Con questa norma viene disciplinata l’estinzione del
processo esecutivo per inattività delle parti, la quale si configura quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel
termine perentorio stabilito dalla legge o dallo stesso
giudice dell’esecuzione.
Il secondo comma, introdotto a seguito delle modifiche apportate dalla Legge n. 69/2009, ha inteso svincolare l’operatività di diritto dell’estinzione dall’
onere di
eccezione da parte del soggetto interessato, disponendo che anche il giudice possa pronunciare d’ufficio con
ordinanza l’estinzione del processo esecutivo, purchè ciò avvenga non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della causa di estinzione.
L’ordinanza, se pronunciata fuori dall’udienza, deve essere comunicata a cura del
cancelliere.
Al contrario di quanto previsto per il processo di cognizione dal novellato
art. 307 del c.p.c., 4° co., il secondo comma della norma in esame pone un limite alla rilevabilità dell'estinzione, disponendo che la stessa deve essere dichiarata entro la prima udienza successiva al verificarsi dell'evento estintivo.
Il legislatore, pur generalizzando il rilievo ufficioso dell'estinzione, avrebbe così evitato che gli effetti di una vicenda estintiva non dichiarata si possano riflettere sulle fasi successive della procedura esecutiva.
E’ stato osservato che questo limite temporale potrà comportare qualche incertezza in sede di applicazione allorchè al verificarsi dell'evento estintivo non segua alcuna ulteriore udienza.
Si pensi, ad esempio, al caso di estinzione previsto dall'
art. 624 del c.p.c.: stabilizzatosi il
provvedimento di sospensione del processo esecutivo, ad esso non dovrebbero seguire udienze nel processo esecutivo, per cui si è sostenuto che la possibilità del giudice di dichiarare l'estinzione è, almeno, in teoria "senza termine".
Altra parte della dottrina ritiene, però, che qualora la fattispecie estintiva si verifichi in una fase del processo esecutivo in cui si svolgono adempimenti ed attività fuori udienza, possa individuarsi una preclusione per il rilievo dell'estinzione e che essa vada ricollegata al compimento di ogni altra attività processuale ad opera della parte o del giudice.
Anche quando la fattispecie estintiva si verifichi in una fase del processo esecutivo in cui si svolgono adempimenti ed attività fuori udienza, il G.E. su sollecitazione della parte interessata o d'ufficio, fisserà un'udienza ai sensi dell'
art. 485 del c.p.c., considerato che l'estinzione va sempre dichiarata con ordinanza.
Anche se, per effetto del secondo comma della norma in esame, è stata superata la regola della dichiarabilità dell'estinzione solo su
eccezione di parte, la previsione secondo cui l'estinzione “
opera di diritto” è rimasta invariata; analogamente a quanto si verifica nell'ambito del processo di cognizione davanti all'analoga dicitura dell'
art. 307 del c.p.c., ult. co., tale formula si deve intendere nel senso che gli effetti dell'estinzione si producono sin dal momento in cui si è verificata la fattispecie di inattività che legittima il giudice, su eccezione della parte interessata (o d'ufficio, ove possibile) a dichiararla.
“Parte interessata” ad eccepire l'estinzione è, innanzitutto, il debitore, il quale non ha alcun interesse che il processo esecutivo prosegua contro se stesso.
Oltre ad esso, possono individuarsi:
il “terzo
proprietario” assoggettato all'esecuzione e il
debitor debitoris nel caso di
pignoramento presso terzi; chi abbia acquistato diritti sul
bene pignorato, al fine di sottrarlo all'aggressione esecutiva ; il creditore tardivamente intervenuto che abbia interesse a promuovere una nuova espropriazione o che abbia iscritto ipoteca successivamente al pignoramento.
Per quanto concerne in particolare la legittimazione del debitore, si è statuito che egli può proporre eccezione di estinzione anche quando, nel corso del processo esecutivo, abbia alienato il bene pignorato.
Entro il
termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia in udienza o dalla sua
comunicazione è ammesso
reclamo contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione o che rigetta la relativa eccezione.
Sul reclamo decide il
collegio con
sentenza emessa in
camera di consiglio.
Nell'attuale quadro normativo, il reclamo costituisce, dunque, rimedio generale, tipico ed esclusivo avverso la pronuncia del giudice dell'esecuzione sull'estinzione.
Provvedimento di rigetto implicito, suscettibile di reclamo, sarebbe, poi, costituito dall'atto con cui, nonostante la proposizione dell'eccezione di estinzione, il G.E. dia disposizioni per il prosieguo dell'attività esecutiva
Ai fini dell'esperibilità del reclamo ex art.
630, ult. co. c.p.c., è determinante la riconduzione della fattispecie che ha generato la pronuncia del G.E. al novero dei casi di estinzione; ciò comporta che, qualora si versi in una ipotesi di «improseguibilità/
improcedibilità, ci si dovrà avvalere della
opposizione agli atti esecutivi.
Al riguardo va osservato che non è decisiva né la qualificazione data dal G.E. al provvedimento adottato né quella data dalla parte al rimedio in concreto esperito, bensì ci si dovrà attenere a quella offerta dal giudice dell'impugnazione nella decisione resa.
Nell'individuare i soggetti legittimati a proporre reclamo ci si suole riferire, genericamente, a tutti gli interessati alla vicenda estintiva; tuttavia, se per alcuni tra i legittimati attivi vanno inclusi anche terzi che non siano parti del processo esecutivo (come, ad esempio, l'
aggiudicatario provvisorio e l'offerente in aumento di sesto, purché si assumano lesi dall'ordinanza sull'estinzione), per altri tali terzi vanno, invece, esclusi, in quanto essi potrebbero ricorrere alle opposizioni esecutive per rimuovere un processo la cui permanenza sia pregiudizievole.
Dal momento che il giudizio di reclamo sulla vicenda estintiva rende oggettivamente incerto l'esito dell'
azione esecutiva, i termini per la proposizione del reclamo, per lo svolgimento del relativo procedimento nonché per le successive fasi di impugnazione non sono soggetti, al pari del giudizio di opposizione all'esecuzione, alla sospensione feriale prevista dalla L. 7.10.1969, n. 742.
Qualora, per disguidi interni all'ufficio di cancelleria, l'ordinanza sull'estinzione non venga comunicata, il termine per la proposizione del reclamo decorre dal giorno in cui la parte ne abbia, comunque, acquisito conoscenza legale
Per effetto del rinvio contenuto all’ultimo comma della norma in esame all' art.
178, 3°, 4° e 5° co., le forme di proposizione del reclamo e di svolgimento del relativo procedimento sono quelle dettate, nel processo di cognizione, per il reclamo al collegio contro la declaratoria di estinzione adottata dal
giudice istruttore che non operi in funzione di giudice unico.
Il reclamo deve indirizzarsi, con proposizione a
verbale di un'udienza del processo esecutivo o con ricorso, al giudice dell'esecuzione, che poi provvede a rimettere dinanzi al collegio la decisione nei modi di cui al comma 5 dell' art. 178; infatti, l'organo ricevente il reclamo è quello preposto all'attività processuale nell'ambito della quale insorge la questione oggetto del reclamo.
Circa i possibili contenuti della decisione sul reclamo, qualora si aderisca alla tesi della autonomia strutturale tra processo esecutivo e giudizio di reclamo, dovrebbe sostenersi il carattere meramente rescindente della pronuncia che definisce il giudizio in questione; anche se la sentenza sul reclamo dovesse annullare la declinatoria di estinzione, la stessa non potrebbe contenere la dichiarazione di estinzione, che spetterebbe pur sempre al giudice dell'esecuzione, unitamente ai provvedimenti consequenziali ex artt.
562,
632.
Infine, occorre chiedersi se la reclamabilità ovvero l'effettiva proposizione del reclamo impedisca all'ordinanza sull'estinzione di produrre immediatamente i suoi effetti ovvero se tali effetti non possano prodursi prima della definizione del giudizio di reclamo o, addirittura, delle successive, eventuali fasi di
impugnazione.
Autorevole dottrina, nel sostenere che in pendenza del reclamo il giudice dell'esecuzione non può provvedere alla cancellazione del
pignoramento, riconosce implicitamente al rimedio ex art.
630, 2° co., un'automatica
efficacia sospensiva della declaratoria di estinzione.