Il Tribunale di Perugia, con una sentenza del 1 agosto 2016, ha fornito nuove precisazioni in ordine alle garanzie di cui può godere la moglie per essere certa di percepire l’assegno mantenimento previsto in sede di separazione o divorzio.
Nel caso esaminato dal Tribunale, l’ex moglie aveva agito in giudizio chiedendo il sequestro conservativo (art. art. 671 del c.p.c. codice procedura civile) dell’appartamento di proprietà dell’ex marito, essendo “palese la sussistenza del periculum in mora circa il corretto adempimento dell’obbligazione futura di mantenimento, avendo il medesimo documentato, a mezzo della produzione di incarico a vendere ad agenzia immobiliare, di avere messo in vendita la casa coniugale”, nonché di “aver chiesto in prestito denaro per far fronte a presunti debiti”, di “aver subito una riduzione del proprio lavoro”, e di “soffrire di depressione e che tanto potrebbe indurlo a smettere completamente di lavorare”.
In altri termini, secondo la donna era opportuno procedere al sequestro in quanto vi erano ragionevoli motivi per ritenere che il marito non sarebbe stato in grado di far fronte ai propri obblighi di mantenimento, riconosciuti sia in primo grado che in grado di appello.
L’ex marito si era costituito in giudizio, eccependo l’improcedibilità del ricorso per sequestro, in considerazione del mancato invio, da parte dell’ex moglie, della raccomanda di costituzione in mora prevista dall’art. 8 della legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio).
Secondo l’ex marito, inoltre, l’ex moglie “aveva nel corso degli anni percepito a titolo di mantenimento somme ben maggiori di quelle dovutele, oltre alla somma di €. 42.000,00 con scrittura privata a latere dell’accordo di separazione, sì che non sussisterebbe il presupposto dell’inadempimento dell’obbligato di cui al citato art. 8”.
In sostanza, l’ex marito evidenziava di non aver mai inadempiuto ai propri obblighi di mantenimento, in quanto, al contrario, aveva versato all’ex moglie somme addirittura maggiori rispetto a quelle stabilite in sede di divorzio.
Il Tribunale, non riteneva di poter accogliere l’eccezione di improcedibilità sollevata dall’ex marito, evidenziando come la disposizione di cui all’art. 8 della legge 898/70 è “relativa a istituto – il sequestro di somme dovute all’obbligato da terzi tenuti a corrispondergli periodicamente somme di denaro – diverso da quello azionato dalla ricorrente”.
Evidenziava il Tribunale, peraltro, come l’ex marito non si era in alcun modo difeso in merito alla sussistenza dei presupposti per il sequestro previsti dall’art. 671 codice procedura civile (sequestro cosiddetto "conservativo").
Le argomentazioni svolte dall’ex marito, infatti, facevano riferimento “a fatti non rilevanti in questa sede, quali quelli tesi a contestare che sussista l’inadempimento (non richiesto, nella fattispecie) e quelli attinenti all’andamento delle trattative stragiudiziali circa l’eventuale accordo sulla corresponsione di un assegno una tantum”.
Entrando nel merito della richiesta di sequestro, il Tribunale precisava che, per quanto riguardava la “sussistenza del periculum in mora, ossia del fondato timore di perdere le garanzie del credito vantato”, l’ex marito, “oltre ad aver contestato che sussistano i presupposti per la corresponsione in favore della (A) dell’assegno divorzile, ha variamente dedotto di non essere nelle condizioni di poter adempiere al detto obbligo di pagamento”.
Ebbene, secondo il giudice, dalla ricostruzione dei fatti offerta dall’ex marito emergeva chiaramente la “sostanziale indigenza” del medesimo, con la conseguenza che “il timore che possa essere dispersa ogni garanzia patrimoniale a presidio del regolare adempimento futuro dell’obbligo di mantenimento appare tutt’altro che infondato”.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale riteneva di dover accogliere la richiesta di autorizzazione al sequestro conservativo avanzata dalla ex moglie.