Gli articoli da
629 a
632 disciplinano l'estinzione del
processo esecutivo, la quale può essere causata dalla
rinuncia agli atti o dall'inattività delle parti (
art. 630 del c.p.c.), nell’ambito della quale si distingue l'ipotesi della doppia diserzione d'
udienza (
art. 631 del c.p.c.).
La rinuncia agli atti esecutivi consiste, in buona sostanza, nella dichiarazione di voler porre termine al processo esecutivo.
Perché possa aversi rinuncia agli atti esecutivi è necessario, anzitutto, che il processo esecutivo sia iniziato.
Dalla rinuncia agli atti ex art. 629 va, quindi, tenuta distinta la c.d. rinuncia al
precetto, cioè la rinuncia che intervenga anteriormente al compimento del
pignoramento o del primo atto delle esecuzioni in forma specifica.
La rinuncia al precetto è un atto di natura extra-processuale, notificato o portato a conoscenza del
debitore ed, eventualmente, del terzo assoggettato all'esecuzione in altra forma idonea al raggiungimento del suo scopo.
Essa è sottratta alla disciplina dell'art. 629 e non determina gli effetti di cui all' art. 632; del resto, al pari della rinuncia agli atti esecutivi non richiede l'accettazione del debitore intimato.
La norma in esame, nell'indicare i soggetti che sono legittimati a porre in essere la rinuncia, distingue la posizione dei creditori a seconda che la dichiarazione intervenga prima dell'
aggiudicazione o dell'assegnazione (così il primo comma) ovvero dopo la vendita (secondo comma).
Nella prima ipotesi perché si determini l'estinzione è necessario che la rinuncia provenga dal “
creditore pignorante” e da quelli “intervenuti muniti di
titolo esecutivo”; nella seconda ipotesi, il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i
creditori concorrenti», anche quelli privi di titolo esecutivo.
Da questa distinzione se ne ricava l'articolazione del processo di
espropriazione forzata in due fasi:
-
nella prima fase solo i creditori titolati possono provocare gli atti di espropriazione ed esercitare tale potere anche in senso negativo;
-
nella seconda, a seguito della trasformazione del bene pignorato in denaro, tutti i creditori hanno diritto a soddisfarsi sul ricavato, salvo cause di prelazione, e pertanto sono chiamati a concorrere alla rinuncia.
Qualora la rinuncia non dovesse essere effettuata da tutti i creditori, la stessa non determinerà l’estinzione del processo e non produrrà effetto nei confronti del creditore contrario ad essa, mentre sarà efficace esclusivamente nei confronti di coloro che si sono espressi in tal senso.
Dal punto di vista oggettivo si è profilata l'ipotesi di una rinuncia relativa solo ad alcuni atti del processo esecutivo.
Potrebbe, ad esempio, verificarsi che il creditore procedente, accortosi che uno dei beni pignorati è impignorabile o di proprietà di un terzo estraneo, rinunci al pignoramento su di essi oppure che, relativamente solo ad alcuni degli immobili pignorati, non riesca a procurarsi la documentazione tecnica, richiesta dall'
art. 567 del c.p.c., rinunciando così agli atti relativi agli immobili con riguardo ai quali la documentazione sia inesatta o incompleta.
Sono stati avanzati dei dubbi circa la corretta
qualificazione giuridica da dare a questa rinuncia parziale, anche sotto il profilo degli effetti.
Si parla a tal proposito di modificazione dei dati del processo esecutivo, di estinzione dell'atto o della parte di esso oggetto di rinuncia, di estinzione parziale del processo esecutivo.
Per quanto concerne la forma della rinuncia, occorre che essa sia esplicita, potendo farsi risultare da atto sottoscritto e notificato alle parti ovvero da dichiarazione verbale effettuata direttamente in udienza; può essere redatta dalla parte personalmente o dal suo
procuratore (cfr. art.
306, 2° co c.p.c.)
In ordine agli effetti, si discute se la rinuncia agli atti abbia come conseguenza anche la rinuncia all’
azione esecutiva.
Secondo una prima tesi, il creditore che rinuncia agli atti può mettere in azione il medesimo titolo per iniziare un’altra azione esecutiva; secondo un’altra tesi, invece, l’estinzione del processo esecutivo determina la liberazione del bene dal pignoramento o la restituzione del ricavato al debitore, con conseguente estinzione dell’azione, legata ai beni sui quali si esercita.
Nel processo esecutivo non è richiesto che il debitore accetti la rinuncia del creditori (a differenza di ciò che accade nel processo di cognizione, in cui si richiede l’accettazione della rinuncia ad opera delle parti costituite che abbiano interesse al processo), e ciò perché la volontà del debitore è del tutto irrilevante ai fini della prosecuzione del processo esecutivo.
A conferma di quanto appena detto può, infatti, osservarsi che è il giudice a dichiarare l’estinzione del processo, in seguito all’accertamento, con esito positivo, della regolarità della stessa rinuncia, senza che occorra convocare le parti.
Pronunciata l'
ordinanza di estinzione, gli effetti decorrono dal momento in cui è stata posta in essere la rinuncia da parte di tutti i creditori chiamati a concorrervi.
La dichiarazione di estinzione opererebbe, in altre parole, secondo lo schema della
condizione risolutiva e della retroattività del fatto condizionante.