L’estinzione prevista dalla norma in esame si verifica automaticamente, senza che occorra sollevare alcuna eccezione in tal senso.
A differenza di quanto accade nel
processo di cognizione (in cui la causa viene cancellata dal ruolo), in quello esecutivo la diserzione, ad opera delle parti, di due udienze consecutive comporta l’estinzione del processo.
Si ritiene opportuno precisare che nel concetto di “parti” non può essere incluso il
debitore, la cui presenza nel processo non risulta rilevante, essendo privo di alcun potere di iniziativa se tutti i creditori sono assenti (rileva, cioè, la mancata
comparizione dei soli soggetti dotati del potere di dare impulso al processo esecutivo).
L’assenza delle parti in
udienza determina l’estinzione del processo solo nel caso in cui nella stessa udienza debbano compiersi atti essenziali per la prosecuzione del processo stesso; per tale ragione, ad esempio, la mancata comparizione delle parti all'udienza dedicata all'approvazione del progetto di
distribuzione della somma ricavata, non ha come effetto l'estinzione del processo esecutivo, bensì l'implicita approvazione del progetto di distribuzione o del riparto.
Ovviamente, la norma in esame, ricollegando l'estinzione alla doppia diserzione d'udienza, può trovare applicazione solo nelle esecuzioni che contemplano lo svolgimento dell'udienza.
Per la nozione di “udienza” si è sviluppata un'interpretazione analoga a quella maturata circa la nozione di “parti”.
Anche in questo caso ciò a cui occorre fare riferimento è il potere di impulso processuale; infatti, se può ritenersi che l'estinzione è conseguenza del venir meno dell'impulso processuale, sarà rilevante solo l'inattività,
sub specie di diserzione, all'interno delle udienze nelle quali tale potere va esercitato.
Pertanto, sono “udienze”, ai sensi e per gli effetti di cui alla norma in esame, quelle in cui i soggetti che ne sono muniti sono chiamati ad esercitare il loro potere di impulso per lo svolgimento della procedura esecutiva, ovvero solo quelle in cui venga richiesto il compimento di attività essenziali per la prosecuzione del processo esecutivo
Ha costituito oggetto di un acceso dibattito il contenuto del primo comma dell’
art. 581 del c.p.c., nella parte in cui dispone, riguardo alla
vendita forzata di
beni immobili, che “
l'incanto ha luogo davanti al giudice dell'esecuzione nella sala delle udienze pubbliche”.
In particolare, si è discusso se tale disposizione configuri una vera e propria “udienza” e se tale udienza sia rilevante ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'art. 631.
Secondo un primo orientamento, a lungo prevalente, a tali interrogativi doveva essere data risposta positiva, argomentando sia dal fatto che per udienza deve intendersi ogni attività compiuta dal giudice nell'apposita sala all'uopo destinata e che comporta la presenza delle parti e/o dei loro difensori sia dalla presenza dei creditori titolati alla “udienza di incanto” (ciò che denota il permanere dell'impulso processuale che deve animare l'
esecuzione forzata).
Di contro altra parte della dottrina osservava che l' art. 581 si limita ad indicare la sala delle pubbliche udienze come sede delle operazioni di incanto immobiliare, aggiungendo che, nell'espropriazione di beni mobili, le operazioni di incanto sono espletate dal
cancelliere, dall'
ufficiale giudiziario o da un istituto all'uopo autorizzato e che, a seguito dell'emanazione della L. 3.8.1998, n. 302, le operazioni di vendita con incanto, mobiliare (
art. 534 bis del c.p.c.) ed immobiliare (
art. 591 bis del c.p.c.), possono essere delegate al
notaio, innanzi al quale non si tiene certo “udienza”.
In tale contesto è sopraggiunto l'intervento operato con L. 28.12.2005, n. 263, sul 1° co. dell'articolo in esame, per effetto del quale è stato inserito l’inciso “
fatta eccezione per quella in cui ha luogo la vendita”.
Ed infatti, il primo comma dell' art. 631 fa espresso riferimento adesso all’udienza in cui ha luogo la vendita, per avvertire che la mancata comparizione delle parti al suo interno non mette in moto il meccanismo descritto dalla disposizione in esame e non impedisce, dunque, il compimento delle operazioni di vendita.
L'
ordinanza con cui il giudice dichiara estinto il processo è impugnabile con il
reclamo ex art.
630 c.p.c., con l’osservanza, dunque, delle forme di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’
art. 178 del c.p.c..