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Articolo 671 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sequestro conservativo

Dispositivo dell'art. 671 Codice di procedura civile

Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo (1)(2) di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento(3).

Note

(1) Si tratta di uno strumento che fornisce una tutela immediata e provvisoria del diritto di credito, che si realizza mediante la sottrazione dei beni, mobili o immobili, alla libera disponibilità del debitore e la successiva esecuzione forzata, nel caso in cui l'esistenza del diritto riconosciuto in via cautelare venga accertata nella causa di merito.
La finalità del sequestro è duplice, da un lato rendere inefficaci nei confronti del creditore sequestrante gli atti di disposizione del bene compiuti dopo il sequestro dal debitore, dall'altro di garantire, tramite la custodia, la materiale permanenza del bene nel patrimonio del debitore, affinché il creditore risultato vincitore nel giudizio di merito possa aggredirlo.
(2) Il sequestro conservativo può essere concesso quando il diritto del creditore sia esistente nel momento in cui il provvedimento cautelare venga richiesto, quando sussista il fumus boni iuris, ovvero la presumibile esistenza del diritto di credito vantato dal ricorrente, il periculum in mora, valutato in termini oggettivi, quale fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, ovvero il il pericolo concreto che il debitore diminuisca o sottragga bei al proprio patrimonio al fine di danneggiare la pretesa creditoria.
(3) Il sequestro conservativo viene definito "pignoramento anticipato" in quanto lo stesso viene eseguito nelle stesse forme del pignoramento e, in caso di sentenza di condanna esecutiva, viene convertito in pignoramento in via automatica. Pertanto, i limiti della sequestrabilità sono gli stessi della pignorabilità.

Ratio Legis

La ratio della norma in commento si riscontra nella necessità di evitare che, ante causam o nelle more del giudizio di cognizione, il debitore sottragga dal proprio patrimonio i beni costituenti la c.d. garanzia generica ai sensi dell'art. 2740 del c.c., vanificando le aspettative creditorie. Pertanto, la norma viene dettata nell'esclusivo interesse del creditore alla conservazione dell'integrità del patrimonio del debitore, nei limiti dell'ammontare del credito, in ragione del fatto che è su tale patrimonio che egli farà valere coattivamente le proprie ragioni.

Spiegazione dell'art. 671 Codice di procedura civile

La disciplina del sequestro conservativo la si ritrova in parte nel codice civile agli artt. 2905, 2906, e per la maggior parte nel codice di rito (artt. 671, [n675cpc]], 678, 679, 684, 685, 686), con riferimento ai presupposti ed alle modalità di attuazione del provvedimento.
Finalità di questo istituto è quella di assicurare al creditore che venga resa immodificabile la garanzia patrimoniale ex art. 2740 del c.c. per il corso del processo di merito, al termine del quale, se pronunciata sentenza di condanna, il sequestro si converte in pignoramento; sotto questo profilo concorre con altri due istituti che hanno la stessa finalità, ossia l'azione revocatoria o pauliana e quella surrogatoria, anche se sono diversi la natura ed i presupposti.
Inoltre, il sequestro conservativo mira a cautelare non solo il generico diritto ad una prestazione pecuniaria ma ogni diritto che sia suscettibile di essere convertito in una somma di danaro.

Affinchè venga concessa la misura cautelare non occorre che il credito presenti i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità previsti per il titolo esecutivo, in quanto richiedere tali caratteristiche potrebbe determinare la possibilità per il debitore di sottrarre facilmente la garanzia.

Per quanto concerne il presupposto della certezza, si ritiene sufficiente che l'istante dimostri al giudice di vantare un credito ovvero che la sussistenza del credito da cautelare risulti probabile; è da escludere, invece, la possibilità di cautelare un credito meramente ipotetico o eventuale ovvero un credito non azionabile giudizialmente, come è quello che nasce da un'obbligazione naturale.
Come prima accennato, non occorre neppure che sia soddisfatto il presupposto della esigibilità, con la conseguenza che la misura cautelare può essere concessa anche se il credito è sottoposto a termine o a condizione.

E’, invece, necessario che ricorrano cumulativamente i presupposti sia del fumus boni juris (ossia la probabile sussistenza del diritto che si intende far valere) che del periculum in mora (ossia il timore di perdere la garanzia del credito vantato); ai fini della valutazione del fumus boni juris, non occorre un accertamento pieno del proprio diritto, in quanto tale circostanza attiene al giudizio di merito.

Occorre osservare che l'espressione utilizzata dalla norma, nella parte in cui parla di “fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito”, va commisurata ad un reale pericolo da intendersi in senso oggettivo e concreto, non potendo tale pericolo essere affidato al mero apprezzamento soggettivo del creditore; in particolare si afferma che non possono essere le precarie condizioni in sé del patrimonio a legittimare la concessione del sequestro conservativo, ma occorre una costante diminuzione della garanzia rispetto al momento in cui era sorto il rapporto creditorio.

Altro criterio oggettivo è rappresentato dalla proporzione tra entità del patrimonio e ammontare del credito vantato; a tal fine assume rilevanza la valutazione complessiva della garanzia e la natura dei beni che la compongono, in particolare con riferimento alla circostanza se siano o meno facilmente occultabili.

Dal punto di vista soggettivo, vanno presi in considerazione tutti quei comportamenti che mirano a depauperare il patrimonio del debitore, quali, ad esempio, la distrazione o l'occultamento dei propri beni oppure il pericolo di fuga.

Circa l’oggetto del sequestro conservativo, in considerazione della correlazione con l'espropriazione forzata, ne discende che sono pertanto sequestrabili i beni pignorabili; secondo parte della dottrina, tuttavia, tale correlazione non sarebbe da ostacolo ad un sequestro di beni qualificati impignorabili ex lege, argomentando dalla considerazione secondo cui non vi sarebbe coincidenza fra la garanzia ex art. 2740 c.c. e il pignoramento (la prima si riferirebbe a tutti i beni del debitore senza eccezioni).

Per quanto concerne gli effetti del sequestro conservativo occorre fare riferimento a quanto disposto dall'art. 2906 c.c., nella parte in cui è detto che “non hanno effetto in pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento”.
Ciò comporta che il sequestro produce un vincolo analogo a quello prodotto dal pignoramento, ovvero il debitore può disporre del bene come meglio crede, anche se gli atti che quest'ultimo compie sono inopponibili al creditore procedente in quanto inefficaci; il sequestro, infatti, rappresenta una sorta di pignoramento anticipato, ciò che trova conferma sia nelle forme in cui si esegue che nella previsione della sua successiva conversione ex art. 686.
Occorre osservare che il vincolo imposto dal sequestro non deve intendersi limitato solo all'atto di alienazione, ma ricomprende anche gli atti costitutivi di diritti reali di godimento o di garanzia, le transazioni, gli atti costitutivi di diritti personali di godimento.

Massime relative all'art. 671 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 15308/2019

Nel caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito "ex lege" custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili.

Cass. civ. n. 1168/2019

In tema di concordato preventivo, anche nella vigenza dell'art. 168 l. fall. nella formulazione anteriore all'art. 33, comma 1, del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, pur in mancanza di una espressa previsione normativa, doveva ritenersi improponibile il ricorso per sequestro conservativo sui beni del debitore, trattandosi di un vincolo idoneo a convertirsi in pignoramento e quindi volto ad assicurare la garanzia patrimoniale in vista di una futura esecuzione.

Cass. civ. n. 14190/2012

Allorché un provvedimento di sequestro conservativo sugli immobili del debitore venga: (a) dapprima concesso con decreto "inaudita altera parte", ai sensi dell'art. 669 sexies, comma secondo, c.p.c.; (b) quindi, revocato dallo stesso giudice che l'ha concesso in esito all'udienza di discussione, con ordine di cancellazione della trascrizione; (c) infine, nuovamente concesso dal collegio in sede di reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., gli effetti di esso si producono rispetto ai terzi sin dalla data della trascrizione del primo decreto concesso "inaudita altera parte", qualora prima della pronuncia collegiale, non si sia comunque provveduto alla sua cancellazione.

Cass. civ. n. 14641/2009

La tardiva introduzione del giudizio di merito conseguente all'autorizzazione del sequestro conservativo comporta l'inefficacia della misura cautelare concessa "ante causam" anche nel caso in cui la parte intimata si sia ritualmente costituita.

Cass. civ. n. 14338/2009

I documenti prodotti nel corso di un procedimento per sequestro conservativo, introdotto in pendenza del giudizio di merito, sono utilizzabili anche in quest'ultimo processo, alla sola condizione che la produzione sia avvenuta prima che nel giudizio di merito siano maturate le preclusioni istruttorie.

Cass. civ. n. 13400/2001

Costituisce elemento oggettivo per valutare il pericolo nel ritardo, condizione di ammissibilità per la concessione del sequestro conservativo, il rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore e presunto ammontare del credito da tutelare, nella cui valutazione occorre tener conto che è insufficiente la sussistenza dell'idoneità del patrimonio del debitore a garantire il credito al momento in cui la misura cautelare è richiesta, essendo invece necessario che tale garanzia permanga fino al momento in cui potrebbero realizzarsi le condizioni per il soddisfacimento coattivo del credito stesso.

Cass. civ. n. 4542/1998

Con riguardo ad obbligazioni contrattuali, l'inadeguatezza patrimoniale del debitore può giustificare la concessione del sequestro conservativo — integrando il «fondato timore» di perdere la garanzia del credito a norma dell'art. 671 c.p.c. — solo se successiva al sorgere del credito, con la conseguenza che non può aspirare alla misura cautelare de qua il creditore che abbia avuto modo di rendersi conto dell'inadeguatezza del patrimonio del debitore nel momento in cui il credito è sorto.

Cass. civ. n. 7218/1997

Gli artt. 2901 c.c. e 671 c.p.c. non prescrivono che il provvedimento di sequestro conservativo debba contenere, tra l'altro, l'indicazione dell'ammontare del credito per il quale la misura cautelare viene autorizzata (anche se un eccesso nella attuazione del sequestro medesimo da parte del creditore procedente legittima la richiesta del debitore di un provvedimento di riduzione, in applicazione del disposto di cui all'art. 496 c.p.c.), ma, ove il provvedimento cautelare contenga tale indicazione, l'attuazione del sequestro non potrà avvenire se non entro il limite indicatovi.

Cass. civ. n. 12225/1995

In presenza di un arbitrato irrituale, è improponibile l'istanza di sequestro conservativo, atteso che la rinuncia alla tutela giurisdizionale, contenuta nel compromesso per arbitrato libero o irrituale, non può non riferirsi anche alle misure cautelari, le quali, nel sistema processuale, sono preordinate e strumentali ad un giudizio di merito.

Cass. civ. n. 1336/1994

Le ordinanze del giudice istruttore (come pure del presidente del tribunale) in materia di sequestro (concessione, cauzione, revoca: artt. 672-687 c.p.c.) pur non potendo essere assimilate a quelle istruttorie a causa della loro incidenza su diritti soggettivi, è pur vero che hanno efficacia circoscritta entro precisi limiti temporali, stante il loro carattere strumentale rispetto al processo o ai processi di convalida o di merito o a cui si inseriscono, di guisa che quell'efficacia è destinata a venir meno alla definizione del processo per qualsiasi causa, e tutte le questioni relative alla loro legittimità sostanziale o processuale possono e debbono esser fatte valere al momento della decisione sulla convalida che è impugnabile nelle forme ordinarie. Ne consegue per quanto riguarda, in particolare, il provvedimento di riduzione del sequestro conservativo (non previsto espressamente nel nostro ordinamento ma invalso nella pratica in analogia alla riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c.), insuscettibile di passaggio in giudicato, potendo la parte interessata sempre chiedere, anche nel corso del processo, un nuovo sequestro sui beni relativamente ai quali il precedente è stato escluso che avverso il medesimo è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. che riguarda provvedimenti decisori definitivi che spieghino i loro effetti con efficacia di giudicato per non essere dato contro di essi alcun rimedio.

Cass. civ. n. 864/1994

La legittimazione a chiedere il sequestro conservativo spetta solo a chi sia titolare di un credito attuale, ancorché non esigibile. Non è, pertanto, legittimato l'eventuale erede di un soggetto nel caso in cui beni di quest'ultimo abbiano formato oggetto di alienazione da parte dell'erede legittimo, non configurandosi tra dette parti un rapporto in virtù del quale alla prima possa essere attribuita la qualifica di creditore dell'altra.

Cass. civ. n. 10322/1990

Con riguardo a nave di armatore straniero ormeggiata in porto italiano, l'istanza di sequestro conservativo, a tutela dei crediti di lavoro dei marittimi alle dipendenze di detto armatore, ed altresì la domanda di convalida di tale sequestro rientrano nella giurisdizione del giudice italiano, in base ai criteri di collegamento di cui agli artt. 4 n. 3 e 672 terzo comma c.p.c., anche quando la causa di merito, trattandosi di contratti di arruolamento intervenuti fra stranieri, nonché stipulati ed eseguiti all'estero, si sottragga a detta giurisdizione.

Cass. civ. n. 902/1990

In tema di sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all'entità del credito, sia da elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore, tale da lasciar presumere che egli, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l'eventuale deprezzamento del suo patrimonio, sottraendolo all'esecuzione forzata; pertanto, non è necessario che il pericolo consista in un depauperamento in atto del patrimonio del debitore, purché esso sia desumibile alla stregua degli elementi innanzi indicati.

Cass. civ. n. 3119/1989

Nel caso in cui più persone abbiano prestato fideiussione per un medesimo debitore e per un medesimo debito, non configura periculum in mora idoneo a giustificare la concessione del sequestro conservativo in favore del fideiussore che, avendo pagato, eserciti il regresso nei confronti degli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione, il comportamento di minore prontezza di questi ultimi a soddisfare il comune creditore, in mancanza di ulteriori elementi che rendano verosimile la eventualità di un depauperamento del loro patrimonio o, comunque, il proposito di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni attinenti ai rapporti interni, ai sensi degli artt. 1298, 1299 e 1954 c.c.

Cass. civ. n. 4906/1988

Ai fini dell'emissione, e della convalida, del sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora, che non può essere escluso in base alla sola considerazione della consistenza patrimoniale (qualitativa o quantitativa) del debitore, non può essere affermato in base al mero rifiuto di adempiere, occorrendo che questo s'inserisca in un comportamento — processuale od extraprocessuale — dell'obbligato che renda verosimile l'eventualità di un depauperamento del suo patrimonio e fondato il timore del creditore di perdere le garanzie del credito. Il compito di stabilire nei casi concreti se il detto pericolo sussista o no — tenuto conto degli elementi oggettivi e soggettivi, congiuntamente o anche alternativamente apprezzati, e senza trascurare, inoltre, il rapporto di proporzionalità tra l'ammontare del credito e gli elementi valutativi appresi — è riservato al giudice del merito, la cui valutazione, se sorretta da motivazione congrua sul piano logico ed immune da errori di diritto, si sottrae al sindacato di legittimità.

Cass. civ. n. 4478/1988

Con riguardo alla richiesta di sequestro conservativo di beni in Italia di uno stato estero, che venga avanzata a tutela di crediti discendenti da prestazioni giornalistiche svolte in favore di detto Stato o di una sua agenzia statale di stampa, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, alla stregua dell'immunità giurisdizionale di cui godono gli stati stranieri (e gli altri soggetti di diritto internazionale) in relazione ai rapporti posti in essere nell'ambito delle loro attività sovrane, o comunque diretti alla realizzazione delle loro finalità istituzionali, nonché della stretta inerenza di quelle prestazioni a tali funzioni pubblicistiche.

Cass. civ. n. 4293/1988

Con riguardo a sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, di pagamento di una somma di denaro, la parte condannata non può essere autorizzata al sequestro conservativo di quella somma che abbia richiesto (previa effettuazione del suo deposito presso un istituto di credito) deducendo l'inesistenza del suo debito e, quindi, il credito alla restituzione di quanto deve pagare, atteso che l'accertamento a cognizione piena, ancorché non definitivo, contenuto nella sentenza esclude la sussistenza del fumus boni iuris necessario per la concessione della misura cautelare, restando esperibile per la parte soccombente con la impugnazione della detta sentenza soltanto la richiesta, al giudice dell'appello, di sospensione o revoca della clausola di provvisoria esecuzione (cosiddetta inibitoria) ex art. 351, c.p.c.

Cass. civ. n. 1479/1988

Il bene immobile, oggetto di preliminare di vendita, non può essere assoggettato a sequestro conservativo in danno del promittente acquirente configurandosi al suo riguardo soltanto il credito alla prestazione di un facere infungibile — il consenso del promittente venditore per la conclusione del contratto definitivo — insuscettibile di esecuzione forzata, potendosi soltanto chiedere, in sua mancanza, la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.

Cass. civ. n. 4547/1985

Il danneggiato da reato può chiedere al giudice civile, a tutela del suo diritto al risarcimento del danno, anche durante la pendenza della sua costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico del danneggiante, sequestro conservativo con la conseguenza che davanti allo stesso giudice deve essere promosso il relativo giudizio di convalida.

Cass. civ. n. 2746/1985

In sede di convalida del sequestro conservativo, deve ritenersi consentita, ove risulti l'esorbitanza del valore dei beni originariamente staggiti rispetto allo ammontare del credito, la riduzione della misura cautelare (con la sua convalida nei corrispondenti limiti), in quanto il potere di disporre tale riduzione è implicitamente conferito dall'art. 671 c.p.c., nella parte in cui rinvia alle norme sul pignoramento (ivi incluso l'art. 497 c.p.c., che espressamente contempla la riduzione del pignoramento).

Cass. civ. n. 2672/1983

Ai fini della concessione del sequestro conservativo, e della sua convalida, ricorre il requisito del fumus boni iuris quando sia accertata, con un'indagine sommaria, la probabile esistenza del credito, restando riservata al giudizio di merito ogni altro accertamento in ordine alla sua effettiva sussistenza e al suo ammontare, mentre il requisito del periculum in mora può desumersi sia da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza patrimoniale del debitore, i quali vanno valutati anche in rapporto proporzionale alla presumibile entità del credito, sia da elementi soggettivi inerenti al comportamento del medesimo, tali da rendere verosimile l'eventuale depauperamento del suo patrimonio.

Cass. civ. n. 3235/1982

Al fine della concessione di sequestro conservativo a tutela di un credito, l'obiettiva precarietà della situazione patrimoniale del debitore rileva in quanto sopravvenuta, e, pertanto, va riscontrata in relazione a circostanze diverse da quelle esistenti e conosciute dal creditore al momento del sorgere dell'obbligazione, tenendo altresì contro che il mero fatto dell'inadempimento nel termine pattuito, potendosi ricollegare a molteplici ragioni, non è di per sé idoneo, in difetto di altri elementi ad evidenziare uno stato di dissesto.

Cass. civ. n. 1777/1981

Il sequestro conservativo ha la funzione cautelare di assicurare la destinazione della cosa, assoggettata a sequestro al soddisfacimento — per mezzo dell'espropriazione forzata — del credito che il sequestrante farà valere nella successiva causa di merito, se verrà accertato con sentenza esecutiva pronunciante la conseguente condanna. Pertanto, legittimato ad intervenire in via principale, nella causa di convalida ai sensi del primo comma dell'art. 105 c.p.c., è — analogamente a quanto avviene per l'opposizione di terzo all'esecuzione per espropriazione forzata — chi si affermi titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa assoggettata a sequestro, che resterebbe (illegittimamente) pregiudicato dall'espropriazione forzata del bene sequestrato o pignorato.

Cass. civ. n. 1772/1971

La circostanza che il credito sia garantito da ipoteca non è, di per sé, di ostacolo alla concessione del sequestro conservativo, sempre che il giudice del merito ritenga, sia pure implicitamente, che l'ipoteca non sia sufficiente a garantire il credito. (Nella specie, un marito aveva concesso un'ipoteca a garanzia del credito della moglie separata per l'assegno di mantenimento. Successivamente, la moglie, essendo il marito emigrato all'estero, aveva richiesto ed ottenuto un sequestro conservativo a garanzia dello stesso credito. Contestatasi dal marito, nel giudizio di convalida, la sussistenza del periculum in mora in relazione al fatto che il credito della moglie era garantito dall'ipoteca convenzionale, i giudici del merito, ritenendo sussistente l'anzidetto presupposto, avevano convalidato la misura cautelare. La Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso, ha affermato il principio sopra enunciato, rilevando che il trasferimento all'estero del marito e la sua convivenza more uxorio con altra donna, ben potevano far sorgere il periculum in mora, non appena esaurita la garanzia derivante dall'iscrizione di un'ipoteca di esiguo importo). È possibile concedere il sequestro conservativo, a garanzia del puntuale pagamento di un assegno di mantenimento dovuto alla moglie, se si riscontra fondato il timore che il debitore, anche se sia attualmente adempiente, possa rendersi insolvente in un prossimo futuro.

Cass. civ. n. 2445/1970

A legittimare la concessione del sequestro conservativo occorre la esistenza di un credito, anche se non liquido od esigibile, purché attuale, ossia non meramente ipotetico od eventuale.

Cass. civ. n. 1448/1970

Il periculum in mora, considerato dall'art. 671 c.p.c. per la concessione del sequestro conservativo, non deve consistere soltanto nel subbiettivo timore del creditore di perdere le garanzie del proprio credito, ma deve corrispondere ad una situazione di pericolo reale ed obiettiva, in cui si concreti la possibilità che il patrimonio del debitore venga sottratto o diminuito, sì da non soddisfare più la funzione di garanzia assegnatagli dall'art. 2740 c.c. L'insufficienza di un patrimonio, staticamente considerato, a soddisfare determinati crediti, non legittima in sé l'adozione del sequestro, perché questo è condizionato alla esigenza del timore che il patrimonio, oggetto di responsabilità dell'obbligato, sia sottratto, diminuito o comunque pregiudicato e alla nozione di siffatto timore è estraneo il concetto di sproporzione tra il patrimonio stesso e l'ammontare del credito. La garanzia generale, che a norma dell'art. 2740 c.c. spetta al creditore anche sui beni futuri del debitore, opera, nei confronti del debitore stesso, da quando quei beni, sia pure consistenti in crediti, siano divenuti «suoi», ossia da quando essi siano entrati a far parte del suo patrimonio. Ciò non può dirsi degli stipendi non ancora maturati e delle indennità non ancora dovute al momento del concesso sequestro, cui deve aversi riguardo ai fini della valutazione del periculum in mora. Le mere aspettative non rientrano nella garanzia di cui all'art. 2740 c.c. e perciò la possibilità che esse non si avverino, è estranea al timore di perdere le garanzie stesse.

Cass. civ. n. 148/1970

Il sequestro conservativo e l'azione revocatoria hanno la caratteristica comune di essere mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del creditore, implicando l'inefficacia nei confronti di costui degli eventuali atti dispositivi posti in essere dal debitore, ma differiscono profondamente nei loro presupposti e nei loro effetti, anche sotto il profilo processuale. Il creditore, infatti, che abbia ottenuto il sequestro conservativo sui beni del debitore, non è tenuto ad instaurare il processo di espropriazione forzata, nelle forme previste dagli artt. 602 e ss. c.p.c., contro il terzo, al quale il debitore abbia alienato i beni stessi, giacché questi, si considerano come mai usciti dal patrimonio del debitore, il quale rimane il soggetto passivo sia dell'azione cautelare sia di quella esecutiva, senza soluzione di continuità. Diversamente, invece, deve ritenersi nell'ipotesi in cui il creditore abbia dovuto sperimentare l'azione revocatoria per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione posta in essere in pregiudizio delle sue ragioni; in questo caso, invero, i beni erano ormai usciti dal patrimonio del debitore, ed è il terzo acquirente ad acquistare la qualità di soggetto passivo della azione esecutiva.

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Giacomo M. chiede
venerdì 12/02/2021 - Sardegna
“Tizio è stato titolare di azienda artigiana di lavorazione marmi dal 1970 al 2013 e nell’arco di tale attività, svolta in locali di sua proprietà, ha acquistato diversi macchinari ed attrezzature con l’aiuto del fratello Caio (anche lui titolare dal 1980 di altra ditta artigiana operante su diverso settore) con il quale collaborava.
Dai primi anni 2000 Tizio, in vista della cessazione della propria attività lavorativa per limiti di età, ha gradualmente passato l’attività di lavorazione marmi al fratello Caio, ( il quale nel 2006 si è iscritto come ditta di lavorazione marmi) e gli ha concesso nel 2007 i locali del proprio laboratorio in uso gratuito con contratto di comodato decennale, oggi scaduto.
Successivamente i rapporti si sono deteriorati e Tizio e Caio sono entrati in lite giudiziaria nel 2018;
Tizio ha chiesto a Caio di lasciare liberi i locali del laboratorio ed ha riconosciuto la proprietà del 50% dei propri macchinari e chiesto la divisione degli stessi e di altri acquistati da Caio con il suo aiuto.
Caio si rifiuta di sgomberare i locali dichiarando che li detiene ed intende detenerli adducendo a pretesto i comodati scaduti; Per quanto riguarda i macchinari invece Caio si rifiuta di dividere i propri e, pur riconoscendo a Tizio la piena proprietà di quelli da Lui acquistati , chiede che gli vengano assegnati anche i macchinari di Tizio in proprietà previo pagamento di un prezzo da determinarsi a mezzo perizia ( senza nel frattempo pagare un centesimo per l’affitto dei locali e il noleggio dei macchinari).
La domanda è: sarebbe possibile per Tizio presentare una istanza per ottenere, nelle more del processo, un provvedimento urgente di sequestro conservativo o blocco dell’uso almeno dei propri macchinari o qualcosa del genere, ed il pagamento di un affitto provvisorio del laboratorio?
Che argomentazioni dovrebbe impiegare Tizio ( ad esempio l’usura dei macchinari ed il loro deprezzamento per l’uso e le ingenti spese per le tasse sui fabbricati che deve sostenere benchè goda di un reddito di sola pensione) per avere un accoglimento certo e celere dell’istanza?”
Consulenza legale i 17/02/2021
Premesso che la copia dell’atto di citazione e della comparsa di costituzione sono mancanti di pagine, esaminato quanto ci è stato trasmesso e basandoci su quanto esposto nel quesito si osserva quanto segue. Il contratto di comodato cui fa riferimento il convenuto, della durata di anni 20, pare prevedesse rinuncia espressa al diritto di restituzione di cui all’art.1809 comma 1 c.c.
Tale circostanza rappresentata nella comparsa di costituzione, se priva di idoneo riscontro probatorio, appare assai poco credibile. Sia perché allora non sarebbe stato previsto un termine di durata del comodato, sia perché non vi sarebbe stato bisogno di stipulare un ulteriore contratto di comodato nel 2007 con durata decennale.
Considerato, quindi, che il termine è ampiamente decorso, il convenuto non è legittimato a detenere ulteriormente l’immobile.
Con riguardo a questo aspetto, ed in risposta ad una delle domande contenute nel quesito, in linea di principio si è sicuramente legittimati a richiedere una indennità per l’occupazione senza titolo.
Tuttavia, tale richiesta doveva essere in primo luogo contenuta nell’atto di citazione. In quest’ultimo invece (salvo che sia nelle conclusioni, a noi non trasmesse) viene solo richiesta la restituzione senza il pagamento di alcuna indennità. In secondo luogo, la Cassazione ha più volte evidenziato che detta indennità è qualificabile in termine di risarcimento danni ed a tal proposito: “il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente "in re ipsa" e coincidente con l'evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicchè il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un'effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l'occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti..” (Cass. Civ. n.13071/2018).

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto del sequestro conservativo, si osserva ulteriormente quanto segue.
Questo tipo di sequestro è una misura cautelare che, secondo quanto disposto dall’art. 671 c.p.c., può essere autorizzato dal giudice su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. Esso può avere ad oggetto “beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento.”.
Come espressamente previsto dalla norma in questione, il sequestro conservativo riguarda appunto i beni del debitore e viene chiesto quando si teme di perdere la garanzia del proprio credito.
Nella presente vicenda, nell'atto di citazione al punto 7) leggiamo che le attrezzature e materiali ivi esistenti erano stati acquistati tutti congiuntamente tant'è che nel medesimo atto introduttivo viene chiesta la divisione dei predetti macchinari. Sulla base di tali premesse, riteniamo dunque che una istanza in corso di causa di sequestro conservativo sarebbe inammissibile per mancanza dei presupposti di legge.

Tutt’al più si potrebbe ipotizzare un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. ma anche in tal caso mancherebbe comunque il presupposto del pregiudizio imminente ed irreparabile, non potendo ritenersi tale la mera usura dei macchinari ed il loro eventuale deprezzamento.

Sotto questo profilo, appare consigliabile semmai una causa di risarcimento danni all’esito del giudizio in corso, una volta che vi sia una sentenza che abbia accertato e definito le questioni in merito al comodato ed alla proprietà dei macchinari.

Anonimo chiede
sabato 17/06/2017 - Lazio
“Il sottoscritto ha iscritto un' azione di responsabilità contro gli amministratori suffragata dall' esito di un ATP contabile.
Nelle more del giudizio di merito è stata iscritta un istanza cautelare per il sequestro conservativo degli immobili degli amministratori e delle loro quote sociali di proprietà (la controparte svolge attività imprenditoriale ed ha più partecipazioni societarie);
Il giudice accogliendo il ricorso ha decretato "il sequestro di tutti i mobili, immobili e crediti di proprietà degli amministratori fino alla concorrenza del valore di X. (Ndr dell' ATP);
Vorrei dunque sapere se in sede di ricorso la controparte può intimare il solo sequestro a quanto richiesto dalla parte istante oppure secondo la giurisprudenza ciò che rileva è l' importo contestato e quindi Il giudice ha agito correttamente,
Se possibile vorrei ricevere anche della giurisprudenza a riguardo,
Segue email con l' ordinanza
Cordialmente si ringrazia e saluta”
Consulenza legale i 12/07/2017
Per rispondere compiutamente alla domanda posta, si ritiene necessario prendere sinteticamente in esame la stessa nozione di procedimento cautelare, nella cui sfera rientra il sequestro conservativo.

Si definisce tale quel procedimento diretto ad assicurare il risultato di un procedimento di cognizione o di esecuzione, rispetto al quale svolge una funzione strumentale.
Infatti, vista la durata normalmente lunga di tali processi, può accadere che, durante il tempo occorrente per il completamento del processo, vengano a mutare le condizioni patrimoniali o di fatto di una delle parti, con il pericolo che l’altra possa, a processo ultimato, non conseguire il soddisfacimento della sua pretesa.

La tecnica della tutela cautelare consiste, dunque, nel conferire alla parte il potere di chiedere al giudice l’emanazione di un provvedimento al termine di una valutazione sommaria, purchè ricorrano due presupposti:
1) il fumus boni iuris, cioè la probabile esistenza del diritto che costituirà oggetto del processo a cognizione piena;
2) il periculum in mora, cioè il probabile verificarsi di un danno che può derivare all’attore a causa della durata del processo a cognizione piena.

Il codice di procedura civile prevede due tipi di sequestro:
  1. il sequestro giudiziario;
  2. il sequestro conservativo, che è quello che qui ci interessa, il quale ha per oggetto beni indeterminati del debitore e tende ad assicurare la garanzia generica sui beni del debitore stesso contro il pericolo di sottrazioni e alterazioni (art. 671 c.p.c.); esso è, in un certo senso, un’anticipazione del pignoramento.

La funzione del sequestro trova compiuta realizzazione quando il giudizio di merito accerta la fondatezza del diritto del sequestrante.
Nel sequestro conservativo, infatti, l’art. 686 c.p.c. stabilisce che esso si converte in pignoramento nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene una sentenza di condanna esecutiva.

Dalla sintetica esposizione appena svolta circa la funzione del sequestro conservativo, dunque, può dedursi che esso ha come scopo quello di costituire una sorta di garanzia giudiziale del credito che si ritiene di vantare e per il riconoscimento del quale si vuole promuovere azione giudiziaria; pertanto, è con riferimento all’ammontare di tale credito che il Giudice del procedimento cautelare deve autorizzare il sequestro dei beni del preteso debitore (nel caso che ci occupa si ritiene che il parametro di riferimento debba esser dato dal risultato contabile della ATP, fino alla concorrenza del quale è stato correttamente concesso il decreto di sequestro conservativo).

Nel provvedimento che autorizza il sequestro, dunque, il giudice non individua gli elementi del patrimonio da sottoporvi (sarà il creditore a provvedervi nel momento in cui attua la misura), ma si limita a stabilire il limite massimo di valore entro il quale la misura cautelare può essere posta in essere.

Soltanto a seguito del giudizio di merito, invece, il sequestro conservativo ante causam in precedenza ottenuto per l’importo massimo prefissato (nel nostro caso quello risultante dalla ATP contabile) si convertirà automaticamente in pignoramento ai sensi degli articoli 686 c.p.c. e 156 disp. att. c.p.c., con la conseguenza che la misura cautelare del sequestro, essendo stata convertita in pignoramento, non potrà più considerarsi autonomamente esistente.

In tal senso si ritiene opportuno richiamare la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 10871/2012, nella quale si afferma che il sequestro conservativo si converte in pignoramento “nei limiti del credito per il quale è intervenuta la sentenza di condanna e non anche per l’importo eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro sia stato autorizzato… né per l’importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva, il sequestro può conservare efficacia”.
Costituisce infatti orientamento costante della Suprema Corte di Cassazione quello secondo cui laddove un provvedimento giurisdizionale sia posto in esecuzione e venga poi modificato da altro provvedimento anch’esso esecutivo, nel caso di modifica in aumento, il creditore procedente può spiegare intervento sulla base del nuovo titolo; nel caso invece di eventuale modifica in diminuzione, l’esecuzione prosegue solo “nei limiti fissati dal nuovo titolo” (così Cass. n. 6072/2012).

Ciò significa che al momento della conversione del sequestro in pignoramento il decreto di sequestro conservativo non potrà più valere quale titolo esecutivo autonomamente esistente, poiché dovrà ritenersi assorbito dal successivo e definitivo titolo esecutivo, rappresentato dalla sentenza di primo grado; ed il processo esecutivo deve proseguire nel limite quantitativo indicato nella condanna di primo grado, titolo esecutivo che andrà a sostituire quello inizialmente azionato, costituito dal decreto di sequestro conservativo.

In definitiva, dunque, può dirsi che il sequestro conservativo viene normalmente autorizzato dal Giudice nei limiti del credito che si intende garantire e che formerà oggetto del giudizio di cognizione, mentre una volta intervenuta la sentenza di merito, il sequestro si convertirà automaticamente in pignoramento e sarà al credito portato da questo titolo (che potrà essere maggiore o anche minore della somma per la quale era stato concesso il sequestro) che occorrerà fare riferimento.