Le varie ipotesi previste dall'art. 1465
L'art. 1465, a differenza dei due articoli precedenti, considera i contratti con efficacia reale. L'articolo prevede e regola i seguenti casi:
A) nel 1° comma considera l'ipotesi più comune di contratti che trasferiscono o costituiscono diritti reali su cosa certa la quale venga a perire prima della consegna;
B) nel 2° comma considera ancor sempre l'ipotesi comune vista sub A, ma in cui il trasferimento o la costituzione sia differita sino al verificarsi di un dato termine;
C) nel 3° comma considera l'ipotesi di un trasferimento avente per oggetto una cosa determinata solo nel genere, la quale cosa perisca dopo la consegna, o prima di essa ma dopo che la cosa è stata individuata;
D) nell'ultimo comma considera l'ipotesi di un trasferimento sottoposto a condizione sospensiva e l'impossibilità sia sopravvenuta prima del verificarsi della condizione.
Il caso fortuito nell'ipotesi di trasferimento o costituzione di diritti reali su cosa determinata
Qui si devono considerare le seguenti ipotesi:
α) il caso fortuito fa perire la cosa prima della consegna.
A questo proposito il 1° comma dell'art. 1465 stabilisce il principio «res perit domino»: vale a dire, dato che il trasferimento del diritto avviene per effetto del semplice consenso, indipendentemente dalla consegna della cosa (1376), se questa perisce prima di detta consegna, l'acquirente è tenuto ugualmente ad eseguire la controprestazione.
Come detto, questa è una disposizione che ha l'identico fondamento di quella contenuta nei due articoli precedenti, onde il contrapposto, che si è soliti fare, tra l'art. 1465 e l'art. 1463-4, è fuori luogo.
Infatti il 1° comma dell'art. 1465 non fa che dire che, essendosi oramai verificato, dal punto di vista giuridico, l'arricchimento a favore dell'acquirente perché il diritto di proprietà sulla cosa è oramai entrato nel suo patrimonio, detto acquirente è tenuto ad effettuare i1 contro-arricchimento spettante all'alienante (ancorché la cosa sia perita fortuitamente prima della consegna).
La regola si applica così alle cose immobili come alle cose mobili (registrate o non registrate), purché ricorrano questi due presupposti: 1) si tratti di cose determinate, essendo questa la condizione indispensabile perché operi il principio del passaggio o della costituzione del diritto reale per effetto del semplice consenso (1376); 2) che nessuna altra formalità sia richiesta, oltre il consenso, a costituire il diritto: per tale ragione, la regola sancita nel 1° comma dell'art. 1465 non si applica nelle ipotesi di costituzione dei c.d. diritti reali di garanzia, in cui questa, ad es., sia prestata da un terzo mediante corrispettivo, perché, in tale ipotesi il contratto, di per sè, non basta a costituire il diritto, bensì occorre anche o la consegna della cosa (per il pegno: articolo 2786), o l'iscrizione (per l'ipoteca: art. 2808): pertanto, se l'oggetto del pegno o dell'ipoteca perisca prima della consegna, o dell'iscrizione, il diritto al corrispettivo, a favore del datore di garanzia, viene meno.
Un'osservazione, peraltro, deve qui essere fatta, e riguarda le ipotesi di costituzione di diritti reali su cosa altrui quando abbia da riconoscersi un continuo legame tra il godimento della cosa altrui e il corrispettivo di tale godimento: questo legame può risultare dalla stessa legge, come avviene per l'enfiteusi (960), oppure dalla volontà delle parti, come avviene nei casi in cui il corrispettivo del godimento deve, per patto, effettuarsi periodicamente. Vi è in questi casi un rapporto di continuità che giustifica il pieno adeguamento della prestazione corrispettiva al godimento della cosa altrui.
Ora, non si crede che in questi casi sia applicabile il 1° comma dell'art. 1465, per il quale, ad es., perito il fondo prima della consegna, l'enfiteuta dovrebbe ugualmente continuare a corrispondere il canone annuo pattuito.
Le ragioni di tale affermazione sono due:
1) il 1° comma dell'art. 1465 non considera affatto questa ipotesi di corrispettivo periodico: ciò si rileva soprattutto dai «Lavori preparatori», in cui è detto che «se l'alienazione ha immediato effetto reale, il rischio posteriore al contratto incide, indipendentemente dalla consegna, sull'acquirente, divenuto proprietario della cosa, senza che derivino ripercussioni sulla controprestazione, perché questa è definitivamente acquistata all'alienante e deve quindi essere ugualmente prestata nonostante il perimento della cosa alienata». In questo articolo (1465) il legislatore ha sempre tenuto presente il solo schema della vendita con efficacia reale, ed in ogni caso non ha mai considerata l'ipotesi di un contratto nel quale il corrispettivo del diritto reale di godimento fosse da effettuarsi periodicamente;
2) nei casi in cui ha da ravvisarsi un rapporto di continuità e di adeguamento tra il godimento della cosa altrui e il corrispettivo, ha da trovare applicazione, quando la cosa perisca, un principio diverso da quello contenuto nel 1° comma dell'art. 1465: il principio per cui, in qualunque momento perisca la cosa, prima o dopo la consegna, si estinguono automaticamente tutti i diritti reali, oneri reali, «obbligationes proper rem», che la investono: di conseguenza, venuto meno il godimento della cosa, ha da cessare il corrispettivo di tale godimento.
Questo principio (che conferma l'esattezza della regola posta sulla corrispettività degli arricchimenti, per cui ciascun arricchimento presuppone il contro-arricchimento) pare che possa ricavarsi direttamente da precise disposizioni dettate dal legislatore in materia di diritti reali di godimento: si allude qui specialmente agli articoli 963 per l'enfiteusi e 1014, n. 3 per l'usufrutto;
β) il caso fortuito colpisce, non la cosa oggetto del trasferimento, bensì il corrispettivo del trasferimento (es., in un contratto di scambio di una cosa contro una prestazione di opera, questa prestazione si rende impossibile per caso fortuito): quale sarà la sorte del già avvenuto trasferimento della proprietà della cosa certa?
E’ evidente che, in base al principio generale esposto, chi ha dato la cosa ha diritto di ripeterla (1463), in quanto non ha avuto la controprestazione, onde il danno ricadrà sul debitore della prestazione divenuta impossibile.
Il caso fortuito nell’ipotesi di trasferimento o di costituzione di diritti reali, differita allo scadere di un termine
Il principio enunciato nel 1° comma dell'art. 1465 si estende anche al caso in cui l'effetto traslativo o costitutivo del contratto sia differito al verificarsi di un dato termine.
La ragione dell'identità di trattamento qui fatto, rispetto all'ipotesi di trasferimento o costituzione immediata del diritto reale, si fa risiedere — come è stato spiegato nei lavori preparatori — nel fatto che «l'alienante, con la manifestazione del suo consenso, ha prestato tutta la cooperazione che da parte sua era necessaria perché potesse verificarsi l'effetto traslativo. L'effetto traslativo, che è il risultato peculiare del contratto, si verifica infatti automaticamente con il sopraggiungere del termine, indipendentemente da ogni ulteriore attività dell'alienante».
Così, l'acquirente non potrà esimersi dall'effettuare la controprestazione ancorché la cosa perisca prima della scadenza del termine. E’ probabile che qui il legislatore abbia avuto presente la nota concezione del termine iniziale come elemento che sospende non l'acquisto del diritto, ma l'esercizio: concezione che, anche per il nuovo codice, è sostenuta, da ultimo dal Messineo.
Se così fosse, questo secondo comma dell'art. 1465 potrebbe costituire il punto di partenza per ulteriori sviluppi di costruzioni giuridiche così, ad esempio, potrebbe costituire un valido argomento per l'ammissibilità e la costruzione dogmatica della proprietà temporanea [in cui si hanno due soggetti aventi ciascuno un effettivo diritto di proprietà, l'uno a termine iniziale, l'altro a termine finale, e in cui il sopravvenire del termine non dà luogo a trasferimento per successione, ma al rispandersi automatico di una proprietà già esistente e sussistente in testa al medesimo soggetto].
Vien qui fatto ancora di osservare che alcuni autori costruiscono la vendita con riserva della proprietà come vendita a termine: in tale caso, l'art. 1523 non sarebbe che l'applicazione del 2° comma dell'articolo 1465.
Il caso fortuito nell’ipotesi di trasferimento avente per oggetto una cosa determinata solo nel genere
Qui va premesso che, ex art. 1378, nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con l'individuazione fatta d'accordo tra le parti, o nei modi da esse stabiliti. Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo ad un altro, l'individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore od allo spedizioniere. Ora, se l'individuazione della cosa, e quindi il trasferimento della proprietà all'acquirente, avviene prima del caso fortuito, l'acquirente sarà tenuto ugualmente alla controprestazione; nel caso contrario, esso rimarrà liberato.
Anche questa disposizione contenuta nel 3° comma dell'art. 1465 non è che l'espressione e la conferma del principio posto in linea generale: nel caso di arricchimenti commutativi, il rapporto di corrispettività teleologica che lega i due arricchimenti opera in modo che la mancata attuazione, dipendente da caso fortuito, di un arricchimento, reagisce sull'altro arricchimento, impedendone, a sua volta, l'attuazione o eliminandolo (se già attuato).
Il caso fortuito nell’ipotesi di trasferimento sottoposto a condizione sospensiva
Si supponga che Tizio venda la propria villa sotto la condizione che esso riesca ad ottenere un impiego nella città vicina. La villa viene distrutta da un incendio, provocato dal fulmine, prima che la condizione si verifichi: ex art. 1465, ancorché poi quella condizione si verifichi, il compratore non è tenuto a pagare il prezzo.
La disposizione di questo ultimo comma dell'art. 1465 è concordemente qualificata come una vera e propria anomalia, e Barbero scrive addirittura che essa «fa pensare ad una svista, poiché l'incoerenza è troppo grave e palese».
Si dice infatti che, per il principio della retroattività della condizione ex art. 1360, la soluzione dovrebbe essere opposta a quella sancita dall'art. 1465 (corrispondente all'art. #1163# del codice civile del 1865), in quanto, con il verificarsi della condizione, l'acquisto della cosa dovrebbe considerarsi avvenuto al momento della conclusione del contratto, ossia prima del fortuito: pertanto il danno del perimento dovrebbe ricadere sull'acquirente (divenuto in tal modo proprietario) come nell'ipotesi regolata dal primo comma dell'art. 1465 e questi dovrebbe quindi essere tenuto ugualmente alla controprestazione.
Non si crede che l'ultimo comma dell'art. 1465 sia dovuto ad una svista del legislatore: basta pensare che la disposizione riproduce, come detto, esattamente l'art. #1163# del codice civile abrogato. E neppure si crede che nell'ultimo comma dell'art. 1465 abbia a vedersi una eccezione al principio della retroattività della condizione, come invece è detto concordemente dagli scrittori, e non si ritiene affatto che detta disposizione manchi di un fondamento razionale come pure affermano scrittori autorevolissimi a proposito del corrispondente articolo citato.
La disposizione in esame è logica e va costruita così.
Gli elementi costitutivi del negozio (causa, volizione, forma) vanno tenuti distinti dagli elementi costitutivi del rapporto giuridico (che dal negozio nascerà) (i soggetti e l'oggetto).
Gli elementi del negozio sono elementi dei quali è necessaria e sufficiente l'esistenza al momento della conclusione del negozio affinché questo possa poi produrre i suoi effetti: questo principio si può infatti ricavare dagli articoli 428, 591, n. 3, 775, 1329-1330, 1425, 1427, ecc. ed era un principio espressamente riconosciuto nel diritto romano.
Gli elementi del rapporto invece sono elementi dei quali è necessaria e sufficiente l’esistenza al momento in cui il negozio dovrà produrre i suoi effetti, cioè al momento in cui il rapporto verrà ad esistenza: anche questo è un principio che si può ricavare dal nostro sistema positivo (arg. articoli 651, 656, 1347, 1472, 1478 ecc.) ed era pure espressamente riconosciuto nel diritto romano.
Ciò premesso, vediamo brevemente in che cosa consista la retroattività della condizione (sospensiva).
Che cosa è che retroagisce al momento dell'avverarsi della condizione?
Rispondono a questa domanda gli articoli 1353 e 1360: retroagiscono gli effetti del contratto. Cioè, questi effetti vengono riportati al momento della conclusione del contratto: in altre parole, gli effetti sorti oggi (cioè al momento del verificarsi della condizione) vengono riportati ad diem conventionis.
Retroattività significa appunto che un dato effetto del negozio, nato oggi, viene spinto indietro, verso un momento precedente. E’ l’ordinamento giuridico che comanda che gli effetti attuali del contratto siano riportati al momento del contratto: ciò è detto espressamente nell'art. 1360 (.... gli effetti del contratto vengono riportati a un momento ....). Con immagine espressiva il Bekker dice che: «i c.d. effetti retroattivi non sono altro che effetti successivi (die s. g. Rackwirkungen sind Folgewirkungen).
Ora, quali sono gli effetti della compravendita reale? Essenzialmente il trasferimento della proprietà, della cosa dal venditore al compratore.
Ma qual è il presupposto, assolutamente indispensabile, perché sorga questo effetto traslativo, cioè il passaggio del diritto sulla cosa dall'un patrimonio all'altro?
E’ evidente: che sussista in rerum natura la cosa, oggetto del trasferimento.
Ma, se questa cosa è ormai perita, come potrà avvenire i1 trasferimento?
Pertanto, si pone qui questa precisa domanda: se il trasferimento non avviene, come potrà esso retroagire? Come potrebbe trovare, in tale caso, applicazione l'art. 1360: «gli effetti retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto»?
Se questi effetti non possono prodursi, essi non possono essere retrotratti: non può operare retroattivamente quello che.... non esiste. Manca il «quid» che dovrebbe retroagire.
E, si noti, non si insiste sull'esattezza di questa disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 1465 solo perché esso concorda con il principio posto in tema di caso fortuito (non verificandosi un arricchimento non ha da verificarsi neanche il contro-arricchimento): pare che l'accusa di «incoerenza» fatta dalla nostra dottrina al legislatore non regga affatto. La disposizione in esame (in cui è detto che non è al momento della conclusione del negozio che è rilevante il fatto dell'esistenza o meno della cosa, ma al momento del verificarsi della condizione) è del tutto coerente, non solo con il concetto di retroattività accolto dal nostro legislatore (1360), come dimostrato, ma anche con tutto il sistema del Codice, il quale, come pure detto, ritiene sempre necessario e sufficiente che il bene esista al momento del nascere del rapporto (appunto perché il bene è da considerarsi come elemento del rapporto non del negozio).
Se fosse vero il ragionamento avversario, dovrebbe arrivarsi a questa conclusione (la quale, sì che dovrebbe ritenersi incoerente di fronte a tutto il sistema): che se la cosa venduta non fosse esistente,
comunque non fosse possibile di prestazione, al momento del negozio, ancorché lo diventasse in seguito, il rapporto non potrebbe più nascere. Infatti, se è al memento della conclusione del negozio che è rilevante il fatto dell'esistenza o meno della cosa, perché è a quel momento che la condizione retroagisce, siccome proprio in quel momento la cosa manca, il negozio non potrebbe affatto produrre i suoi effetti: ma questa conseguenza non è affatto accettabile (non tanto per le ragioni precedentemente esposte, ma) perché contraria a tutto il nostro sistema legislativo (argomento ex articoli 651, 656, 1472, 1478) il quale, a questo proposito, culmina con la disposizione dell'art. 1347 il quale, essendo il reciproco del 1465, depone per la perfetta coerenza del sistema: «il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido se la prestazione, inizialmente impossibile, diviene possibile prima dell'avverarsi della condizione o della scadenza del termine».
Concludendo: nella vendita reale sottoposta a condizione sospensiva, il rischio ha da essere, pendente condicione, a carico del venditore, perché: α) durante la pendenza della condiz., proprietario della cosa continua ad essere il venditore β) verificatasi la condizione dopo il perimento della cosa, di retroattività non è a parlarsi perché, non potendo verificarsi gli effetti giuridici del negozio — cioè il trasferimento della proprietà dal venditore al compratore — a causa del perimento stesso della res vendita, non è logicamente ammissibile, né materialmente possibile, che tali effetti, non verificatisi, possano retroagire ad diem venditionis.
Pertanto, in tale ipotesi, il compratore non sarà tenuto a pagare il prezzo.