Cass. pen. n. 16044/2019
                                      In  tema  di  tutela  delle  acque  dall'inquinamento,  lo scarico  senza  autorizzazione di acque reflue provenienti  da  attività  casearia  integra  il  reato  previsto dall'art.  137  D.Lgs.  4 marzo  2006,  n. 152,  in  quanto detti reflui non sono assimilabili alle acque domestiche di cui all'art.  101,  comma  7,  del  medesimo  D.Lgs.,  non rientrando tale attività, né in quella di mero allevamento del  bestiame,  prevista  dalla  lettera  b)  di  tale  ultima disposizione,  né  in  quelle  a  quest'ultima  accessorie,  disciplinate  dalla  lettera  c)  della  medesima  norma.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 28108/2018
                                      In  tema  di  opposizione  a  sanzioni  amministrative, ricorre il vizio di incompetenza assoluta dell'amministrazione  quando  l'atto  emesso  concerne una  materia  del  tutto  estranea  alla  sfera  degli  interessi pubblici attribuiti alla cura dell'amministrazione alla quale l'organo emittente appartiene, mentre si ha incompetenza  relativa  nel  rapporto  interno  tra  organi  o enti nelle cui attribuzioni  rientra, sia pure  a fini e  in casi diversi, una determinata materia. Soltanto il primo vizio è rilevabile  d'ufficio  dal giudice,  comportando  esso l'inesistenza del provvedimento, laddove il secondo deve essere dedotto dalla parte esclusivamente con il ricorso introduttivo,  unitamente  alle  ragioni  poste  a  base  dello stesso.  Circa l'obbligo  del rispetto  degli  obiettivi  di qualità  dei  corpi  idrici, ai  fini  della  sussistenza  della violazione  di  cui  all'art.  101,  comma  1,  D.Lgs.  n. 152/2006,  non  è  necessario  il  contestuale superamento di  ognuno  dei  parametri  indicati  nella  tabella  1  dell'allegato 5, parte III, D.Lgs. cit. È pertanto legittima la relativa sanzione  irrogata.  In  tema  di  tutela  delle  acque dall'inquinamento,  ai  fini  della  sussistenza  della violazione di cui all'art. 101 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non è  necessario  il  contestuale  superamento  di  ognuno  dei parametri indicati nella tabella 1 dell'allegato 5 alla parte III  del  medesimo  decreto,  sia come limiti in concentrazione, sia come limiti in percentuale, essendo, invece, sufficiente la non conformità di anche uno di essi, non  soltanto  perché  nessuna  norma  esclude  espressamente la violazione in caso di superamento di alcuni di tali parametri e non di tutti, ma pure in quanto l'allegato 1 prescrive, al punto 4, che i valori limite fissati dalla tabella 1 siano rispettati singolarmente. (Nella specie, la S.C. ha confermato  la  decisione di  appello  che  aveva  ritenuto legittima  la  sanzione  irrogata  nonostante  la  difesa  degli opponenti sostenesse che appena due campioni fossero risultati fuori parametro  rispetto  a ciascuno dei tre  indici BOD,  COD  e  SST,  con  riferimento  ai  limiti  in concentrazione  in  uscita,  e  che,  comunque,  non  fosse stata  superata  la  soglia  di  tollerabilità  prevista,  in proporzione al numero dei campionamenti effettuati nell'unità temporale).
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 6245/2018
                                      Per insediamenti,  edifici  o  stabilimenti la  cui attività  sia  trasferita  in  altro  luogo,  ovvero  per  quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a  ristrutturazione  da  cui  derivi  uno  scarico  avente caratteristiche  qualitativamente  e/o  quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta  una  nuova  autorizzazione  allo  scarico,  ove quest'ultimo  ne  risulti  soggetto.  Nelle  ipotesi  in  cui  lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse,  deve  essere  data  comunicazione  all'autorità competente,  la  quale,  verificata  la  compatibilità  dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 6998/2017
                                      L'assimilazione delle acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari a quelle domestiche, a norma dell'art. 101  D.Lgs.  n.  152/2006,  come  innovato  dalla  Legge  n. 221/2015,  a)  opera  soltanto  ai  fini  dello  scarico  in pubblica  fognatura;  b)  non  interviene  in  modo automatico,  solo  perché  si  tratti  di  acque  reflue  di vegetazione  dei  frantoi  oleari,  risultando  invero necessario  che  ricorrano  le  numerose  condizioni  di  cui alla  seconda  parte  della  norma  stessa,  il  cui  solo accertamento  consente  di  sottrarre  lo  scarico  delle acque in esame alla disciplina ordinaria di cui al D.Lgs. n. 152/2006 in tema di scarichi industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 38946/2017
                                      In tema di inquinamento idrico l'assimilazione, ai fini della  disciplina  degli  scarichi  e  delle  autorizzazioni,  di determinate acque  reflue  industriali alle  acque  reflue domestiche  è  subordinata  alla  dimostrazione  della esistenza  delle  specifiche  condizioni  individuate  dalle leggi che la prevedono, restando applicabili, in difetto, le regole  ordinarie.  (Fattispecie  di  scarichi  di  reflui  provenienti  da  attività  di  cantina  di  un'azienda  vinicola). (Rigetta, Trib. Pordenone, 1 dicembre 2016).
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 38866/2017
                                      L'attività di ricovero e custodia cani per conto terzi è un'attività  di  servizio  diversa  dall'allevamento,  che, secondo  la  comune  nozione,  è  l'attività  di  custodire,  far crescere  ed  opportunamente  riprodurre  animali  in cattività,  totale  o  parziale,  per  scopi  produttivi  o commerciali  e  perciò  il  refluo  prodotto  (costituito  da deiezioni  animali,  residui  di  attività  di  toelettatura  e di cura sanitaria) non può essere qualificato tra le acque reflue domestiche.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 30135/2017
                                      Le  indicazioni  sulle  metodiche  di prelievo  e campionamento del refluo, contenute nell'Allegato 5 alla Parte  II  D.Lgs.  n.  152/2006,  nello  specificare  che  la metodica  normale  è  quella  del  campionamento  medio, non  stabiliscono  un  criterio  legale  di  valutazione  della prova,  in  quanto  è  consentito  all'organo  di  controllo procedere  con  modalità  diverse  di  campionamento, anche  istantaneo,  qualora  ciò  sia  giustificato  da particolari esigenze.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 35850/2016
                                      Premesso  che  la  definizione  di  acque  reflue domestiche,  quali  acque  provenienti  da  insediamenti  di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo  umano  e  da  attività  domestiche,  è tale da  non  ricomprendere,  ai  sensi  dell'art.  101,  comma  7, lett.  e),  D.Lgs.  n.  152/2006  le acque  reflue  non  aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche,  i reflui  prodotti  da  un  centro  di emodialisi, in quanto provenienti da una attività che ha ad  oggetto  l'effettuazione  di  prestazioni  terapeutiche, sono  caratterizzati  dalla  presenza  di  sostanze  estranee sia al metabolismo umano che alle attività domestiche e dunque  non  possono  essere  qualificate  come  acque reflue  domestiche,  ma  come  acque  reflue  industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 1686/2016
                                      Il  combinato  disposto  degli  artt.  124,  comma  10,  e 101,  comma  1,  del  D.Lgs.  2  aprile  2006  n.  152  (Codice dell'ambiente)  designa  un  corpo  normativo  inteso  ad assicurare  la  permanente  e  progressiva,  ancorché asintotica, adeguatezza  degli  scarichi  prodotti  dagli insediamenti  produttivi  ai  c.d.  valori  limite che,  in ragione  di  fattori  sopravvenuti  (atmosferici,  climatici  o tecnici), si rendano necessari per salvaguardare la tutela dell'ambiente.  Limiti  o  standards  che,  non  sono  fissi  o rigidamente  stabiliti  una  volta  per tutti  al  momento  del rilascio  dell'autorizzazione  allo  scarico  (Riforma  della sentenza  del  T.a.r.  Campania,  Napoli,  sez.  V,  n. 1222/2015).
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 2900/2015
                                      È  vero  che  il  D.Lgs.  n.  4/2008,  innovando  sensibilmente  la  precedente  disciplina,  parifica  alle  acque reflue domestiche  le  acque  reflue  provenienti  dalle attività di allevamento del bestiame, comportando il venir meno  della connessione  funzionale  dell'allevamento con la coltivazione della terra (cfr. art. 101, comma 7, del  D.Lgs.  n.  152/2006):  cionondimeno  tanto  non consente  al  titolare  dell'attività  di  scaricare  sic  et simpliciter  le  acque  reflue  di  un  allevamento  senza autorizzazione  e  senza  adottare  le  misure  atte  a garantire  la  salubrità  e  l'igiene.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 22758/2010
                                      Nel  caso  in  cui  la condotta  contestata  consista nell'avere l'imputato, quale titolare di un frantoio oleario, effettuato  in  un  fiume scarichi  di  acque  reflue  industriali non autorizzati, sono palesemente infondate le sollevate eccezioni in tema di prelievo di campioni e di esecuzione delle  relative  analisi  [effettuati  nel  rispetto  delle  norme procedimentali  di  riferimento]  qualora  sia  stato  accertato,  con  motivazione  incensurabile,  che  le  acque  di lavorazione  delle  olive  venivano  immesse,  senza trattamento depurativo, attraverso un tubo, direttamente in  corso d'acqua  superficiale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 11256/2010
                                      Anche  a  seguito della  depenalizzazione  della condotta  di  scarico  senza  autorizzazione  di  reflui provenienti  da  attività  d'allevamento  del  bestiame  per effetto  delle  modifiche  introdotte  dal  D.Lgs.  16  gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett. b). del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui medesimi,  al  di  fuori  dei  casi  o  dei  limiti  consentiti, continua  ad  integrare  il  reato  previsto  dall'art.  137, comma  quattordicesimo,  del  D.Lgs. 152 del  2006.  Il  più grave  trattamento  sanzionatorio  comminato  per  l'ipotesi di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, al  di  fuori  dei  casi  e  delle  procedure  previste, evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del legislatore, della maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione  di  sostanze  alimentari,  di  materiali  potenzialmente nocivi se utilizzati al di fuori delle prescrizioni imposte. La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza  "salvo  che il fatto costituisca  reato"  prevista dall'art.  137,  comma  terzo,  del  medesimo  decreto legislativo,  che  punisce  con  sanzione  amministrativa l'effettuazione  o  il  mantenimento  di  uno  scarico senza l'osservanza  delle  prescrizioni  indicate  nel  provvedimento  di  autorizzazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 772/2010
                                      La  sussistenza  dei  requisiti  intrinseci  di assimilabilità  di  uno  scarico  di  acque  reflue  a  quelle domestiche, pur  in  mancanza  della  documentazione richiesta  dalla  normativa  regionale per  attestare  tale assimilabilità,  esclude  il  reato  di  scarico  senza autorizzazione.  (In  motivazione,  la  Corte - in  una fattispecie  nella  quale,  secondo  la  normativa  regionale, era sufficiente per l'assimilabilità un'autocertificazione del titolare  dello  scarico  attestante  un  consumo  medio giornaliero non superiore a 20 mc. - ha precisato che la mancanza  dell'autocertificazione  integrasse  l'illecito amministrativo di cui all'art. 133, comma secondo, D.Lgs. 3  aprile  2006,  n.  152).
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 19329/2009
                                      L'utilizzazione  agronomica  degli  effluenti  di allevamento  deve  avvenire  nel  rispetto  delle  prescrizioni  regionali adottate  a  norma  del  comma  2 dell'art. 112 D.Lgs. n. 152/2006. Il mancato rispetto di tali disposizioni  ovvero  dei  divieti  di  esercizio  o  della sospensione  a  tempo  determinato  delle  attività  ,  anche dopo  le  modifiche  apportate  all'art.  101  D.Lgs.  n. 152/2006 con il D.Lgs. n. 4 del 2008, continua ad essere sanzionato dall'art. 137, comma 14.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 17862/2009
                                      Con  l'articolo  137,  comma  11  D.Lgs.  152/2006  il legislatore, conformemente alle direttive comunitarie, ha voluto  ribadire  in  maniera  chiara  e  precisa  il  divieto  di scarichi  nel  suolo  e  nel  sottosuolo,  per  la  natura impermeabile di tale corpo recettore e per l'impossibilità di  controllare  le  sostanze  immesse. Tale  divieto  può essere derogato nelle sole ipotesi tassative previste dalla legge tra le quali rientra quella di cui alla lettera c) dell'articolo  103.  La  norma,  per  potere  scaricare  sul suolo,  richiede  tre  condizioni  che  devono  essere puntualmente  rispettate  dall'autorità  amministrativa  La prima è obbligatoria e riguarda il rispetto dei limiti che le Regioni  dovranno  indicare  per  tale  specifico  scarico  al suolo  Le  altre  due  condizioni  sono  costituite dall'impossibilità  tecnica  o  dall'eccessiva  onerosità rispetto ai benefici ambientali conseguibili con lo scarico diretto  in  altro  corpo  recettore  L'impossibilità  tecnica indica un  criterio  oggettivo  nel  senso  che  sotto  il  profilo tecnico sussiste tale condizione quando  non è  attuabile un altro scarico con riferimento all'eccessiva onerosità, il legislatore non ha specificato in relazione a cosa l'onere debba  considerarsi  eccessivo:  se  con  riferimento  alla capacità  economica  del  privato  in  relazione  alla  grandezza  dell'insediamento  ovvero  con  riferimento  al pregiudizio  che  si  arreca  scaricando  sul  suolo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 9488/2009
                                      In  tema  di  tutela  delle  acque  dall'inquinamento,  a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, all'art. 101, comma settimo, lett. b) del D.Lgs. 3  aprile  2006,  n.  152,  non  costituisce  più  reato  la condotta  di  scarico  senza  autorizzazione  dei  reflui provenienti  da  imprese  dedite  all'allevamento  di bestiame, attesa la loro assimilabilità incondizionata alle acque reflue domestiche.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 37279/2008
                                      In  tema  di  tutela  penale  dall'inquinamento, è configurabile il reato di scarico con superamento dei limiti tabellari (prima previsto dall'art. 59, comma quinto, D.Lgs.  11  maggio  1999,  n.  152,  oggi  sostituito  dall'art. 137, comma quinto, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), sia nel caso  di  qualsiasi  scarico  d'acque  reflue  industriali  che superi  i limiti più  restrittivi  fissati  dalle  regioni,  dalle  province  autonome  o  dalle  autorità  di  gestione  del  servizio idrico integrato in relazione alle diciotto sostanze indicate nella  tabella  5  dell'allegato  5,  sia  nel  caso  di  scarico  di acque reflue industriali in acque superficiali o in fognatura con superamento dei valori limite di cui alla tabella 3 sia, infine,  nel  caso  di  scarico  sul  suolo  di  acque  reflue industriali  con  superamento  dei  valori  limite  di  cui  alla tabella 4.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 36363/2008
                                      Anche a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, lo spandimento di reflui zootecnici superficiali  o  sotterranee  rientra  nel  campo  di applicazione  della  disciplina  dei  rifiuti, in  quanto l'esclusione  da  detta  disciplina  è  subordinata  alla circostanza  che  detti  reflui  (nella  specie  materie  fecali) siano utilizzati nell'attività agricola.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 38411/2008
                                      In tema di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento,  la  cui  disciplina  si  pone  in  deroga  alla normativa sui rifiuti, sussiste continuità tra la normativa di cui al D.Lgs. n. 152/99 e la successiva di cui al D.Lgs. n. 152/2006  e  successive  modifiche,  sia  con  riguardo  alla nozione  di  utilizzazione,  sia  con  riguardo  ai  criteri  di applicazione  del  diritto  transitorio,  sia,  infine,  con  riguardo al trattamento sanzionatorio. (Annulla  con  rinvio,  Trib.  Udine  s.d. Palmanova,  29  Novembre  2007).
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 27071/2008
                                      Integrano  il  reato  di deposito  di  rifiuti  allo  stato liquido la  raccolta  in  una  vasca  ed  il  successivo spandimento  incontrollato  sul suolo  degli  effluenti derivanti  da  attività  agricola  o  da  allevamento  del bestiame,  non  ricadendo  tale  condotta  nella  disciplina sugli  scarichi,  giacché  l'assimilazione  alle  acque  reflue domestiche  dei  reflui  delle  imprese  agricole  o  da allevamento  di bestiame  è  subordinata  all'esistenza  di uno  scarico  diretto  tramite  condotta,  e  non  escludendo l'eventuale  utilizzazione  agronomica  dei  reflui  l'autorizzazione  per  lo  stoccaggio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 26543/2008
                                      In  tema  di  tutela  penale  delle acque  dall'inquinamento,  anche  dopo  le  modifiche  alla  nozione  di "scarico" apportate dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, gli scarichi  provenienti dall'attività  di  autolavaggio devono  essere  autorizzati in  quanto  assimilabili  agli scarichi  d'acque  reflue  industriali.  (In  motivazione  la Corte,  nell'enunciare  il  predetto  principio,  ha  precisato che  la  modifica  apportata  alla  nozione  di  "scarico"  è strumentale  unicamente  a  riaffermare  la  nozione  di scarico "diretto", riproponendo in forma più chiara e netta la distinzione esistente tra la nozione di acque di scarico e quella di rifiuti liquidi).
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 26524/2008
                                      In  tema  di  tutela  delle  acque  dall'inquinamento, anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lo  scarico  senza  autorizzazione  di  acque  reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive integra il reato  di  cui  all'art.  137 del  medesimo  decreto  (prima previsto dall'art. 59, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152), non essendo tali reflui assimilabili alle acque reflue urbane in base al disposto dell'art. 101, comma settimo, lett. c) del D.Lgs. n. 152 del 2006.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 2246/2008
                                      La  disciplina  applicabile  allo  smaltimento  dei rifiuti  allo  stato  liquido,  derivanti  da  attività  ospedaliera, continua ad essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II, parte terza, del D.Lgs. n. 152/2006 e non quella in materia di smaltimento dei rifiuti liquidi di cui alla parte  quarta  del  predetto  decreto,  non  rivestendo  alcun valore  innovativo  l'art.  185  del  richiamato  decreto legislativo che per i "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" prevede  l'applicazione  della  disciplina  sui  rifiuti,  ciò  in quanto  l'art.  227  del  medesimo  decreto  dichiarar applicabile  ai  rifiuti  liquidi  ospedalieri  la  disciplina  in materia di scarichi.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 1817/2008
                                      Lo  scarico  di  liquami  derivante  dalla  molitura delle olive necessitava  di  autorizzazione  della competente  autorità  atteso  che  i  frantoi  oleari costituiscono  installazioni  in  cui  si  svolgono  attività  di produzione di beni e le relative acque di scarico sono da considerarsi  industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 40191/2007
                                      Le  acque  meteoriche di dilavamento  sono costituite dalle acque piovane che, depositandosi su un suolo  impermeabilizzato  dilavano  le  superfici  ed attengono indirettamente i corpi recettori. Quando queste vengono  in  qualsiasi  modo  convogliate  nella  rete fognaria,  si  mischiano  con  le  acque  reflue domestiche  e/o  industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 33839/2007
                                      Le  acque  meteoriche  delle  aree  esterne  di un'azienda in mancanza di apposita disciplina regionale, stante  il  chiaro  tenore  letterale  della  norma, non possono  essere  equiparate - come  acque  di dilavamento  (seppure  contaminate) - alle  acque industriali, inoltre il reato contestato, per la mancanza di una condotta  o comunque  di  una canalizzazione,  non è configurabile  come  scarico  mentre  potrebbe  essere configurabile l'abbandono di rifiuti liquidi qualora emerga che le acque meteoriche di dilavamento producono rifiuti liquidi riconducibili all'attività svolta su quel piazzale dalla società.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 33787/2007
                                      L'art.  137 del D.Lgs.  152/2006 non contiene  alcun riferimento  ai  recapiti  dei  reflui  (acque,  suolo  e  sotto suolo), ma connette la sanzione penale allo scarico di acque reflue industriali effettuato senza autorizzazione, mentre  disposizioni  eccettuative  sono previste  dal II  comma  dell'art.  107  soltanto  per  "gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie".  La  sanzione  penale,  dunque,  si  correlava  in precedenza  e  tuttora  si  correla  alla  mancanza  del controllo  preventivo,  da  effettuarsi  attraverso il  rilascio, formale e  specifico dell'autorizzazione (lesione dell'interesse della P.A. al controllo ed alla gestione degli scarichi),  a  prescindere  dal  recapito  finale,  che  non  è menzionato  dalla  norma  sanzionatoria.  La  logica giuridica  che  ispira  il  legislatore  nazionale  è  quella  di sottoporre  sempre  a  controllo  preventivo  espresso  e specifico tutti gli scarichi di acque reflue industriali, anche se  recapitano  in  pubbliche  fognature,  sia  per  la  loro maggiore  pericolosità  sia  per  evitare  distorsioni  e disparità  di  trattamento  tra  operatori  economici  distanti da  fognature  pubbliche  o  vicini.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 8403/2007
                                      La  disciplina  attuale,  in  materia  dei reflui  di allevamento, è posta dall'art. 101, comma 7 lett. b) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che assimila alle acque reflue  domestiche  quelle  provenienti  da  imprese  dedite ad allevamento di bestiame, che praticano l'utilizzazione agronomica  degli  effluenti  di  allevamento  in  conformità alla  disciplina  regionale  stabilita  sulla  base  dei  criteri  e delle norme tecniche generali di cui all'art. 112 comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna  delle  quantità  indicate  nella  tabella  6 dell'allegato  5  alla  parte  terza  del  decreto.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 2877/2007
                                      L'insediamento  di  una  nuova  attività  produttiva del  medesimo  capannone  facente  capo  a  diversa persona  giuridica  priva di  ogni  collegamento  con quella  precedentemente  insediata,  seppure  avente non dissimile oggetto sociale, impone necessariamente l'acquisizione di autonoma autorizzazione  allo  scarico da  emettersi  a  seguito  di nuova  valutazione  dell'attività  produttiva e  delle caratteristiche dello scarico. Ciò in quanto l'autorizzazione  allo  scarico  è  necessariamente funzionale  alle  caratteristiche  qualitative  e  quantitative dello  scarico,  alla  indicazione  dei  mezzi  tecnici  indicati nel  processo  produttivo  e  nei  sistemi  di  scarico  nonché all'indicazione  dei  sistemi  di  depurazione  utilizzati  per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 2292/2007
                                      Anche  dopo  l'entrata  in  vigore  del  D.Lgs.  n. 152/2006, la assimilazione delle acque reflue domestiche dei reflui delle imprese dedite all'allevamento di bestiame è  subordinata,  tra  l'altro,  al  dato  che  l'attività  di allevamento si svolga in connessione con la coltivazione della  terra  a  disposizione,  e  che  questa  sia  in  grado  di smaltire,  nell'ambito  di  un  ciclo  chiuso,  il  carico inquinante delle deiezioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 28360/2006
                                      I  reflui  provenienti  da  un  allevamento  zootecnico  vanno  classificati  quali  acque  reflue  industriali, con  il  conseguente  obbligo  di  munirsi dell'autorizzazione allo scarico, indipendentemente dalla eventuale  richiesta  di  utilizzazione  agronomica, configurandosi in difetto l'illecito penale di cui all'art. 137 del D.Lgs. n. 152/2006.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13962/2006
                                      In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, nel caso di fognature miste, assistite da un impianto di  depurazione, che  raccolgano  non  solo  acque  reflue domestiche,  ma  anche  acque reflue  industriali, provenienti da un agglomerato. È altresì obbligatorio  il rispetto dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3 dell'Allegato 5 al D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riferita precipuamente alle acque industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 18218/2005
                                      Il  c.d.  "scarico  indiretto" non  è  più  considerato scarico,  ma  viene  classificato  come  "rifiuto  liquido costituito da acque reflue" ed è sottoposto alla disciplina dei  rifiuti;  d'altra  parte  lo  scarico  diretto  di  reflui  liquidi contenenti  sostanze  pericolose  è  attratto  alla  disciplina dell'inquinamento  idrico. Ed  allora,  stante  la  nozione  di «scarico»  introdotta  dal  d.leg.  n.  152/99,  deve  ritenersi che i rifiuti allo stato liquido, costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfaccia senza versamento diretto nei corpi  recettori,  avviandole  cioè  allo  smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo di trasporto su strada o  comunque  non  canalizzato,  rientrano  nella  disciplina dei rifiuti dettata dal d.leg. n. 22/97 e il loro smaltimento deve  essere  autorizzato;  mentre  all'opposto  lo  scarico diretto  di  acque  reflue  liquide,  semiliquide  e  comunque convogliabili,  indirizzato  in  corpi  idrici  recettori, specificamente  indicati,  rientra  nell'ambito  del  citato d.leg. n. 152/99 sull'inquinamento idrico.