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Articolo 1523 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Passaggio della proprietà e dei rischi

Dispositivo dell'art. 1523 Codice Civile

Nella vendita [1470] a rate con riserva della proprietà(1), il compratore acquista la proprietà della cosa(2) col pagamento dell'ultima rata di prezzo(3), ma assume i rischi dal momento della consegna [1465](4).

Note

(1) La vendita con riserva della proprietà è sospensivamente condizionata al versamento dell'intero prezzo, mentre gli altri effetti contrattuali, tra cui la consegna del bene (1476 c.c.), si producono immediatamente alla stipula (1326 c.c.).
(2) Dalla struttura della vendita si desume che essa non può avere ad oggetto una cosa consumabile, salvo che l'acquirente non assuma l'impegno specifico di non consumarla sino al pagamento dell'ultima rata.
(3) Fino all'acquisto della proprietà l'acquirente non può disporre del bene ma, se lo, facesse, il terzo potrebbe diventarne proprietario ai sensi dell'art. 1153 del c.c..
(4) Tale carattere costituisce una deroga alla regola res perit domino per la quale è il proprietario a sopportare il rischio del perimento del bene e si spiega considerando che il bene è nella sfera di disponibilità del compratore, che ne ha il controllo.

Ratio Legis

La norma contempera le opposte esigenze del venditore e dell'acquirente: il primo, qualora intenda acquistare un bene ma non disponga dell'intera somma, può frazionare la prestazione pagando a rate; il secondo, che non vuole sopportare il rischio di non ricevere tutto il prezzo, conserva la garanzia reale della proprietà del bene fino a che esso non è corrisposto per intero.

Brocardi

Donec praetium solvetur
Pactum reservati dominii

Spiegazione dell'art. 1523 Codice Civile

Riserva di proprietà

È nota la storia della riserva di proprietà, introdotta dall'industria manifatturiera per aumentare le vendite. Tanto la riserva di proprietà è ovvia nelle vendite a credito che un profano identificherebbe vendita a rate con vendita con riserva di proprietà. Non vi è altro mezzo di far credito anche a compratori poco solvibili, ai quali perciò si trasferisce la proprietà solo all'ultimo momento: solo al pagamento dell'ultima rata del prezzo. Nel frattempo ne è riservata la proprietà al venditore.

Conseguentemente mentre il contratto è incondizionato, il passaggio della proprietà è invece condizionato al pagamento dell'ultima rata di prezzo.
Nulla vieta che il trasferimento della proprietà sia sottoposto a condizione, poiché non è dell'essenza del contratto di compravendita che la proprietà sia trasferita per il solo fatto del consenso sulla cosa e sul prezzo : anche nella vendita di cosa altrui e nella vendita di genus, fin quando il venditore non ha acquistato dal proprietario, e fin quando il genus non è stato specificato, la proprietà non si trasferisce al compratore.


Validità

Se il trasferimento di proprietà è dell'essenza del contratto, poiché la compravendita ha per oggetto proprio il trasferimento della proprietà, nulla vieta che per volere delle parti la proprietà si trasferisca non immediatamente, ma al verificarsi di una determinata condizione che può essere anche il pagamento del prezzo: nulla anzi essendo più conforme alla natura stessa della compravendita che l'intendersi trasferita la proprietà, solo se pagato integralmente il prezzo.
Invero la riserva di proprietà è limitata ad alcune categorie di prodotti industriali i quali abitualmente si vendono con riserva di proprietà.
Questa stessa abitualità può mettere in guardia i terzi, può avvertirli di non considerare come proprietario il compratore se non esibisce la fattura quietanzata.

La riserva di proprietà del venditore risponde a necessità reali dell'industria del venditore, e consente al compratore di aver credito, mentre altrimenti forse non ne potrebbe avere.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

330 La vendita con riserva del dominio e regolata sul modello progettato dalla Commissione reale.
Essa ha opportunamente posto una remora a quella clausola, frequentissima nelle vendite con riserva di dominio, la quale, attribuendo al venditore il diritto di trattenere, a titolo d'indennità, le rate pagate, qualora la vendita sia risoluta per inadempimento del compratore, si suole risolvere in un vero patto usurario: contemperando equamente gli interessi delle parti, il progetto del 1936 dà, infatti, al giudice il potere di ridurre, secondo le circostanze, l'indennità convenuta.
Questo sistema è stato da me attratto nell'art. 355, dove ho tuttavia considerato due utili precisazioni; e cioè che il venditore non può riprendere la cosa venduta se non quando abbia ottenuto la risoluzione del contratto, e che il patto di riserva del dominio non esclude l'incidenza dei rischi della cosa a carico del compratore.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

674 Un altro gruppo di questioni relative alla vendita a rate con riserva di proprietà è risolto con gli art. 1523 del c.c. e art. 1524 del c.c.. Nella vendita stessa, con la consegna della cosa venduta ne è trasferito il godimento dell'utilità già prima che se ne trasferisca la proprietà. Godendo del contenuto patrimoniale del diritto di proprietà, è giusto che l'acquirente sopporti anche il rischio del perimento della cosa (art. 1523). Si sono disciplinati gli effetti della riserva di proprietà nei confronti dei terzi, considerandosi specialmente (art. 1524, primo comma) le questioni che insorgono quando si faccia luogo a procedimento esecutivo individuale contro il compratore a rate: per l'opponibilità della riserva di proprietà da parte del venditore ai creditori del compratore, è richiesto almeno l'atto scritto (privato), che sia di data certa (da stabilirsi in base ai requisiti fissati nell'art. 2704 del c.c.), e che sia di data anteriore al pignoramento. Per l'ipotesi di vendita con riserva di proprietà avente per oggetto macchine di rilevante valore, si sono invece tenuti presenti i rapporti tra alienante e terzi acquirenti dal compratore ([art. 1524, secondo comma). Quale presupposto di opponibilità a questi ultimi, si è utilizzata la pubblicità che il codice di commercio disponeva per il privilegio del credito relativo al prezzo, nel caso di fallimento dell'acquirente (articolo 773, n. 3): questo privilegio è ora regolato, in via più generale, dall'art. 2762 del c.c.. Si è risolta in questa accezione la dibattuta questione del luogo della trascrizione, che è quello della località in cui le macchine sono collocate al momento dell'acquisto a rate, ma escludendo che la riserva di proprietà possa essere opponibile al terzo che abbia acquistata la macchina dall'acquirente a rate in luogo diverso da quello in cui la trascrizione è stata eseguita: con ciò si evita il danno del venditore a rate nel caso di spostamento della macchina e si garantisce al terzo acquirente la piena efficacia verso di lui del principio possesso vale titolo .

Massime relative all'art. 1523 Codice Civile

Cass. civ. n. 36541/2021

In tema di accertamento del passivo fallimentare, il creditore che reclami la proprietà dei beni acquisiti al fallimento, deducendo di averli venduti al fallito con patto di riservato dominio, è tenuto solo a provare il titolo in base al quale agisce, spettando al curatore provare che il prezzo sia stato integralmente pagato e che, dunque, la vendita abbia prodotto l'effetto reale del trasferimento della proprietà dei beni al compratore.

Cass. civ. n. 21388/2013

Il compratore con riserva di proprietà, acquistando la proprietà della cosa soltanto con il pagamento dell'ultima rata del prezzo, ai sensi dell'art. 1523 cod. civ., non può costituire enfiteusi sulla stessa, in quanto tale diritto reale di godimento graverebbe sul diritto del venditore, che è ancora titolare del dominio diretto sul bene.

Cass. civ. n. 21390/2009

Nel caso di vendita con patto di riservato dominio di beni assicurati contro il furto, l'individuazione del soggetto legittimato a chiedere il pagamento dell'indennizzo assicurativo (che può essere anche il semplice possessore o utilizzatore del bene) non può essere fatta solo sulla base del dato letterale della clausola assicurativa, ma deve comprendere anche la verifica dell'interesse del venditore con patto di riservato dominio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la legittimazione del venditore, ritenendo che unica legittimata a chiedere il pagamento dell'indennizzo assicurativo fosse la società che aveva acquistato con patto di riservato dominio).

Cass. civ. n. 6322/2006

Il patto di riservato dominio può essere incluso anche in una vendita che preveda il pagamento del prezzo non rateale, ma interamente o parzialmente differito. In entrambi i casi l'elemento caratteristico della vendita è costituito dalla immediata eseguibilità della prestazione di consegna della cosa e dal differimento dell'effetto traslativo, che ha luogo soltanto all'atto della completa esecuzione della prestazione riguardante il pagamento del prezzo.

Cass. civ. n. 6369/2002

Nel leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento per la durata del contratto, i canoni costituiscono il corrispettivo dell'uso dei beni. Per contro nel leasing traslativo la circostanza che i beni conservino alla scadenza un valore residuo superiore rispetto al prezzo d'esercizio dell'opzione di acquisto assegna ai canoni la consistenza di corrispettivo del trasferimento. Pertanto in tale tipo di contratto è da escludere la nullità per mancanza di causa della clausola che, conformemente al disposto dell'art. 1523 c.c. in tema di vendite a rate con riserva di proprietà, ponga i rischi a carico del compratore sin dal momento della consegna.

Cass. civ. n. 3415/1999

La compravendita immobiliare sottoposta alla condizione del pagamento del prezzo si inquadra nella figura della compravendita con riserva di proprietà e il trasferimento del relativo diritto si realizza col pagamento dell'ultima rata del prezzo; l'art. 1360 c.c. sulla retroattività della condizione non opera infatti tutte le volte che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto debbano essere riportati a un momento diverso da quello della conclusione del contratto. (Nella specie si è affermato che l'assegnazione in proprietà di un alloggio di edilizia economica e popolare opera dal momento del pagamento integrale del prezzo e che da tale momento decorre il divieto di alienazione del bene).

Cass. civ. n. 560/1990

Qualora un coniuge si renda assegnatario e cessionario, con pagamento rateizzato del prezzo e conseguente riserva di proprietà in favore dell'ente cedente, di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, la data dell'acquisto di tale immobile, anche al fine di stabilire se esso ricada nella comunione legale dei beni con l'altro coniuge (art. 177, primo comma, lett. a c.c.), va individuata in base al contratto privatistico di trasferimento del diritto dominicale, stipulato dopo l'integrale versamento di quel prezzo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1523 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. S. chiede
sabato 23/09/2023
“Salve.
Sto comprando una casa con patto di riservato dominio. Vorrei capire, una volta firmato l'atto di fronte al Notaio, che cosa devo osservare per tutelarmi dal fatto che il venditore possa scindere il contratto nel corso dei 36 mesi di rateazione, e vendere la casa a qualcuno altro che l'acquistasse ad un prezzo maggiorato, per esempio? Può scindere il contratto e vendere ad altra persona? Magari semplicemente ridandomi i soldi che ho versato (nel mio caso 17500 in anticipo e 612€ al mese per 3 anni e poi rata ultima finale di 15500). Ha la possibilità di farlo? Se si posso inserire clausola che se lo facesse oltre a quanto ho versato mi dovrebbe riconoscere una penale del 50% del valore dell'immobile in oggetto? Grazie mille”
Consulenza legale i 02/10/2023
La vendita con riserva di proprietà, disciplinata dagli artt. 1523 e ss. c.c, è semplicemente un contratto di compravendita in cui:
  1. il pagamento del prezzo è frazionato nel tempo, quindi avviene a rate;
  2. l’effetto traslativo - cioè del trasferimento della proprietà - non si verifica al momento della conclusione del contratto, per effetto dell’incontro delle volontà delle parti, bensì in un momento successivo, costituito dal pagamento dell’ultima rata di prezzo.
Si tratta, com’è facile comprendere, di una forma di tutela e di garanzia per il venditore, il quale, proprio perché il prezzo non viene pagato in un’unica soluzione, conserva la proprietà del bene finché il versamento del corrispettivo non sia ultimato.
Quindi tra il momento della conclusione del contratto e quello del passaggio di proprietà del bene trascorre un lasso di tempo, più o meno lungo, durante il quale il venditore è ancora proprietario del bene.
Tuttavia, ciò non significa che il venditore possa fare, come si suol dire, il bello e il cattivo tempo. Rimangono infatti valide sia le regole che caratterizzano la compravendita (prima fra tutte l’art. 1476 c.c., secondo cui costituiscono obbligazioni principali del venditore, tra le altre, quella di consegnare la cosa al compratore e quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l'acquisto non è effetto immediato del contratto), sia le norme generali sullo scioglimento del contratto.
Naturalmente, è necessario esaminare attentamente il testo del contratto che si andrà a firmare per verificare che non siano state inserite clausole che attribuiscano, ad esempio, al venditore particolari diritti o facoltà.

C. D. chiede
martedì 09/05/2023
“Buongiorno, vi scrivo in quanto sto vendendo un immobile a mia nipote (studente) con la riserva di proprietà art. 1523 e seguenti del codice civile (cosi ce scritto sulla bozza del rogito). Il pagamento sarà con una caparra, in 6 anni verserà i canoni mensilmente e poi in un unica soluzione ultima rata a saldo del prezzo pattuito. Le chiedo se per vari motivi i genitori non verseranno piu i canoni mensili, dovrò restituire i canoni ricevuti ? cosa succederebbe ? Ultima domanda, mia nipote si avvarrà dei benefici 1^ casa per cui chi pagherà l'IMU, in quanto ad oggi sto pagando come seconda abitazione e lei usufruirà subito della disponibilità dell'immobile dovrà pagarli lei ? Anticipatamente per la risposta.”
Consulenza legale i 25/05/2023
Per rispondere al primo quesito dobbiamo prendere come riferimento gli art. 1523 e ss. del codice civile.
Infatti, dall’esame della bozza di contratto allegata è emerso che effettivamente si tratterebbe di una vendita a rate con riserva di proprietà.
Questo tipo di contratto è caratterizzato non solo dal fatto che il pagamento del prezzo avviene in maniera dilazionata nel tempo, ma anche dalla previsione che il compratore acquista la proprietà del bene solo con il pagamento integrale del corrispettivo, dunque con il versamento dell’ultima rata di prezzo.
Ora, con riferimento all'inadempimento del compratore rispetto all’obbligo di pagare il prezzo pattuito dobbiamo innanzitutto prendere in esame quanto stabilito dall’art. 1525 del c.c., secondo cui il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non può provocare la risoluzione del contratto (cioè il venditore non può “sciogliersi” dal contratto per l’inadempimento del compratore), a meno che le parti abbiano previsto il contrario nel contratto.
In secondo luogo, l’art. 1526 del c.c. stabilisce che, se effettivamente si ha risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate già riscosse: tuttavia in tal caso il venditore stesso avrà diritto a un “equo compenso” per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno (che va provato in giudizio).
Le parti della vendita, però, come espressamente previsto sempre dall’art. 1526 c.c., possono stabilire nel contratto che le rate già pagate restino acquisite al venditore a titolo d'indennità: si potrebbe, quindi, inserire nel rogito una clausola di questo tipo.
In caso di giudizio comunque il giudice avrà il potere di ridurre l’indennità in tal modo pattuita tra le parti, se considerata eccessiva, tenuto conto delle circostanze del caso.
Va sottolineato che, per espressa previsione dell’art. 1526, la norma si applica anche nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti.

Passiamo ora al secondo quesito, di natura fiscale.
Ora, sotto questo profilo la vendita di un immobile con riserva di proprietà si sostanzia in un duplice atto, il primo con cui si trasferisce la detenzione materiale del bene, ed un secondo, al momento del saldo dell’ultima rata, con il quale si ha il trasferimento della proprietà. Pertanto ancorché l’acquirente acquisti immediatamente il godimento del bene, l’acquisto della proprietà si realizza soltanto col pagamento dell’ultima rata di prezzo.
Ai fini IMU i soggetti passivi sono il proprietario dell’immobile o il titolare di un diritto reale di godimento se l’immobile ne è gravato (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). Nel caso di vendita con riserva di proprietà, la proprietà rimane in capo al venditore sino alla scadenza dell’ultima rata. Si ritiene pertanto, pur in assenza di chiarimenti ufficiali in merito, che sia il venditore a dover corrispondere l’IMU su detto immobile fino al trasferimento della proprietà, momento che coinciderà con il versamento dell’ultima rata pattuita.

Paola chiede
venerdì 02/07/2021 - Emilia-Romagna
“1. "Marco Rossi" (mio cugino) deve comprare il 50% dell'immobile di mia proprietá in cui oltretutto sono residente.
2)L'atto notarile che si dovrebbe fare si chiama " vendita con riserva di proprietá" ( art.1523).
3) Il dettaglio di tale atto sarebbe che mio cugino acquirente dovrebbe acquistare al prezzo di 40 mila euro il 50% del mio immobile a rate. Precisamente pagamento entro il 2025 liberamente in qualsiasi data senza rate fisse. Ma qualora non dovesse pagare entro il 2025 l'immobile tornerebbe a me.
4) Problema : mio cugino, potenziale acquirente del 50% del mio immobile ha causa penale in corso, in relazione a un procedimento a suo carico per i reati di cui gli art .612 e 582 c.p imputato per lesioni personali in cui la controparte si é costituita oltretutto parte civile. A prescindere che mio cugino ha agito per legittima difesa avendo subito aggressione, chiedo pensando al peggio e se dovesse essere interpretato il tutto assurdamente contro di lui, visto che deve comprare il 50% del mio immobile, per cautelarmi - come detto - penso al peggio e immagino ipoteticamente se la controparte contro mio cugino dovesse chiedere sequestro conservativo dei beni contro quest'ultimo ,oppure se dovesse ottenere il risarcimento danni, se ció potrebbe avere ripercussioni contro il 50% dell'immobile di cui venderei le quote a mio cugino, tenendo conto che costui non ha altri beni intestati e non ha un lavoro percependo esso il reddito cittadinanza.
5) Quindi, in base alla tipologia di tale atto che si chiama "
vendita con riserva di proprietá" ( art.1523)" con pagamento a rate entro il 2025 se mio cugino ( acquirente) non mi dovesse pagare nemmeno una rata prima di esito sentenza ( che deve per forza avvenire entro 2024)la controparte dell'acquirente delle quote del mio immobile potrebbe chiedere il sequestro conservativo oppure ottenere risarcimento se mio cugino prima del 2024 non mi pagherebbe manco una rata ( ha tempo fino al 2025).

6) In tal caso se fosse convalidato sequestro conservativo o se dovesse vincere la controparte del mio potenziale acquirente, cosa accadrebbe se mio cugino avendo acquistato con quella tipologia di atto non mi pagherebbe manco una rata?

7)A tal proposito ho letto l'art 1524 " opponibilitá della riserva di proprietá nei confronti di terzi " - senza capirci granché e non so nemmeno se é l'articolo giusto per quel che chiedo io.

8)A me interessa se tali quote di immobile acquistati con venditá di riserva proprieta, se possono essere soggetti a sequestro conservativo o di risarcimento se la controparte dell'acquirente dovesse vincere nel procedimento contro il comparatore del mio immobile o se dovesse chiedere sequestro conservativo nel corso del procedimento contro l'acquirente a cui dovrei vendere le quote del 50% del mio immobile, considerando che l'acquirente vorrebbe pagarmi le rate solo dopo esito sentenza di suo procedimento penale e civile in corso. In tal caso l'immobile resterebbe salvo e non entrerei in problemi se mio cugino non mi pagherebbe nemmeno una rata prima di quell'esito? Voglio lo zero% del rischio , altrimenti gli venderó le quote fra qualche anno dopo l'esito.

Ma se si puó fare subito senza alcun rischio ho esigenze di concludere tale atto in modo di sentirmi piú tranquilla per il futuro e di programmare alcune cose personali.
Per la scrivente é molto importante la risposta a questa domanda di cui in base a tale risposta agiró nell'impostazione della mia vita.

Sintetizzo la domanda in poche righe:
" Se mio cugino - attualmente non ha un lavoro e non ha intestato nulla - imputato per reati 612 e 582 codice penale, acquista metá del mio immobile (50%) con tipologia di atto notarile che si chiama "vendita con riserva di proprietá" potrebbe subire sequestro conservativo del bene che dovrebbe acquistare dalla sottoscritta se non mi pagherebbe alcuna rata prima dell'esito del suo processo in corso ( le ricordo che la controparte si é costituita parte civile)? Sull'atto si metterebbe che entro il pagamento si farebbe in qualsiasi data entro il 2025.

Vi ringrazio in anticipo. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 09/07/2021
Il contratto che si vuole concludere è, effettivamente, una vendita a rate con riserva di proprietà, la cui caratteristica, ai sensi dell’art. 1523 c.c., è che il compratore acquista la proprietà della cosa solo con il pagamento dell'ultima rata di prezzo (ma assume i rischi dal momento della consegna).
Si ritiene che la vendita con riserva di proprietà (detta anche con patto di riservato dominio) sia una vendita sottoposta a condizione sospensiva, in cui quest’ultima è rappresentata dall’integrale pagamento del prezzo.
A rigore, dunque, i creditori dell’acquirente non potrebbero compiere azioni esecutive sui beni alienati con riserva di proprietà. Ad ogni modo, si può discutere sull’ammissibilità di azioni conservative, come appunto il sequestro di cui all’art. 671 c.p.c.: tuttavia, gli effetti di un eventuale, ipotetico sequestro cesserebbero in caso di mancato avveramento della condizione, cioè di mancato pagamento integrale del corrispettivo pattuito.
Ad ogni modo, è bene tenere presente il disposto dell’art. 1524 c.c., secondo cui la riserva della proprietà è opponibile ai creditori del compratore solo se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.

Giampiero D. chiede
giovedì 17/09/2020 - Abruzzo
“Buon giorno
quesito per conto di mio padre.

La situazione è la seguente:
- vendita immobile con terreno
- vendita a persona che già risiede nell'immobile, coniuge dell'intestatario del contratto di affitto
- richiesta vendita con patto di riservato dominio, che informalmente mio padre ha accettato.

Trattasi di acquirenti affidabili che per anni hanno pagato l'affitto regolarmente.

Acconto di 10.000EUR e rate mensili di 4 anni.

Come proprietario ci sono precauzioni particolari che mio padre (76 anni) dovrebbe osservare?”
Consulenza legale i 23/09/2020
Il tipo di contratto che si intende concludere è molto utilizzato ai nostri giorni, in quanto permette di comprare casa anche a chi ha difficoltà di ottenere un mutuo e non ha la possibilità di saldare subito il prezzo dell'immobile.
Proprio per far fronte a situazioni di tale tipo, il legislatore italiano ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico, con il Decreto Sblocca Italia (D.L. 133/2014 convertito in Legge 164/2014), un nuovo tipo di contratto, il c.d. contratto di rent to buy, con cui il proprietario/concedente consegna fin da subito l’immobile al conduttore/futuro acquirente, il quale paga il canone; quest’ultimo, dopo un periodo di tempo fissato nello stesso contratto, può decidere se acquistare o meno il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni già pagati.
Infatti, nel contratto dovranno essere specificate le due diverse componenti che costituiscono il canone da pagare, ossia:
  1. quella destinata al pagamento dell’utilizzo (remunerazione del godimento);
  2. quella da imputare al prezzo nel caso in cui il conduttore decida di esercitare il suo diritto all’acquisto.

Se il conduttore decide di non procedere all’acquisto, il contratto, alla scadenza del termine convenuto, cesserà di produrre ogni effetto, e pertanto il concedente avrà diritto:
  1. alla riconsegna dell’immobile;
  2. a trattenere i canoni sino a quel momento pagati per la sola componente relativa all’utilizzo, mentre sarà tenuto a restituire al conduttore, nella misura stabilita in contratto, quanto versato a titolo di corrispettivo della vendita.

Non molto dissimile è la fattispecie contrattuale a cui si intende fare ricorso nel caso in esame, la quale trova la sua disciplina nello stesso codice civile, agli artt.1523-1526 c.c., utilizzata generalmente nella vendita avente ad oggetto beni mobili, ma applicabile anche al trasferimento di immobili.
Elementi caratterizzanti tale tipo di contratto, non dissimili da quello di rent to buy, sono:
  1. il bene viene consegnato al compratore al momento della stipula dell’atto di vendita;
  2. il venditore mantiene la proprietà sul bene oggetto del trasferimento fino al pagamento dell’intero prezzo pattuito;
  3. chi acquista paga il prezzo dell'immobile a rate, non distinguendosi nel pagamento di tale somma quanto dovuto a titolo di utilizzo e quanto a titolo di corrispettivo della vendita.

Evidenti sono i vantaggi per l’acquirente, in quanto riesce ad ottenere sin da subito il godimento dell’immobile, conseguendo anche il diritto di opporsi ad eventuali terzi sopravvenuti nell’acquisto, a condizione ovviamente che il contratto sia stato debitamente trascritto.
Di contro, pur se la proprietà effettiva si consegue solo con il pagamento dell’ultima rata (ossia, ex art. 1465 del c.c., quando viene corrisposto interamente il prezzo stabilito), in tale tipo di vendita chi compra si assume sin da subito i rischi relativi ad eventuale danneggiamento o perimento del bene stesso.
Inoltre, lo stesso acquirente, pur non essendone ancora il proprietario, ha l’obbligo di sostenere le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile dal momento dell’atto.

Dal lato del venditore, invece, il primo e più evidente vantaggio è quello di garantirsi dall’inadempimento della controparte, in quanto mantiene la proprietà del bene oggetto del contratto finché non riceve il saldo del prezzo dovuto.
Infatti, se alla scadenza dei pagamenti l’acquirente non avrà pagato per intero quanto pattuito, il venditore avrà il diritto di riprendersi il possesso dell’immobile chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento, qualunque sia la cifra che l’acquirente abbia pagato fino a quel momento.
D tale ipotesi, che può definirsi patologica, si occupa espressamente l’art. 1526 del c.c., prevedendo al primo comma in capo al venditore l’obbligo di restituire al compratore le rate riscosse “salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno”, e consentendo al secondo comma l’introduzione, nello stesso contratto, di una clausola con cui convenire che le rate già pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità, riducibile da parte del giudice, eventualmente adito, secondo le circostanze.

E’ quest’ultimo aspetto che si suggerisce di prendere in particolare considerazione, e ciò per due ragioni:
  1. evitare che si possa non conseguire il soddisfacimento pieno di quanto spettante per il godimento che di quell’immobile l’acquirente ha medio tempore avuto;
  2. evitare le lungaggini ed i costi del ricorso all’autorità giudiziaria.

Pertanto, è consigliabile pattuire espressamente, al momento della conclusione del contratto, la somma che il venditore avrà diritto a trattenere da quanto versato, somma che è opportuno determinare in misura pari al canone di locazione ordinariamente dovuto per quella tipologia di immobile.
Per quanto riguarda, invece, l’indennizzo dovuto per eventuali danni arrecati all’immobile, poiché non è preventivamente determinabile, si consiglia di affidarsi ad un tecnico di fiducia di entrambe le parti, scelto di comune accordo, al quale conferire l’incarico di:
  1. redigere una relazione tecnica attestante lo stato di conservazione dell’immobile al momento della consegna all’acquirente;
  2. periziare nuovamente l’immobile nell’ipotesi di risoluzione del contratto, al fine di verificare la presenza di eventuali danni e quantificare l’ammontare delle spese occorrenti per il suo ripristino.
Per conferire valore legale alla relazione tecnica sub a), cioè quella redatta al momento della consegna all’acquirente, è consigliabile chiedere al notaio rogante di allegarla all’atto di vendita.

Infine, occorre essere consapevoli di quanto segue:
  1. non è consentito inserire nel contratto una clausola in forza della quale derogare a quanto stabilito dall’art. 1525 del c.c. per il caso di inadempimento del compratore, ossia il diritto ad avvalersi della risoluzione del contratto anche in caso di mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo complessivo;
  2. fin quando il prezzo non sarà stato integralmente corrisposto, gli oneri fiscali connessi alla proprietà dell’immobile, come imposte dirette o tributi locali, restano a carico del venditore, in quanto è quest’ultimo a mantenerne la proprietà formale.


SERGIO C. chiede
giovedì 25/07/2019 - Piemonte
“Rappresento un'Agenzia viaggi s.r.l. unipersonale. Nel mese di dic. 2018 viene acquistato un autobus usato per il trasporto di persone da un rivenditore di Brescia. Detto bus viene consegnato a fine gennaio 2019.
Siccome parte del corrispettivo, pari ad €. 35.000, viene pagato mediante nr. 15 cambiali di €. 2000 cadauno, viene stipulato atto di vendita con patto di riservato dominio e con la clausola " visto e piaciuto ", riportata altresì in fattura.
A fine aprile si rompe il gruppo cambio, che necessita di relativa sostituzione, al costo complessivo di €. 16.000. Rivoltomi al rivenditore, lo stesso mi comunica che non esiste garanzia e quindi non vuole provvedere al pagamento della sostituzione. Inoltre mi trovo costretto a pagare le cambiali ( che le avrei pagate con il fatturato del bus stesso ), ho il bus fermo in officina meccanica perché non ho la possibilità di poter pagare la riparazione ed inoltre ho perso del lavoro non potendo a sua volta rispettare le commesse.
Insomma mi trovo e mi sento bloccato.
Un amico avvocato mi h detto che non essendo un privato cittadino - e quindi non potendo ritenermi un consumatore in quanto società - non posso usufruire di quanto stabilito dal Codice del Consumo. Inoltre, avendo accettato la clausola del " visto e piaciuto " non potrò richiedere alcunché.
Pertanto, mi rivolgo a Voi al fine di ottenere dei suggerimenti ed un parere tecnico di come è possibile affrontare positivamente la questione. In attesa, invio cordiali saluti.”
Consulenza legale i 07/08/2019
Innanzitutto va correttamente inquadrata la fattispecie.

La compravendita con riserva di proprietà (c.d. vendita con patto di riservato dominio) è una particolare contratto con il quale un acquirente entra in possesso del bene ma non ne acquisisce la proprietà, che rimane al venditore fino a quando il compratore non ha provveduto al pagamento dell’ultima rata del prezzo pattuito.
Si tratta di un particolare contratto di compravendita disciplinato dall’art. 1523 del c.c. che viene utilizzato principalmente per la vendita con dilazione di pagamento del prezzo ed assolve la funzione di garanzia a favore del venditore.

La particolarità che lo distingue da una compravendita “normale” e che – nonostante la proprietà non si trasmetta immediatamente all’acquirente – quest’ultimo assume comunque, immediatamente ed a proprio carico, i rischi relativi al bene compravenduto, anche se non ne è proprietario,
Pertanto, alla luce di questo principio, spettano all’acquirente le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e le spese necessarie per la custodia del bene.

Prima di rispondere, tuttavia, è utile altresì richiamare l’orientamento della giurisprudenza in materia di vizi.

L'art. 1490 del codice civile dispone che il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; inoltre, la norma prevede che il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.
Allorquando i vizi siano di difficile individuazione come - ad esempio - nel caso di vizi di componenti meccaniche del motore di un'autovettura, si parla di vizi “occulti”.

Ora, nel caso in esame è stata inserita nel contratto la clausola “visto e piaciuto” con la quale l'acquirente dichiara di aver preso visione del bene nello stato in cui si trova e di accettarlo così com'è: la clausola ha il preciso scopo di limitare la garanzia per i vizi.

A questo punto occorre valutare se il venditore, in presenza della clausola “visto e piaciuto” sia esonerato dalla responsabilità per tutti i vizi, anche quelli occulti.
Ebbene, laddove il venditore espressamente garantisca l'integrale assenza di vizi che possano inficiare il funzionamento dell'autovettura, la garanzia di cui all'art. 1490 c.c. sarà comunque pienamente operante.
La clausola "visto e piaciuto" può infatti dirsi operante solo per quei vizi facilmente riscontrabili dall'acquirente e non, invece, con riferimento a vizi la cui esistenza non risulta in alcun modo rinvenibile al momento dell'acquisto.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi di recente su questo tema, affermando che “il venditore di una vettura usata è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta nello come vista e piaciuta, e ciò a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del venditore, ma esclusivamente a vizi di costruzione del bene venduto" (Cass. Civ. n. 21204/2016).
Pertanto, il compratore potrà legittimamente far valere la responsabilità del venditore per i vizi occulti.

Tornando ora al quesito ha senz’altro ragione, purtroppo, l’amico avvocato che esclude l’applicazione del codice del consumo al caso di specie: trattandosi, infatti, di agente di viaggi che ha agito per scopi inerenti l’attività professionale non è tutelato come consumatore.
Va però precisato che quanto affermato dalla Corte di Cassazione e sopra richiamato vale con riferimento non al Codice del Consumo ma alla generale garanzia per i vizi prevista dal Codice civile per la compravendita. Quindi vale, se ne sussistono ovviamente i presupposti, anche nel caso di vendita tra professionisti, che è il caso che qui ci interessa.

Ebbene, ad avviso di chi scrive, occorre allora individuare nel caso di specie le ragioni del guasto al gruppo cambio, se si tratti cioè
  • di vizio (evidentemente occulto, perché non è stato possibile rilevarlo al momento della firma del contratto)
  • oppure di semplice manutenzione (ordinaria, dovuta alla vetustà del veicolo, che è usato).
Nel caso di vizio, come già anticipato, si potrà far valere la responsabilità del venditore, nonostante la clausola "visto e piaciuto", come in una regolare compravendita senza dilazione di pagamento e riserva di proprietà; nel caso di ordinaria manutenzione, invece, l’acquirente purtroppo dovrà farsi carico dell’intera spesa.

Trattandosi di veicolo usato è peraltro assai più frequente - purtroppo - che si tratti di guasto dovuto a vetustà, e la cui spesa non è quindi di spettanza del venditore. Si riportano di seguito alcune pronunce in merito:

Nella compravendita di veicoli usati è lecito vendere un veicolo con carrozzeria danneggiata, con pneumatici del tutto usurati, con un motore da ricondizionare, con un elevato numero di chilometri percorsi rispetto all'età del veicolo (e quindi con una usura maggiore rispetto ad altro con pari anzianità, ma con un chilometraggio medio); tutto ciò andrà ad incidere sulla determinazione del prezzo, ma una volta concluso il contratto, l'acquirente non potrà pretendere la riparazione della carrozzeria, la sostituzione dei pneumatici, il ricondizionamento del motore, la sostituzione di pezzi usurati per l'intenso utilizzo. L'art. 1490 c.c.impone la garanzia da vizi che rendano il bene inidoneo all'uso a cui è destinato (il che non ricorre nel caso in cui ad esempio i vizi risultino essersi manifestati oltre cinque mesi dopo l'acquisto - cfr. data fattura di vendita e data del primo preventivo - e quindi il veicolo abbia regolarmente funzionato per un periodo significativo, rendendosi necessarie solo delle sostituzioni di materiali che possono danneggiarsi per l'uso) o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Infine va osservato che l'occultamento dei vizi della cosa venduta rileva non a causa del semplice silenzio da parte del venditore, ma esige una particolare attività illecita del venditore stesso diretta, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa.” (Tribunale Benevento Sent., 08/06/2009)

Non è configurabile l'azione di riduzione del prezzo nell'ipotesi in cui, in seguito all'acquisto di un autoveicolo usato, si siano rese necessarie delle riparazioni derivanti non da vizi occulti del bene, ma semplicemente dallo stato di vetustà del veicolo (nel caso di specie era stata sostituita la cinghia della distribuzione in un'automobile che aveva già percorso circa 120.000 Km. e che, al momento dell'acquisto, era stata accuratamente controllata da un meccanico di fiducia dell'acquirente).” (Corte d'Appello Perugia, 13/10/1997).

Andrea P. chiede
lunedì 26/11/2018 - Lombardia
“Ho comprato un appartamento come seconda casa per aiutare un amica che con contratto lavorativo a tempo determinato non avrebbe potuto fare il mutuo.
La casa verrà pronta a dicembre. Lei vorrebbe fare l’affitto a riscatto, non essendo pratico vorrei sapere come funziona esattamente, quali tasse ci sono da pagare all’agenzia delle entrate, se c è una durata massima per questo tipo di contratto e se deve darmi un anticipo per legge dato che comunque io ho sostenuto delle spese in più avendo preso appartamento per forza come seconda casa e quindi con iva al 10 % anziché al 4%. Ringrazio anticipatamente
Cordiali Saluti
Andrea”
Consulenza legale i 03/12/2018
Il rent to buy (o affitto a riscatto) é un tipo di contratto introdotto nel no­stro ordinamento dal Decreto Sblocca Italia (art. 23 del D.L. 133/2014 convertito in Legge 164/2014), con cui il proprietario con­segna fin da subito l’immobile al conduttore e futuro acqui­rente, il quale paga il canone; dopo un periodo di tempo fissato nello stesso contratto il conduttore può decidere se acquistare o meno il bene.
Se decide di acquistarlo, il concedente sarà tenuto a dare il proprio consenso alla vendita ed il conduttore avrà diritto a vedersi detratto dal prezzo finale di vendita una parte dei canoni già pagati; qualora il concedente non dovesse adempiere all’obbligo di stipulazione dell’atto di trasferimento, il conduttore potrà ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2932 del c.c..
Se, invece, il conduttore si decide a non procedere all’acquisto, il concedente avrà diritto alla riconsegna dell’immobile e a trattenere l’intera componente dei canoni imputabile all’utilizzo, mentre il medesimo conduttore avrà diritto alla restituzione della percentuale della componente dei canoni imputabile al prezzo di vendita, così come determinata nel contratto medesimo.

Da quanto detto si evince che elemento essenziale del contratto è il canone da pagare, in riferimento al quale sarà indispensabile e di estrema importanza determinare la parte destinata al pagamento dell’utilizzo (remu­nerazione del godimento) e quella da imputare al prezzo per il caso in cui il conduttore decida di esercitare il suo diritto all’acquisto.
Si tenga conto che è anche possibile convenire sin da subito il pagamento di un acconto (oltre alla parte di canone mensile da detrarre dal prezzo finale), e che la determinazione della misura di tale acconto è lasciata alla libera volontà delle parti (anche in funzione delle spese sostenute dal concedente).
Nella stipula di tale contratto è, tuttavia, previsto un limite temporale: secondo quanto disposto dall’art. 23 del citato D.L., comma 3, lo stesso non può avere una durata superiore a dieci anni, decorsi i quali occorrerà eventualmente perfezionare la vendita dell’immobile, saldando la restante parte del prezzo inizialmente pattuito.

Sotto il profilo delle garanzie per il concedente (che si presume siano quelle che più interessano), va detto che lo schema di tale contratto risulta particolarmente flessibile, e così, a mero titolo esemplificativo, il contratto si intenderà comunque risolto per inadempimento del conduttore (con diritto del concedente a rientrare nel possesso del bene ed a ritenere a titolo di indennità le somme incamerate) in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di una quota di canoni pari ad un ventesimo del loro numero complessivo.
Qualora, invece, l’inadempimento dovesse verificarsi dal lato del concedente, questi sarà tenuto a restituire la quota dei canoni imputati a corrispettivo della vendita, maggiorata degli interessi legali.
Sempre a tutela del conduttore promissario acquirente, è previsto che tale contratto venga trascritto al pari di un contratto preliminare di compravendita (per fare ciò è necessario che sia rivestito della forma dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata), il che ne rende possibile la sua opponibilità ai terzi, oltre che il venirne fuori indenne in caso di eventuale fallimento del concedente.

Non deve scoraggiare la circostanza che il rent to buy non possa avere durata superiore a dieci anni per la stipula del contratto definitivo, in quanto tale contratto offre in ogni caso al conduttore la possibilità di accedere più agevolmente al credito bancario (cosa che magari in un primo momento poteva risultare difficile), ponendo il concedente nella condizione di dimostrare, presso l’istituto di credito cui si rivolgerà per accendere un mutuo, il suo standing creditizio per avere puntualmente onorato le rate del contratto (generalmente di importo pari o leggermente superiore alle rate di mutuo).
Dal canto suo, il concedente si sarà liberato, per tutta la durata del contratto, degli oneri finanziari connessi alla gestione dell’immobile.
Infatti, per tutta la durata del contratto, sono a carico del conduttore le spese e, in genere, gli one­ri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria degli immobili e delle relative parti condominiali (se l’immobile è in un condominio); saranno inoltre a carico del con­duttore le riparazioni straordinarie causate dal suo inadempi­mento agli obblighi di ordinaria manutenzione (se il concedente rifiuta di eseguire tali riparazioni o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, il conduttore avrà facoltà di farle eseguire a proprie spese).
Resteranno, invece, a carico del concedente le riparazioni straordinarie dell’immobile, e delle relative parti condominiali, se l’im­mobile è sito in un condominio, anche se il conduttore deve corrispon­dere al concedente, durante tutta la durata del rapporto, gli in­teressi sulle somme spese per le riparazioni straordinarie.
Con specifico riferimento al pagamento dei contributi dovuti all’amministratore di condominio, va precisato che concedente e conduttore sono tenuti a risponderne solidalmente.
Sotto il profilo giuridico, si ritiene opportuno fare un’altra precisazione: poiché il contratto di rent to buy riguarda prestazioni corrispetti­ve da eseguire nel corso del tempo, sarebbe teoricamente possibile che il conduttore ceda a terzi la propria posizione contrattuale prima della scadenza (ossia prima che venga perfezionato il contratto finale di cessio­ne del bene); pertanto, al fine di tutelarsi da una tale evenienza, si consiglia di escludere in contratto la facoltà di cessione dello stesso.

Passando adesso al profilo fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha precisato il trattamento applicabile al rent to buy con la Circolare n. 4/E del 19.02.2015, nel corpo della quale è precisato che il rent to buy si configura come un negozio giuridico complesso caratterizzato:
  • dal godimento dell’immobile, per i periodi precedenti l’esercizio del diritto di acquisto;
  • dall’imputazione di una quota del canone a corrispettivo della successiva compravendita dell’immobile;
  • dall’esercizio del diritto di acquisto (o eventuale mancato esercizio del diritto) dell’immobile.
Per quanto attiene al godimento dell’immobile, considerato che il contratto in esame comporta l’immediata concessione del godimento dello stesso a fronte del pagamento dei canoni, l’amministrazione finanziaria ritiene che detto godimento debba essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione dell’immobile e, pertanto, per la quota di canone imputata al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione.
Con riferimento ai canoni corrisposti dal conduttore, l’articolo 23, comma 1, chiarisce che le parti imputano al corrispettivo del trasferimento una quota di canone indicata nel contratto. Tale quota di canone, che ha natura di anticipazione del corrispettivo del trasferimento, deve essere assimilata, ai fini fiscali, agli acconti prezzo della successiva vendita dell’immobile.
In caso di esercizio del diritto di acquisto dell’immobile trova applicazione la normativa prevista, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i trasferimenti immobiliari.

Nel caso di specie, dal momento che il concedente sembra non agire in regime di impresa, la quota del canone stabilita per la concessione in godimento dell’immobile, non essendo corrispettivo del trasferimento della proprietà dell’immobile stesso, deve essere assoggettata a imposizione in base alla disciplina dei redditi fondiari. Conseguentemente le quote dei canoni previste a fronte del godimento dell’immobile devono considerarsi per il proprietario/concedente quali redditi di fabbricati e devono essere assoggettate ad IRPEF in base alle regole dettate dal richiamato articolo 37, comma 4-bis, del TUIR per le locazioni, secondo cui se il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario (c.d. rendita catastale), il reddito imponibile è quello del canone di locazione al netto di tale riduzione.
Ove ricorrano i presupposti previsti dall'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il canone derivante dalla locazione per finalità abitative degli immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze può essere assoggettato, su opzione del locatore, al regime della “cedolare secca”.
L’opzione comporta l’assoggettamento del canone di locazione ad una imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione (per eventuali approfondimenti si rinvia ai provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 e del 10 gennaio 2014, e ai chiarimenti forniti con le circolari dell’Agenzia delle entrate, tra le quali si segnalano le circolari n. 26/E del 1° giugno 2011 e n. 20/E del 4 giugno 2012).

Nel caso in cui non sia possibile optare per la cedolare secca, sui canoni di locazione relativi a ciascun anno occorrerà assolvere altresì l’imposta di registro in misura proporzionale al 2%, ai sensi dell’art. 17 del TUR.
Per quanto attiene, invece, alla quota di canone da imputare a corrispettivo di vendita, deve essere applicata l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, sull’importo complessivo degli acconti pattuiti. Tale disposizione stabilisce, infatti, che “per gli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” si applica l’imposta di registro con l’aliquota del 3 per cento.
Si precisa che qualora l’imposta proporzionale di registro applicata in relazione al canone di locazione, unitamente all’imposta proporzionale di registro sull’acconto prezzo risulti complessivamente inferiore all’importo di euro 200, deve essere corrisposta l’imposta di registro nella misura di euro 200.

Per quanto riguarda, invece, il corrispettivo del trasferimento dell’immobile, sempre nel caso in cui il concedente non agisce in regime di impresa, quale sembra essere appunto il caso di specie, la Circolare n. 4/2015, prevede l’assoggettamento ad imposizione in base alla disciplina dei redditi diversi di cui al comma 1, lett. b) dell'art. 67 del T.U.I.R. che attrae a tassazione le “plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni”.
Le quote del canone imputate ad acconto prezzo, costituendo parte del corrispettivo del trasferimento, devono essere assoggettate a imposizione in base alla citata disciplina dei redditi diversi. Tali quote del canone diventeranno imponibili per il concedente non durante il periodo di godimento, ma al momento della cessione dell’immobile, ossia quando il conduttore si avvale del diritto di acquistarlo, al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 67 citato, tra cui quella della cessione entro il termine di 5 anni dall’acquisto.
Diversamente, se la cessione dell’immobile interviene oltre i cinque anni, il corrispettivo che il proprietario riceve non rileva ai fini delle imposte dirette.
La plusvalenza sarà determinata in base alle regole ordinarie previste dal comma 1 dell'art. 68 del T.U.I.R., quale differenza positiva tra il corrispettivo percepito dal conduttore-acquirente, comprensivo delle quote del canone imputate ad acconto prezzo, e il costo di acquisto dell’immobile.

Per ciò che riguarda, invece, l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali, in linea generale, l’imposta di registro si applica in misura proporzionale ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR (2% sulla prima casa, 9% su fabbricati diversi dalla prima casa) e, le imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna.
Si ritiene, inoltre, applicabile la disciplina dettata dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, Parte prima, del TUR per i contratti preliminari di compravendita, secondo la quale dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo deve essere scomputata l’imposta di registro corrisposta in relazione agli acconti prezzo. Si precisa che nel caso in cui l’imposta proporzionale corrisposta per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo risulti superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto di compravendita definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta proporzionale versata, secondo le regole previste dall’articolo 77 del TUR (circolare 29 maggio 2013, n. 18/E).

Anonimo chiede
venerdì 03/11/2017 - Campania
“Riguardo la vendita con riservato dominio di una struttura commerciale, poiché è in corso il pagamento dell'ultima rata di un contributo agevolativo ottenuto nel 2002 sull'immobile oggetto di compravendita, il saldo dell'ultima rata ancora da erogare da parte della banca concessionaria spetta sempre al proprietario/venditore(e beneficiario di un contributo) o al cessionario?

La società di cui sono il rappresentante legale, proprietaria e costruttrice di una struttura alberghiera sin dal 2001, ha ceduto nel 2013 il suddetto immobile con patto di riservato dominio, la cui ultima rata, a perfezionamento del saldo da parte della parte cessionaria, avverrà nel 2018. Nell’atto e’ riportata la clausola che tutti i debiti e crediti, antecedenti alla vendita, spettano a noi quale parte venditrice.
Sull’ immobile ho ottenuto, nel 2002, un contributo agevolativo, L.488, composto da tre rate erogabili: le prime due quote ci sono state accreditate, nel 2002 e 2003, mentre per l'ultima a saldo siamo ancora in attesa di ricevere la relazione finale della banca concessionaria a perfezionamento della pratica.
La suddetta banca, ricevuta tutta la documentazione utile alla definizione , deve solo verificare se l’ultima quota del contributo spetta sempre al beneficiario, cioè noi come società proprietaria e venditrice, o spetta alla parte cessionaria in virtù dell’atto di cessione. Mi sembra che sia impossibile che spetti alla società acquirente in virtù del patto di riservato dominio, in quanto la proprietà Le sarà trasferita al momento del saldo al 2018 e solo ad avvenuto pagamento del saldo spettante, e in virtù che l’investimento e la successiva pratica per ottenere il contributo agevolativo, sono state effettuate, ovviamente, dal noi come società proprietaria.
Credo sia una scusa tale accertamento per ritardare ulteriormente il saldo, dovuto, come credo debba essere, a noi come società venditrice e ancora proprietaria.
Ovviamente volevo a conforto un parere legale a riguardo.
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 08/11/2017
Per rispondere al quesito, bisogna analizzare preliminarmente i due istituti coinvolti.

L'istituto della vendita con riserva della proprietà, o con patto di riservato dominio, è previsto dagli articoli 1523 e seguenti del Codice Civile, e prevede che “il compratore acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”: si tratta, dunque, di una tipica ipotesi di vendita obbligatoria in cui l’effetto traslativo si realizza successivamente alla conclusione del contratto, mentre nell'immediato si realizzano i soli effetti obbligatori.

Quanto, invece, ai finanziamenti agevolati alle imprese di cui alla Legge n. 488 del 1992, lo scopo di essa è quello di offrire contributi a condizioni agevolate ad imprese che operano in aree svantaggiate del Paese: i beneficiari, quindi, delle risorse economiche sono imprenditori ed attività che presentano un progetto di investimento nei settori dell’industria, del turismo e del commercio. La citata legge è stata emessa per favorire le aziende del settore produttivo (c.d. attività manifatturiere), di servizio, edili, turistiche e commerciali che vogliono attuare dei programmi di investimento, definiti organici e funzionali, con piani di spesa di importo medio alto, disposti su diversi anni.

Si evidenzia che le agevolazioni sono richieste ed erogate a favore dell'imprenditore stesso il quale, nell'esercizio dell'impresa, ottiene ed utilizza il finanziamento, in quanto l'impresa" altro non è che l'attività economica organizzata dall'imprenditore, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, il quale è l'unico soggetto giuridico cui si imputano i rapporti relativi alla cosiddetta "impresa".

Un argomento a favore della tesi che il finanziamento spetta all'imprenditore che lo ha richiesto, che ha presentato il progetto e che lo ha realizzato, è proprio che il finanziamento viene concesso all'imprenditore per aver sviluppato quel progetto, e, pertanto, non può seguire l'azienda in tutte le sue vicende, tanto più che ciò che è stato ceduto è solo l'immobile, e non l'azienda nella sua totalità.

Inoltre, alla luce del fatto che l'immobile è stato venduto con riserva della proprietà, o con patto di riservato dominio, appare evidente che fino a che non vi sia passaggio della proprietà, tutto ciò che risulti spettante al venditore lo rimane fintantoché non intervenga il passaggio della proprietà, e cioè con il pagamento dell'ultima rata del prezzo.

Vittorio G. chiede
martedì 27/10/2015 - Lombardia
“Vorrei sapere se un coniuge che ha acquistato un terreno e su questo via ha costruito un immobile tutto coi propri fondi, dopo la vendita l'altro coniuge può vantare dei diritti pur non avendo contribuito neanche con un centesimo”
Consulenza legale i 09/11/2015
La risposta al quesito dipende dalla circostanza che i coniugi siano o meno in comunione dei beni.

In breve, le opzioni sono le seguenti:
- se i coniugi hanno scelto il regime legale della separazione (artt. 215 e seguenti del codice civile), è indubitabile che l'immobile costruito con fondi di uno solo degli sposi, su terreno di sua proprietà, rimane di sua titolarità esclusiva. Se lo vende, avrà diritto a tenersi l'intero prezzo;

- se i coniugi si trovano in regime di comunione legale (artt. 177 e seguenti del c.c.), possono verificarsi i seguenti casi:
a) il terreno è bene personale di un coniuge perché esso è stato acquistato prima del matrimonio oppure in costanza di matrimonio, ma il prezzo è consistito nel trasferimento di beni personali (es. denaro ereditato), purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto, di cui sia stato parte anche l'altro coniuge (presupposti richiesti dall'art. 179 del c.c.);
b) il terreno è entrato a far parte della comunione, perché è stato acquistato durante il matrimonio in difetto dei presupposti che esige la legge ai fini dell'esclusione.

Per il caso a), si può richiamare un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude il rientro nella comunione dell'immobile costruito sul terreno di proprietà esclusiva di uno dei coniugi. In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione, che, con sentenza n. 651 del 27.01.1996, hanno sancito: "La costruzione realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi, sul suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi, appartiene esclusivamente a quest'ultimo in virtù delle disposizioni generali in materia di accessione e, pertanto, non costituisce oggetto della comunione legale, ai sensi dell'art. 177, I comma, lett. b), codice civile".
Più recentemente, si veda la sentenza n. 6020 del 16.3.2014 della Suprema corte, la quale ha confermato che la casa costruita sul suolo di proprietà di un coniuge non rientra nella comunione legale dei beni, nemmeno se l'altro coniuge non proprietario ha partecipato alle spese di costruzione (egli ha solo il diritto di essere risarcito, cioè di vedersi restituire le somme sborsate): a maggior ragione, se l'altro coniuge non ha minimamente contribuito.

La giurisprudenza, in altre parole, reputa che l'istituto dell'accessione previsto dall'art. 934 del c.c. prevalga su quello della comunione: pertanto, il coniuge proprietario del suolo acquista anche la piena proprietà dell’immobile edificata sul medesimo.

Nel caso b), cioè quello in cui l'edificio sia stato costruito su terreno comune ai coniugi, si dovrà ritenere che l'immobile sia entrato nella titolarità di entrambi i coniugi, in applicazione congiunta dell'istituto dell'accessione, sopra menzionato, e della comunione degli acquisti avvenuti in costanza di matrimonio: ciò, anche se uno dei coniugi non abbia contribuito con propri fondi all'edificazione della casa.

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