto dall’art. 1126 c.c. (sul presupposto dell’equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell’immobile condominiale, ma al servizio di questo, ad una terrazza a livello), ma si deve, invece, procedere ad un’applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi, con l’uso esclusivo della stessa, determina la necessità dell’inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un’applicazione particolare del principio generale dettato dall’art. 1123, comma 2, c.c.”.

A ciò vi è da aggiungere come sempre la Cassazione abbia precisato che la ripartizione disciplinata dall’art. 1126 del c.c. non si applica ai piani interrati e semiinterrati, dovendosi procedere ad una applicazione analogica dell’art. 1125 del c.c. (Cass.Civ. n.2243/2016).

Si deve tuttavia tenere anche presente che gli artt.1125 e 1126 del c.c. trovano la loro applicazione nel caso in cui le riparazioni da effettuarsi alla copertura soprastante siano necessitate dalla normale usura causata dall’utilizzo e dallo scorrere del tempo. Se, invece, i danni alla copertura sono stati causati dalla incuria nella sua manutenzione da parte di chi aveva la proprietà o l’uso esclusivo della superficie la giurisprudenza ha precisato che si deve fare applicazione delle ordinarie norme sul risarcimento del danno, ed in particolare dell’art. 2051 del c.c.. Se fosse così ovviamente i lavori dovrebbero essere accollati al proprietario della superficie di copertura a titolo di ristoro dei danni subiti da parte dei proprietari dei garage sottostanti. Ovviamente per capire se nel caso specifico si è di fronte alla prima ipotesi piuttosto che alla seconda, sarebbe necessario far periziare la situazione dello stabile da parte di un tecnico incaricato dal condominio.

A. F. chiede
sabato 25/03/2023 - Lombardia
“Il nuovo proprietario dell'appartamento al piano superiore sta completamente ristrutturando e ha voluto spostare il wc.
Per avere la pendenza necessaria ha demolito anche la cappa della soletta e ha rotto anche le pignatte per un totale di 7 o 8 cm. Ho letto sul vs sito la sentenza cassazione 3715/1976 dove leggo che questo non si può fare. La domanda è quindi se la legge consente di posare tubazioni o parti di esse nella soletta comune e senza darne avviso.”
Consulenza legale i 28/03/2023
Purtroppo non è possibile dare al quesito un parere giuridico preciso in quanto per farlo sarebbe necessario un confronto con un tecnico edile che fornisca al legale (che certamente non sa fornire valutazioni tecniche sulla ristrutturazione in essere) una descrizione precisa dei lavori che il vicino sta eseguendo nella sua proprietà.
In questa sede quindi si potranno dare solo alcune sommarie indicazioni di massima.

Il solaio divisorio è costituito dalla struttura muraria orizzontale che divide l’appartamento sottostante da quello soprastante. La giurisprudenza, partendo dal dato normativo rappresentato dall’art. 1125 del c.c., ritiene che sussista una comunione legale di tale parte dell’edificio insistente tra i due proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti: tale comunione tuttavia si estende solo per la parte strutturale del solaio che assolve alla funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore (Cass.Civ. 18420 del 08.09.11; Cass.Civ. n.1225 del 28.01.2003). Non rientra in detta comunione forzosa, gli spazi pieni e vuoti che accedono rispettivamente al pavimento del piano sottostante e al soffitto del piano superiore: essi non sono altro che estensione dei singoli appartamenti e quindi sono oggetto del diritto di proprietà esclusiva del singolo condomino.

In questo senso, quindi, ad esempio Cass.Civ. n. 2395 del 17.03.1999, ha ritenuto comune, salvo diversa disposizione dei rogiti di acquisto, l’intercapedine intercorrente tra il suolo dell’edificio e la prima soletta del piano soprastante: essa per la sua particolare collocazione e natura è tesa infatti a soddisfare esigenze comuni attinenti ai due proprietari come l’aerazione ovvero la coibentazione dell'edificio. Di contro invece deve considerarsi parte in proprietà esclusiva del condomino la soletta del solaio divisorio.
Quindi in definitiva una valutazione giuridica precisa del caso descritto passa necessariamente da una valutazione specifica (da farsi necessariamente con un tecnico) dei lavori che si sono effettivamente realizzati: solo così si potrà capire se vi sono gli estremi per muovere eventuali contestazioni. Infatti, per la giurisprudenza che si è citata se i tubi sono posati entro gli spazi che ancora rientrano nell’ambito del diritto di proprietà dell’appartamento a cui accedono, tale intervento deve considerarsi legittimo, in quanto, in prima battuta, non coinvolgente spazi dell’edificio che devono considerarsi condominiali.

FRANCESCO M. chiede
sabato 06/08/2022 - Abruzzo
“Con riguardo al caso di specie (foto Condominio) e alla particolarità dei relativi elementi del balcone quali le ringhiere, rivestimenti, vetri e fioriere (presenti, altresì, come elementi strutturali ed estetici nelle aree centrali dell'edificio in assenza di balconi) si richiede, in considerazione dell'orientamento della giurisprudenza costante ed assoluto, se gli stessi elementi siano da considerarsi come parti comuni dell’edificio e, pertanto, gli oneri relativi al controllo, manutenzione ordinaria e straordinaria siano riconducibili e sopportate dalla collettività condominiale.”
Consulenza legale i 12/08/2022
Il balcone è sicuramente una delle parti dell’edificio condominiale maggiormente controversa e ciò ha generato diverse pronunce sia di merito che di Cassazione: possiamo però dire che sull’argomento si è giunti ad alcuni punti fermi.
In particolare è orientamento assolutamente dominante nella giurisprudenza della Cassazione ritenere bene condominiale la parte dei balconi che concorrono a determinare i lineamenti architettonici dell’edificio come le ringhiere e ogni altro elemento estetico come ad esempio le fioriere. Da ciò i giudici fanno discendere come logico corollario che la manutenzione di tali parti del balcone debba essere suddivisa tra tutti condomini ripartendo la relativa spesa attraverso la tabella millesimi generali.
E' parimenti assolutamente pacifico che le finestre che vengono usate per accedere ai balconi sono parte integranti dei singoli appartamenti in proprietà esclusiva e in quanto tali la loro manutenzione spetta esclusivamente al singolo proprietario.

A. B. chiede
martedì 28/06/2022 - Lazio
“Buongiorno,
vivo in un condominio con evidenti usure ai frontalini, parapetti e sottobalconi dei balconi tipo aggettanti. Stiamo avviando lavori in regime d'urgenza per distacco calcinacci.
Secondo l'amministratore solo i frontalini ed i parapetti sono da considerare parte comune in quanto elenti decorativi(deciso unilateralmente) mentre il sottobalcone è da considerare parte privata a carico di chi sta sotto rispetto al balcone ammalorato poiché secondo l'amministratore non è elemento estetico e decorativo e ricade nell'art. 1125 c. c.
La mia domanda è se anche il sottobalcone debba rientrare automaticamente nelle parti comuni dal momento che si considerano frontalini e parapetti elementi decorativi oppure i sottobalconi necessitano di una valutazione tecnica specifica?
Da quanto mi pare di capire(da fonti aperte) invece se il sottobalcone deve esere considerato privato è dunque onere del proprietario dell'appartamento che ne fa uso esclusivo e non di chi sta sotto e quindi non si applica il 1125 c. c., ovvero qualora il sottobalcone fosse considerato elemento decorativo debba essere ripartito su base comune.
Io personalmente protendo nel considerare le parti visibili all'esterno dei balconi aggettanti quali parti comuni in quanto contribuiscono al decoro.
Sono contro il modello ibrido secondo cui solo il sottobalcone è privato mentre frontalini e parapetti sarebbero parti comuni.
Chiedo delucidazioni in merito.
Grazie.
Saluti”
Consulenza legale i 04/07/2022
Il balcone è una delle parti del condominio più complesse e causa di numerosi contenziosi giudiziari. Per tale motivo anche la giurisprudenza sul tema è estremamente variegata.

La soluzione applicata dall’amministratore di condominio non è di per sé errata: essa semplicemente si rifà a quella parte della giurisprudenza di merito e di cassazione, ancora applicata nelle aule giudiziarie, che valorizzando la funzione di copertura del sotto balcone (anche detto cielino), ritiene tale parte dell’edificio comune tra i proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti. In conseguenza di ciò, nel suddividere le spese di manutenzione di tale parte del balcone aggettante, troverebbe applicazione l’art. 1125 del c.c., quindi il rifacimento del cielino dovrebbe spettare al proprietario dell’appartamento sottostante, che usufruirebbe della copertura del balcone ad esso soprastante (Cass.Civ. n1101/2001; Cass.Civ. n.283/1987; Cass.Civ n.4821/1983).

Viceversa, in epoca più recente si è affermato tra i giudici un'altra convinzione, ovvero che tutto il balcone compresa la sua parte sottostante sia in realtà un naturale prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e quindi non possono considerarsi beni in comunione con il proprietario del piano sottostante (Cass.Civ. n.10894 del 04.05.2017). La naturale conseguenza pratica di questo orientamento è che le spese di manutenzione di tutto il balcone e in particolare del sotto balcone, devono essere sopportate dal proprietario dell’appartamento da cui il balcone aggettante propaga.

L’orientamento più recente a cui in qualche modo si rifanno anche le considerazioni dell’autore del quesito, sembra essersi in qualche modo imposto tra i giudici, ma all’oggi non vi è ancora nessuna pronuncia delle Sezioni Unite che abbia risolto il contrasto interpretativo di cui si è riferito.
Per tale motivo, anche se le ragioni dell’autore del quesito sono supportate da giurisprudenza recente non è detto che esse possano poi trovare scontato accoglimento in un ipotetico contenzioso davanti al giudice.

Sicuramente entrambi gli orientamenti citati rimangono fermi nel dire che sono beni comuni e quindi condominiali tutti gli elementi decorativi del balcone, come, ad esempio, le ringhiere e i parapetti, in quanto elementi che concorrono a formare i lineamenti della facciata dell’edificio. Se così è, le spese di manutenzione di tali elementi devono essere sopportati dall’intero condominio e suddivisi applicando le tabelle dei millesimi generali ex art. 1123 1° co. del c.c.


D. C. chiede
mercoledì 12/01/2022 - Lombardia
“Buongiorno,

Abito in un condominio di 8 appartamenti. Il mio appartamento è a piano terra e sono proprietario del giardino appoggiato alla soletta del corsello dei box. Ci sono altri 3 prorpietari di giardino lungo tutta la soletta, tutti di proprietà esclusiva dei rispettivi condomini. In tutto il corsello sono presenti diverse infiltrazioni e ci sono macchie di umidità su tutto il soffitto del corsello, ma l'unica infiltrazione che è passata al piano inferiore si trova all'interno del box di proprietà di un condomino del primo piano (non proprietario di giardino) ed è in corrispondenza del marciapiede che separa il mio giardino e dalla mia abitazione (il marciapiede è all'inerno della mia proprietà ed è anch'esso sopra la soletta). Per il momento il condominio non vuole procedere con lavori di sistemazione dell'intera soletta per riparare tutte le infiltrazioni, ma l'amministratore ha inviato degli operai per capire come riparare il danno contenendo i costi. Ebbene abbiamo concordoato di realizzare un drenaggio aggiuntivo nella terra per evitare che l'acqua in caso di pioggia risalga e si infiltri nel garage del vicino. Il drenaggio sembra funzionare, ma ora bisogna chiudere il lavoro scavando altri due canali e poi riempire tutto con la ghiaia. Ora la questione è: chi paga? Alcune fonti dicono di applicare l'articolo 1126 e quindi 1/3 il proprietario e 2/3 il condominio, mentre altre il 1125: ovvero proprietario giardino e proprietario garage. L'opinione dell'amministratore pende sul 1125, ma potrei pensare sia una scelta politica per non creare malcontento tra gli altri condomini. Per questo chiedo a voi un parere legale. Rimango a disposizione per qualunque altra informazione o chiarimento abbiate bisogno.
Grazie.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/01/2022
La soluzione suggerita dall’amministratore appare quella più in linea con la vigente normativa e la giurisprudenza più recente.

La Cassazione con diverse pronunce (su tutte Cass. Civ.Sez.II, n.2243 del 16.02.2012), ha infatti statuito che nel caso di rifacimento del cortile condominiale che funge anche da copertura per i locali sottostanti sia proprio l’art.1125 del c.c. la norma da applicare nella ripartizione degli oneri di intervento, articolo che a maggior ragione deve trovare applicazione quando il giardino soprastante sia attribuito in proprietà esclusiva ad un singolo proprietario.
L’art 1125 del c.c. infatti, è stato proprio pensato per ripartire le spese di rifacimento delle opere frapposte tra i piani l’uno all’altro sovrastanti e di proprietà esclusiva dei singoli condomini (si pensi, per esempio, al solaio e all’ intercapedine che funge da isolamento tra i due piani). Nel caso di specie infatti abbiamo un cortile che è di proprietà di un condomino il quale funge da copertura per dei box anch’essi in proprietà esclusiva e per delle parti comuni, come le aree di manovre e il corsello di uscita dalla zona garage, tutti siti al piano interrato sottostante al giardino.

L’art. 1126 del c.c. al contrario è una norma eccezionale che mal si presta ad interpretazioni estensive o analogiche, prevedendo un riparto di spesa, in deroga a quanto previsto dagli artt. 1123 e 1124 del c.c., applicabile nel solo caso in cui vi sia un lastrico solare attribuito in uso o in proprietà esclusiva ad un singolo o ad un gruppo di condomini. Per lastrico solare si intende quella parte piana dell’edificio posto sulla sua sommità che in luogo del tetto a falde funge da copertura per tutto o parte dello stabile condominiale. Va da sé, che un giardino non può in alcun modo essere equiparato ad un lastrico solare: il tentativo, quindi, di applicare al caso descritto l’art. 1126 del c.c., difficilmente sarebbe una linea difensiva valida in un ipotetico contenzioso.


L.P. chiede
giovedì 11/11/2021 - Emilia-Romagna
“Faccio riferimento alla precedente consulenza Q201924038 (7 box garages sul tetto dei quali c'è uno stenditoio di uso comune; 4 box garages; costruzioni separate dall'immobile principale) per chiedervi un nuovo parere in quanto nel febbraio 2020 l'assemblea condominiale aveva deliberato di " TOGLIERE IL PARAPETTO, LA SCALA E LO STENDITOIO SOPRA I GARAGES " dopopdiche Causa covid tutto si è fermato.
Riprendendo in mano la questione oggi, l'amministratore riguardo alla ripartizione spese da affrontare si è così pronunciato:
- la rimozione a carico del condominio;
- i lavori di rifacimento copertura box interamente a carico dei proprietari dei box
citando l'applicazione dell'art. del c.c. "lastrici solari".
Non mi sembra un'applicazione corretta.
Inoltre, vorrei sapere come vanno ripartite le spese per installare misure di sicurezza onde evitare che qualcuno possa incautamente salire su questa copertura e farsi male.
Grazie”
Consulenza legale i 18/11/2021
Visto che il lastrico solare ha natura condominiale e non è concesso in uso esclusivo ad uno specifico condomino, per ripartire le spese di rifacimento della copertura deve trovare applicazione l’art. 1125 del c.c. In forza di tale norma la metà dell’importo dei lavori dovrà essere suddiviso tra tutti i condomini (esclusi i proprietari dei box), l’altra metà dovrà essere sopportata per l’intero dai proprietari delle sette autorimesse che usufruiscono della copertura del lastrico solare condominiale, restando ad esclusivo carico di questi ultimi le spese di rifacimento dei soffitti dei singoli garage in proprietà esclusiva, e ad esclusivo carico del condominio il rifacimento della pavimentazione del lastrico.

Interamente condominiali, invece, sono le spese per la rimozione del parapetto, delle scale, dello stenditoio e per l’installazione delle misure di sicurezza, le quali dovranno essere ripartite ai sensi dell’art. 1123 del c.c. utilizzando la tabella dei millesimi generali.
È importante sottolineare come per costante giurisprudenza, l’art. 1125 del c.c. trovi applicazione non solo quando vi sia da rifare la copertura o il solaio posto tra due unità abitative in proprietà esclusiva, ma anche quando una parte dell’edificio condominiale (es. un’area cortiliva o il lastrico di cui al quesito), sia posta a copertura di parti di edificio in proprietà esclusiva.

MAURO C. chiede
lunedì 26/07/2021 - Umbria
“Si richiede un V/S parere giuridico circa una corretta ripartizione delle spese per l'esecuzione di un interevento di consolidamento di un solaio posto a separazione di due proprietà diverse
In allegato invio descrizione più estesa della situazione e delle caratteristiche dell'intervento”
Consulenza legale i 28/07/2021
La suddivisione proposta e l’applicazione dell’art. 1125 del c.c. è assolutamente corretta.
Secondo tale articolo le spese per la manutenzione dei soffitti e dei solai: "…sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto".
Applicando il tutto al caso concreto è assolutamente corretto attribuire: al 50% le opere strettamente necessarie al consolidamento della struttura del solaio; interamente al proprietario del piano inferiore il consolidamento e sistemazione dei decori inferiori del solaio; interamente al proprietario del piano superiore le opere di ricostruzione dei pavimenti del piano superiore e degli eventuali impianti presenti all’interno della struttura del pavimento.
È parimenti corretto che il proprietario del piano superiore sopporti anche il rifacimento di tutti gli impianti tramezzi ricompresi nella unità abitativa di sua proprietà esclusiva, in quanto anch’essi ne fanno parte integrante. Tale ultimo gruppo di interventi, per quanto ci è dato capire, risulta tecnicamente necessario per ripristinare non solo la normale funzionalità del solaio ma anche dell’appartamento del piano inferiore oggi inagibile. Se il proprietario del piano superiore dovesse mantenere dei comportamenti ostruzionistici, a nostro avviso vi sarebbero gli estremi per ottenere un provvedimento cautelare che di fatto autorizzi l’ingresso nella proprietà privata per porre in essere tutti gli interventi necessari per ripristinare la piena funzionalità del solaio e della unità abitativa sottostante, oltre a poter richiedere un risarcimento del danno patito e il rimborso delle spese sostenute.

Secondo giurisprudenza assolutamente costante e granitica, nel caso di specie l’applicazione dell’art.1125 del c.c. potrebbe essere esclusa nel solo caso in cui le lesioni del solaio siano state causate non dalla normale usura o dalla vetustà dell’edificio, ma da un comportamento negligente di uno dei due condomini. In questo caso non troverebbero applicazione le norme del diritto condominiale ma le ordinarie disposizioni in tema di risarcimento del danno. È anche vero che tale ultima ipotesi sembra essere esclusa proprio dalla sua perizia.


Roberta D. M. chiede
domenica 23/05/2021 - Veneto
“Sono proprietaria di un appartamento in condominio e di una cantina che è posta sotto parte del giardino condominiale. Cantina danneggiata da infiltrazioni d'acqua provenienti attraverso la guaina di copertura del giardino.
Fino ad oggi per le spese di sfalcio dell'area verde condominiale è stata utilizzata la ripartizione per millesimi.
Alla prossima riunione condominiale ai primi di giugno l'amministratore proporra' all'assemblea il ripristino della guaina del giardino condominiale che crea il danno alla mia cantina, imputando a me gran parte della spesa (2/3 della spesa) in quanto a suo parere trattasi di lastrico solare. Attendo cortese vostro chiarimento su tale sua convinzione di divisione della spesa, che non mi trova d'accordo.
E sulle modalità di conteggio danni per ripristino interno del mio locale cantina, da mesi inutilizzabile per continua infiltrazione. E i cui pochi beni conservati non saranno più utilizzabili.
Aggiungo che l'acqua che si è infiltrata e che ha danneggiato la mia cantina nel frattempo sta scendendo nel sottostante garage condominiale. È ne ha bagnato il soffitto dell'area di manovra.”
Consulenza legale i 27/05/2021
La Corte di Cassazione, con diverse sentenze, ha stabilito che in caso di infiltrazioni provenienti da cortili e giardini condominiali sovrastanti garage o cantine in proprietà esclusiva, per la ripartizione delle spese tra la intera compagine condominiale e i singoli proprietari deve trovare applicazione analogica l’art. 1125 del c.c., in luogo dell’art. 1126 del c.c.
"In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino si deve…procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123 c.c.,comma 2 (Cass.Civ.,Sez.II n. 10858 del 05.05.2010)".

I giudici fanno discendere l’applicazione dell’art. 1125 del c.c. dal fatto che il giardino o il cortile condominiale sono solitamente utilizzati da tutti i proprietari: l’usura, quindi, che ha portato alle infiltrazioni nelle unità sottostanti, è stata causata da tutti i condomini indistintamente.
L’applicazione analogica dell’art. 1125 del c.c. comporta che le spese di manutenzione e rifacimento della guaina impermeabilizzante dell’area condominiale devono essere a carico di tutti i condomini, con esclusione dei proprietari delle cantine e garage sottostanti; al contrario le spese di rifacimento e manutenzione del soffitto di detti locali devono essere corrisposte dai proprietari degli stessi, i quali non possono chiedere il rimborso al condominio.

La situazione trova una diversa soluzione nel caso in cui le infiltrazioni non sono derivate dalla normale usura dell’area cortiliva sovrastante, ma da una cattiva manutenzione della stessa da parte della compagine condominiale, vuoi perché l’assemblea si rifiuta di deliberare opere di manutenzione necessarie, vuoi perché lo stesso amministratore ha omesso di effettuare quelle azioni di vigilanza sulle cose comuni che sono proprie delle sue funzioni (su questo ultimo aspetto si veda la parte finale del parere).
Il condominio è infatti custode ai sensi dell’art.2051 del c.c. delle parti comuni dell’edificio e, nel caso di specie, del giardino; in forza di tale norma, pertanto, risponde dei danni derivanti alle proprietà sottostanti, dalla incuria e dalla cattiva manutenzione dello stesso.
Nel caso in cui dovesse trovare applicazione l’art 2051 c.c., cadono tutti i principi di suddivisone congiunta delle spese che si sono esposti nel paragrafo precedente. In questo caso in qualità di soggetto danneggiante, il condominio dovrebbe risarcire i proprietari delle unità sottostanti, dei danni derivanti dalla omessa manutenzione della proprietà condominiale sovrastante, rispondendo anche di tutti i lavori necessari per la rimessa in pristino delle cantine.
Per capire se le infiltrazioni che hanno causato i danni alle cantine sottostanti rientrano nel primo, o nel secondo caso che si è descritto, è opportuno, anche ai fini assicurativi, individuare le origini delle stesse, effettuando sullo stabile ed in particolare sull’area cortiliva una perizia tecnica.

Il quesito non offre sufficienti elementi per capire se siamo di fronte all’applicazione dell’art. 1125 del c.c. piuttosto che in un caso da responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 del c.c. Sicuramente ciò che si comprende è che le infiltrazioni non erano un fenomeno sporadico, ma al contrario le stesse risultavano essere frequenti e copiose, tant’è che le stesse non solo hanno reso inservibile la cantina dell’autrice del quesito ma stanno inoltre compromettendo altre parti comuni dell’edificio.
Il n. 4) dell’art. 1130 del c.c. ci dice che tra i compiti dell’amministratore rientra quello di porre in essere tutti gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Il successivo 2°co. dell’art. 1135 del c.c. dispone inoltre che l’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria sulle parti comuni, salvo che gli stessi rivestano carattere di urgenza: in questo ultimo caso però deve riferirne nella prima assemblea utile.

Sulla base delle norme citate discende che l’amministratore a fronte della grave situazione in cui versava la copertura del giardino condominiale, aveva l’obbligo di incaricare una impresa affinchè mettesse in sicurezza la copertura evitando che le infiltrazioni causassero ulteriori danni; per fare ciò non era necessaria una preventiva convocazione della assise, assise che comunque l’amministratore doveva convocare nel più breve tempo possibile.

Se l’amministratore non si è attivato in tal senso ha compiuto una grave negligenza professionale la quale, oltre a giustificarne la revoca dall’ incarico, potrebbe essere messa a fondamento per una eventuale richiesta di risarcimento danni in sede giudiziale.

Armando F. chiede
venerdì 21/05/2021 - Abruzzo
“Gentile Avvocato, vivo in un condominio di 9 appartamenti. Il mio é ubicato al 1°piano ed una delle terrazze, unitamente alla parte del mio vicino di casa, fa da porticato sul portone d'ingresso dell'entrata principale dello stabile. Durante gli anni, a seguito della mancanza di guaina sottostante il pavimento, si é verificata una forte infiltrazione di acqua piovana che addirittura é penetrata all'interno dello stabile ed é ora visibile sul muro interno delle scale. Ho sollecitato l'amministratore più volte per l'intervento di Ditte per poter fare sopralluoghi e decidere il da farsi, ma il tutto ottenendo scarso impegno.Soltanto una Ditta é venuta . La domanda é: come saranno ripartite le cifre da pagare per risanare, rifacendo il massetto, intervenendo sulla parte esterna del porticatoe rimettendo le mattonelle nuove?
Ho ovviamente fatto le foto e vorrei inviarglieLe per meglio darle la possibilità di comprendere al di là della mia non esaustiva rappresentazione della situazione. Mi darà poi, appena certo di essere nella condizione di aver capito bene, le indicazioni per effettuare il bonifico di euro 29,90 come da accordi.
Grazie e buona serata”
Consulenza legale i 27/05/2021
Dall’esame del materiale fotografico fornito a corredo, possiamo concludere che la parte dell’edificio protagonista del quesito è un classico balcone aggettante, in quanto sporgente dalla facciata dello stabile.
Il balcone aggettante è una delle parti del condominio maggiormente controverse in giurisprudenza in quanto è sempre stato considerato un manufatto dalla natura giuridica “ibrida”. Esso, infatti, garantisce principalmente l’affaccio al proprietario dell’unità abitativa a cui accede, ma altresì assolve anche ad una importante funzione estetica del fabbricato, in quanto elemento essenziale della sua facciata.
Ad ogni modo ormai i giudici sembrano aver raggiunto alcuni punti fermi ed in particolare considerano il balcone aggettante come una pertinenza alla unità abitativa a cui accede e quindi una parte in proprietà esclusiva del singolo condomino; le pronunce sul punto sono numerose, si citano tra le tante Cass. Civ.,sez.II, del 30.07.2004 n.14576 e Cass. Civ.,Sez.II, n.587 del 12.01.2011.

Il fatto che il balcone aggettante sia considerata una parte del singolo appartamento ha delle conseguenze molto importanti in quanto è compito del singolo proprietario curare la manutenzione della copertura del balcone e il rifacimento della sua zona di calpestio. Nel caso di specie la terrazza deve considerarsi bene in comune ai due proprietari a cui permette l’affaccio ed era loro esclusivo compito garantire l’efficienza della copertura del bene di loro proprietà, cosa che non è stata fatta in maniera puntuale e ciò ha causato delle copiose infiltrazioni che hanno coinvolto anche l’androne comune sottostante. Da ciò ne discende che le spese per il rifacimento della copertura e della zona di calpestio dei balconi deve essere sopportata interamente dai due proprietari a cui il balcone garantisce l’affaccio e vi sarebbero anche gli estremi per il condominio per chiedere i danni causati all’androne condominiale dalle infiltrazioni provenienti dal balcone soprastante.

A rafforzare questa conclusione vi è inoltre una parte consistente della giurisprudenza anche di Cassazione che in applicazione dei principi che si sono detti poco sopra ritiene che siano di proprietà esclusiva non solo la zona del calpestio del balcone, ma anche la sua parte sottostante: il cosiddetto "cielino".
Il cielino può essere scorto nel condominio ritratto nelle fotografie fornite a corredo ponendoci di fronte all’ingresso del palazzo e alzando la testa. In altre parole, tutto il balcone con esclusione delle ringhiere di protezione, deve considerarsi di proprietà dei due proprietari vicini e a loro spettava la sua corretta manutenzione.


Luigi S. chiede
mercoledì 14/04/2021 - Campania
“Solaio dell'ultimo piano -crollo del travetto di cemento -non per infiltrazione, il terrazzo di copertura sovrastante è di A e l'appartamento sottostante è sempre di A.
La spesa della riparazione del solaio avviene in base all'art. 1125 c.c. , cioè al 50 % al proprietario A sottostante e l'altro 50 % al proprietario A del terrazzo, cioè paga tutto A o trattandosi SOLAIO di copertura si applica l'art. 1126 cc ?”
Consulenza legale i 15/04/2021
L’art.1126 del c.c. è una norma che trova applicazione solo ed esclusivamente per le spese attinenti alla manutenzione e ricostruzione del solo lastrico solare in proprietà ad un condomino o a lui concesso in uso esclusivo. Tale articolo, quindi, non può trovare applicazione nel caso di specie.

Se il terrazzo e l’appartamento a lui sottostante fossero di due proprietari distinti troverebbe invece sicuramente applicazione l’art.1125 c.c. Tale norma infatti non fa altro che instaurare una comunione forzosa dei soffitti delle volte e dei solai tra i proprietari dei due appartamenti l’uno all’altro sovrastanti e in conseguenza suddivide tra di loro le spese di manutenzione di tali parti dell’edificio.

Ma anche tale articolo non può trovare applicazione nel caso di specie per il semplice fatto che il terrazzo di copertura e l’appartamento ad esso sottostante appartengono al medesimo proprietario, e quindi non vi può essere comunione del solaio che li divide. Ciò comporta, quindi, che esso deve considerarsi di proprietà esclusiva di A pertanto è lui che deve sopportare le spese di manutenzione e rifacimento.


Franca G. chiede
mercoledì 03/03/2021 - Lazio
“Buonasera,<br />
Sono proprietaria di un appartamento il cui pavimento del proprio balcone aggettante sembra (ancora non accertato) provochi una macchia e scrostamento intonaco al soffitto del balcone aggettante sottostante.<br />
Vorrei avere conferma o meno se a me compete il rifacimento del pavimento e relativa spesa e a chi compete invece la rimozione della macchia e relativa tinteggiatura del soffitto del balcone sottostante.<br />
Attendo Vs consulto quanto prima.<br />
Grazie cordiali saluti Franca G.”
Consulenza legale i 11/03/2021
Il balcone aggettante è forse la parte dell’edificio condominiale che crea maggiore litigiosità tra i condomini e maggiore incertezza; ciò non deve stupire in quanto anche la stessa Corte di Cassazione si è trovata spesso in difficoltà con tale importante parte dei nostri palazzi.
Al di là di questo possiamo fornire alcuni punti fermi, in quanto non vi è dubbio sul fatto che il rifacimento della pavimentazione della zona di calpestio del balcone sia ad esclusivo carico del proprietario dell’appartamento a cui il balcone accede: su questo punto le pronunce dei giudici sembrano ormai sedimentate.

Diverso è il caso del cielino, ovvero della parte sottostante del balcone, in altre parole ciò che nel quesito viene indicato come il soffitto del balcone aggettante sottostante.
Un primo orientamento della Corte di Cassazione, oramai risalente, considerava il balcone aggettante come parte della facciata dell’edificio e pertanto lo andava a ricomprendere tra le parti comuni del palazzo. In caso di infiltrazioni tale orientamento faceva larga applicazione dell’art.1125 del c.c., attribuendo al proprietario del balcone aggettante sottostante il rifacimento del cielino (soffitto) del balcone ad esso soprastante. Anche per tale orientamento era, invece, pacifico che il rifacimento della pavimentazione della zona di calpestio rimanesse a carico del proprietario del balcone soprastante.

Un orientamento più recente, sviluppatosi attorno al problema dell’aggancio delle pergotende al cielino del balcone soprastante, ritiene invece che anche tale parte dell’edificio sia in proprietà esclusiva del condomino proprietario dell’appartamento a cui il balcone accede, pertanto anche il rifacimento della tinteggiatura e rimozione della macchia di tale parte del balcone deve essere sopportato interamente ed esclusivamente dal condomino del piano di sopra: è lui, infatti, l’unico proprietario dell’intero balcone e il condomino del piano di sotto non ha alcuna ragione o diritto di comproprietà da poter vantare nei confronti di tale parte dell’edificio (Cass. Civ.,sez.II, del 30.07.2004 n.14576 e Cass. Civ.,Sez.II, n.587 del 12.01.2011).
L’ultimo orientamento sembra farsi strada tra i giudici di merito e pertanto si consiglia all’autrice del quesito di seguirlo. Se non si arriverà ad un accordo con il proprietario del balcone del piano di sotto, è consigliabile farsi carico del rifacimento dell’intero balcone.


Franco A. chiede
lunedì 01/02/2021 - Lazio
“Il condominio è composto di due scale. Il terrazzo è diviso in due patii al servizio delle due scale. I condomini di una scala hanno accesso solo alla propria terrazza. In un appartamento sottostante ad uno dei due terrazzi si è verificata una fessura del solaio comune tra lo stesso appartamento ed il terrazzo soprastante. La fessura è stata causata da problemi costruttivi ed è stato necessario eseguire i lavori di rafforzamento del solaio. Il quesito è quello relativo alla ripartizione delle spese nella situazione su descritta.”
Consulenza legale i 04/02/2021
Nel caso descritto pare trovare applicazione l’art.1125 del c.c. Secondo tale articolo le spese per la manutenzione dei soffitti e dei solai: "…sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto".Tale norma inizialmente pensata nel caso in cui le due unità immobiliari l’uno all’altra sovrastanti siano in proprietà esclusiva, viene ormai pacificamente applicata anche quando la parte sovrastante sia di natura condominiale, si pensi nel caso in cui vi sia un giardino comune che funge anche da copertura per delle cantine interrate in proprietà esclusiva, oppure, come in questo caso, un terrazzo condominiale che funge da copertura agli appartamenti sottostanti.

In applicazione dell’art.1125 del c.c. le spese di rifacimento e manutenzione del solaio dovranno essere suddivise a metà tra l’appartamento del piano di sotto da un lato, e tra i condomini della scala che ha accesso al patio oggetto di intervento. La metà parte della spesa a carico dei condomini dovrà essere ripartita applicando la tabella dei millesimi generale ai sensi dell’art.1123 del c.c., con esclusione ovviamente del condomino dell’appartamento sottostante. Rimane a carico esclusivo dei condomini della scala che ha accesso al patio il rifacimento della zona di calpestio, a cui dovrà partecipare in proporzione ai millesimi anche il condomino del piano di sotto, e quest’ ultimo dovrà sopportare interamente la spesa per la tinta e la decorazione del soffitto della sua abitazione.


Davide C. chiede
mercoledì 25/11/2020 - Lazio
“Salve,
in un condominio di quale sono amministratore, è composto da n. 3 scale componendo un unico corpo di fabbrica.
Un condomino ha installato delle tende parasole ancorando la struttura al sotto balcone del balcone sovrastante.
La mia domanda è la seguente:
- Può un condomino installare una tenda parasole al sotto balcone senza autorizzazione? chi dovrebbe rilasciare tale autorizzazione? il proprietario del balcone sovrastante o il condominio? Il frontalino è proprietà condominiale o privata? allego a tale scopo documentazione fotografica.”
Consulenza legale i 26/11/2020
I balconi aggettanti sono quella parte dell’edificio che sporgono dalla sua facciata e hanno la funzione principale di consentire il diritto di affaccio all’esterno ai singoli proprietari delle unità abitative a cui accedono. Proprio per questo, tali parti non sono di proprietà comune a tutti i condomini, ma vengono considerati pertinenze dei singoli appartamenti e quindi parti in proprietà esclusiva.
Bisogna tenere ben presente però che il balcone aggettante, seppur di proprietà esclusiva al singolo condomino, è elemento della facciata dell’edificio e come tale concorre a formare il decoro architettonico del condominio.

Il forte contenzioso che scaturisce attorno a questo elemento dell’edificio, risiede proprio nell’essere per la maggior parte una pertinenza della singola unità immobiliare, ma esso assolve anche un importante ruolo come elemento del decoro architettonico dello stabile. Questa doppia natura ha come conseguenza che alcune parti del balcone rimangono di proprietà esclusiva del singolo condomino, mentre altre vengono attratte nella sfera dei beni condominiali in quanto elementi della facciata dell’edificio.

E’ attorno alla parte sottostante del balcone, anche detta cielino, che si è sviluppato il maggior contrasto nella giurisprudenza sia di merito che di legittimità.

L’orientamento della giurisprudenza più risalente e tradizionale era fermo nel ritenere che tale parte del balcone era da considerarsi elemento decorativo della facciata dello stabile, e quindi una parte del balcone comune e condominiale. Proprio perché bene condominiale, era assolutamente ammissibile e lecito per tale orientamento dei giudici il comportamento tenuto dal proprietario del piano sottostante, il quale utilizza il cielino del balcone di proprietà del condomino del piano di sopra come aggancio per la sua tenda parasole.

Pare però che si stia affermando un altro orientamento, il quale valorizza la funzione del cielino come prolungamento naturale del solaio dell’appartamento a cui accede il singolo terrazzo, e quindi lo stesso viene considerato come parte in proprietà esclusiva (si veda in questo senso Cass.Civ,Sez.II, n.2241 del 16.02.2012). Seguendo questo orientamento, il proprietario del piano di sotto può agganciare la sua tenda parasole al cielino del balcone di proprietà del condomino del piano di sopra, solo per sua gentile concessione ed autorizzazione, autorizzazione che può essere tranquillamente revocata in ogni momento sia dall’attuale condomino ma anche da un nuovo acquirente della unità immobiliare soprastante.

Sembra che questo ultimo orientamento stia prendendo il sopravvento, ma, a dire il vero, ancora non vi è una pronuncia delle Sezioni Unite che possa mettere un punto definitivo e fermo sulla discussione; ad ogni modo si consiglia di seguire l’orientamento più recente e di lasciare che siano i due proprietari l’uno all’altro sovrastanti a decidere come meglio ancorare le tende delle loro abitazioni.

In merito al frontalino, ovvero la ringhiera del balcone, esso in quanto elemento fondamentale della facciata dell’edificio e quindi del suo decoro, viene considerato dalla giurisprudenza costante come bene comune condominiale e pertanto le spese riguardanti il suo rifacimento e ristrutturazione sono da suddividersi tra tutti i proprietari dello stabile.



Michele M. chiede
lunedì 23/11/2020 - Puglia
“Questi i fatti:
Mia suocera ha partecipato ad una riunione condominiale in cui l’ordine del giorno prevedeva anche la sua richiesta di ripristino dell’intonaco della stanza da letto distaccatosi dal soffitto a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare di proprietà del condominio. Durante la riunione, i condomini presenti si sono tutti dichiarati contrari a tale richiesta dichiarando, in alternativa, di voler essere risarciti anche loro per danni subiti in precedenza e da loro ripristinati in autonomia di cui però non sono in grado di darne evidenza documentale. L’amministratore al fine sedare la lite e prevenire futuri litigi per questioni di questo tipo, ha proposto e messo al voto la regola che: “il condominio si fa carico di eseguire i lavori sulle parti comuni, cercando di affrontarli con la massima sollecitudine per evitare peggioramenti e ciascuna abitazione si fa carico di eseguire i ripristini al proprio interno ”. Il risultato della votazione è stato che tutti i presenti (non era presente però la totalità dei condomini), inclusa mia suocera purtroppo hanno approvato la proposta. Tornata a casa, riflettendo con calma ha realizzato che la decisione presa la metteva per sempre in una condizione di disparità e svantaggio nei confronti degli appartamenti sottostanti che non sono esposti al rischio di infiltrazioni dal terrazzo. Inoltre in presenza di un danno di notevole entità, magari derivato da ritardi sugli interventi manutentivi, una decisione di questo tipo potrebbe in futuro compromettere seriamente l’integrità del bene creandole disagio e penalizzandola anche pesantemente dal punto di vista economico ed è caduta nello sconforto. Vista l’impossibilità di fare richiesta di annullamento della delibera assembleare nei tempi previsti, essendo stata ella stessa presente in assemblea e avendo votato per di più a favore della soluzione proposta, vorrei avere un vostro parere sulla regolarità di questa votazione, visto che incide almeno secondo me, sui diritti e sui beni individuali dei singoli condomini.
In che modo si può rimediare?
Conviene agire legalmente?
Inoltre……. il tetto dello stabile in questione è composto da due terrazze poste su due livelli diversi, ciascuna delle quali assolve alla funzione di copertura di un proprio gruppo di appartamenti. Quali sono i condomini che possono esprimersi in merito alla richiesta di ripristino presentata, tutti o solo quelli i cui appartamenti sono coperti dal terrazzo che ha causato il problema?
Grazie!”
Consulenza legale i 04/12/2020
Ciò che è stato approvato dalla assemblea non ha alcun valore giuridico significativo tale da ledere gli interessi di chi ci scrive, in quanto non fa altro che ribadire dei principi basilari del diritto condominiale.

Posto che per quanto ci è dato capire i lastrici solari sono condominiali e non in proprietà o in uso esclusivo ad un singolo condomino, in caso di infiltrazioni deve trovare applicazione l’art. 1125 del c.c. In forza di tale norma le spese di ricostruzione e manutenzione del solaio posto tra il lastrico solare e i piani sottostanti devono essere sopportate per una metà da tutti i condomini e per l’altra metà dai proprietari dei piani sottostanti. Rimane a carico del condominio le spese di rifacimento della pavimentazione del lastrico e a carico dei condomini sottostanti il rifacimento del soffitto.

Come la giurisprudenza chiarisce a più riprese, l’art.1125 del c.c. trova applicazione nel caso le infiltrazioni siano causate dalla normale usura del tempo a cui è sottoposta la copertura del lastrico; nel momento in cui, invece, il decadimento della copertura soprastante trovi la sua causa in un comportamento illecito dell’amministratore e dei condomini ecco che non può trovare applicazione l’art.1125 del c.c., ma le ordinarie norme sul risarcimento del danno. Capire però quando ci si trovi in una situazione piuttosto che in un'altra non è sempre agevole e spesso è necessario far periziare il danno da un esperto per capire le effettive cause da cui sono derivate le infiltrazioni.

Tutto questo non è in alcun modo ostacolato da quanto deliberato dalla assemblea di condominio che in qualche modo non fa altro che richiamare la normativa sopra descritta, e quindi non è neppure spendibile e conveniente pensare ad una impugnazione di quanto deciso.

In merito alla seconda parte del quesito, visto che le singole terrazze fungono da copertura per gruppi di appartamenti distinti, pare trovi applicazione nella fattispecie descritta il c.d. condominio parziale.
Il condominio parziale è un istituto giuridico di origine giurisprudenziale che trova il suo addentellato normativo nel 3° co. dell’art. 1123 del c.c. e si ha: "tutte le volte in cui un bene (es. scale, ascensore, tetto, ecc.) risulti, in ragione delle sue obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio, esso rimane oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene" (Cass.Civ.,Sez.II n. 12641 del 17 giugno 2016). In forza di questo importante principio, i singoli lastrici sono di proprietà solo di quel gruppo di proprietari che usufruiscono della loro copertura e non dell’intero complesso condominiale; da ciò deriva che le spese per il rifacimento della copertura dovranno essere sostenute solo da quei proprietari e non da altri, ma anche che le decisioni sulla manutenzione del lastrico devono essere adottate solo da quel gruppo di proprietari e non dall’ intero condominio.
E’ evidente che quest'ultimo aspetto influenza inevitabilmente i quorum costitutivi e deliberativi della assemblea di condominio, poiché, quando l’assise è chiamata a prendere decisioni sui due lastrici, essi dovranno essere inevitabilmente riconteggiati e riparametrati tenendo conto solo di quel determinato gruppo di proprietari interessati alla copertura del singolo lastrico solare in argomento. In questo senso sarebbe interessante capire se le tabelle millesimali vigenti nel palazzo tenga conto di questa importante distinzione.


CARMINE chiede
domenica 08/11/2020 - Campania
“Ho comprato un appartamento disabitato da qualche anno, al IV piano il quale presentava lesioni all'intonaco del soffitto e segni di vecchie infiltrazioni, in una stanza sovrastata dal terrazzo ad uso esclusivo dell’attico. Dopo l'acquisto, in attesa inizio lavori di ristrutturazioni, si sono verificate cadute di calcinacci dal soffitto le quali, hanno evidenziato un tratto di ferro coperto da ruggine.
(solo nei locali che si trovano sotto al terrazzo ad uso esclusivo, nelle altre stanze no).
Abbiamo proceduto alla spicconatura di tutte le lesioni visibili e, purtroppo, si è scoperto che tutte le travi presentano lunghi tratti di ferro coperto ruggine.
Il mio architetto ha asserito che si tratta di infiltrazioni pregresse che risalgono a data antecedente alla ristrutturazione palazzo.
(Attualmente non ci sono infiltrazioni) La copertura del terrazzo sovrastante è stata rifatta circo otto anni fa a seguito lavori di ristrutturazione fabbricato. Interpellato il proprietario dell'attico asserisce, in presenza dell'amministratore, che si tratta di normale usura e quindi lui non si sente responsabile in quanto la ruggine non è dovuta a vecchie infiltrazioni.
Come mi consigliate di procedere, in base alle regole o ai vari codici condominiali,
a chi spetta riparare il danno?
Faccio riparare il danno e chiedere il rimborso al proprietario dell’attico e al condominio?
Saluti cordiali.”
Consulenza legale i 10/11/2020
Il dato normativo da cui partire è senza dubbio l’art. 1125 del c.c. il quale dispone nella sua prima parte che: "Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti…". Tale norma pone in capo alle strutture portanti e di sostegno del solaio che divide due piani di un edificio una presunzione di comproprietà, la quale si instaura tra i proprietari dei piani posti uno sopra l’atro. Per costante e granitica giurisprudenza tale norma opera nel momento in cui la necessità delle riparazioni sia dovuta dalla naturale usura del tempo, laddove invece il danno sia ascrivibile alla incuria al disinteresse del singolo condomino trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di colui che li ha cagionati.

A fronte di queste linee guida, il primo passo da compiere è quello di far periziare ufficialmente i luoghi dal proprio tecnico di fiducia, al fine di capire se il danno rilevato possa essere ascrivibile ad un comportamento negligente e non curante del proprietario del piano di sopra. Se il parere dell’architetto incaricato sarà positivo, è importante rivolgersi ad un legale il quale oltre a contestare il danno, attiverà senza indugio una procedura di accertamento tecnico preventiva, per mezzo del quale un giudice darà incarico ad un perito terzo ed imparziale che, confrontandosi con gli atri periti di parte tra cui il nostro tecnico di fiducia, accerterà lo stato dei luoghi e le cause del danno. Solo all’esito di tale perizia si potrà procedere a riparare la copertura. La perizia resa all’esito dell’atp potrà essere utilizzata dal legale per trovare un accordo con la controparte o posta alla base di una richiesta giudiziale di risarcimento danni.

Se all’esito dell’esame dei tecnici non dovesse emergere una responsabilità del proprietario del piano di sopra, costui non potrà comunque sottrarsi totalmente al pagamento di parte dei lavori. Trovando applicazione l’art. 1125 del c.c., il costo per il rifacimento delle parti portanti del solaio dovrà essere sopportato in parti uguali tra i due condomini delle unità abitative poste l’una sopra l’altra, rimanendo a carico dell’autore del quesito l’intonaco la tinta del soffitto e al suo vicino del piano di sopra il rifacimento della copertura del pavimento.


Ermanno I. -. H. chiede
venerdì 25/09/2020 - Emilia-Romagna
“I miei figli sono proprietari di un appartamento in Liguria a gradini su una collina. La loro cucina, il bagno di servizio con l'antibagno, l'accesso alla scala che porta alle camere da letto al piano superiore, la cantina, sono poste sotto al terrapieno dell' appartamento a fianco, in modo tale, che il loro giardino è a livello delle camere da letto dei miei figli, poste al primo piano. Il giardino è di proprietà dei vicini, l'uso esclusivo da parte degli stessi, parzialmente piastrellato con gres. La costruzione risale a 40 anni fa; appena acquistato l'immobile (nel 2015) ci siamo accorti di continue, ma allora, limitate infiltrazioni, e umidità che coprivano i soffitti sovrastati dalla parte piastrellata del giardino e che negli anni sono aumentate di intensità. Ci troviamo di fronte a d un "solaio interpiano" della "struttura complessa" identificatasi con il pavimento al piano superiore (rispetto ai miei figli), a chi con l'uso esclusivo, continuato, persistente della stessa determina la necessità della inerente manutenzione. Al pavimento del giardino non è mai stata fatta manutenzione (anche a detta dei proprietari), negli ultimi anni abbiamo ripetutamente preso contatto anche con raccomandate A.R. con i vicini perché risolvessero il problema, ma senza alcun risultato, se non il continuo portare avanti la soluzione, I miei figli hanno deciso di incaricare un Avvocato per arrivare ad una conclusione. L' Avvocato della controparte, dopo aver sostenuto che i suoi protetti non avevano nessuna colpa, alla fine propone di applicare l' art. 1126 c.c. Il nostro avvocato, con il benestare dei miei figli, chiede la applicazione dell' art. 1125 c.c. che finalmente la controparte accetta.
Problema: La Controparte interpreta l' articolo 1125 c.c. ( il loro avvocato compreso), che i costi dei lavori debbano essere suddivisi come segue:
1) Il costo delle sole piastrelle a loro carico;
2) Lo smantellamento del loro pavimento piastrelle, massetto ammalorato, lo smantellamento della vecchia guaina, il trasporto del tutto in discarica, il costo della nuova guaina, il suo incollaggio, il nuovo massetto, e la posa delle nuove piastrelle ed il collante sia diviso al 50% fra la controparte e i miei figli.
Ritengono inoltre che il danno arrecato al sottostante appartamento dei miei figli, sia totalmente a carico degli stessi (scrostamento e caduta dell' intonaco, macchie di umidità, ripristino dei danni con pittura da fare completamente). Per questi danni l' appartamento anche visionato dal loro tecnico, non è stato agibile per la stagione estiva Giugno, Luglio, e parte di Agosto, (lucro Cessante ?)
Nell' elenco in calce invio la descrizione dei lavori come indicati nel preventivo della ditta a cui sono stati assegnati i lavori stessi.
Conclusione:
Si chiede quale è la ripartizione dei singoli interventi fra il Proprietario del Giardino sovrastante e i miei figli (appartamento sottostante).
Descrizione lavori:
Capitolato di spesa per lavori di rifacimento parte di pavimentazione e giardino causante infiltrazioni al piano sottostante:
1) Demolizione di pavimentazione per uno spessore di cm. 6/7 compreso il sottofondo, compreso di carico detriti e trasporto alla pubblica discarica con oneri di smaltimento inclusi.
2) Taglio della muratura della casa e del parapetto per una altezza di cm. 15 per risvolto guaine, formazione di lisciata in sabbia e cemento per pareggiare il fondo dove saranno risvoltate le guaine, formazione di intonaco, una volta completate le guaine di impermeabilizzazione della pavimentazione-giardino,
3) Rimozione completa - se possibile - di tutta la guaina presente sopra la pavimentazione, trasporto a discarica autorizzata con oneri di smaltimento.
4) Applicazione di una mano di ancorante Primer, fornitura e posa in opera di due fogli di guaina 4+4 saldati a fiamma con sormonte di cm. 7/10 risvolta sui muri laterali della casa e del parapetto, metri conteggiati nella voce.
5) Formazione di massetto in malta cementizia per uno spessore di cm. 6 livellata e frattazzata pronta per la posa delle mattonelle.
6) Impermeabilizzazione sottofondo eseguita mediante la stesura di due mani a spatola o a rullo di malta tipo MAPELASTIC o simile, pronta per la posa delle mattonelle, questa lavorazione consente all' acqua di non infiltrarsi tra le fughe delle mattonelle e danneggiare il sottofondo con il passare del tempo.
7) Posa in opera di pavimento in piastrelle per esterni posato a colla, compreso di stuccatura delle fughe.
8) Fornitura e posa in opera di zoccoletto uguale alla mattonella posato a colla compreso la stuccatura delle fughe.”
Consulenza legale i 11/10/2020
E’ corretto che la soluzione della questione insorta tra le parti venga risolta applicando l’art. 1125 c.c., in quanto l’art. 1126 del c.c. attiene specificatamente ai lastrici solari, mentre in questo caso l’oggetto del contendere scaturisce dalla manutenzione di un vero e proprio solaio, seppure di natura diversa dagli ordinari solai.
Anche in giurisprudenza trova accoglimento un'interpretazione ampia del concetto di volte, solai e soffitti, in quanto vi si fa rientrare tutto il complesso di opere stabilmente unite, che servono a dividere orizzontalmente le due proprietà (cfr. Cass. N. 1319/1969).
In particolare, la giurisprudenza più recente (C. 10858/2010; C. 18194/2005), contrapponendosi al precedente orientamento giurisprudenziale, ha affermato che i criteri di ripartizione delle spese indicate nell'articolo in esame trovano applicazione analogica anche nell'ipotesi di riparazione di un cortile o di un viale di accesso ad un edificio condominiale, il quale a sua volta funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, dovendosi in tal caso accollare una quota delle spese a chi con l'uso esclusivo della parte superiore determina la necessità della inerente manutenzione (il cortile o viale di accesso può sicuramente assimilarsi al giardino del caso di specie).

Ora, accertato che anche secondo il più recente orientamento giurisprudenziale è corretto risolvere la questione in esame applicando l’art. 1125 c.c., ciò che si desume da una sua prima lettura è che:
  1. soffitti, volte e solai vanno considerati comuni ai proprietari dei due piani sovrastanti;
  2. il confine fra questi passa sulla linea mediana orizzontale del soffitto o volta o solaio;
  3. il pavimento appartiene al proprietario del piano superiore, mentre l'intonaco a quello del piano inferiore.

Per rendersi meglio conto della comunione così intesa di un solaio, possono richiamarsi le norme che disciplinano i rapporti tra fondi vicini: se è comune (o si presume tale) il muro divisorio tra due fondi, deve essere comune anche il soffitto, atteso che esso si colloca fra due appartamenti di diversa proprietà.

Cercando adesso, invece, di individuare qual è l’interpretazione più corretta che di tale norma può darsi, si ritiene che ci si possa muovere da quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7464/1994, in cui è detto che dal solaio che divide due unità abitative soprastanti va tenuta distinta la copertura del pavimento, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione sovrastante.
A tal proposito si afferma che "pavimento" non è altro che il mattonato, il parquet, il tavolato; la parte sottostante, a cui esso aderisce e che lo sostiene, è elemento del soffitto e, pertanto, le relative spese gravano in misura uguale sui due comproprietari.
Soltanto la copertura, dunque, può porsi a carico del condomino sovrastante così come soltanto l'intonaco, la tinteggiatura e l'eventuale decorazione del soffitto riguardano esclusivamente il proprietario dell'appartamento più basso.

Da ciò ne consegue che, in effetti, è parzialmente corretta l’interpretazione che ne viene data dalla controparte, la quale pretende che soltanto il costo delle piastrelle sia sopportato in via esclusiva dal proprietario del giardino, mentre tutte le altre spese necessarie per la manutenzione ed il rifacimento a regola d’arte del solaio dovranno essere divise in parti eguali tra i due proprietari (sui proprietari del piano inferiore, inoltre, dovranno fare carico esclusivo le spese relative ad intonaco, tinta e decorazione del soffitto).

Si dice che sia parzialmente corretta in quanto la controparte non tiene conto della distinzione che il legislatore ha inteso fare tra solaio vero e proprio (di proprietà comune) e copertura del solaio, indubbiamente di proprietà esclusiva.
Quando si parla di copertura del solaio, chiaramente, non si può pensare che ci si intenda riferire solo alle piastrelle ed al loro costo, ma anche e necessariamente a tutto ciò che occorre per la loro messa in posa ed eventualmente per il loro smantellamento.

Pertanto, tra le voci di spesa elencate nel capitolato trascritto nel quesito, il proprietario del giardino si dovrà fare carico in via esclusiva di quelle di cui ai nn. 1, 5, 7 e 8, mentre le altre voci di spesa dovranno essere ripartite in parti eguali tra i due proprietari.

E’ opportuno a questo proposito precisare che il criterio della ripartizione delle spese in parti eguali è invocabile solo per le opere che siano indispensabili ai fini della conservazione e normale utilizzazione del solaio, mentre non possono farsi rientrare nel campo di applicazione dell’art. 1125 c.c. le spese che abbiano come unica finalità quella di abbellire e migliorare lo stato di uno dei due immobili sovrapposti (così Appello di Roma 01.04.1957).
Ciò significa che, se tra le opere descritte ve ne sono alcune che non sono strettamente necessarie per la sistemazione del solaio, di tali opere se ne dovrà fare carico esclusivamente colui a cui beneficio si risolveranno.


Infine, si ritiene necessario fare un’ultima considerazione: la disposizione di cui all’art. 1125 c.c. trova applicazione soltanto nel caso in cui la ricostruzione del solaio sia resa necessario nell’ambito dell’ordinaria manutenzione.
Qualora, invece, essa sia conseguenza di altri fattori causali, le spese della ricostruzione andranno ripartite in proporzione all’efficacia causale dei vari comportamenti secondo quanto disposto dall’art. 2056 del c.c. (così Cass. N. 3569/1956; Cass. N. 7727/2000; Cass. N. 10686/2002).
Pertanto, se le infiltrazioni e l’umidità che hanno arrecato danni documentati al proprietario sottostante sono una diretta conseguenza del disinteresse dei proprietari del giardino di provvedere alla ordinaria manutenzione della pavimentazione (es. mancata sigillatura delle fughe), troverà applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di chi li ha cagionati (così Cass. N. 3568/1999).
Ovviamente, per conseguire tale finalità, incombe sul danneggiato l’onere di provare quanto meno l'efficienza causale della colpa dell'altro riguardo ai pregiudizi subiti dal suo solaio, non potendo trovare applicazione tra i comunisti la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 del c.c., volta a tutelare i terzi danneggiati dalle cose che gli altri hanno in custodia (così Cass. N. 6398/1999).


Rosalba M. chiede
lunedì 07/09/2020 - Toscana
“Buongiorno,
Un balcone facente parte di una facciata di un villino fine '800 e che chiaramente caratterizza il villino, essendo centrale e con fregi di sostegno, in sede di rifacimento facciata, come devono essere ripartite le spese? Una condomina contesta la ripartizione citando una sentenza in Cassazione nr. 8159 del 7 settembre 1996.
Fra l'altro, la riparazione della ringhiera in ferro battuto rientra nelle spese da suddividere? Grazie
Rosalba V. M.”
Consulenza legale i 18/09/2020
Il balcone aggettante, come quello oggetto del presente quesito, viene ormai considerato dalla giurisprudenza come pertinenza e naturale prolungamento della unità abitativa a cui accedono e pertanto di proprietà esclusiva del singolo condomino (si veda in questo senso su tutte Cass. Civ.,Sez.II, n.15913 del 17.07.2007). Da ciò la giurisprudenza fa derivare che le spese relative alla manutenzione, ristrutturazione e rifacimento della zona di calpestio del balcone, del parapetto interno e finanche del cielino, ovvero la parte sottostante del balcone che funge da tetto per il balcone del piano di sotto, sono di competenza del singolo condomino e non devono essere ripartite tra tutti i proprietari. In merito al cielino, ad esempio, è giusto dire che ormai la giurisprudenza non la considera una parte in comune tra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti ex art.1125 del c.c., ma una parte in proprietà esclusiva del proprietario del piano di sopra.

Il discorso muta radicalmente per i frontalini, le ringhiere ornamentali e tutti gli elementi decorativi del balcone. In questo caso tali elementi sono parte integrante della facciata dello stabile ed elementi caratterizzanti del decoro architettonico dell’edificio. Valorizzando, giustamente, tale aspetto, la giurisprudenza, in maniera costante, ha ritenuto che tali elementi del balcone aggettante sono parti comuni dell’edificio: come tali, gli oneri riconducibili alla loro manutenzione debbono ripartirsi tra tutti i proprietari (si veda Cass.Civ.,Sez.II,n.12792 del 28.11.1992).

Ora, applicando tutto quanto finora detto al balcone oggetto del quesito, si può dire che è onere del suo proprietario esclusivo, provvedere alla ristrutturazione del rifacimento della zona di calpestio e di parte della zona ad essa sottostante (quella che si vede guardando in su usciti dal portone, ovvero il cielino). Devono essere a nostro avviso ripartite tra tutti i proprietari, invece, le spese di rifacimento della ringhiera in ferro battuto e gli ornamenti che stanno alle due estremità del cielino, in quanto entrambi sono elementi fortemente caratterizzanti la facciata dello stabile e quindi manufatti fondamentali per il suo decoro architettonico.

SEBASTIANO S. chiede
venerdì 24/07/2020 - Sicilia
“La presenza del controsoffitto nell’appartamento all’ultimo piano ha impedito di accorgersi in tempo che nel solaio di copertura, di proprietà condominiale, si era formata una infiltrazione fino al crollo di parte dello stesso con notevoli danni. L’amministratore condominiale ritiene di suddividere sia la spesa di riparazione del solaio sia i danni all’appartamento, in ragione dei millesimi di proprietà. Ritengo però che il proprietario dell’appartamento danneggiato abbia una certa responsabilità nell’accaduto, infatti, qualora non avesse realizzato il controsoffitto, il problema di infiltrazione sarebbe stato rilevato sul nascere e sarebbe stato sicuramente evitato il successivo crollo. Chiedo pertanto di sapere se è giusto contestare al proprietario dell’alloggio la sua responsabilità nell’accaduto e se esiste giurisprudenza in merito. Grazie”
Consulenza legale i 27/07/2020
Sulla base di quanto riferito pare che nel caso descritto debba trovare applicazione l’art.1125 del c.c. Secondo tale articolo, le spese relative alla manutenzione dei soffitti delle volte e dei solai sono sostenute in parti uguali dai due proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
La norma citata trova pacificamente applicazione anche nel caso in cui il piano sovrastante sia uno spazio di natura condominiale, come nel caso descritto nel quesito: pertanto la spesa relativa alla ricostruzione del soffitto tra i due piani dovrà essere sostenuto per metà dalla intera compagine condominiale, per l’altra metà a carico del proprietario del piano inferiore.
La parte di competenza del condominio dovrà poi essere ulteriormente suddivisa tra tutti i proprietari applicando i millesimi di proprietà. Rimane interamente a carico della compagine condominiale, le spese di rifacimento del pavimento del solaio (sempre da suddividersi poi tra tutti i proprietari con i millesimi), e ad esclusivo carico del proprietario del piano sottostante la tinta e la decorazione del soffitto con conseguente ripristino della controsoffittatura.

L’applicazione dell’art.1125 del c.c. cede, però, il passo nel momento in cui il crollo del soffitto sia causato per un comportamento negligente o imprudente riconducibile ad un proprietario o anche all’intera compagine condominiale: in questo caso trova applicazione la normativa sul risarcimento da fatto illecito prevista dagli artt. 2043 e ss. del c.c., ma non si ritiene, sulla base di quanto riferito, che questa eventualità si sia verificata nel caso descritto.
La realizzazione di una controsoffittatura nella propria unità abitativa in proprietà esclusiva è del tutto lecita e non è vietata dalla normativa del codice civile, a meno che la stessa non crei pregiudizio alla stabilità dell’intero edificio, eventualità che, in tutta franchezza, pare poco probabile.

Al contrario, sarebbe giusto chiedersi se le condizioni di usura e vetustà della impermeabilizzazione tra i due piani non fossero note all’intera compagine condominiale e i proprietari o l’amministratore si siano sempre rifiutati di affrontare il problema: in questo caso si potrebbe anche configurare una ipotesi di responsabilità dell’intero condominio che con la sua inerzia ha causato un danno al proprietario dell’appartamento sottostante il solaio comune. Ad ogni modo, il quesito non offre sufficienti elementi per affrontare tale ultimo aspetto in maniera esauriente.

Giacomo C. chiede
giovedì 12/12/2019 - Lombardia
“A gennaio 2019 in seguito ad un evidente crepa che si è creata nel tempo
sul soffitto del mio appartamento (sesto piano, ultimo piano del
condominio, il mio appartamento è sovrastato dal sottotetto - comune
alle due scale, percorribile ed utilizzabile di cui io non ho le chiavi
ma nel quale spesso sento rumori notturni) ho contattato
l'amministratore che mi ha mandato il tecnico per verificare la
situazione. A detta del tecnico non avrei dovuto farmi carico delle
spese di riparazione, pertanto poi è stato mandato un architetto per il sopralluogo ed infine, dopo aver fatto i lavori, ho trovato un addebito del 50%
del lavoro fatto nel conguaglio della prima rata del nuovo anno. La crepa che segnava da parte a parte il mio soffitto
corrisponde ad una crepa evidentissima nel pavimento del sottotetto, di
cui ho le foto. La risposta dell'amministratore è stata la seguente "La suddivisione al
50% della fattura per il ripristino a seguito dello sfondellamento della
soletta del plafone, è corretto secondo quanto previsto dall'Art. 1125
del codice civile". A parte chiedermi perché a questo punto non mi è
stata fornita la possibilità di scegliere io a chi affidare il
ripristino del mio soffitto, vorrei capire se questo 50%, pari a quasi
1500 euro, sia davvero a mio carico grazie
cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/12/2019
L’art. 1125 del c.c. attribuisce ai proprietari delle due unità abitative sovrastanti l’una con l’altra, la comproprietà delle volte, dei soffitti e dei solai, attribuendo in parti uguali tra loro a solo tali due condomini le spese per la loro ricostruzione e manutenzione. In merito alla suddivisione delle spese specifica ulteriormente tale norma, che restano a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
È importante sottolineare come tale norma per giurisprudenza assolutamente costante, sia applicata anche nel caso in cui una parte condominiale dell’edificio è anche copertura di una unità immobiliare in proprietà esclusiva: è frequente ad esempio, il caso del giardino condominiale che funge da copertura per le cantine e i box auto interrati. Proprio per tale motivo, si ritiene che l’art. 1125 del c.c. si adatti perfettamente alla fattispecie descritta, dove abbiamo un sottotetto condominiale che è sovrastante all’appartamento dell’autore del quesito. In questo caso, la metà dei lavori di ricostruzione del soffitto e del solaio devono essere attribuiti al proprietario della unità sottostante, rimanendo a suo esclusivo carico le spese di intonaco, tinteggiatura e decoro del soffitto; agli altri condomini nel loro complesso spetta il pagamento dell’altra metà dei lavori, rimanendo a loro esclusivo carico la copertura del pavimento del solaio. In linea di massima, quindi, la suddivisione operata dall’amministratore di condominio pare corretta.

Vi è da dire, però, che l’art. 1125 del c.c. opera nel momento in cui i lavori di rifacimento e manutenzione del soffitto, delle volte e del solaio siano causati dal naturale uso e dal naturale invecchiamento a cui è soggetto qualsiasi immobile.
La vicenda descritta troverebbe, infatti, una diversa soluzione nel caso in cui le crepe sul soffitto non siano derivate dalla normale usura del sottotetto sovrastante, ma da una sua cattiva manutenzione da parte della intera compagine condominiale, vuoi perché l’assemblea si rifiuta di deliberare opere di manutenzione necessarie, vuoi perché lo stesso amministratore ha omesso di effettuare quelle azioni di vigilanza sulle cose comuni, che sono proprie delle sue funzioni.

Il condominio nella persona dell’amministratore in carica è infatti custode ai sensi dell’art. 2051 del c.c. delle parti comuni dell’edificio e, nel caso di specie, del sottotetto: in forza di tale norma, pertanto, risponde dei danni derivanti alle proprietà sottostanti, dalla incuria e dalla cattiva manutenzione dello stesso.
Perché possa contestarsi al condominio una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 del c.c., devono sussistere questi elementi:
 
  1. un rapporto di custodia tra il bene e un determinato soggetto qualificato: non è il caso in questa sede di dilungarsi su questo importante elemento della norma, ci si limita a ribadire che il condominio rientra tra i soggetti custodi delle parti comuni dell’edificio (e quindi del sottotetto), ed è chiamato  dalla legge per mezzo del suo amministratore, a fare in modo che le parti condominiali  non arrechino danni agli stessi condomini e a terze persone estranee al condominio;
 
  1.  il nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo: in altre parole il danno deve provenire direttamente dall’oggetto sotto custodia. Un esempio di tale elemento può essere, appunto, la crepa che si è creata dal soffitto causata dalle cattive condizioni in cui versa l’area comune sovrastante, cattive condizioni, a loro volta, dovute al disinteresse dell’amministratore o della assemblea condominiale, che nel corso degli anni hanno omesso di effettuare le normali opere di manutenzione:
 
  1. dall’evento lesivo: dalla omessa vigilanza sopra descritta devono derivare dei danni. In questo senso si pensi ai costi necessari per la messa in sicurezza e il ripristino della corretta funzione di copertura del soffitto, che devono essere sopportati dal proprietario della unità abitative sottostante.
 
Nel caso in cui dovesse trovare applicazione l’art. 2051 c.c., cadono tutti i principi di suddivisone congiunta delle spese che si sono esposti precedentemente. In questo caso, in qualità di soggetto danneggiante, il condominio dovrebbe risarcire l’autore del quesito dei danni derivanti dalla omessa manutenzione dell’area sottotetto, rispondendo anche di tutti i lavori necessari per la riparazione del soffitto.
Sarebbe quindi estremamente importante capire, magari consultando anche i tecnici edili che hanno visionato le parti dell’edificio danneggiato, le cause che hanno portato a tali crepe, chiarendo se le stesse siano derivate da un naturale invecchiamento dell’edificio o magari da omessi interventi che dovevano essere eseguiti dai proprietari nel corso degli anni.

In merito alle modalità di scelta della ditta che ha eseguito i lavori, anche qui si potrebbe dare una risposta più puntuale circa l’operato dell’amministratore stabilendo le cause che hanno dato origine al danno.
In linea di massima possiamo però dire che qualora si presentino danni all’edificio che possono comportare un pericolo alla stabilità allo stesso o ad una sua parte, l’amministratore è tenuto ai sensi del n. 4) dell’art.1130 del c.c. a prendere tutte le iniziative idonee a garantire la messa in sicurezza dell’edificio senza chiedere una preventiva autorizzazione assembleare: in questo senso, quindi, l’amministratore può scegliere la impresa edile che garantisca il più rapido intervento possibile.
Una volta messo in sicurezza l’edificio, l’amministratore dovrà senza indugio convocare l’assemblea per permettere ai proprietari riuniti nell’assise di prendere tutte le decisioni opportune per riparare il danno, come sicuramente la scelta della ditta appaltatrice che presenta un preventivo gradito alla maggior parte dei condomini. Nella fattispecie descritta nel quesito, nel contesto assembleare la compagine condominiale avrebbe certamente potuto concordare con il proprietario della unità abitativa sottostante al sottotetto comune le modalità di intervento, e quest’ultimo, per la parte dei lavori che coinvolgevano la sua unità abitativa, avrebbe potuto scegliere autonomamente una ditta di suo gradimento.


C. P. A. chiede
lunedì 15/07/2019 - Puglia
“Salve.
Avrei bisogno di porvi un quesito riguardo alla ripartizione delle spese da sostenersi per la sostituzione (demolizione e ricostruzione) di un solaio in stato di degrado strutturale, non dovuto ad infiltrazioni d'acqua, posto al di sotto di un terrazzo situato a sua volta sulla sommità di un edificio del quale descrivo sommariamente la struttura di seguito:
La superficie del piano terra, che corrisponde a quella del solaio in questione quale proiezione verticale verso il basso, è occupata da tre garage e dall'androne delle scale che permettono l'accesso al terrazzo e a due appartamenti situati al primo ed al secondo piano; la superficie dei due appartamenti così sovrapposti corrisponde alla somma delle superfici dei garage sottostanti.
Il terrazzo risulta essere per metà di proprietà esclusiva del proprietario dell'appartamento del primo piano mentre l'altra metà è stata fino ad oggi utilizzata come stenditoio e deposito legna dal proprietario dell'appartamento del secondo piano.
Il quesito è il seguente: La ripartizione delle spese di cui sopra andrebbe operata applicando l'articolo 1125 del codice civile, che regolamenta espressamente il rifacimento dei SOLAI? Oppure andrebbe applicato, per tale scopo, l'articolo 1126 del codice civile nel quale si parla, per la ripartizione delle spese di manutenzione, di LASTRICO SOLARE?
In definitiva, per "Lastrico solare" bisogna intendere l'insieme di pavimentazione, coibentazione, massetto di livellamento ed anche solaio sottostante, oppure l'ultimo va considerato struttura a sé per cui gli obblighi di contribuzione per i proprietari di immobili posti al di sotto di esso vanno valutati in maniera differenziata?
Attendo un vostro competente chiarimento in merito.
Vi ringrazio per la gentile attenzione.”
Consulenza legale i 21/07/2019
Il lastrico solare e il solaio sono parti dell’edificio diverse che hanno struttura e funzioni nettamente distinte e separate.

Il lastrico solare è quella struttura piana posta sulla sommità del corpo di fabbrica, non circondata da soffitti e pareti e non situata a livello di altra porzione di piano (diversamente avremmo la terrazza a livello), che in sostituzione del tetto (struttura quest’ultima composta da più piani inclinati dette falde) funge primariamente da copertura dell’intero edificio o di parte di esso. Affianco alla funzione di copertura il lastrico solare può avere anche altre funzioni secondarie (es. stenditoio, svago ecc. ecc.) in quanto spazio praticabile ed accessibile a tutti i proprietari.

Come ci dice chiaramente il n.1) dell’art. 1117 del c.c. il lastrico solare si presume di proprietà comune se non diversamente stabilito dal titolo (per titolo si pensi al rogito di acquisto dell’appartamento o al regolamento condominiale di natura contrattuale). Il lastrico è sicuramente composto dalle ringhiere di protezione e dalla zona di calpestio e di pavimentazione, ma non può estendersi fino al solaio che è una parte nettamente distinta dell’edificio.

Il solaio è quella struttura muraria orizzontale che divide due unità immobiliari uno all’altra sovrastanti: tale struttura non rientra tra i beni comuni dell'intero edificio elencati all’art. 1117 del c.c., ma è in comunione tra i proprietari dei rispettivi appartamenti uno sopra l’altro.
In virtù di ciò, qualora vi fosse la necessità di ristrutturare o rifare tale parte dell’edificio, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che le spese debbano essere suddivise in parti uguali ai sensi dell’art.1125 del c.c. tra i proprietari degli appartamenti l’uno all’altro sovrastanti a cui il solaio funge da divisione (su tutte Cass. Civ,Sez.II, n.13606 del 12.10.00).

Nel caso specifico, sulla base di quanto riferito, tenendo conto del fatto che una metà del lastrico solare pare essere condominiale (essendone il condomino del 2° piano un semplice utilizzatore non si sa bene a che titolo), le spese di rifacimento del solaio dovrebbero essere divise ai sensi dell’art.1125 del c.c.: una metà a carico del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio sottostante al solaio, l’altra metà andrà a sua volta ulteriormente divisa in due parti: una parte verrà pagata dal condomino proprietario esclusivo di una metà del lastrico, l’altra parte verrà suddivisa tra i rimanenti condomini in proporzione ai millesimi.



CINZIA M. chiede
martedì 26/03/2019 - Lombardia
“Buongiorno, arrivo subito al sodo. All'interno del condominio dove abito vi sono i box privati che hanno come tetto un giardino condominiale. Il problema è che la gronda sopra l'entrata dei box è marcia e quando piove entra l'acqua nei box privati. Si deve rifare grondaia sopra i box e sollevare il giardino per mettere una placca impermeabile per evitare entrata acqua nei box. PREVENTIVO 8MILA EURO. CHI DEVE PAGARE QUESTI 8MILA EURO? Questa spesa di gestione straordinaria deve essere ripartita fra tutti i condomini oppure in base art 1123 comma c 8 mila euro ripartita SOLO fra gruppo di condomini (proprietari dei box) che ne trae utilità? Grazie della risposta. Fra pochi giorno c'è l'assemblea per cui se mi può rispondere prima possibile. Grazie”
Consulenza legale i 28/03/2019
Sulla base di quanto descritto nel quesito, si ritiene che per una corretta suddivisione dei lavori si debba tenere distinto il rifacimento della gronda soprastante l’area garage dai lavori di impermeabilizzazione dell’area giardino.
La gronda, infatti, è una parte comune tipicamente ed esclusivamente destinata alla copertura dell’area box sottostante e al deflusso delle acque meteoriche: pertanto si ritiene che i lavori di manutenzione e rifacimento di essa debbano essere ripartiti ai sensi dell’art. 1123 2° e 3°co. del c.c. tra i proprietari che usufruiscono di tale copertura.

La situazione è differente, invece, per quanto riguarda il giardino condominiale, in quanto da un lato esso ha una funzione di copertura, la quale viene usufruita dai proprietari dei garage, ma dall’altro svolge anche una utilità, vuoi di svago vuoi di abbellimento del complesso edile, che va a vantaggio dell’intera compagine condominiale: in questo caso deve trovare, quindi, applicazione il criterio di riparto dell’art. 1125 del c.c.. , secondo l'orientamento oramai costanti della giurisprudenza.
La Corte di Cassazione, Sez. II, con sentenza del 05.05.2010 n. 10858 ha così disposto:” In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva
di un singolo condomino si deve…procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione….”
I giudici fanno discendere l’applicazione dell’art. 1125 del c.c. dal fatto che il giardino o il cortile condominiale sono solitamente utilizzati da tutti i proprietari; quindi l’usura che ha portato alle infiltrazioni nelle unità sottostanti, è - teoricamente - stata causata da tutti i condomini indistintamente.

L’applicazione analogica dell’art. 1125 del c.c., comporta che le spese di manutenzione e rifacimento della guaina impermeabilizzante sottostante l’area giardino devono essere a carico di tutti i condomini, con esclusione dei proprietari dei garage sottostanti; al contrario, le spese di rifacimento e manutenzione del soffitto locali box, se vi sono, devono essere corrisposte dai proprietari degli stessi, i quali non possono chiedere il rimborso al condominio.

Manuel G. chiede
mercoledì 27/02/2019 - Trentino-Alto Adige
“Buongiorno, sono amministratore di un condominio costruito nel 2011, che consiste in due piani fuori terra, un piano terra, due piani interrati. Circa il 49% dei millesimi generali è di proprietà di un supermercato a destinazione commerciale, il restante 51% consiste in appartamenti privati residenziali, cantine private di pertinenza e garage/posti auto coperti privati. L'oggetto della mia richiesta riguarda nello specifico i due piani interrati: Il 1° p.i. è proprietà esclusiva del supermercato, e consiste in un garage "open space" con posti auto delimitati da righe dipinte, destinato ai clienti del punto vendita che è situato a pianterreno; al 2° p.i. si trovano invece tutte le cantine private di pertinenza degli appartamenti, oltre a numerosi garage privati e posti auto delimitati da righe dipinte, sempre privati. Completano il quadro alcune utilità comuni al servizio dei millesimi generali - quindi anche del punto vendita stesso - (rampa di accesso agli interrati, due giroscala, due ascensori, bocche di lupo, etc) oltre ad altre utilità comuni al servizio dei proprietari dei garage e delle cantine (corsie di manovra, passaggio cantine, etc). In occasione di temporali estivi o nevicate invernali, accade spesso che i veicoli dei clienti del punto vendita, che accedono al rispettivo garage al 1°p.i. bagnati e/o ricoperti da neve, una volta in sosta nello stesso, vadano a creare copiose infiltrazioni nel solaio del 1°p.i., coinvolgendo i posti auto/garage/cantine privati situati al piano interrato sottostante, causando continui disagi ai rispettivi proprietari (impossibilità di parcheggiare veicoli per molti giorni), oltre a danni materiali (i veicoli al piano inferiore si macchiano con i residui calcarei/salini delle infiltrazioni, nelle cantine è impossibile immagazzinare delle merci o effetti personali). In qualità di amministratore, sono inoltre preoccupato che le persistenti infiltrazioni minino nel tempo la stabilità dell'intero edificio, causando fenomeni di corrosione alle armature e pericolose conseguenze strutturali. L’intera problematica (e molte altre non oggetto del presente quesito) è stata certificata da una perizia tecnica, che ne ha ricondotto le responsabilità a vizi di costruzione commessi dall’impresa esecutrice dell’opera. I suddetti vizi di costruzione, nello specifico, riguardano: errate pendenze della pavimentazione del 1°p.i. (che non permette il defluire delle acque meteoriche verso i predisposti scarichi a pavimento), l'insufficiente presenza di scarichi a pavimento, la totale assenza di una guaina impermeabile all'interno del solaio fra 1°p.i. e 2°p.i. Inevitabilmente, la formazione di piccole fessurazioni nel solaio, per comuni fenomeni di assestamento strutturale, genera dei canali di infiltrazione con il piano inferiore. Poiché la ditta costruttrice è fallita, ed il committente costruttore ha messo in liquidazione la società, ci stiamo adoperando da alcuni anni, a livello condominiale, nella risoluzione progressiva dei vari vizi emersi, attraverso attività annuali di manutenzione/integrazione delle lacune, a spese dei vari proprietari. La questione ora si pone sulla ripartizione dei costi di risoluzione delle infiltrazioni del solaio fra 1°p.i. e 2°p.i. : alcuni sostengono che, poiché il disagio è interamente causato dal punto vendita (leggasi: veicoli dei clienti che portano al 1°p.i. pioggia e neve) i costi di risoluzione dovrebbero essere interamente a carico del punto vendita, che avrebbe facoltà, eventualmente, di rivalersi presso il costruttore (fallito/in liquidazione). Il punto vendita, dal canto suo, sostiene che trattandosi di vizio di costruzione presso il solaio, i costi sarebbero probabilmente da ripartire 50%/50% fra 1°p.i. e 2°p.i. oppure, avendo potenziali conseguenze negative strutturali all'intero edificio, andrebbero ripartiti sui millesimi generali (ove il punto vendita avrebbe comunque il 49% della quota). Documentandomi a grandi linee sulla normativa, mi pare di capire che dipenda anche dal tipo di intervento svolto, ovvero in quale posizione "stratificata" del solaio l'intervento venga svolto: se ho ben inteso, se vado ad installare una guaina isolante sopra al pavimento del 1°p.i. i costi sarebbero al 100% a carico del punto vendita, se invece intervengo “all'interno del pacchetto” del solaio si opterebbe per un 50-50 fra piano superiore e piano inferiore. La questione di ripartizione dei costi, inoltre, è strettamente legata al tipo di intervento che andremo a fare e, se necessario, deliberare, poiché abbiamo sul tavolo diverse soluzioni, alcune "tampone" con costi più contenuti (es. iniezioni isolanti di resina dal piano inferiore), altre più "risolutive" ma con costi nettamente superiori (es. posa integrale di una guaina isolante sul pavimento del 1°p.i.). Nello specifico, se la legge definisse che nel nostro caso i costi fossero totalmente a carico del punto vendita, spingerei, anche per vie legali, che venisse adottata la soluzione più risolutiva ma anche più costosa. Diversamente se i costi fossero da ripartire 50-50 (ad esempio) e si rendesse quindi necessaria una delibera assembleare (immagino con quorum di 500 millesimi), sarei costretto a spingere su una soluzione "tampone" più economica, poiché i condomini sarebbero disposti ad assumersi dei costi, nell'ottica di risolvere nel tempo i vizi emersi, ma fino ad un certo comprensibile limite personale e famigliare. Lascio a voi le valutazioni del caso e vi ringrazio anticipatamente. Riassumo il quesito: 1) Chi deve pagare e quanto? 2) Il tipo di lavoro che si andrà a fare può modificare le quote al quesito 1? 3) Se è necessaria delibera assembleare, quali devono essere le maggioranze?
GRAZIE, buon lavoro.”
Consulenza legale i 06/03/2019
Le considerazioni che si sono svolte nel quesito sono sostanzialmente corrette, in particolar modo rispetto alle modalità di applicazione dell’art. 1125 del c.c. E' opportuno però chiarire alcuni dubbi che sono stati manifestati, al fine di permettere a chi amministra il complesso di svolgere con maggior serenità il proprio gravoso lavoro.

Il fatto stesso che vi sia una perizia tecnica che accolla per intero i vizi costruttivi dell’edificio alla ditta che ha eseguito i lavori, fa pendere inevitabilmente l’ago della bilancia a favore delle ragioni del punto vendita. È vero che il 1° p.i. è interamente di proprietà esclusiva del supermarket, ma è anche vero che lo stesso funge da copertura per l’intero 2° p.i. ove sono situati box, garage e posti auto pertinenziali alle altre unità abitative: questo inevitabilmente riconduce la fattispecie minuziosamente descritta nell’ambito di applicazione dell’art. 1125 del c.c.
La soluzione prospettata sarebbe radicalmente diversa nel caso in cui le infiltrazioni fossero derivanti da un qualche comportamento riconducibile al punto vendita: in questo caso ovviamente i costi dei lavori di ripristino della copertura dei due piani interrati potrebbero essere accollati direttamente alla società che gestisce il supermarket, ma il quesito non fornisce alcun elemento per poter sostenere questa tesi.

E’ appena il caso ricordare che posta l’evidente responsabilità della società esecutrice dei lavori, sarebbe possibile richiedere alla procedura fallimentare il rimborso delle spese sostenute per la riparazione dei vizi costruttivi dello stabile. Ovviamente, anche se un giudice riconoscesse la responsabilità della ditta costruttrice, non è detto che la compagine condominiale alla fine ottenga il rimborso della intera somma spesa, in quanto (assai) sovente le procedure concorsuali hanno problemi di capienza e solvibilità.

Fatta questa doverosa premessa è opportuno trattare ora dell’art. 1125 c.c., norma che, come si è sopra accennato, trova applicazione nella fattispecie prospettata.
La giurisprudenza oramai costante, infatti, ritiene applicabile detta norma non solo nel caso in cui si debba ricostruire il solaio posto tra due unità abitative in proprietà esclusiva, ma anche nel caso in cui il solaio sia posto tra una proprietà esclusiva e una parte condominiale dell'edificio, come appunto nel caso prospettato.
Se si analizza con attenzione la norma in commento si può notare come essa vada a disciplinare tre distinti gruppi di spesa:
1) le spese che riguardano la ricostruzione e il rafforzamento della struttura portante del solaio: esse devono essere sostenute in parti uguali tra i proprietari dei piani sovrapposti;
2) le spese per la parte superiore del solaio, ovvero la pavimentazione del piano sovrastante, le quali sono poste interamente a carico del proprietario del piano superiore;
3) le spese relative all’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto, le quali vengono interamente poste a carico del proprietario del piano inferiore.
Al fine di dare alcuni esempi pratici, si può dire che la giurisprudenza fa rientrare all’interno del primo gruppo di spesa: le travi portanti del soffitto aventi una funzione portante e non meramente decorativa; il materiale fonoassorbente posto tra il soffitto e il pavimento, la ricostruzione dell’intero solaio crollato, etc...
Nel secondo gruppo di spesa rientrano sicuramente il rifacimento della pavimentazione del piano superiore, mentre nel terzo gruppo rientrano i lavori di copertura del soffitto. In questa sede non si può dire in quale dei tre gruppi elencati trovano collocazione i vari lavori che si dovranno sostenere nel complesso edile di cui al quesito: per rispondere a questa domanda sarebbe certamente opportuno rivolgersi ad un professionista edile, il quale conosce con precisione le modalità esecutive delle opere di copertura.

Ovviamente avendo il soffitto del 2° p.i. in parte una funzione condominiale, in quanto funge da copertura per i box auto e per le parti comuni presenti in tale piano, i lavori di copertura e di rifacimento strutturale del solaio per la parte di competenza condominiale dovranno essere approvati dallaassemblea con le maggioranze di cui ai commi 2° e 4° dell’art.[n1136cc]] del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi). È importante sottolineare come la assemblea di condominio avrà competenza nel deliberare solo quei lavori che coinvolgono la copertura delle parti comuni presenti nel 2° p.i. e i posti auto scoperti. Se le infiltrazioni coinvolgono anche l’interno dei box auto e delle cantine, quella parte dei lavori di copertura non hanno natura condominiale, in quanto riguardano parti dell’edificio in proprietà esclusiva e pertanto la vicenda coinvolgerà esclusivamente i proprietari delle cantine e dei box auto e la società che gestisce il punto vendita; anche in questo caso troverà comunque applicazione l’art. 1125 del c.c.

Per finire è utile precisare che l’art. 1125 del c.c. può trovare stretta applicazione solo per il rifacimento del solaio ricompreso tra due piani posti uno sopra l’altro, ma non per la ristrutturazione di altre parti comuni dell’edificio. Pertanto se i lavori da eseguirsi coinvolgeranno, ad esempio, la rampa di accesso agli interrati, i due giroscala, gli ascensori e le bocche di lupo, non potrà trovare applicazione la norma finora commentata dovendo applicarsi, a seconda dei casi, quanto dispone il comma 1° dell’art. 1123 del c.c. (per rampe di accesso e bocche di lupo) e l’art. 1124 del c.c. (ascensori e giroscala).

P. V. chiede
venerdì 07/12/2018 - Campania
“condominio.
contesto tre edifici condominiali con antistante piazzale a quota 0, aperto al pubblico e condomini ed eccezionalmente ad automezzi, sottostante galleria commerciale a quota -4 , e sottostante autorimessa a quota -8 facenti parte di un unico condominio.
In seguito a scarsa manutenzione si è verificato il degrado della pavimentazione del piazzale, ed importanti infiltrazioni d'acqua ai livelli sottostanti , sino a rendere inagibile la galleria commerciale.
sono stati deliberati i lavori che comprendono pavimentazione ed impermeabilizzazione, il quesito è: 
quale riparto da applicare per i lavori inerenti alla impermeabilizzazione (1/3 e 2/3 oppure 50/50?)
Consulenza legale i 09/12/2018
La corte di cassazione con diverse sentenze, ha stabilito che in caso di infiltrazioni provenienti da aree condominiali (es. aree di parcheggio) che fungono anche da copertura per piani interrati in tutto o in parte in proprietà esclusiva, per la ripartizione delle spese tra la intera compagine condominiale e i singoli proprietari, deve trovare applicazione analogica l’art. 1125 del c.c., in luogo dell’art. 1126 del c.c
.
La Corte di Cassazione, Sez. II, con sentenza del 05.05.2010 n. 10858 ha così disposto:” In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva
di un singolo condomino… si deve…procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123 c.c.,comma 2.”

I giudici fanno discendere l’applicazione dell’art. 1125 del c.c. dal fatto che il giardino o il cortile condominiale sono solitamente utilizzati da tutti i proprietari; quindi l’usura che ha portato alle infiltrazioni nelle unità sottostanti, è stata causata da tutti i condomini indistintamente.
Dall’applicazione analogica dell’art. 1125 del c.c. discende, quindi, che le spese di manutenzione e rifacimento della guaina impermeabilizzante dell’area condominiale, devono essere a carico di tutti i condomini, con esclusione dei proprietari dei locali sottostanti; al contrario le spese di rifacimento e manutenzione del soffitto di detti locali, devono essere corrisposte dai proprietari degli stessi, i quali non possono chiedere il rimborso al condominio.

La situazione trova una diversa soluzione nel caso in cui le infiltrazioni non sono derivate dalla normale usura dell’area sovrastante, ma da una cattiva manutenzione della stessa da parte della compagine condominiale, vuoi perché l’assemblea si rifiuta di deliberare opere di manutenzione necessarie, vuoi perché lo stesso amministratore ha omesso di effettuare quelle azioni di vigilanza sulle cose comuni, che sono proprie delle sue funzioni.
Per giurisprudenza oramai costante, il condominio è infatti custode ai sensi dell’art. 2051 del c.c. delle parti comuni dell’edificio e, nel caso di specie, dell’area di parcheggio; in forza di tale norma, pertanto, risponde dei danni derivanti alle proprietà sottostanti, dalla incuria e dalla cattiva manutenzione dello stesso.
Nel caso in cui dovesse trovare applicazione l’art. 2051 c.c., cadono tutti i principi di suddivisone congiunta delle spese che si sono esposti poco sopra. In questo caso in qualità di soggetto danneggiante, il condominio dovrebbe risarcire i proprietari dei locali in proprietà esclusiva che si trovano nei piani interrati, dei danni derivanti dalla omessa manutenzione della proprietà condominiale sovrastante, rispondendo anche di tutti i lavori necessari per ripristinare la piena funzionalità e agibilità dei locali sotterranei.
Ovviamente, dando per presupposto che l’amministratore abbia sottoscritto, e che quindi sia in vigore, idonea copertura assicurativa, l’intera compagine condominiale potrà essere tenuta indenne da detti danni, dando incarico all’amministratore di coinvolgere nelle procedure risarcitorie la compagnia che assicura lo stabile da danni per infiltrazioni.
Per capire se le infiltrazioni che hanno causato i danni ai piani sottostanti derivino da una normale situazione di usura oppure da una incuria ed omessa manutenzione, è opportuno, anche ai fini assicurativi sopra detti, effettuare una perizia tecnica sulle aree dello stabile interessate.


Antonello M. chiede
lunedì 03/09/2018 - Toscana
“Buongiorno, sono proprietario di un immobile sito al terzo piano in un condominio di 5 piani. Ho un terrazzo di circa 30 metri quadrati, parzialmente coperto dal terrazzo del piano superiore al quale era infissa la mia vecchia tenda da sole. Ho recentemente sostituita la tenda con una pergotenda della ditta Arquati. La pergotenda è stata montata qualche centimetro al di sopra dell'installazione della vecchia tenda, a sentire i tecnici della ditta "hanno raggiunto il limite utilizzabile del terrazzo sovrastante. Il terrazzo sovrastante ha un'appendice verticale che scende verso il basso per circa 40 centimetri al di sotto del solaio che divide gli appartamenti.
Il proprietario del piano di sopra avoca a se la proprietà di tutto il terrazzo, anche della parte che scende nella mia proprietà e chiede che io smonti la pergotenda.
Mentre la ditta Arquati dice di aver fatto il lavoro nei limiti legali utilizzando come appoggio la parte di terrazzo che sarebbe di mia proprietà in quanto al di sotto della linea del solaio.
Il mio quesito è capire se devo smontare la mia pergotenda oppure posso lasciarla infissa.”
Consulenza legale i 06/09/2018
Il quesito proposto ci offre l’occasione per tornare a trattare della natura giuridica dei terrazzi aggettanti, ovvero quei terrazzi che sporgono dalla facciata del palazzo, dando conto di un conflitto giurisprudenziale che non pare all’oggi del tutto chiarito.

Una parte della giurisprudenza, valorizzando il fatto che tale tipologia di manufatto è parte integrante della facciata e quindi elemento del decoro architettonico dell’edificio, ritiene che il parapetto e la soletta dei terrazzi aggettanti rientrino tra i beni comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1117 del c.c. Si veda in tal senso la recente Cass. Civ.,sez.II, n.30071 del 14.12.2017, la quale ha ridato vigore ad un orientamento che pareva in parte accantonato.
Se si accetta tale conclusione parrebbe discendere che, fermo restando il rispetto del decoro architettonico dell’edificio, il proprietario dell’appartamento sottostante può utilizzare la soletta o il parapetto del balcone soprastante come aggancio per tendaggi e altri manufatti.

Vi è, però un altro orientamento giurisprudenziale che pareva oramai affermatosi tra i giudici, la cui ultima sentenza reperita è Cass. Civ.,sez.II, n.2241 del 16.02.2012, che ritiene il balcone aggettante come un naturale prolungamento dell’appartamento al quale accede, e pertanto naturale pertinenza di quest’ultimo: l’intero balcone aggettante ( parapetto e soletta inclusi) diventano, quindi, di proprietà esclusiva del singolo condomino, rimanendo comunque fermo l’obbligo di rispettare il decoro architettonico nel momento in cui si effettuano modifiche o ristrutturazioni sul manufatto. Da tale orientamento discende una conclusione del tutto opposta a quella detta precedentemente: il proprietario dell’appartamento sottostante non può utilizzare la soletta o il parapetto del balcone ad esso soprastante come aggancio per tendaggi o altri manufatti, senza il permesso del vicino, proprietario dell’appartamento del piano di sopra.

In conclusione, alla luce del conflitto tra i giudici che si è sopra tratteggiato, non è possibile dare una risposta secca alla domanda posta. L’unica certezza che ci si sente di dare è che qualsiasi opera che si voglia agganciare al balcone aggettante soprastante deve comunque rispettare il decoro architettonico dell’edificio. Se il vicino avanzasse una richiesta formale e scritta di rimozione delle opere agganciate al suo balcone e da ciò derivasse con lo stesso un contenzioso, si avrebbero senza dubbio buone argomentazioni a difesa, ma l’esito di un eventuale giudizio non sarebbe assolutamente scontato.

Alla luce della situazione giurisprudenziale delineata, si consiglia una soluzione bonaria agli eventuali litigi che potrebbero sorgere.


Wilma M. chiede
lunedì 11/06/2018 - Piemonte
“Stim.mo Avvocato,
ho acquistato a gennaio 2010 un alloggio al piano primo e ultimo di un condominio costituito da 4 alloggi con 4 proprietari rispettivi e non c'è amministratore.
Il condominio sottostante al mio alloggio, piano terreno, aveva ancorato, nel mese di luglio 2009, n.3 tende da sole (tipologia tende a braccio) ai n.3 balconi aggettanti dell'alloggio soprastante, che poi è diventato di mia proprietà. Il condomino asserisce di avere autorizzazione scritta del precedente proprietario che era il costruttore, ma non è stata registrata e trascritta nei pubblici registri.
Preciso che ho acquistato con la classica formula sul rogito "incluse tutte le servitù apparenti" e al momento del rogito, gennaio 2010, ribadisco che le tende da sole erano presenti e ancorate ai miei sottobalconi.
Quali possibilità ho di contestare le tende da sole, chiederne la rimozione dai miei sottobalconi e il ripristino dello stato dei luoghi?”
Consulenza legale i 15/06/2018
La possibilità di ancorare le tende da sole alla soletta dei balconi aggettanti soprastanti, è stato oggetto di diverse controversie che hanno portato ad una certa oscillazione della giurisprudenza della Corte di Cassazione, segno che la questione, seppur all’apparenza banale, ha generato negli anni diverso contenzioso.

Un primo orientamento della Corte, oramai risalente, considerava il balcone aggettante come parte della facciata dell’edificio e pertanto lo andava a ricomprendere tra le parti comuni del palazzo. Da questo discendeva, come logico corollario, che era lecito il comportamento del condomino dell’appartamento sottostante che ancorava, senza autorizzazione alcuna, le proprie tende da sole alla soletta del balcone dell’appartamento soprastante, in quanto anche il condomino del piano di sotto poteva considerarsi comproprietario del balcone ad esso soprastante.

Tale orientamento è stato oramai del tutto superato dalla giurisprudenza, e le recenti pronunce (si veda per tutte Cass. Civ.,sez.II, del 30.07.2004 n.14576 e Cass. Civ.,Sez.II, n.587 del 12.01.2011), ritengono oramai come il balcone aggettante non sia elemento essenziale della facciata dell’edificio, ma una pertinenza dell’ appartamento alla quale accede. Questo nuovo orientamento fa uscire il balcone dall’insieme delle cose comuni ex. art. 1117 del c.c., per farlo rientrare tra le parti dell’edificio in proprietà esclusiva al singolo condomino. Da ciò discende che il proprietario dell’appartamento sottostante, deve chiedere l’autorizzazione al vicino di casa del piano superiore per poter ancorare le tende da sole alla soletta del balcone aggettante soprastante.
Tale autorizzazione, che può essere data per iscritto oppure anche oralmente, tuttavia, trova efficacia solo tra gli attuali proprietari delle unità abitative una sovrastante all’altra, non potendo andare a vincolare eventuali futuri proprietari degli appartamenti.

Potrebbe avere efficacia anche per eventuali futuri acquirenti delle unità abitative, se i proprietari decidessero di costituire, attraverso un rogito notarile poi trascritto nella Conservatoria Immobiliare, un diritto di servitù ex art. 1027 e ss. del c.c., in forza del quale il proprietario del balcone soprastante, limitando il suo diritto di proprietà sulla pertinenza, autorizza il proprietario dell’appartamento sottostante ad agganciare le tende da sole alla soletta del proprio balcone.
L’eventualità appena descritta è, tuttavia, di scarsa praticabilità, non fosse altro per i considerevoli costi notarili a cui le parti andrebbero incontro ,e comunque non è il caso prospettato nel quesito.
Pertanto, credo vi possano essere buone possibilità di ottenere il ripristino dello stato dei luoghi anche utilizzando un procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., o il processo sommario di cognizione ex artt. 702 bis e ss. del c.p.c.

Il fatto che il balcone aggettante debba considerarsi pertinenza della unità abitativa a cui accede, e, pertanto, in proprietà esclusiva al singolo condomino, ha delle importanti ricadute anche in merito alla ripartizione delle spese di manutenzione ordinarie e straordinarie degli stessi.
Se, infatti la giurisprudenza più risalente riteneva applicabile in tal caso l’art 1125 del c.c., e quindi la spesa di manutenzione e rifacimento della soletta del balcone aggettante doveva dividersi tra i proprietari dell’appartamento soprastante e di quello sottostante, oggi l’orientamento sul punto si è del tutto ribaltato.
I balconi aggettanti, infatti, non svolgono alcuna funzione di copertura del piano sottostante, né di sostegno dell’intero edificio: non possono, quindi, considerarsi in proprietà comune ai condomini abitanti nei piani tra di essi sovrapposti. Le spese di rifacimento della soletta, andrà di conseguenza sostenuta per intero dal proprietario della unità abitativa a cui il balcone aggettante accede.


Giovanni B. chiede
giovedì 17/05/2018 - Piemonte
“Quesito su a chi spettano le spese di rifacimento di pavimentazione ed impermeabilizzazione di un parcheggio sulla copertura di un immobile.

L'edificio A è costituito da due piani sotto-strada dove ci sono tre proprietari per complessivi millesimi 916 costituiti nel 2017.
La copertura dell'edificio è adibito a parcheggio essendo a piano strada con accesso riservato da sbarra elettrica. Il parcheggio è suddiviso in n°15 posti auto tutti singolarmente accatastati a ciascun proprietario come C6. I millesimi dei posti auto sono complessivamente 84 costituiti nel 2017.
Nell'edificio B, distante circa 150m dall'edificio A e non ad esso collegato, risiedono n°13 proprietari dei posti auto dell'edificio A.
L'edificio A non è mai stato costituito in condominio perché ciascun proprietario pagava le proprie spese senza avere parti comuni.
Tutte le spese ordinarie e straordinarie dei posti auto sono state attribuite ai proprietari dei posti auto all'interno delle assemblee del condominio B con una voce ed una tabella di ripartizione dall'inizio della costituzione di questo condominio da oltre più di 30 anni.
Nel 2017 è stato costituito il condominio dell'edificio A con i millesimi approvati ma senza il regolamento di condominio.
Chiedo se i lavori di rifacimento di pavimentazione e impermeabilizzazione del parcheggio dei posti auto devono essere ripartiti, come da più di 30, anni fra i proprietari dei posti auto costituendo di fatto una consuetudine che dovrà essere trasferita nel regolamento di condominio dell'edificio A, che dovrà essere predisposto, e non come da art. 1123 come lastrico solare.”
Consulenza legale i 22/05/2018
Prima di entrare nel cuore del quesito, si ritiene opportuno fare una piccola premessa in merito alla composizione della compagine condominiale del condominio A.
Secondo gli insegnamenti di costante giurisprudenza, il condominio è una situazione di fatto che si verifica nel momento in cui nel medesimo edificio, o nel medesimo complesso edile composto da più edifici, vi sia, secondo quanto disposto dagli artt. 1117 e 1117 bis del c.c., la coesistenza di parti dell’edificio in proprietà esclusiva e parti del medesimo in proprietà comune ai singoli condomini.

Tra le parti in proprietà esclusiva e le parti in proprietà comune vi deve essere, inoltre, una relazione di accessorietà, in forza della quale le porzioni di edificio in comproprietà devono essere realizzate per garantire l’esistenza delle singole unità abitative o il maggior godimento delle stesse da parte dei loro proprietari. È proprio questa descritta coesistenza tra parti comuni e parti in proprietà esclusiva nel medesimo edificio e la loro relazione di accessorietà, che fa sorgere il condominio con l’obbligo di applicare la relativa normativa prevista dal codice civile.

In altre parole, il condominio esiste indipendentemente dal fatto che vi sia una delibera assembleare che disponga la sua costituzione; tale delibera si limita semplicemente a prendere atto della situazione di fatto esistente nell’edificio.
Si entra a far parte della compagine condominiale, con i relativi diritti e corrispondenti doveri, nel momento in cui si acquista una parte dell’edificio in proprietà esclusiva, sia tale parte: un appartamento, una cantina, un box auto o un semplice posto auto esterno.

Da quanto detto deve necessariamente discendere che i proprietari dei posti auto dovevano considerarsi condomini dell’edificio A fin dal momento del loro acquisto, indipendentemente dal fatto che essi siano anche proprietari di unità abitative, e quindi condomini, dell’ edificio B. L’ edificio A, inoltre, era da considerarsi condominio, con obbligo di applicare la relativa normativa, ben prima del 2017; la compagine condominiale di tale edificio è composta dai 3 proprietari delle unità abitative, più i 13 proprietari dei posti auto residenti nell’edificio B.

Da ciò discende che l' assemblea condominiale dell’edificio B, non aveva il potere di deliberare sulla manutenzione ordinaria e straordinaria dei posti auto dell’edificio A, e, basandosi su quanto riferito dal quesito, si ritiene che tali delibere siano affette da una grave forma di nullità per eccesso di potere. Esse quindi, anche a distanza di 30 anni, potrebbero, in teoria, essere impugnate innanzi alla autorità giudiziaria e rimesse in discussione.
Era, viceversa, l’assemblea del condominio A, organo che doveva costituirsi ben prima del 2017, ad avere il potere di deliberare sulla manutenzione ordinaria e straordinaria dei posti auto.

Veniamo ora a trattare il cuore del quesito: come devono essere ripartite le spese di rifacimento e di impermeabilizzazione del parcheggio suddiviso in tanti posti auto in proprietà esclusiva.
Purtroppo, tale problematica non ha trovato una risposta univoca da parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione, dando vita ad un contrasto giurisprudenziale non ancora risolto dalle Sezioni Unite della corte.

Una parte della giurisprudenza (Cass. Civ., Sez.II, n.15841 del 19.07.11), ritiene che le spese di rifacimento e impermeabilizzazione dell’area di parcheggio posta a copertura dell’edificio, debba suddividersi applicando in via analogica i criteri dell’art. 1125 del c.c. Applicando tale criterio, ai proprietari dei posti auto sovrastanti, andrebbero attribuite le spese di rifacimento della parte superiore dell’area di parcheggio, e ai proprietari degli appartamenti dell’edificio A, andrebbero attribuite le spese di impermeabilizzazione sottostanti l’ area necessarie per garantire la copertura dell’edificio.
 
Un'altra parte della giurisprudenza (Cass.Civ,Sez II, n.941 del 17.01.2011), ritiene applicabile alla fattispecie in esame, sempre in via analogica, i criteri previsti per il lastrico solare in uso esclusivo dall’art. 1126 del c.c. Seguendo tale criterio 1/3 delle spese necessarie per il rifacimento e impermeabilizzazione dell’area di parcheggio dovrà attribuirsi, in proporzione ai rispettivi millesimi, ai proprietari dei singoli posti auto;i restanti 2/3 andranno suddivisi, sempre in proporzione ai millesimi di competenza, tra i proprietari delle unità abitative ricomprese nel sottostante edificio A. 
Indipendentemente dal fatto che si scelga un orientamento piuttosto che un altro, si può escludere, seguendo questi orientamenti giurisprudenziali, che le spese per la manutenzione dell’area di parcheggio, possano essere accollata esclusivamente ai proprietari dei posti auto.
 
Stante il contrasto di pronunce che si è sopra descritto, rimane aperto il problema di quale criterio utilizzare per la ripartizione delle spese di rifacimento dell’area di parcheggio. Questa obbiettiva incertezza può essere superata se si raggiunge un ampio accordo tra i condomini dell’edificio A, nel momento in cui si dovrà adottare il regolamento condominiale; accordo che nel caso di specie deve considerarsi altamente auspicabile. Stante, infatti, il contrasto giurisprudenziale di cui si è detto, un eventuale contenzioso sulla ripartizione delle spese di parcheggio non può che avere esiti del tutto imprevedibili.
 
Tenendo conto anche dei proprietari dei parcheggi, la compagine condominiale dell’edificio A è composta da un numero superiore di 10 condomini, pertanto, ai sensi dell’art. 1138 del c.c., si dovrà adottare obbligatoriamente un regolamento di condominio, il quale dovrà  essere approvato con la maggioranza assembleare di cui al 2° co dell’art.1136 del c.c (maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio).
In tale regolamento i condomini potranno scegliere se adottare il criterio previsto dall’ art. 1125 del c.c., o quello dell’art.1126 del c.c.
 
In luogo dei due criteri sopra elencati, il regolamento condominiale, derogando a quanto dispone il codice civile, potrà attribuire la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’area di parcheggio ai soli proprietari dei posti auto?
Il Tribunale di Milano con sentenza n.10247 dell’11.09.2015, rifacendosi a costanti pronunce in tal senso della Corte di Cassazione, ha disposto che sono affette da radicale nullità, le delibere condominiali, adottate a semplice maggioranza, che deroghino ai criteri legali di attribuzione delle spese condominiali previste dal codice civile, e che attribuiscano ad una sola parte dei condomini determinate voci di spesa. Per dare piena validità a criteri di ripartizione di spesa che esulano da quanto disposto dal codice civile, o che attribuiscano determinate voci di spesa ad una sola parte della compagine condominiale, è fondamentale che tali importanti deroghe alla disciplina ordinaria siano racchiuse in un regolamento condominiale adottato non a maggioranza, ma bensì con l’unanimità dei consensi dei proprietari.
Applicando tali principi al condominio dell’edificio A, se si vorrà attribuire le spese di manutenzione dell’area di parcheggio ai soli proprietari dei posti auto, sarà necessario adottare un regolamento condominiale con l’unanimità dei consensi, ed in particolare con il consenso dei proprietari dei singoli posti auto. Se poi si vorrà fare in modo che tali disposizioni possano vincolare anche eventuali futuri acquirenti degli stessi, il regolamento condominiale dovrà essere recepito in un atto pubblico notarile sottoscritto da tutti i condomini, e trascritto presso la competente conservatoria dei Registri Immobiliari.


Angelo C. chiede
mercoledì 21/03/2018 - Sardegna
“Proprietari di garage CON ACCESSO AUTONOMO sovrastati da 3 palazzine e relativo cortile. Con 2 già realizzata impermeabilizzazione con spese al 50%.
Per il terzo, l’Amm.re invoca art 1126 = lastrico solare con 1/3 a loro carico e 2/3 Per noi sottostanti (Condomini). Noi riteniamo pertinente art 1125 con -al max 50%?
IL VOSTRO AUTOREVOLE PARERE?”
Consulenza legale i 28/03/2018
Il criterio di ripartizione delle spese che l’amministratore di condominio vorrebbe adottare, fondato sull’applicazione dell’art. 1126 c.c., risulta in effetti un criterio adottato fino a qualche tempo fa dalla giurisprudenza di legittimità.

Si sosteneva, infatti, che l’art. 1125 c.c. non potesse applicarsi analogicamente per ripartire le spese di manutenzione delle strutture di copertura di un locale sotterraneo, allorché tali strutture non svolgessero anche funzione di sostegno del fondo (edificio) sovrastante (così Cass. N.1362/1989).

Nel caso di specie, dunque, l’amministratore sicuramente vorrebbe equiparare la condizione del proprietario di un’autorimessa sottostante il cortile condominiale a quella del proprietario dell’appartamento avente l’uso esclusivo del lastrico solare come terrazza a livello, invocando di conseguenza l’applicazione dell’art. 1126 c.c. (in tal senso si è anche pronunciata Cass. N. 11283 del 10.11.1998).

In realtà le cose non stanno proprio così.

Infatti, tale orientamento è stato superato dalla successiva giurisprudenza, sempre di legittimità, formatasi su tale materia, la quale ha affermato che i criteri di ripartizione delle spese indicate nell’art. 1125 c.c. trovano applicazione analogica anche nell’ipotesi di riparazione del cortile o viale d’accesso all’edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, così dovendosi far gravare una quota delle spese in capo a chi, con l'uso esclusivo della parte superiore (cioè gli altri condomini), determina la necessità della inerente manutenzione (così Cass. N.10858/2010; Cass. N. 18194/2005).

In particolare, secondo quest’ultimo orientamento, nonostante l’apparente somiglianza dei presupposti di fatto, va escluso che in casi come questo possa farsi applicazione analogica dell’art. 1126 c.c., il quale stabilisce che quando l’uso del lastrico solare[1], ed a maggior ragione la proprietà, non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzione del lastrico.

Infatti, l’accollo di un terzo delle spese in capo al condomino proprietario esclusivo del lastrico solare o che ne ha l’uso esclusivo, trova una spiegazione nell’uso particolare rispetto alla normale funzione di copertura che tale lastrico svolge, con conseguente più rapido degrado dello stesso.

Nel caso in cui, invece, il solaio di copertura di autorimesse o di altri locali interrati in proprietà singola svolga anche la funzione di consentire l’accesso all’edificio condominiale, non può dirsi che si abbia una utilizzazione particolare di un condomino rispetto agli altri, ma una utilizzazione conforme alla destinazione tipica di tale manufatto da parte di tutti i condomini.

A ciò si aggiunga anche una considerazione di ordine logico: in questo caso le spese di riparazione ed impermeabilizzazione riguarderebbero non tanto la pavimentazione, quanto piuttosto la struttura portante del lastrico, e si ritiene che sia del tutto improbabile che tale tipologia di spese possa farsi dipendere dall’uso esclusivo che di quel lastrico ne fanno i proprietari dei garage sotterranei (dalle foto che sono state fatte pervenire, infatti, sembra che le infiltrazioni per le quali intervenire riguardino proprio la struttura portante dell’intero edificio).

Le suesposte considerazioni rendono molto più corretto e coerente applicare analogicamente l’art. 1125 c.c., dettato in materia di manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai, e secondo cui le relative spese vanno sopportate in maniera eguale dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti.

Sembra poi equo seguire il criterio di ripartizione adottato con gli altri due edifici, e così stabilire convenzionalmente, con apposita delibera assembleare, che le spese debbano farsi gravare per metà sui proprietari esclusivi dei garage e per l’altra metà sui restanti condomini dell’edificio sovrastante.

Tale soluzione, inoltre, si porrebbe anche in linea con il disposto di cui al secondo comma dell’art. 1123 c.c. (di cui l’art. 1125 c.c. costituisce un’applicazione specifica), il quale prevede che qualora le spese riguardino beni destinati a servire i condomini in misura diversa, esse vadano ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.

Ciò che non convince, però, sulla soluzione fornita, è il fatto che l’amministratore non vorrebbe applicare il criterio dell’art. 1126 c.c. ponendo un terzo delle spese in capo ai proprietari dei garage ed i due terzi in capo agli altri condomini (equiparando dunque la posizione dei proprietari dei garage a quella del condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza a livello), ma vorrebbe farne una applicazione inversa, ossia due terzi sui proprietari dei garage ed un terzo sui restanti condomini.

Questo fa sorgere il dubbio che nel caso di specie l’impermeabilizzazione debba riguardare il tetto dell’edificio, ma anche in tal caso la soluzione proposta dall’amministratore non può avere alcun fondamento giuridico, in quanto le opere riguarderanno il tetto dell’edificio condominiale inteso quale parte strutturale comune di esso, e non in funzione dell’uso che i singoli condomini possono farne.

Da quest’ultimo punto di vista, infatti, sarebbe più congruo applicare l’art. 1123 comma secondo c.c., norma che addirittura potrebbe condurre ad esonerare i condomini con garage ed accesso autonomo dal contribuire alle spese, non avendo in alcun modo possibilità di usare il lastrico solare.

Poiché, tuttavia, quel lastrico svolge anche la funzione di tetto di copertura del loro garage, allora corretto anche in questo caso sarà il richiamo all’art. 1125 c.c. ed al criterio di ripartizione da tale norma previsto.

Resta inteso che, qualora le soluzioni prospettate non siano riuscite a fotografare con esattezza lo stato dei luoghi ed il tipo di lavori da eseguire, si è ampiamente disponibili a correggere tali soluzioni sulla base di maggiori dettagli e precisazioni che vorranno fornirsi a questa redazione.


[1] da identificare ovviamente nel nostro caso con la rampa di accesso e relativo cortile


Renato A. chiede
lunedì 29/01/2018 - Lombardia
“Buongiorno, siamo in procinto di rifare la pavimentazione e impermeabilizzazione giardini che sono anche copertura corsello area box. I tre giardini sovrastanti sono: 2 a uso esclusivo e uno privato. Tutti e tre coprono la zona corsello area box.

Due condomini non sono proprietari di box e quindi non usano l'area per nessuna ragione (pur essendo l'area parte condominiale) in passato, per la riparazione della rampa box, si è applicato una quota del 20% (ricavata dai millesimi) in accordo con tutti i condomini.
Visto che la spesa, in questo caso è onerosa, trovo che la quota applicata in precedenza (20%) sia esagerata.
L'art. 1123, ad esempio, cita qualcosa di appropriato. Il ns regolamento di condominio non entra nel merito della questione e fa solo riferimenti agli artt. 1124,1125,1126 cc.
Meglio, quindi, non far pagare nulla ai non possessori di box oppure una quota (equa/simbolica) decisa all'unanimità in assemblea? Grazie”
Consulenza legale i 05/02/2018
Una precisa analisi della possibilità di dividere le spese per l’impermeabilizzazione dei giardini e dei garages, necessiterebbe di un’attenta disamina dei contratti di compravendita dei singoli condomini, nonché della situazione di fatto instauratasi nel tempo.

Sicuramente i proprietari dei posti auto godono di un diritto di servitù e di passaggio sulle parti condominiali deputate alla manovra degli autoveicoli e sul corsello.
Ma non è possibile escludere, con altrettanta sicurezza, che i condomini non proprietari di un box non abbiano una servitù su detta area, ad esempio per il carico e lo scarico dei veicoli oppure come passaggio per accedere ad un’altra area condominiale.
Il diritto di servitù potrebbe risultare dal contratto di compravendita oppure potrebbe essere stato acquistato per usucapione, grazie al possesso continuato, ininterrotto e pacifico di un condomino per 20 anni.

Ove legittimamente sia possibile escludere la sussistenza di alcuna servitù, allora il condòmino dovrebbe vedersi esentato dalla ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria inerenti detta area.
Infatti la ripartizione delle spese condominiali avviene in ragione dei diritti attribuiti al singolo sui beni e sui servizi comuni, ed è commisurato all’uso che del bene comune può farne.

L’art. 1123 c.c. in proposito prevede che “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”; non potendosi far ricadere una spesa su chi non ha il diritto di fruire di quel bene o servizio.

Ciò è quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza 17268/2015 nella quale ha escluso che il condomino non proprietario di garages dovesse partecipare alle spese di manutenzione dell’area ad esclusivo utilizzo altrui, a meno che i condomini che ne reclamino la compartecipazione non dimostrino che lo stesso goda invece di una servitù ad esempio di passaggio o di scarico sull’area di manovra.

Sebbene non debbano partecipare a tale spesa in quanto non proprietari di posti auto, tuttavia non è detto che non debbano comunque partecipare alle spese per l’impermeabilizzazione qualora sia loro l’uso esclusivo dei giardini.

Il caso dovrebbe ricadere nella fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 1125 c.c. nella parte in cui prevede che “Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 18194/2005 nella quale afferma: “In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall’art. 1126 cod. civ., ma si deve, invece, procedere ad un’applicazione analogica dell’art. 1125 cod. civ., il quale stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, mentre accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione e pone a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto” (Cass. 16 febbraio 2012 n. 2243).

Pertanto, sebbene una parte della giurisprudenza ritenga applicabile l’art. 1126 c.c., norma che giustificherebbe una ripartizione in base ai millesimi del 70% della spesa, con il restante 30% a carico di chi utilizza in maniera esclusiva il giardino, si ritiene maggiormente condivisibile quell’altro orientamento che, facendo applicazione dell’art. 1125 c.c., addosserebbe la spesa di impermeabilizzazione per il 50% a carico dei proprietari dei garages e per il 50% a carico di coloro che utilizzano i giardini sovrastanti.

P. G. chiede
domenica 28/01/2018 - Lombardia
“Salve, sono proprietario di un appartamento in un condominio composto da due palazzine adiacenti, ma indipendenti fra di loro con in comune degli spazi verdi ed un cortile che funge da parcheggio con posti auto non assegnati .
Sotto il cortile ci sono 89 box auto (26 sottostanti ai fabbricati e il resto sottostanti il cortile) con corsie centrali serviti da passi carrai ai quali si accede tramite due rampe con ingressi automatizza.
I due palazzi hanno un’unica tabella millesimale, generale che comprende fabbricati, cortile, box e zona verde.
Vengo al quesito :
A causa di svariate infiltrazioni di acqua sia dal soffitti dei singoli box sia dalle pareti contro terra di altri box si sono resi necessari dei lavori di scavo nella zona verde e l’impermeabilizzazione di tutto il cortile ed alcune pareti verticali per i box conto-terra.
Considerato che la spesa sarà , abbastanza elevata e tenendo presente che ci sono condomini che non sono proprietari di box, e che alcuni proprietari di box non sono condomini.
Premesso:
Che nelle varie assemblee tenutesi in merito al suddetto problema si è sempre parlato e deliberato per l’impermeabilizzazione del cortile e delle pareti contro terra;
Che non si è mai parlato di lavori da eseguire per la copertura del manto della soletta o di lavori strutturali
Per quando sopra esposto:
chiedo
. quale normativa applicare per la ripartizione delle spese relative ai suddetti lavori;
. quale giurisprudenza esiste in merito
. quale sono gli orientamenti dettati dalla Suprema corte.
In attesa di una vostra risposta colgo l'occasione per inviare distinti saluti.”
Consulenza legale i 01/02/2018
Il caso in esame è già stato affrontato più volte dalla giurisprudenza, compresa la Corte di Cassazione.

La regola individuata dai Giudici è innanzitutto quella per cui le spese per l’impermeabilizzazione del cortile comune, che funga anche da copertura per i box, si dividono tra tutti i condomini e non solo tra quelli che sono anche proprietari delle autorimesse.
Inoltre, il criterio di ripartizione non è quello individuato dall’art. 1123 cod. civ. (“Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio [c.c. 882, 1117, 1122], per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni [c.c. 1120] deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno [c.c. 1101], salvo diversa convenzione (…)”) ma quello indicato – per applicazione analogica - dall'articolo 1125 del codice civile, che si riferisce alle spese di manutenzione di soffitti, volte e solai.

Infatti, secondo i Giudici, occorre tenere conto della duplice funzione svolta dall'area, la quale da un lato funge da cortile e dall’altro funge al contempo da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini.
Il citato art. 1125 doc. civ. stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti: in particolare, quelle relative alla manutenzione di quella parte della struttura complessa che si identifica con il pavimento del piano superiore spettano a chi si giova in maniera esclusiva dell’uso della medesima, mentre quelle per intonaco, tinta e decorazione del soffitto sono a carico del proprietario del piano inferiore.

Nel caso specifico delle infiltrazioni d’acqua, in base alla regola di cui sopra, al condominio spettano dunque le spese di rifacimento della guaina e della pavimentazione - quindi dell’impermeabilizzazione - dell’area condominiale, mentre al proprietario esclusivo dei box sottostanti danneggiati dalle infiltrazioni, spettano le spese di rifacimento del soffitto (intonaco, tinta e/o decorazione).

Più volte la Corte di Cassazione ha confermato il principio per cui le spese relative alla manutenzione del pavimento del piano superiore si accollano a chi lo utilizza: se dunque il piano sovrastante è di proprietà condominiale, le spese ricadranno su tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà.

Riepilogando, quindi, in caso di infiltrazioni dal cortile condominiale:
· le spese di riparazione della pavimentazione e guaina dell’area condominiale sono a carico di tutti i condòmini, escluso il proprietario dei locali sottostanti;
· le spese di riparazione del soffitto (nonché delle pareti) dei box auto sottostanti sono a carico dei soli proprietari esclusivi di questi ultimi, i quali non possono chiederne il rimborso al condominio.

Si citano di seguito due tra le pronunce più significative in materia.

Nel caso in cui il solaio di copertura di autorimesse (o di altri locali interrati) in proprietà singola svolga anche la funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non si ha una utilizzazione particolare da parte di un condomino rispetto agli altri, ma una utilizzazione conforme alla destinazione tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti i condomini. Ove, poi, il solaio funga da cortile e su di esso vengano consentiti il transito o la sosta degli autoveicoli, è evidente che a ciò è imputabile in maniera preponderante il degrado della pavimentazione, per cui sarebbe illogico accollare per un terzo le spese relative alle necessarie riparazioni, ai condomini dei locali sottostanti. Sussistono allora le condizioni per una applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., che stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute, in via generale, in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto: tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pavimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si può dire che costituisce una applicazione particolare del principio dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c..” (Cass. civ. Sez. II, 19/07/2011, n. 15841).

Analogamente, Cass. civ. Sez. II, 05/05/2010, n. 10858: “Qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c.(nel presupposto dell'equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell'immobile condominiale, ma al servizio di questo, ad una terrazza a livello), ma si deve, invece, procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c..

Claudio G. chiede
venerdì 04/08/2017 - Lazio
“Salve, sono proprietario di un appartamento al piano terra che ha come unico accesso di ingresso una veranda il quale soffitto corrisponde con il solaio di calpestio dell'immobile di proprietà degli inquilini del piano superiore (per un 70% interno e un 30% balcone). La struttura dell'edificio rende tali balconi assoggettabili come 'a castello'.
Abbiamo acquistato dal costruttore 16 anni fa e da qualche tempo questo soffitto sta cedendo perché in cartongesso, contenente un pannello isolante. Questo pacchetto svolge un'evidente finzione di coibentazione per il piano superiore.
L'art. 1125 parla di competenza del piano inferiore solo di intonaco e tinteggiatura.
Di chi spetta la messa in sicurezza e ripristino? Allego una relazione con foto.”
Consulenza legale i 09/08/2017
Nel caso esposto, le spese di manutenzione vengono ripartite, come da lei correttamente accennato, sulla base dell'art. 1125 c.c..

Pur nulla dicendo il quesito relativamente alle cause dell'ammaloramento, per completezza appare doveroso richiamare quanto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 283 del 1987. Quivi, infatti, è stato precisato che, ferma la comunione del balcone, "qualora il proprietario del piano inferiore alleghi l'esistenza di fatti (infiltrazioni di acqua o altro) che abbiano danneggiato la faccia inferiore del balcone di cui gli spetta l'uso esclusivo (intonaci e tinteggiatura) la sua legittimazione a pretendere il risarcimento a carico del proprietario del superiore (...) è certamente sussistente".

Quanto alla possibilità di non rimettere il materiale isolante già presente, le rappresentiamo che potrebbe sorgere una contestazione, ai sensi dell'art. 1102 c.c., in quanto l'omissione potrebbe essere considerata un (non) intervento che altera la destinazione del bene comune, il quale, come da lei stesso riconosciuto, è (già) stato realizzato dal costruttore in modo tale da svolgere anche la funzione di coibentazione dell'appartamento posto al piano superiore. E' chiaro, peraltro, che la spesa per il ripristino di tale isolamento andrebbe ripartito in ugual misura tra lei e il proprietario del piano soprastante. C'è da immaginare che la scelta del materiale verrà con ogni probabilità eseguita da quest'ultimo, essendo certamente il soggetto maggiormente interessato dagli effetti dell'isolamento. Non potrà però scegliere un materiale diverso, per caratteristiche e costi, da quello già presente. Qualora volesse un materiale più oneroso dovrà farsi carico della differenza di costo (sia dei pannelli che degli eventuali maggiori costi di installazione).







Matteo B. chiede
giovedì 16/02/2017 - Piemonte
“Buongiorno,
sono proprietario di un appartamento posto all'interno di una cascina ristrutturata nel 2004, composta da 12 unità immobiliari suddivise in due scale. ( 6 appartamenti per scala suddivisi in Pt, P1, 2P).
Tutti i solai ad eccezione della mia parte di fabbricato sono in legno. ( Il mio appartamento, posto al primo piano, quello sottostante e quello sopra hanno solaio in CA).
Lo scorso novembre uno dei pianerottoli della mia scala cede. Escono le autorità competenti, vigili del fuoco, assessore, carabinieri, etc. Il comune intima vengano fatte verifiche strutturali a tutti gli appartamenti. Così l'assemblea condominiale incarica all'unanimità un'ingegnere incaricato delle verifiche strutturali. ( Di cui allego relazione presentata in comune).
Da tale relazione si evince che i pianerottoli di tutta la mia scala, ( est), dovranno essere rifatti. Mentre per i solai in legno degli appartamenti interessati sono previsti interventi strutturali sostanziosi per garantirne stabilità. ( Pena inagibilità). Ora il quesito è : certamente dovrò accollarmi le spese ripartite in millesimi per il rifacimento solai del mio vano scala. Ma per i solai in legno degli altri 9 appartamenti, si dovranno fare carico tutti i proprietari, ( ivi compreso il sottoscritto che ha un solaio in CA e non ha prescrizione di interventi di sistemazione), o come penso e spero i costi saranno a carico solo dei rispettivi proprietari? Leggendo l'art.1125 del cod.civile e sentenze cass.3715/1976 e 4601/1981 mi pare di capire che i singoli proprietari interessati dovranno farsi carico delle spese. Non tutto il condominio. Corretto? Chiedo questo in quanto la prossima settimana ci sarà l'assemblea per deliberare i lavori. Vorrei avere certezza dei costi che mi verranno attribuiti. Grazie”
Consulenza legale i 20/02/2017
Dalla lettura del quesito si evince che le parti dell’edificio condominiale su cui effettuare interventi di risanamento e/o ristrutturazione sono i pianerottoli delle scale ed i solai, di cui si ritiene opportuno dare una definizione al fine di un corretto inquadramento giuridico della fattispecie.

Così, si definisce pianerottolo quella parte della struttura delle scale che, consentendo il passaggio da una rampa all’altra in corrispondenza dei piani o comunque a metà tra gli stessi, può essere considerato di proprietà comune ex art. 1117 c.c. Poiché in tale norma non viene espressamente menzionato e onde evitare l'insorgere di controversie sulla sua natura, la giurisprudenza ha voluto precisare che la valutazione della condominialità del pianerottolo va eseguita caso per caso in relazione alla concreta conformazione dell’immobile (così Cass. N. 3159/2006).

Si definisce invece solaio interpiano la struttura piana posta all’interno dell’edificio e che ha sia la funzione di dividere i vari piani dello stesso sia quella di fare da sostegno ai muri tramezzi presenti ad ogni singolo piano nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva come anche nelle parti comuni.
Dal disposto di cui all’art. 1125 c.c. si evince che il solaio interpiano tra unità immobiliari di proprietà esclusiva è in comproprietà tra i titolari delle stesse, che si divideranno le spese di manutenzione in parti eguali, mentre il solaio a servizio delle parti comuni, non rientrando in detta previsione normativa, sarà a tutti gli effetti parte condominiale.

Ora, dalla descrizione che viene fatta in ordine alla conformazione dell’immobile, può dirsi che i pianerottoli della scala est sono da qualificare come parte comune degli appartamenti a cui servizio quella scala è stata realizzata, con la conseguenza che le spese per il loro rifacimento dovranno essere suddivise ex art. 1123 commi 1 e 3 c.c., ossia a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità ed in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.
Si ritiene utile precisare che il pianerottolo strutturalmente non è altro che un solaio interpiano tra parti comuni e, quindi, come parte comune deve essere considerato a tutti gli effetti; di conseguenza, anche sotto questo profilo, le relative spese di manutenzione dovranno essere sostenute da tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà (solitamente esiste anche una tabella millesimale relativa proprio alle scale, a cui poter fare riferimento per la ripartizione delle spese).

Per il rifacimento dei solai interpiano in legno dei nove appartamenti, invece, troverà applicazione l’art. 1125 c.c., con la conseguenza che le relative spese dovranno essere divise tra i proprietari degli appartamenti di cui fanno da divisione e sostegno dei muri tramezzi presenti ad ogni singolo piano.

Ovviamente, anche per i pianerottoli dell’altra scala, costituenti tra l’altro parte comune del solaio interpiano, tornerà ad applicarsi il criterio di ripartizione di cui all’art. 1123 c.c.; in tal senso si ritiene utile richiamare la sentenza della Corte d’Appello di Milano Sez. I n. 457 del 13/121988 nella quale viene espressamente sostenuto che le spese per la manutenzione e la ricostruzione delle parti comuni dei solai (ossia i pianerottoli interscala) non vanno ripartite in parti uguali fra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, dovendo per esclusione applicarsi il criterio di cui al detto art. 1123 c.c.

Qualora poi sussistano delle parti dell’edificio in cui il solaio viene a separare una parte comune condominiale (esempio androne, locali tecnici comuni, ecc.) da una parte immobiliare esclusiva, l’art. 1125 c.c. si applicherà considerando da un lato l’eventuale condomino proprietario esclusivo e dall’altro il condominio ovvero tutti i condomini (compreso il condomino proprietario dell’unità esclusiva) in quanto comproprietario della parte comune.

Si ritiene anche necessario precisare, pur se potrebbe sembrare ovvio, che l’art. 1125 c.c. si applica, come la stessa norma dispone, esclusivamente ad opere di riparazione e ricostruzione conseguenti a naturale degrado o vetustà, mentre non si applica se le opere si rendano necessarie a seguito di una responsabilità del condominio per difetto, guasto o cattiva manutenzione di parti comuni.
In questi casi la spesa dovrà essere addebitata applicando il principio di responsabilità e, quindi, andrà a gravare sul responsabile dei danni ex art. 2043 c.c., che può anche identificarsi nel condominio.
Per poter stabilire se nel caso concreto ricorre un'ipotesi del genere sarà sufficiente analizzare la relazione tecnica redatta dall’ingegnere, da cui potrà certamente ricavarsi la causa che rende necessaria l'effettuazione dei lavori (vizio di costruzione originario? difetto di manutenzione postumo?).

Infine, va fatta un’ultima considerazione: l’art. 1125 c.c. costituisce norma derogabile dall’autonomia privata, sicché i condomini interessati ben possono addivenire ad un accordo sul loro rispettivo diritto e determinare convenzionalmente, oltre ai lavori da eseguire, chi debba sostenerne le spese e in che misura (Cass. Sez. II 14/07/1981 n. 4601). La deroga, però, potrà essere frutto soltanto di un accordo tra gli interessati, mentre non potrà coinvolgere i condomini per legge esclusi dalla spesa.
Quindi, un'eventuale decisione in tal senso non potrà coinvolgere nella spesa per il rifacimento dei solai i condomini che, in base a quanto detto sopra, non sono tenuti a parteciparvi.

Sergio G. chiede
mercoledì 18/01/2017 - Friuli-Venezia
“Si è dovuto rinforzare le travi delle fondamenta della casa che si trovano al suolo per cedimento delle stesse .
Suddette travi fanno da sostegno al pavimento del piano terreno.
L'Amministratore ha provveduto a ripartire le spese per millesimi
di ciascuno dei condomini,vorrei sapere se è corretto .
Oppure poteva suddividere la spesa in base al Art.1125 come asserivano alcuni condomini.


Consulenza legale i 25/01/2017
La questione, nella sostanza, si risolve nell’indagine sulla reale funzione cui le travi delle quali si parla nel quesito assolvono.

Se si tratta di travi portanti dell’intero edificio, in quanto parte delle fondamenta assieme ai pilastri (e sembra proprio essere il caso sottoposto all'esame), e la loro funzione consiste nel sostegno dell’intero condominio, esse sono senza alcun dubbio parti comuni ai sensi dell’art. 1117 cod. civ.: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; (…)”.
Le travi, infatti, costituiscono i collegamenti orizzontali tra i pilastri e quindi l'ossatura dell'edificio, al quale sono indissolubilmente legati mediante incorporazione che li rende inseparabili.

Anche prima della riforma del condominio del 2012, la giurisprudenza pacificamente affermava la condominialità delle travi portanti, considerate "parte organica ed essenziale dell'intero immobile" (Cassazione civile, sez. II, 07/03/1992, n. 2773) ed elementi necessari, al pari dei muri maestri, all'esistenza del fabbricato: “I muri maestri, i pilastri, le travi portanti, i tetti, i lastrici solari etc. concorrono, in modo indissolubile, a formare le unità abitative e da queste materialmente sono inscindibili. Per effetto della incorporazione le parti comuni del fabbricato risultano essenziali per l'esistenza dei piani o delle porzioni di piano, perché senza i muri maestri, i pilastri, le travi portanti, il tetto, il lastrico solare etc. gli appartamenti e gli altri locali non sussisterebbero. Alla incorporazione, dunque, si riconduce la necessità delle parti comuni per l'esistenza stessa o per l'uso dei piani o delle porzioni di piano.” (Cassazione civile, sez. II, 29/05/1995, n. 6036)

Ciò detto, le spese per la conservazione, la manutenzione e il godimento delle travi portanti devono essere sostenute in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà e quindi è corretta una ripartizione delle spese tra i condomini sulla base delle tabelle millesimali.

Diverso è invece il caso dei cosiddetti “solai interpiano".
Questi sono "il solaio che divide due unità abitative l'una all'altra sovrastante, ed appartenenti a diversi proprietari" costituendone l'inscindibile struttura divisoria: secondo la giurisprudenza "la manutenzione e ricostruzione di tutte le sue parti - e, quindi, anche delle travi che ne costituiscono la struttura portante, e non siano meramente decorative del soffitto dell'appartamento sottostante - compete in parti eguali ai due proprietari" (Cass. n. 13606/2000; Cass. n. 10684/2011).
Ciò, quindi, non secondo la regola di cui all’art. 1117 cod. civ., quanto piuttosto quella di cui all’art. 1125 cod. civ., per il quale: “Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.”

Lilia T. chiede
lunedì 14/11/2016 - Umbria
“Ho un terrazzo a livello che ho dovuto coprire con un tetto e chiuso poi a veranda perché avevo infiltrazione d'acqua nel mio appartamento. Il tutto è stato fatto con progetto approvato dal comune e adesso, come risulta dalla visura catastale è una stanza che è parte integrante del mio appartamento. La manutenzione del nuovo lastrico solare e relativa grondaia è solo di mia competenza o anche del condominio? Ho letto nell'ultima dispensa sul condominio del sole 24 ore che ".. la spesa per la conservazione della porzione orizzontale con funzioni di copertura... se di proprietà o uso esclusivo di uno o più condomini, viene ripartita per 1/3 a carico del proprietario e 2/3 a carico ci coloro che ne sono coperti in proiezione. Poiché attualmente ho infiltrazioni dalla grondaia del suddetto lastrico e l'amministratore del mio condominio si rifiuta ripararle, vorrei un vostro parere al riguardo. Grazie”
Consulenza legale i 21/11/2016
Il concetto da cui occorre partire per giungere ad una soluzione del caso che si propone è la stessa definizione di “terrazza a livello” in un edificio condominiale, per tale definendosi una superficie scoperta posta alla sommità di alcuni vani e, nel contempo, sullo stesso piano di altri, dei quali ultimi costituisce parte integrante strutturalmente e funzionalmente, realizzata in maniera tale da essere destinata non solo e non tanto a coprire una parte di fabbricato, ma soprattutto a dare possibilità di espansione e di ulteriore comodità all’appartamento del quale è contigua, costituendo di esso una proiezione all’aperto.

Come si intuisce, quindi, a differenza del lastrico solare che, al pari del tetto, assolve essenzialmente una funzione di copertura dell’edificio di cui forma parte integrante (sia sotto il profilo meramente materiale che giuridico), la terrazza a livello è destinata non tanto e non solo a coprire le verticali di edifici sottostanti, quanto e soprattutto a dare un affaccio e ulteriori comodità all'appartamento cui è collegata (Cass. civ., sez. II, 28 aprile 1986, n. 2924).

Per tale ragioni risulta indispensabilmente delimitata da parapetti che servono a rendere praticabile la terrazza, consentendone ai proprietari l'affaccio; peraltro, essendo questi ultimi gli unici beneficiari dei parapetti, va precisato sin d’ora che le spese di manutenzione e di riparazione degli stessi parapetti non potranno che farsi gravare a carico dei proprietari esclusivi delle terrazze.
Si è detto che la terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata al lastrico solare in senso stretto, svolgendo una funzione di copertura della parte sottostante dell’edificio; in quanto tale essa rientrerà a pieno titolo tra le parti comuni dell’edificio elencate al n. 1 dell’art. 1117 c.c., tra le quali trovano appunto posto i tetti ed i lastrici solari.

Essendo poi a tutti gli effetti equiparata al lastrico solare, ma trattandosi comunque di bene in proprietà esclusiva ad uno dei condomini, troverà inequivoca applicazione, per quanto concerne il regime delle spese, la disciplina specifica dettata dall’art. 1126 c.c., in materia proprio di lastrici solari di uso esclusivo.
Tale norma dispone che quando l’uso dei lastrici solari “o di una parte di essi” (in quest’ultimo concetto si fanno proprio rientrare le terrazze a livello) non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per 1/3 nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico, mentre gli altri 2/3 sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico serve.

La peculiarità del caso che si propone sta però nel fatto che il proprietario esclusivo del terrazzo a livello ha provveduto a chiudere a veranda il medesimo terrazzo, con la conseguenza che il bene ha perso la sua natura di terrazzo a livello per assumere quella di lastrico solare (o tetto) di proprietà esclusiva.
Per tale ipotesi vanno richiamate due sentenze della Suprema Corte che, seppure non recenti, non risultano contrastate da sentenze successive, nelle quali è detto che la terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata al lastrico solare in senso stretto e “tale è considerata anche nel regime della sopraelevazione” (così Cass. N. 7678/1999; Sez. II n. 5776/1988).

Conseguentemente, seppure sulla terrazza a livello sia stata realizzata una veranda, il criterio di ripartizione delle spese di riparazione sarà, per la parte di superficie costituente il tetto della veranda, quello fissato dall’art. 1126 c.c., applicabile in ogni caso di spesa ordinaria o straordinaria, di manutenzione o di rifacimento, che riguardi la struttura delle terrazze stesse e la loro finalità di copertura.
Da tale criterio saranno escluse solo le spese dirette unicamente al miglior godimento delle unità immobiliari di proprietà individuale.

Poiché in questo caso i lavori prospettati relativi alla manutenzione del lastrico solare e relativa grondaia (si presume di scolo delle acque piovane e, dunque, a servizio dell’intero condominio) nascono dall’esigenza di evitare l’insorgere di danni a carico dell’appartamento sottostante per eventuali infiltrazioni d’acqua che potrebbero provenire dal lastrico, per le relative spese non potrà che seguirsi il criterio di cui all’art. 1126 c.c.

Sembra il caso di evidenziare che, allorché venga accertata una colpevole inerzia del condominio in tal senso, il proprietario dell’appartamento sottostante al lastrico avrà l’obbligo di attivarsi direttamente per provvedere all’esecuzione delle necessarie opere di manutenzione; infatti, l’inerzia dell’assemblea non può esonerare i titolari del diritto di uso esclusivo del lastrico solare dal provvedere, sia pure in via d’urgenza, alla esecuzione delle opere necessarie al fine di evitare che vengano cagionati dei danni, atteso che ciò discende dall’obbligo di conservazione che grava anche in capo ai titolari della proprietà superficiaria o del diritto di uso esclusivo.

Infine, e per concludere, va precisato che la disposizione di cui all’art. 1126 c.c. non può in alcun modo estendersi a quelle spese riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell’opera (nel nostro caso la chiusura della veranda), la cui responsabilità, sia in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno che all’eventuale risarcimento, fa carico in via esclusiva al proprietario del lastrico solare ex art. 2051 c.c. e non anche, sia pure in via concorrenziale, al condominio (così Cass. Civile Sez. II 15 aprile 2010 n. 9084).
Secondo il Tribunale di Monza 01.07.2009, poi, i difetti costruttivi dei lastrici solari e delle coperture a tetto, così come le inadeguatezze della rete fognaria o della gronda, costituiscono gravi difetti costruttivi, per i quali sarà consentito esperire l’azione di cui all’art. 1669 c.c. nei confronti dell’appaltatore esecutore dell’opera.

Adriano R. chiede
mercoledì 25/11/2015 - Lazio
“abito in un condominio che al piano terra lato posteriore all'ingresso vi è una zona accessibile a tutti i mille millesimi ma funge da copertura ad un solo condominio che ha una attività commerciale al piano seminterrato. la ripartizione del rifacimento di questa copertura (terrazzo ? lastrico ?) come va fatta? l'assemblea ha deciso di usare l'art. 1126 ovvero 1/3 a tutti i condomini e 2/3 al condomino che gli fa da copertura. il condomino ha impugnato il verbale perché dice la divisione deve essere fatta con i 1000/1000 perché il lastrico/terrazzo? non è di esclusiva proprietà.”
Consulenza legale i 02/12/2015
Il criterio di ripartizione delle spese condominiali è dettato, in via generale, dall'art. 1123 co. 1 c.c.. Le disposizioni successive (art. 1124, 1125, 1126), così come i commi 2 e 3 dell'art. 1123, prevedono regole particolari che si riferiscono ad ipotesi specifiche.

L'art. 1123 co. 1 prevede che le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio - nonché per la prestazione di servizi nell'interesse comune e le innovazioni deliberate dalla maggioranza - siano sostenute dai condomini in proporzione al valore delle proprietà di ciascuno (salvo diverso accordo, pur possibile).

L'art. 1126 c.c. disciplina le spese per riparazione o ricostruzione del lastrico solare se l'uso di esso o di una sua parte non è comune a tutti i condomini. In tal caso 1/3 della spesa spetta a chi ha l'uso esclusivo, i rimanenti 2/3 a tutti i condomini o a quella parte di edificio cui esso serve (in proporzione della proprietà di ciascun condomino di questa parte di edificio).

Dal quesito sottoposto si evince che la zona posta nel lato posteriore dell'edificio (accessibile a tutti, che funge da copertura al seminterrato) è scoperta, cioè esterna rispetto al condominio e con sopra la sola colonna d'aria: infatti se l'assemblea condominiale ha deciso di applicare l'art. 1126 del c.c., che si riferisce ai lastrici solari, ciò ci induce a ritenere che l'area ha la conformità del lastrico, cioè di quella zona che (di norma) serve da copertura all'edificio, e che quindi si tratta di area esterna.

Tale considerazione è importante al fine di individuare la disciplina applicabile al caso di specie. La giurisprudenza, infatti, ha stabilito che il cortile condominiale che funge anche da copertura di autorimesse (o altri locali interrati) di proprietà del singolo condomino non va considerato come lastrico solare regolato dall'art. 1126 c.c. bensì come solaio interpiano soggetto alla disciplina dell'art. 1125 del c.c. (Cass. 15841/2011, Cass. 10858/2010). Questo perché in tal caso il bene non è usato in modo particolare da un condomino rispetto agli altri, ma tutti lo utilizzano conformemente alla sua destinazione.

Di conseguenza, ex art. 1125 c.c., se si tratta di spese relative a manutenzione e ricostruzione di soffitti, volte e solai, queste sono sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani di riferimento. Nel caso di specie, metà della spesa graverebbe sul condomino proprietario del seminterrato e metà andrebbe ripartita tra tutti i condomini (in base ai millesimi) essendo l'area scoperta accessibile a tutti.
Invece, in caso di spese per la copertura del pavimento, queste graverebbero su tutti i condomini; mentre quelle relative all'intonaco, alla tinta ed alla decorazione del soffitto dell'immobile interrato sarebbero a solo carico del proprietario di quest'ultimo.

Gabriele chiede
lunedì 18/04/2011 - Lombardia
“Buongiorno, in un condominio "orizzontale" (sono sei villette a schiera, ove ciascuno proprietario le possiede e le abita dalla cantina al tetto), la porzione di tetto che ricopre ogni unità immobiliare è comunque parte comune, oppure è di possesso di ciascuna di esse? Più nello specifico, la questione è questa: una parte dei condomini (la maggioranza però) vuole migliorare la coibentazione, e così vuole imporre ciò a chi non lo vuol fare, dato che si ritiene il tetto comune e perciò la attività deve essere fatta da tutti. E' così? Grazie anticipate per la cortese risposta.”
Marina chiede
martedì 12/04/2011 - Lazio

“La mia richiesta è la seguente:
secondo l'articolo 1125 cod. civ.  mi sembra di capire che le spese di manutenzione del balcone (nel mio caso si è staccata una parte in muratura del lato sottostante che è finita nel balcone del piano inferiore), sono da dividere al 50% tra i proprietari dei due appartamenti coinvolti. Mi hanno detto, però, che una recente sentenza della Cassazione (marzo 2011) ribalta tale interpretazione e attribuisce i costi interamente al proprietario del balcone che ha generato il danno (il mio). Potrei avere una risposta su questo?”

ALFIO chiede
mercoledì 16/03/2011 - Sicilia
“Abbiamo un ingresso pedonale e carrabile che porta ai garage e all’ingresso pedonale per gli appartamenti, sotto questo grande ingresso ci sono dei magazzini dove si sono verificati delle infiltrazioni d’acqua, le spese di sistemazione come vanno divise??
Grazie anticipatamente”
Maurizio chiede
martedì 15/03/2011 - Puglia
“Chiarissimi per la proprietà del balcone, inteso come pavimento e solaio, ma nel caso del "frontale" del balcone stesso e le parti laterali che comunque rientrano nell'aspetto estetico della costruzione, chi deve occuparsi della manutenzione?”
Stefano chiede
mercoledì 09/03/2011 - Sicilia
“Alla luce della sentenza richiamata la manutenzione dei soffitti dei balconi deve essere posta a carico del proprietario del piano superiore e, quindi, del balcone?”
Consulenza legale i 11/03/2011

Si risponde affermativamente, aggiungendo, inoltre, che se il soffitto di un balcone provoca degli inconvenienti all’appartamento sottostante (per es: scrostamento dell’intonaco, stillicidio di acqua per deterioramento dello sgocciolatoio destinato allo smaltimento delle acque provenienti dal piano di calpestio del balcone sovrastante) e questi sono dovuti a difetto di manutenzione, il proprietario di questo è tenuto ex art. 2051 del c.c. al risarcimento, anche in forma specifica, dei danni causati alla contigua proprietà dal proprio fatto doloso o colposo, e non vengono in rilievo norme riguardanti la disciplina del condominio.


Sara D. P. chiede
domenica 27/02/2011 - Veneto
“Cortesemente chiedo:
i neon, che fungono da illuminazione per la terrazza utilizzata da un negozio, devono egualmente essere autorizzati come nel caso illustrato delle tende dal sole?
Grazie.”
Consulenza legale i 02/03/2011

Il caso si presenta identico a quello precedentemente esposto, poiché si tratta parimenti di un intervento da effettuare su proprietà esclusiva altrui.


Giuseppe chiede
venerdì 11/02/2011 - Lazio
“Ho comprato un appartamento al primo piano. Su un balcone di mia proprietà, come da atto notorio, il sottostante negozio di meccanico ha posto una tenda para sole attaccandosi al solaio del mio balcone. E' regolare, doveva chiedermi il permesso, possa farla togliere? Grazie per la risposta.”
Consulenza legale i 11/02/2011

Con sentenza del 17 luglio 2007 n. 15913, la Suprema Corte ha sancito che l'art. 1125 del c.c. non può trovare applicazione nel caso dei balconi aggettanti, i quali costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono. Essi non svolgono alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell'edificio, non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani. I balconi aggettanti rientrano, quindi, nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. Ne consegue che il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore, non può agganciare le tende alla soletta del balcone "aggettante" sovrastante, se non con il consenso del proprietario dell'appartamento sovrastante.


A. S. chiede
lunedì 16/10/2023
“Buongiorno,
sono proprietario da oltre 50 anni di un appartamento al piano attico con ampie terrazze la cui proprietà è condominiale ma l'uso da parte mia è esclusivo. In fase di costruzione emersero molti difetti di costruzione e di impermeabilizzazione che obbligarono l'allora Cooperativa, titolare dell'immobile a cambiare costruttore perchè il precedente nel frattempo era fallito. Fra una chiacchiera e l'altra il palazzo è stato abbandonato per 4 anni (dal 1964 al 1968) finchè è stato ultimato e gli appartamenti sono stati consegnati nel 1969. Nel 1974 il proprietario sottostante il mio appartamento ha cominciato a lamentare problemi di infiltrazioni nei soffitti di tre locali, sono stati fatti interventi di tutti i tipi finchè, c'è stata una causa civile che ha visto la Cooperativa soccombente, è stato richiesto nel 1980 l'intervento di un Commissario Governativo (il palazzo era stato costruito con un mutuo sovvenzionato dallo Stato) che, avendo i poteri del CDA della Cooperativa ha imposto la realizzazione di ulteriori lavori sul terrazzo del mio appartamento. La suddivisione delle spese fu fatta dal commissario in base ai millesimi di proprietà perchè trattavasi di manutenzione non dovuta a vetustà ma a difetti di fabbricazione.
Successivamente sono stati fatti altri interventi sparsi nel tempo per ripristinare i soffitti che presentavano "sfondellamenti" causati dalla ruggine che nel frattempo aveva invaso tutti i ferri dei travetti dei solai costruiti "in opera" ma con scarsissimo cemento e privi di qualsiasi tipo di isolamento, soggetti quindi a "ponte termico" che ha continuato nel tempo a peggiorare le cose.
Dopo diversi interventi di "rattoppo" dei solai (ripartiti in base ai millesimi di proprietà (una volta in parti uguali)), si è deciso di fare un lavoro "serio" di ripristino e rinforzo di tutti i solai con un costo che supererà i 200 mila euro, somma che si sperava di mitigare con qualche superbonus (pare che dovremmo rientrare nel Sismabonus ma non essendo ancora cominciati i lavori, credo che la percentuali diminuiranno sempre di più a seconda della fine dei lavori.
A fine maggio scorso un'assemblea ha deciso di ripartire tutte queste spese in base agli articoli 1125 e 1126 caricando me e il sottostante , danneggiati come gli altri dalla difettosa costruzione, di una percentuale enorme di spese.
Ho visto sentenze di cassazione che sostengono che se i lavori non sono dovuti a vetustà l'articolo 1126 non si può applicare ma va applicato il 2051 che addebita al "proprietario" il costo per non aver "risolto" il problema (cosa molto difficile da fare con i rattoppi).
Ora il mio dubbio è se si addivenisse ad un accordo per l'applicazione dell'articolo 2051 la somma da pagare sarebbe ripartita in base ai millesimi di proprietà o addebitata totalmente a sottoscritto che sono solo ll'utilizzatore finale ma nn il proprietario. Per finire dispongo di molta documentazione che atesta quanto da me indicato nella presente).
Vi ringrazio per l'attenzione”
Consulenza legale i 19/10/2023
La giurisprudenza in maniera assolutamente costante sostiene ormai da anni il principio secondo il quale gli artt. 1125 e 1126 del c.c., disciplinanti la suddivisione delle spese per la ricostruzione dei soffitti delle volte e dei solai e della copertura data dal lastrico solare ai piani sottostanti, cedono il passo alle norme sul risarcimento del danno ed in particolare alla responsabilità delle cose in custodia di cui all’art. 2051 del c.c. nel momento in cui si accerta che il danno derivante agli appartamenti sottostanti non è dovuta alla vetustà del fabbricato e al naturale scorrere del tempo ma ad una omessa manutenzione del bene da parte di colui che può considerarsi suo custode.

Il concetto di custode utilizzato dal legislatore nell’art. 2051 del c.c. è molto più ampio di quello comunemente inteso. Esemplificando può definirsi custode del bene ai sensi dell’art. 2051 del c.c. colui che ha un rapporto di controllo e di sorveglianza sul bene da cui il danno è direttamente derivato: rientra sicuramente in questa definizione il condomino a cui è stato attribuito l’uso esclusivo del lastrico ai sensi dell’art. 1126 del c.c. In questo senso, quindi, il fatto che il lastrico solare venga attribuito in uso esclusivo ad un singolo proprietario può portare alla esclusione del condominio, dei proprietari che lo compongono e del suo amministratore da ogni responsabilità in caso di danni derivanti dalla incuria nella manutenzione del lastrico medesimo. Di conseguenza, ammettere che i danni da infiltrazione presenti nel palazzo siano causati dalla incuria in cui versa il lastrico solare, avrebbe come ovvia conseguenza che colui a cui è attribuito il diritto di uso del medesimo dovrebbe sobbarcarsi interamente il pagamento.

La verità è che nelle vicende come quelle descritte non è sempre è facile né sempre possibile capire con chiarezza quando il danno da infiltrazioni sia causato dalla normale vetustà della copertura e delle altre parti comuni del condominio, e quando invece sia causato dalla incuria manutentiva di chi aveva la custodia di tali parti dell’edificio ai sensi dell’art. 2051 del c.c. Quanto appena detto è più che altro una questione che riguarda i periti nominati dalle parti o dal giudice in un ipotetico contenzioso: quello che ci si sente di dire è che in una vicenda come quella descritta, caratterizzata da diversi interventi nel corso degli anni, è molto difficile che qualsiasi tecnico incaricato di fornire una perizia sul punto possa dare una risposta definitiva e certa. Si deve tenere inoltre presente che la responsabilità di tutto parrebbe essere riconducibile ad un difetto originario di costruzione, ma ogni azione diretta nei confronti della impresa costruttrice dello stabile è ormai compromessa dal decorso di ogni termine prescrizionale.

Per questi motivi si ritiene che l’importo dei lavori debba essere suddiviso facendo applicazione delle norme del diritto condominiale ed in particolare degli artt. 1125 e 1126 del c.c., ove applicabili.

Anonimo chiede
martedì 03/10/2023
“Salve, sono in procinto di acquistare una Villa libera su tre lati che presenta un terrazzo a livello molto ampio che poggia su un magazzino adiacente la casa sul quarto lato, che è di proprietà di terzi. Il venditore ci assicura che avremmo la piena proprietà e che non rischiamo nulla, in estrema ipotesi che venga demolito magazzino con conseguente perdita del terrazzo, che dà vero valore all’abitazione. È un rischio reale? Cosa fare per precauzione? Grazie mille”
Consulenza legale i 08/10/2023
Le informazioni date dal venditore sono sostanzialmente corrette: la terrazza è una chiara pertinenza della villa che vi apprestate ad acquistare e pertanto è un bene di vostra esclusiva proprietà. Ciò nondimeno è anche vero che acquistando la villa e ovviamente la pertinenziale terrazza si instaurerà nel contempo ed automaticamente una comunione tra voi e il proprietario del magazzino insistente sulla copertura che la terrazza offre a vantaggio della unità immobiliare ad essa sottostante.

La prima conseguenza della instaurazione di tale comunione sarà capire le modalità di ripartizione tra i due proprietari delle spese necessarie per manutenere detta copertura. Il problema sotto questo aspetto nasce dal fatto che nel caso specifico (a differenza che in contesti più specificatamente condominiali), vi è solo una singola unità immobiliare (il magazzino) che usufruisce della copertura della terrazza ad esso soprastante.
Fino al 2016 infatti la giurisprudenza era granitica nel sostenere che anche nel caso prospettato si dovesse fare applicazione dell’art. 1126 del c.c., norma che comunque si ritiene applicabile per giurisprudenza costante non solo ai lastrici solari, ma anche alle terrazze a livello. Se in ipotesi si facesse applicazione di tale norma le spese necessarie alla manutenzione e conservazione della copertura offerta dalla terrazza dovranno essere sopportate in ragione di 1/3 dal proprietario della terrazza e della vitta e in ragione di 2/3 dal proprietario del magazzino sottostante.

Dal 2017 però parrebbe farsi strada tra la giurisprudenza della Corte di Cassazione un altro orientamento rappresentato dalla sentenza capostipite la n.21337 del 14.09.2017. Secondo tale orientamento quando il lastrico solare (o la terrazza a livello) è posta al di sopra di un’unica unità abitativa sottostante, in caso di lavori inerenti alla copertura da essa offerta non si dovrebbe fare applicazione dell’art. 1126 del c.c. ma del precedente art. 1125 del c.c. Così facendo però gi oneri conseguenti alla manutenzione o rifacimento della copertura dovrebbero essere divisi esattamente a metà tra il proprietario della terrazza e quello della unità immobiliare sottostante.

Non si ha certamente idea di quale orientamento prevarrà quando nel caso specifico ci si dovrà porre il problema di fare dei lavori alla copertura della terrazza, però si ha la sensazione che l’orientamento più recente è quello che sta prendendo più piede tra le pronunce dei giudici in attesa (se mai ci sarà), di una pronuncia delle Sezioni Unite. Comunque è necessario precisare che il problema descritto riguarda solo gli oneri relativi alla copertura che la terrazza a livello offre al magazzino sottostante, rimanendo ad esclusivo carico dei proprietari della villa tutte le spese riguardanti: il rifacimento della piastrellatura della terrazza e della sua zona di calpestio, dei parapetti, ringhiere e sistema di scolo delle acque reflue.

Fatta questa doverosa premessa, necessaria per offrire a chi legge un quadro preciso delle conseguenze giuridiche che porta con sé la proprietà di una terrazza in un contesto architettonico come quello descritto, veniamo a trattare della maggiore preoccupazione dell’autore del quesito: ovvero il possibile abbattimento del magazzino.
Ovviamente il proprietario del magazzino sottostante non può di sua iniziativa abbattere il cespite, seppur di sua proprietà, per il semplice motivo che questo pregiudicherebbe nel contempo anche l’integrità della terrazza se non anche della intera villa, beni di cui lui non può liberamente disporre. Per una operazione di questo tipo quindi è inevitabilmente necessario raccogliere il consenso di entrambi i proprietari, evenienza questa che difficilmente potrà mai accadere.
Per tale motivo, se questa evenienza mai si paleserà nel futuro, si avrebbe ad esempio pieno titolo per adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere un provvedimento che le permetta di bloccare eventuali lavori di demolizione. Facendo un altro esempio, se in ipotesi la struttura del magazzino divenisse pericolante, per i motivi già detti sopra si potrebbe adire il giudice per ottenere un provvedimento di urgenza che le permetta di accedere nel magazzino e mettere in sicurezza l’intera struttura del fabbricato.

È ovvio che questo parere non può entrare più nello specifico delle singole ipotesi per il semplice motivo che nulla di quanto detto è realmente accaduto: ad ogni modo si è inteso dare una panoramica della normativa e delle problematiche che si potrebbero presentare a seguito dell’acquisto della terrazza.
Forse sarebbe anche opportuno analizzare i rogiti di provenienza della proprietà a cui siete interessati per vedere se vi sono clausole particolari riferibili alla terrazza e al sottostante magazzino (cosa probabile). Ad ogni modo questa ultima attività è propria dei compiti dello studio notarile a cui vi dovrete necessariamente rivolgere per portare a termine le operazioni inerenti il rogito di acquisto.

G. G. chiede
giovedì 07/07/2022 - Lombardia
“Buongiorno, il mio quesito in materia condominiale è volto alla comprendere modalità di ripartizione delle spese relative al consolidamento e rifacimento di soffitti/solai terminali e non interpiano per cui appare chiara la ripartizione. Nella fattispecie: a) soffitto/solaio sottostante a terrazza ad uso esclusivo di un appartamento a piano attico soprastante - soffitto ammalorato (intonaco rimosso con travetti e pignatte ammalorate da manutenzionare) b) soffitto/solaio piano attico sottostante a copertura piana isolata con guaina bituminosa dove sono installate le antenne TV a servizio di tutti gli appartamenti -soffitto ammalorato (come sopra intonaco rimosso e travetti e pignatte ammalorate). Come vanno ripartite le spese di consolidamento e rifacimento di questi soffitti e strutture all'interno degli appartamenti che sostengono le coperture piane del fabbricato? Come vanno ripartite in caso di lastrico o terrazza a livello ad uso esclusivo o ad uso condominiale? In caso di vetustà ed in caso di infiltrazioni? Secondo quale ripartizione? Il condomino piano attico, se proprietario di altra unità immobiliare sottostante deve contribuire anche per dette unità in base ai millesimi?”
Consulenza legale i 14/07/2022
Prima di rispondere al quesito, è giusto premettere che chi scrive è un legale e non un geometra: pertanto in questa sede è possibile individuare solo le singole norme del codice civile che disciplinano la suddivisione delle spese. Indicare poi nello specifico quali interventi andranno nell’una o nell’altra fattispecie descritta è compito del tecnico edile e non dell’avvocato.

Fatta tale doverosa premessa rispondiamo alle singole domande iniziando dalla ripartizione dei lavori di consolidamento e rifacimento dei soffitti all’interno degli appartamenti che sostengono le coperture piane del fabbricato. In questo caso trova applicazione l’art. 1125 del c.c. Tale norma dispone che la manutenzione delle volte, dei soffitti e dei solai devono essere sopportate in parti uguali tra i proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti, però rimangono a carico del proprietario del piano di sopra il rifacimento della piastrellatura del pavimento e a carico del proprietario del piano di sotto la tinteggiatura del soffitto.

Veniamo ora alla ripartizione delle spese relative alla manutenzione o ricostruzione della copertura del lastrico solare attribuito in uso o in proprietà esclusiva ad un singolo condomino o della terrazza a livello. In questo caso trova applicazione l’art. 1126 del c.c. secondo il quale le spese dovranno essere attribuite in ragione di 1/3 al chi utilizza od è proprietario esclusivo del lastrico o della terrazza a livello, i restanti 2/3 devono essere ripartiti tra tutti i condomini proprietari degli appartamenti a cui serve la funzione di copertura di tali manufatti e quindi sono collocati sotto la loro colonna d’aria.

L’art. 1126 del c.c. precisa che la quota dei 2/3 è ripartita tra tutti i proprietari degli appartamenti sottostanti in proporzione al valore di piano o porzione di piano sottostante. In termini pratici tra i documenti del condominio vi dovrebbe essere una tabella millesimale che in attuazione di quanto dispone l’art. 1126 del c.c. ripartisce tra tutti i condomini coinvolti le spese di manutenzione del lastrico o della terrazza ed in particolare la quota dei 2/3. Se tale tabella non è stata predisposta in passato è opportuno che l’assemblea di condominio dia incarico ad un tecnico per redigerla, soprattutto se si hanno in vista dei lavori di rifacimento delle coperture.

Se il proprietario dell’appartamento in cui vi è la terrazza a livello è proprietario anche di una unità immobiliare che usufruisce della copertura della terrazza medesima egli dovrà concorrere nella spesa sia come proprietario della terrazza (quindi per 1/3), ma anche partecipare in proporzione ai millesimi attribuito all’appartamento sottostante al riparto della rimanente quota di 2/3.

Se il lastrico solare non è attribuito in uso o in proprietà esclusiva ad un singolo condomino, esso è allora un bene comune, come indicato anche dall’art. 1117del c.c.: in questo caso non troverà applicazione l’art. 1126 del c.c., ma il 1° co. dell’art. 1123 del c.c. e quindi tutti i condomini dovranno partecipare alle spese di manutenzione della copertura in proporzione ai millesimi a ciascuno attribuiti dalla tabella di proprietà generale.

Tutto quanto detto finora è valido se i lavori di manutenzione e rifacimento sono dovuti alla normale vetustà dell’edificio. Nel caso in cui, invece, i lavori si rendono necessari per la negligenza di un condomino (come potrebbe essere nel caso di infiltrazioni, ma questa affermazione non è vera in senso assoluto), la giurisprudenza di merito e di Cassazione precisa che non si devono applicare le norme che disciplinano il riparto delle spese condominiali illustrate finora ma le norme del risarcimento del danno (artt. 2043 e ss. del c.c.).
Per capire se siamo di fronte ad un caso piuttosto che ad un altro sarebbe necessario far periziare lo stabile da un tecnico esperto.


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