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Articolo 1525 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Inadempimento del compratore

Dispositivo dell'art. 1525 Codice Civile

Nonostante patto contrario(1), il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive [1523; 176 disp. att.](2).

Note

(1) Qualsiasi patto contrario è inefficace.
(2) Se, però, la singola rata supera l'ottava parte del prezzo, si ha risoluzione (1453, 1526 c.c.). Se, invece, non viene corrisposta più di una rata ma ciò, comunque, non comporta inadempimento di più di un ottavo del prezzo, è discutibile se si configuri o meno inadempimento: questo è da escludersi sulla base di un'interpretazione più aderente al dettato della norma; è da ammettersi, invece, se si considera che il protrarsi dell'inadempimento mina la fiducia del creditore nella possibilità di ottenere l'intero prezzo.

Ratio Legis

Il legislatore intende tutelare il compratore da eventuali clausole vessatorie (1341 c.c.; 33 ss. cod. cons.) con le quali si faccia conseguire ad un minimo inadempimento la risoluzione del contratto (1453 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1525 Codice Civile

Inadempimento di scarsa entità

Se il compratore ha pagato i sette ottavi del prezzo non può subire risoluzione del contratto: ha ancora diritto al beneficio del termine, ad un nuovo termine cioè (da fissarsi dall'autorità giudiziaria) scaduto il quale potrà subire la risoluzione.

La regola è un'applicazione del principio sancito nell'art. 1455 per il quale il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una parte ha scarsa importanza avuto riguardo all'interesse dell'altra. Altra applicazione è contenuta nell'art. 1564 in tema di contratto di somministrazione.
Il fallimento del compratore non gli toglie incondizionatamente il diritto di valersi del beneficio del termine. Il curatore può perciò farsi autorizzare dal giudice delegato a subentrare nel contratto, ma il venditore può chiedere cauzione (applicazione del principio generale della decadenza del debitore insolvente dal beneficio del termine: art. 1186 cod. civ.) a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell'interesse; mentre (com'è ovvio) nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

673 Della vendita con riserva della proprietà. La vendita con riserva di proprietà fino al pagamento del prezzo, largamente diffusa nella pratica, si conveniva spesso con patti che assumevano o potevano assumere, in fatto, carattere usuraio ai danni del compratore. Negli art. 1525 del c.c. e art. 1526 del c.c. il compratore trova un'idonea tutela o mercé l'applicazione di principii di portata più generale o mercé l'introduzione di principi nuovi, che peraltro si adeguano al bisogno di una concorrente tutela del venditore. Nel primo senso è l'art. 1525 il quale, con riferimento alla regola consacrata nell'art. 1455 del c.c., dispone che l'inadempimento da parte del compratore non conduce senz'altro alla risoluzione del contratto, né fa perdere al compratore il beneficio del termine per le rate di prezzo successive, qualora si riferisca a una sola rata, e questa sia di ammontare non superiore all'ottava parte del prezzo della cosa. L'art. 1526 fa poi salvo al compratore il diritto di recuperare le rate pagate, se il contratto di vendita sia risoluto per inadempimento di lui, mentre, secondo le clausole contrattuali diffuse, nella pratica, nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, il venditore avrebbe diritto alla restituzione della cosa e a trattenere le rate di prezzo riscosse, a titolo di compenso per l'uso della cosa fatto dall'altro contraente. Per contro, anche le ragioni del venditore sono rispettate nella misura in cui sembrano meritevoli di tutela, disponendosi che sia da corrispondere al venditore un equo compenso per l'uso della cosa (la quale, anche senza pensare a incuria del compratore, subisce un naturale deperimento) e che, dove ne sia il caso, sia dovuto anche il risarcimento dei danni. Quando le parti abbiano preventivamente liquidato il danno in una misura uguale all'importo delle rate pagate, è conferito al giudice il potere di ridurre l'indennizzo convenzionale, a somiglianza di quanto è disposto, per la penale eccessiva, nell'art. 1384 del c.c.. Le disposizioni anzidette sono cogenti, il che, dichiarati espressamente nell'art. 1525, si ricava implicitamente anche dal terzo comma dell'art. 1526, in base al quale le norme che regolano la risoluzione del contratto sono estese all'ipotesi in cui, sia pure senza lo scopo di frodare la legge, la riserva di proprietà sia configurata come locazione, e sia stabilito che, al termine del contratto, la proprietà della cosa resti acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti.

Massime relative all'art. 1525 Codice Civile

Cass. civ. n. 22190/2020

In tema di vendita con riserva della proprietà, la disposizione di cui all'art. 1525 c.c. ha lo scopo di limitare l'autonomia contrattuale attraverso "l'eteroregolamentazione legale che richiede, affinché la vendita possa risolversi su domanda del venditore rimasto creditore del prezzo, che il compratore non sia inadempiente per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo", con "la rilevanza dell'inadempimento tipizzata dall'ordinamento che preclude al venditore o al suo cessionario di poter chiedere la risoluzione oltre i limiti della rilevanza legale".

Cass. civ. n. 23967/2013

In tema di vendita con riserva della proprietà, le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 c.c., concernenti l'inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di impedire al venditore di chiedere la risoluzione del contratto oltre i limiti della rilevanza legale dell'inadempimento del compratore per il mancato pagamento del prezzo (come nell'ipotesi di omesso pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo), ma non gli impediscono di far valere l'azione contrattuale di adempimento in relazione al bene oggetto del patto di riservato dominio.

Cass. civ. n. 11718/1993

In tema di vendita con riserva della proprietà, le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 c.c., concernenti l'inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di limitare l'autonomia privata fin guisa da escludere la legittimità di una clausola risolutiva espressa, per i casi in cui il compratore non sia inadempiente per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo, e da impedire al venditore o al suo cessionario di potere chiedere la risoluzione oltre i limiti della rilevanza legale, a tal fine, dell'inadempimento, senza esclusione, nel medesimo caso, dell'esperibilità dell'azione contrattuale di adempimento e della spettanza al creditore dell'opzione per l'azione esecutiva sui beni del compratore o sulla stessa cosa oggetto del riservato dominio.

Cass. civ. n. 3925/1988

La norma di cui all'art. 1525 c.c. secondo la quale, salvo patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto di compravendita riguarda esclusivamente la vendita con riserva di proprietà ed è strettamente aderente ai peculiari caratteri di questa particolare fattispecie negoziale, inquadrandosi nell'ambito delle cautele predisposte a favore del compratore rateale, sicché non è suscettibile di applicazione analogica al di fuori del detto schema negoziale, come per la valutazione della importanza dell'inadempimento ai fini della risoluzione in una ordinaria vendita immobiliare.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1525 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. M. chiede
giovedì 24/03/2022 - Sicilia
“Desidero sapere se è possibile vendere un immobile con patto di riservato dominio del valore di €972.000,00 con acconto di € 72.000 e 360 rate mensili da € 2.500. Se la vendita è fattibile come si concilia con l'art. 1525 c.c.: nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione. Nel vostro sito citate una sentenza della cassazione civile (3925/1988) relativo all'art. 1525 invece di: nonostante patto contrario dice salvo patto contrario. In attesa della vostra risposta al mio quesito porgo distinti saluti”
Consulenza legale i 28/03/2022
La previsione contrattuale riportata nel quesito non presenta alcuna inconciliabilità con il disposto dell’art. 1525 c.c., il quale si limita a predisporre una particolare cautela a protezione dell’acquirente con patto di riservato dominio.
Infatti, se l’acquirente è inadempiente, non può essere pronunciata nei suoi confronti la risoluzione del contratto laddove il mancato pagamento riguardi una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo. Tale limite opera “nonostante patto contrario”, quindi non avrebbe effetto l’eventuale clausola risolutiva espressa che prevedesse la risoluzione del contratto in caso di mancato pagamento, appunto, di una singola rata che non superi il limite anzidetto ( 1/8 del prezzo). In questo caso, è la legge stessa a quantificare la gravità dell'inadempimento, necessaria perché si possa pronunciare la risoluzione del contratto (l'art. 1455 c.c. richiede infatti che l'inadempimento sia di non scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra parte).
La limitazione in questione vale solo con riferimento alla vendita con riserva di proprietà: la regola non è estensibile analogicamente ad altre tipologie di contratto (Cass. Civ., Sez. II, 14/07/2000, n. 9356).
Quanto alla massima menzionata nel quesito e presente sul nostro sito, la dicitura “salvo patto contrario” costituisce errore materiale che risulta presente anche in altre fonti e banche dati; invece, leggendo il testo integrale della sentenza, si ritrova nella motivazione l’espressione corretta “nonostante patto contrario”.

L. O. chiede
lunedì 22/11/2021 - Lazio
“Avvocato, documenti inviati con mail.

Vendita a rate con riserva di proprietà.

A che punto il venditore potrebbe chiedere la risoluzione del contratto?
Quanti mesi non versati?
Consulenza legale i 01/12/2021
Per rispondere al presente quesito è necessaria un’attenta lettura del disposto dell’art. 1525 c.c., che per tale motivo riportiamo integralmente: “Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive”.
Si tratta di una norma posta a tutela dell’acquirente, che esclude l’efficacia di una eventuale pattuizione contraria, e dunque, in sostanza, di una clausola risolutiva espressa che preveda come causa di scioglimento del contratto il mancato pagamento di una rata di importo inferiore al limite predetto.
Com’è noto, infatti, secondo le regole generali, ai fini della risoluzione del contratto l’inadempimento di una parte deve essere “di non scarsa importanza”, tenuto conto dell’interesse dell’altra parte, ex art. 1455 c.c.
Nel caso dell’art. 1525 c.c., appunto, il legislatore ha inteso fissare - con riferimento alla sola ipotesi della vendita con riserva di proprietà - la soglia minima di tale importanza, stabilendo che il venditore non possa chiedere il rimedio specifico della risoluzione del contratto laddove il mancato pagamento del prezzo:
  1. riguardi una sola rata;
  2. l’importo di tale rata non superi l’ottava parte del prezzo complessivo.
La formulazione della norma appare abbastanza chiara nel senso di limitarne l’ambito di applicazione al caso in cui il mancato pagamento riguardi una singola rata; del resto, questa è anche l’interpretazione prevalente, confermata anche da Cass. Civ., Sez. Unite, 26/11/1993, n. 11718, secondo cui la disposizione ha come “scopo quello di limitare la possibilità delle parti di munire la vendita con patto di riservato dominio di clausola risolutiva espressa. L'autonomia contrattuale trova infatti un limite nella eteroregolamentazione legale che richiede, affinché la vendita possa risolversi su domanda del venditore rimasto creditore del prezzo: che il compratore non sia inadempiente per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo”.
Nell’ipotesi in cui, invece, il mancato pagamento riguardi più rate, anche se le rate non corrisposte non superano l’ottava parte del prezzo, l’art. 1525 c.c. non sarà applicabile, ed occorrerà invece fare riferimento al citato art. 1455 c.c. in tema di importanza dell’adempimento. Pertanto sarà necessario valutare se l'inadempimento sia di gravità tale da condurre alla risoluzione del contratto.
Bisogna comunque precisare che, come chiarito da Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 23967 del 22 ottobre 2013, “gli artt. 1525 e 1526 c.c., concernenti l'inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di impedire al venditore di chiedere la risoluzione del contratto oltre i limiti della rilevanza legale dell'inadempimento del compratore per il mancato pagamento del prezzo (come nell'ipotesi di omesso pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo), ma non gli impediscono di far valere l'azione contrattuale di adempimento in relazione al bene oggetto del patto di riservato dominio”. In sostanza, a fronte del mancato pagamento di una rata che non superi l’ottava parte del prezzo, il venditore potrà comunque agire per l’adempimento del contratto.

Giovanni D. chiede
martedì 30/09/2014 - Abruzzo
“debbo stipulare un atto con riservato dominio. Il mancato pagamento per la risoluzione si riferisce alla somma delle rate per raggiungere l'ottavo della somma totale? Esempio importo totale euro 96.000.1/8 =12000 euro,rate 25*500=euro12500, potrei richiedere la risoluzione. rate 20*500= 10.000 euro non potrei richiedere la risoluzione”
Consulenza legale i 30/09/2014
Ai sensi dell'art. 1525 del c.c., il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive.
Di contro, l'omesso versamento di una rata il cui ammontare superi l'ottava parte del prezzo, dà diritto al venditore di chiedere la risoluzione della vendita.
Il "prezzo" su cui calcolare l'ottavo va calcolato tenendo conto anche delle somme dovute per prestazioni integrative e per i costi inerenti all'operazione di vendita e alla dilatazione del pagamento (es. gli interessi convenzionali).

La norma contenuta nell'art. 1525 è stata dettata per tutelare il compratore nel caso in cui ometta il pagamento di una sola rata: ed infatti la dottrina ritiene che questo articolo non sia applicabile laddove il mancato pagamento riguardi più rate, a prescindere che si tratti di rate contigue o meno tra loro.
In altre parole, per venire al caso proposto, se viene omessa una rata di 500 euro, poiché 500 euro sono inferiori ad un ottavo del prezzo totale, il venditore non può chiedere la risoluzione: se, invece, il compratore omette di pagare anche un'altra rata, la tutela prevista dall'art. 1525 viene meno, e il venditore potrà chiedere la risoluzione secondo le norme generali.

Per "risoluzione secondo le regole generali" si intende la risoluzione del contratto che ciascun venditore, ai sensi dell'art. 1455 del c.c., pretendere affermando che l'inadempimento del compratore sia di non scarsa importanza, avuto riguardo ai suoi interessi (di venditore).
Di regola, nei contratti con pagamenti scadenzati ad esecuzione periodica (si pensi ad esempio al contratto di locazione) o rateali, nel documento contrattuale si inserisce una clausola che identifica la "soglia di tolleranza" dell'inadempimento (tecnicamente, si parla di clausola risolutiva espressa, art. 1456 del c.c.): ad esempio, le parti possono convenire che se due rate non vengono pagate, il venditore può chiedere la risoluzione del contratto. Se, invece, il contratto non dice nulla, per giungere alla risoluzione del contratto, il venditore dovrà provare la gravità dell'adempimento che, com'è intuibile, varia di caso in caso (sarà il giudice adito a stabilire se l'inadempimento è grave o meno).
E' bene ricordare che, oltre al dato numerico (ad es. il mancato pagamento di 20.000 euro si può presumere di notevole importanza su una cifra totale di 96.000 euro), rileva anche il dato della fiducia: infatti, non è escluso che il giudice possa dichiarare risolto il contratto laddove, assieme al mancato pagamento anche di pochissime rate, si sia palesato il rischio che il compratore non possa più onorare il proprio debito e il venditore non abbia quindi più fiducia nel futuro corretto comportamento della controparte.