Nel caso esaminato dalla Cassazione, un condomino aveva agito in giudizio nei confronti di un altro condomino, deducendo che, nel corso dei lavori di ristrutturazione dell’appartamento del convenuto, posto al piano superiore rispetto a quello in cui si trovava una stanza di sua proprietà, “nel sostituire il vecchio solaio con travi di legno a vista (che divideva le due proprietà) con un nuovo solaio in latero-cemento, aveva abbassato il livello del soffitto della stanza di sua proprietà, rendendola inabitabile”.
Il condomino, dunque, chiedeva che gli venisse riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito.
Il Tribunale, pronunciatosi in primo grado aveva disposto la sospensione dei lavori, che, tuttavia, era stata successivamente revocata, con rigetto della domanda proposta dall’attore.
La sentenza di primo grado veniva, poi, confermata in sede di appello, dal momento che la Corte riteneva che non vi fosse stata alcuna lesione, in quanto il nuovo solaio posto in essere dal condomino convenuto in giudizio “aveva occupato il solo spazio delle travi lignee e lo spazio vuoto tra una trave e l'altra, vale a dire spazi che non facevano parte della volumetria del vano di proprietà del P., costituendo invece elementi integranti la struttura composita tipica del solaio in legno e compresi nella proprietà comune dei due piani”.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione riteneva di dover, almeno parzialmente, aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente.
Secondo la Cassazione, infatti, “il solaio esistente fra i piani sovrapposti di un edificio è oggetto di comunione fra i rispettivi proprietari per la parte strutturale che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedono al soffitto od al pavimento, e non sono essenziali all'indicata struttura rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell'esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale”.
Di conseguenza, secondo la Corte, doveva escludersi che anche lo spazio esistente fra le travi del soffitto fosse bene comune, in quanto tale spazio integra una “volumetria di esclusiva utilizzazione da parte del proprietario del piano sottostante”.
Infatti, “come dal solaio deve essere distinto il pavimento che poggia su di esso, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimosso o sostituito secondo la sua utilità e convenienza (Cass. 7464/1994), così pure dev'essere distinto il volume esistente tra le travi, che costituisce il soffitto dell'appartamento sottostante ed è dunque liberamente utilizzabile dal proprietario di questo”.
Quanto alla domanda risarcitoria, rigettata in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione evidenziava come “dall'accertata riduzione della cubatura utilizzabile nell'appartamento sottostante a quello in cui sono stati eseguiti i lavori di sostituzione del solaio, discende ex se (quale danno conseguenza), l'esistenza di un danno per la riduzione del godimento del bene quale conseguenza del restringimento della cubatura, nonchè per riduzione del valore commerciale del locale (Cass. 3178/1991), indipendentemente dal fatto che, prima dell'abbassamento del soffitto, detto locale possedesse o meno l'altezza minima sufficiente ai fini dell'abitabilità”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal ricorrente, annullando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse in base al principio di diritto secondo cui “nel caso di solaio sostenuto da travi che fanno parte della struttura portante del solaio stesso, la comunione tra i proprietari dei rispettivi appartamenti non si estende allo spazio esistente tra le travi che costituisce volumetria di esclusiva utilizzazione da parte del proprietario del piano sottostante”.