Che cosa si intende per compensazione volontaria. La compensazione facoltativa
L'articolo è del tutto nuovo. Il vecchio codice, come non regolava la compensazione giudiziale, così non aveva alcun accenno alle altre due specie di compensazione che la dottrina soleva qualificare convenzionale e facoltativa. Nella ipotesi contemplata da questo nuovo articolo si ha il fenomeno inverso a quello previsto nel n. 4 dell'art. 1246. Lì si dice che il debitore può rinunziare anche preventivamente alla compensazione. Qui si dispone che per volontà delle parti può aver luogo la compensazione anche se non ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti. E si soggiunge, nel secondo comma, che le parti stesse possono anche prestabilire le condizioni particolari. Con la ripetuta locuzione «per volontà delle parti», «le parti possono», la norma parrebbe alludere alla sola compensazione convenzionale; a quella, cioè, per cui l'apposito contratto, preventivo o posteriore, venga a rimuovere qualcuno degli ostacoli di legge. Ma l'ampia intitolazione di «compensazione volontaria» sembra comprendere anche quella che la dottrina denomina compensazione facoltativa, caratterizzata dal fatto che l'ostacolo viene rimosso con dichiarazione unilaterale della parte in cui favore esso era posto dalla legge; come se il debitore rinunci al termine stabilito a suo esclusivo vantaggio, ovvero accetti la liquidazione del proprio credito offerta dall'avversario. Questa specie di compensazione, che pur deriva indirettamente dalla volontà di una parte, e che perciò si suole far rientrare nella più ampia categoria della compensazione volontaria, viene considerata invece da alcuni come una specie o una forma della compensazione legale in quanto la volontà del dichiarante non sarebbe diretta ad altro che alla compensazione legale di cui appunto si viene ad eliminare l'ostacolo. Ma questo potrebbe dirsi in astratto, e lo si è infatti osservato autorevolmente, anche per la compensazione giudiziale, ove l'ostacolo è rimosso dal giudice per iniziativa della parte. La differenza sostanziale, peraltro, consiste in ciò che l'effetto estintivo si verifica solo al momento della dichiarazione giudiziale, perchè soltanto allora si ha la coesistenza dei due crediti compensabili.
Le stipulazioni preventive e le loro limitazioni
La vera e propria compensazione convenzionale, cui principalmente si riferisce la norma in esame, si ha quando le parti modificano per contratto in qualunque senso, le condizioni poste dalla legge per la compensazione legale. A proposito della rinunzia alla compensazione, si è già spiegato che le norme, in questo settore, non hanno carattere cogente. E’ chiaro, pertanto, che un contratto a contenuto estintivo può avere per oggetto la speciale elisione dei due crediti altrimenti non compensabili. Ma il primo comma dell'articolo si riferisce espressamente a tutte le condizioni previste negli articoli precedenti. Non soltanto quindi, gli ostacoli della illiquidità e della inesigibilità le parti possono rimuovere, ma anche quelli contemplati negli articoli 1246 e 1247. Per quest'ultimo, naturalmente, occorre il consenso dei terzi garanti interessati. Alquanto più delicata è la questione per i casi enumerati nell'art. 1246. La convenzione posteriore non potrebbe trovare ostacolo per nessuno dei casi elencati nei numeri 1, 2, 3 e 5. Quella preventiva potrebbe invece, per alcuno di essi, trovare un ostacolo che trascenda la regola ordinaria dell'articolo in esame e derivi, invece, dai principi generali sulla liceità dell'oggetto e sulla imperatività di alcune norme a carattere sociale ed umano. Così, ad esempio, nel caso del n. 1, potrebbe ravvisarsi nel patto preventivo la spinta a commettere uno spoglio violento per realizzare indirettamente e fuori delle vie legali il proprio credito. E nel caso del n. 3, il contraente più forte potrebbe eludere, con la compensazione pattizia, gli intenti considerevoli che hanno ispirato la norma dell'art. 545 della nuova procedura civile.
Un contratto speciale che ha per contenuto prevalente la compensazione è il conto corrente (art. 1823) per il quale le parti, derogando appunto alle norme degli articoli 1242 e 1243, si obbligano a liquidare a termine, i loro reciproci crediti considerandoli come rimesse inesigibili e indisponibili fino alla scadenza stabilita.