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Articolo 1242 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Effetti della compensazione

Dispositivo dell'art. 1242 Codice Civile

La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza(1). Il giudice non può rilevarla d'ufficio(2).

La prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti.

Note

(1) Quindi, dal giorno in cui sorge il secondo debito. La compensazione opera retroattivamente, per causa della legge, da cui "compensazione legale" (1243 c.c.).
(2) La regola si riferisce alla sola compensazione legale (1243 c.c.).

Ratio Legis

Il legislatore rimette ampiamente alla volontà delle parti la scelta relativa alla compensazione. In particolare, la disciplina come eccezione in senso stretto e la consente se i debiti non erano prescritti al momento della coesistenza, momento dal quale la fa operare.

Brocardi

Compensatio

Spiegazione dell'art. 1242 Codice Civile

Il momento operativo e la funzionalità immediata della compensazione. Il significato e i limiti di tale automatismo

In questi due primi articoli si trovano rispettivamente trasfusi, con qualche variante ed aggiunta, i corrispondenti articoli #1285# e #1286# del vecchio codice circa il concetto e gli effetti della compensazione. L'art. 1241, con l'inciso «per le quantità corrispondenti», completa la definizione indicando che la estinzione del debito maggiore si verifica fino alla misura del minore contrapposto. La differenza rimane in vita come per un pagamento parziale. In tali precisi termini esprimeva l'analogo concetto il progetto del 1936 (art. 214): ma il nuovo codice conserva la vecchia locuzione che si leggeva alla fine dell'articolo #1286# tra quelli che erano gli effetti della compensazione. Le altre poche varianti sono anche esse di forma; e, dopo quanto si è detto sulla nozione generale della compensazione, non occorre indugiarsi sull'art. 1241, anche perché esso, come il vecchio art. #1285#, rinvia agli «articoli seguenti» per quanto riguarda la disciplina specifica.

L'art. 1242, intitolato «effetti della compensazione» condensa in una sola proposizione («estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza») la complicata locuzione corrispondente dell'art. #1286#, ove si diceva che la compensazione operasse «di diritto, in virtù della legge, ed anche senza saputa dei debitori». Vi si aggiunge, invece, un nuovo periodo in cui si dispone che il giudice non può rilevarla d'ufficio. Nuovo è, poi, il secondo comma per cui la prescrizione non impedisce la compensazione se il termine non era ancora compiuto nel giorno in cui si era verificata la coesistenza dei due debiti. Con tutto ciò si è evidentemente inteso di eliminare gli equivoci della vecchia formulazione e di fissare uno tra gli effetti principali del funzionamento automatico; cioè a dire, la interruzione indiretta del termine prescrizionale. Il più grave difetto della vecchia formulazione consisteva, infatti, nell'aver lasciato credere, almeno a prima vista, che l'effetto estintivo legale, di diritto ed all'insaputa dei debitori, potesse verificarsi senza alcuna attività delle parti e che quindi il giudice fosse autorizzato a dichiararlo d'ufficio. Già la dottrina aveva però concordemente precisato che tutta quella tautologia dell'art. #1286# alludesse soltanto al fatto della non necessaria dichiarazione negoziale della parte (la quale, invece, era richiesta in altri sistemi) e a niente più. Che la eccezione di parte fosse necessaria nel processo, e che il giudice non potesse dichiarare d’ufficio la compensazione, era un concetto che risultava dalla ripetuta dizione del codice sostanziale, in cui si parlava sempre e soltanto di compensazione «opponibile» della parte, ed era poi confermato negli articoli #100, n. 2#, e #102# della vecchia procedura con le ivi espresse indicazioni. La lacuna e il conseguente equivoco sono ora rimossi dal nuovo testo, la cui formula, peraltro, non è che la precisazione di analogo concetto già espresso nell'art. 213 del prog. 1936.


I riflessi sulla prescrizione

Nemmeno il secondo comma dell'art. 1242 ha contenuto innovativo. La concorde dottrina, infatti, aveva identificato quello che era uno degli effetti più emergenti e significativi del funzionamento automatico della compensazione: cioè, l'arresto del termine prescrizionale. La nuova disposizione espressa sembrerebbe un derivato dall'analogo § 390 del cod. germanico. Senonché in quel sistema la norma ha carattere eccezionale di fronte all'altra basilare del § 388 per cui l'effetto estintivo si fa dipendere, sia pure retroattivamente, dalla dichiarazione negoziale ricettizia dell'interessato. Qui è una applicazione, forse non indispensabile, del principio inverso espresso nel primo comma dell'articolo medesimo.


Gli altri riflessi estintivi

Con la estinzione del credito cadono tutti gli accessori: garanzie reali e personali, interessi etc. Quest'ultimo riflesso è il più sensibile se uno dei crediti produce interessi gravosi e l'altro no, o in misura minore. Anche le sanzioni convenzionali o legali dell'inadempimento si rendono inapplicabili dal momento della coesistenza estintiva; e perciò non è dovuta la clausola penale né il risarcimento per il ritardo. Alcuni sostengono che anche il pagamento effettuato dopo l'automatica compensazione è soggetto alla ripetizione, come ogni altro pagamento indebito. Si allude, evidentemente, al pagamento fatto nella piena ignoranza della compensabilità (errore di fatto o di diritto); e non vi sarebbe da obiettare contro tale logica conseguenza ulteriore dell'automatismo estintivo. Senza tale ignoranza, invece, i1 fatto costituirebbe una tacita rinunzia alla compensazione come che incompatibile con la volontà di opporla.

Tutti gli effetti cennati riguardano i rapporti fra creditore e debitore. Nei confronti dei terzi provvedono specialmente gli articoli 1250 e 1251.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1242 Codice Civile

Cass. civ. n. 24220/2020

In tema di compensazione, i principi generali enunciati dall'art. 1242, comma 1, c.c., circa l'efficacia estintiva dei due debiti da essa derivante e la sua non rilevabilità d'ufficio dal giudice, sono applicabili anche al giudizio tributario, con la conseguenza che la relativa eccezione non può essere sollevata neppure dall'Amministrazione finanziaria in grado di appello ai sensi dell'art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, trattandosi di eccezione in senso proprio o stretto.

Cass. civ. n. 9686/2020

Con l'opposizione ex art. 615 c.p.c. il debitore esecutato può opporre in compensazione al creditore procedente un controcredito certo (cioè, definitivamente verificato giudizialmente o incontestato) oppure un credito illiquido di importo certamente superiore (la cui entità possa essere accertata, senza dilazioni nella procedura esecutiva, nel merito del giudizio di opposizione) anche nell'ipotesi di espropriazione forzata promossa per il credito inerente al mantenimento del coniuge separato, non trovando applicazione, in difetto di un "credito alimentare", l'art. 447, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 7018/2020

La compensazione giudiziale può operare anche relativamente ad una ragione creditoria già prescritta, ove il credito opposto sia certo e, benché indeterminato nel suo ammontare, di facile e pronta liquidazione, poiché la regola generale contenuta nell'art. 1242, comma 2, c.c., che postula la prevalenza del diritto alla compensazione rispetto alla prescrizione qualora il relativo termine non sia spirato nell'arco temporale di coesistenza dei crediti e dei debiti, si fonda sul principio di ragionevolezza e di buona fede nella disciplina dei rapporti negoziali e rappresenta una declinazione di quello, pure generale, per il quale, quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i debiti si estinguono per le quantità corrispondenti.

Cass. civ. n. 32438/2019

Nella compensazione di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l'altro di valuta, ai fini della determinazione del primo si deve tenere conto dell'incidenza della svalutazione monetaria, mentre la parte che fa valere il secondo può richiedere, ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., l'ulteriore risarcimento del "danno maggiore" da essa eventualmente subìto, rispetto a quello forfettariamente determinato dal primo comma dello stesso articolo nella misura degli interessi legali. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 12/05/2015).

Cass. civ. n. 13416/2019

Se tra due soggetti insorgano in tempi diversi reciproci crediti, il primo dei quali soggetto a rivalutazione automatica ex art. 429, comma 3, c.p.c. e solo parzialmente estinto, occorre quantificare il credito, comprensivo di rivalutazione ed interessi maturati fino all'estinzione parziale, e calcolare sul residuo quegli stessi accessori fino al momento in cui, divenuto liquido ed esigibile anche il credito contrapposto, opera la compensazione, dopo la quale vanno calcolati rivalutazione e interessi sull'eventuale residuo del primo credito, oppure i soli interessi sull'altro rimasto dopo la parziale compensazione.

Cass. civ. n. 12016/2019

In tema di compensazione, con riferimento alla rivalutazione ed agli interessi, quando sia stata giudizialmente riconosciuta in favore del convenuto - attore in riconvenzionale a titolo di indebito oggettivo per le somme trattenute senza titolo da controparte - la sussistenza di un credito, posto contestualmente in detrazione, e pertanto compensato, con il maggior credito vantato dalla parte attrice - nella specie per il ritardato rilascio dell'immobile al convenuto medesimo locato -, in forza del disposto dell'articolo 1242 c.c. il primo dei due crediti deve ritenersi estinto per compensazione sin dal momento della coesistenza degli stessi, senza che sia stato mai produttivo di interessi o di rivalutazione monetaria. Ed invero, tale effetto compensativo si era già verificato al momento della proposizione della domanda riconvenzionale, momento dal quale, giusto disposto dall'art. 2033 c.c., decorrono gli interessi moratori, dovendosi presumere la buona fede dell'"accipiens" in difetto di specifiche prove contrarie.

Cass. civ. n. 4825/2019

Quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico - ancorché complesso - rapporto, non vi è luogo ad una ipotesi di compensazione "propria", bensì ad un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, cui il giudice può procedere senza che siano necessarie l'eccezione di parte o la domanda riconvenzionale. Tale accertamento, che si sostanzia in una compensazione "impropria", pur producendo risultati analoghi a quelli della compensazione "propria", non è sottoposto alla relativa disciplina tipica, sia processuale sia sostanziale, ivi compresa quella contenuta nell'art. 1248 c.c., riguardante l'inopponibilità al cessionario, da parte del debitore che abbia accettato puramente e semplicemente la cessione, della compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente. (Nella specie, veniva in rilievo il caso di una dipendente che aveva dato in garanzia il proprio TFR per ottenere un prestito da una società la quale, dopo le dimissioni della lavoratrice, aveva chiesto il versamento del detto TFR al datore di lavoro che, però, aveva rifiutato, eccependo, in parziale compensazione, il suo credito verso la medesima dipendente avente ad oggetto l'indennità di mancato preavviso da essa dovuta perché dimessasi in tronco; la S.C., enunciando il principio massimato, ha cassato la decisione di appello che, applicando l'art. 1248 c.c., aveva accolto la domanda della società cessionaria).

Cass. civ. n. 23948/2018

La compensazione legale presuppone pur sempre che una delle parti dichiari di volersene avvalere, così esercitando un diritto potestativo, il quale postula che valutando liberamente il proprio interesse all'adempimento, la parte predetta decida di determinare l'estinzione dei debiti contrapposti dal giorno della loro coesistenza.

Cass. civ. n. 12323/2018

La compensazione impropria - che si verifica quando i contrapposti crediti e debiti delle parti hanno origine da un unico rapporto - non è applicabile sul trattamento pensionistico di invalidità civile per il recupero di somme indebitamente erogate a titolo di assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995L. 08/08/1995, n. 335, quale provvidenza avulsa dallo stato di invalidità che non investe la tutela di condizioni minime di salute o gravi situazioni di urgenza.

Cass. civ. n. 23225/2016

In tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest'ultima, ex art. 1243, comma 2, c.c., presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed è parimenti preclusa l'invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall'art. 295 c.p.c. o dall'art. 337, comma 2, c.p.c, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell'art. 1243 c.c..

Cass. civ. n. 22044/2016

Quando il creditore richiede l'ammissione al passivo per un importo inferiore a quello originario deducendo la compensazione, l'esame del giudice delegato investe il titolo posto a fondamento della pretesa, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza. Ne consegue che il provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni ulteriore eventuale giudizio promosso per impugnare, sotto i sopra indicati profili dell'esistenza, validità, efficacia, consistenza, il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione.

Cass. civ. n. 10750/2016

La disciplina della compensazione ex art. 1241 c.c. è applicabile nelle ipotesi in cui le reciproche ragioni di credito, pur avendo il loro comune presupposto nel medesimo rapporto, siano fondate su titoli aventi diversa natura, l'una contrattuale e l'altra extracontrattuale.

Cass. civ. n. 10335/2014

La compensazione legale estingue "ope legis" i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza, sicché la pronuncia del giudice si risolve in un accertamento dell'avvenuta estinzione dei reciproci crediti delle parti dal momento in cui sono venuti a coesistenza; tuttavia, la compensazione, in quanto esercizio di un diritto potestativo, non può essere rilevata d'ufficio e deve essere eccepita da chi intende avvalersene, senza necessità che la relativa manifestazione di volontà sia espressa mediante l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che dal comportamento della parte risulti univocamente la volontà di ottenere la dichiarazione dell'estinzione del debito.

Cass. civ. n. 20874/2013

Perché operi la compensazione, ai sensi dell'art. 1241 c.c., è necessario che vi sia reciprocità di posizione creditoria e debitoria fra le medesime parti; ne consegue che è illegittima la compensazione operata da una banca tra un proprio credito ed il debito di un Comune del quale la stessa banca gestisca il servizio di tesoreria.

Cass. civ. n. 17306/2011

La compensazione estintiva di un'obbligazione accertata con decisione passata in giudicato non può essere opposta dal debitore se il credito opposto in compensazione sia sorto anteriormente alla formazione del giudicato, che preclude l'efficacia dei fatti estintivi od impeditivi ad esso contrari, ma può esserlo soltanto se il credito sia sorto successivamente. (Nella fattispecie, il debito del ricorrente era stato accertato con sentenza passata in giudicato, con cui era stata anche respinta l'eccezione di compensazione, mentre i fatti costitutivi del credito erano anteriori al fallimento in cui il ricorrente si era insinuato, conseguendovi l'ammissione con sentenza resa in base a transazione con la curatela).

Cass. civ. n. 4983/2004

Poiché, a norma dell'art. 1242, primo comma, c.c. la compensazione produce il suo effetto estintivo dal giorno in cui si verifica la coesistenza dei due debiti, essendo a tal fine indifferente il momento in cui essi sono sorti, da ciò discende che il credito sorto anteriormente deve necessariamente venire in considerazione nel complessivo suo importo di capitale e interessi, questi ultimi costituendone per definizione la parte accessoria, della quale occorre tener conto, dovendosi evitare che la compensazione si risolva nell'evidente ed ingiusta situazione di sacrificio di una delle parti, siccome accadrebbe se il titolare del credito produttivo di interessi sorto anteriormente venisse ad essere privato dei frutti civili già maturati a suo favore al momento di insorgenza del credito di controparte.

Cass. civ. n. 2289/2000

La proposizione dell'eccezione di compensazione non necessita dell'uso di formule sacramentali e, pertanto, la stessa deve ritenersi ritualmente e tempestivamente proposta, ove il convenuto, nell'effettuare i conteggi delle somme spettanti all'attore, ha portato in detrazione l'importo del proprio contrapposto credito.

Cass. civ. n. 6391/1997

L'eccezione di compensazione ha carattere di eccezione in senso stretto, non rilevabile d'ufficio dal giudice per l'espresso divieto posto dall'art. 1242 primo comma c.c., ed è soggetta nel rito del lavoro a decadenza se non proposta nella memoria difensiva in primo grado, o nel caso di domanda introdotta in forma monitoria, con l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo.

Cass. civ. n. 538/1997

L'eccezione di compensazione corrisponde sempre ad una eccezione riconvenzionale allorché venga sollevata dal titolare del credito di importo maggiore, il quale non pretenda di ottenere nello stesso giudizio il pagamento dell'eccedenza.

Cass. civ. n. 5036/1995

La questione relativa all'esistenza, alla natura ed all'importo dei crediti da opporre eventualmente in compensazione a quelli dedotti in giudizio dalla controparte non è rilevabile d'ufficio ed è soggetta all'onere di allegazione e di prova; essa costituisce, pertanto, eccezione in senso stretto, e non già mera argomentazione difensiva, e come tale deve essere proposta, e pena di decadenza, nella memoria difensiva in sede di giudizio di primo grado, a norma dell'art. 416, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 3823/1995

La disposizione che esclude la rilevabilità di ufficio della compensazione, contenuta sul comma 1 dell'art. 1242 c.c., si riferisce sia alla compensazione giudiziale che a quella legale.

Cass. civ. n. 3849/1985

L'eccezione di compensazione, in quanto eccezione in senso proprio, è dal convenuto deducibile, ai sensi dell'art. 184 c.p.c., anche dopo la comparsa di risposta, sino alla precisazione delle conclusioni di primo grado, e, non soggiacendo alla preclusione stabilita dall'art. 345 c.p.c., che colpisce soltanto le domande nuove, può anche essere formulata per la prima volta nel giudizio di appello, ferma peraltro per l'appellante la necessità di proporre l'eccezione con lo stesso atto d'impugnazione, che segna i limiti del dibattito in secondo grado.

Cass. civ. n. 2705/1981

L'art. 1242 c.c. — pur precisando che la compensazione estingue i due debiti fin dal giorno della loro coesistenza ed ipso iure, in base alla circostanza oggettiva di tale coesistenza, cosa da attribuire alla relativa pronuncia del giudice carattere semplicemente dichiarativo e, quindi, intrinsecamente retroattivo — tuttavia stabilisce che il giudice non può d'ufficio dichiarare la compensazione stessa, esigendo dalla parte una manifestazione di volontà diretta a giovarsi dell'effetto estintivo già verificatosi ope legis.

Cass. civ. n. 3406/1977

Al fondamento dell'eccezione di compensazione, al concorso dei requisiti di cui agli artt. 1243 e seguenti c.c., non è di ostacolo il fatto che il credito dedotto in compensazione sia stato accertato in un precedente giudizio fra le medesime parti, in relazione ad altro titolo, né la circostanza che il credito medesimo possa essere autonomamente preteso in separata sede.

Cass. civ. n. 2037/1976

La compensazione estingue ope legis i debiti contrapposti per effetto del fatto oggettivo della loro coesistenza, sicché la dichiarazione giudiziale della parte che oppone la compensazione legale equivale ad una manifestazione di volontà diretta a giovarsi di un effetto già verificatosi e la pronuncia del giudice non fa che accertare l'avvenuta estinzione per compensazione legale dei contrapposti debiti e crediti con effetto ex tunc. Tuttavia tale operatività, in un momento anteriore a quello in cui la dichiarazione medesima viene emessa, fa risalire l'effetto estintivo non già alla data in cui coesistevano i fatti giuridici da cui sorgono i crediti e i debiti contrapposti, bensì a quella in cui coesistono crediti liquidi ed esigibili, dato che la compensazione legale ha per presupposti la liquidità e l'esigibilità dei crediti, a differenza della compensazione giudiziale, per la quale è sufficiente che il debito opposto sia di facile e pronta liquidazione.

Cass. civ. n. 143/1976

La dichiarazione con la quale il convenuto oppone, alla domanda di pagamento, la compensazione con un suo credito, deducendo quest'ultimo al limitato fine di paralizzare, in tutto od in parte, la richiesta avversaria, configura un'eccezione in senso stretto, la cui proponibilità per la prima volta in grado di appello è soggetta alla disciplina di cui all'art. 345 secondo comma c.p.c.

Cass. civ. n. 2009/1975

Il principio sancito dall'art. 1242, secondo comma, c.c. — secondo cui la prescrizione di uno dei due crediti non impedisce di eccepire la compensazione se la prescrizione non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti — non si applica alla compensazione giudiziale, perché, potendo questa aver luogo soltanto ope iudicis, l'effetto della estinzione dei due debiti dal giorno della loro coesistenza non può mai verificarsi.

Cass. civ. n. 1630/1972

L'appellante che, nel giudizio di primo grado, sia stato condannato all'adempimento di un debito assunto verso la controparte, può proporre l'eccezione di compensazione nel giudizio di gravame soltanto con l'atto di appello che delimita il dibattito nel giudizio di secondo grado.

Cass. civ. n. 909/1972

Gli elementi di fatto su cui si basa l'eccezione di compensazione debbono essere provati in modo completo ed univoco dalla parte che ha proposto tale eccezione; per cui la eventuale lacunosità od incompletezza della ricostruzione dei crediti opposti in compensazione si risolve nella mancata dimostrazione dell'eccezione stessa e, quindi, nell'inopponibilità di essa, come di qualunque altra causa di estinzione dell'obbligazione.

Cass. civ. n. 224/1972

Per la eccezione di compensazione legale non è necessario che la manifestazione di volontà della parte si attui mediante espressa istanza, proposta con formula sacramentale, essendo sufficiente che dal comportamento difensivo della parte stessa risulti inequivocabilmente la volontà di far dichiarare estinto il proprio debito a causa della contemporanea esistenza di altro debito che a quello si contrappone.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1242 Codice Civile

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R. Z. chiede
mercoledì 20/12/2017 - Lombardia
“1.Un marito, in fase di separazione legale, omise di pagare 14 mensilità di assegno famigliare (1000x14), dovute per omologa separazione legale consensuale.
2.Sopraggiunta poi la sentenza di divorzio, questa decreta nessun assegno a doversi, e condanna la moglie a pagare spese legali 2500 eur, non entrando ovviamente nel merito di una eventuale pregressa obbligazione non pertinente ai fini del divorzio.

Domanda:
Nel corso di eventuale atto esecutivo e precetto per il recupero delle spese legali divorzili eur 2500 da parte del marito verso la moglie, questa può opporre il pregresso credito e andare in compensazione?
Oppure ella deve istruire una procedura a latere che non si incrocia con l'atto esecutivo in oggetto, con la quale dimostrare di non aver ricevuto le 14 mensilità?”
Consulenza legale i 27/12/2017
Va innanzitutto premesso che dal quesito non risulta chiaro se la sentenza di divorzio abbia deciso che l’assegno non è più dovuto dalla data del divorzio in avanti, oppure che l’assegno non è mai spettato alla moglie sin dal principio.
E’ legittimo e logico presumere che il Giudice abbia deciso per il futuro, solamente modificando le condizioni patrimoniali stabilite in precedenza per la fase della separazione e non annullandole. Pertanto, la risposta al quesito sarà fornita sulla base del suddetto presupposto, ovvero quantomeno fino al divorzio l’assegno era dovuto e quindi gli arretrati vanno corrisposti dall’ex marito alla moglie.

Ciò detto, la regola generale in materia di compensazione stabilisce che quest’ultima (stiamo parlando di compensazione “legale”) opera tra due crediti entrambi liquidi ed esigibili (art. 1243 cod. civ.): liquidi significa esistenti e determinati nel loro ammontare (o determinabili attraverso una semplice operazione di calcolo matematico); esigibili significa i loro titolari possono farli valere giudizialmente attraverso una domanda di condanna attuale al pagamento (es.: non sottoposti a termine o condizione).

Nel caso in esame, non può dubitarsi che – in teoria - si tratti di due debiti entrambi determinati nel loro ammontare (l’arretrato a titolo di assegni familiari è facilmente calcolabile attraverso un’operazione di moltiplicazione dell’importo stabilito in sentenza per il numero delle mensilità non pagate) ed esigibili (l’uno trova ragione in un provvedimento di condanna del giudice, l’altro sicuramente dà diritto al titolare di chiedere una pronuncia ugualmente di condanna in forza di precedente titolo giudiziale).

Si ritiene tra gli studiosi che la reciproca estinzione dei debiti non sia automatica, ma che sia necessario che una delle parti sollevi l’eccezione di compensazione: quest’ultima avrebbe quindi carattere “costitutivo”, ovvero determinerebbe l’estinzione reciproca delle obbligazioni.
Per la giurisprudenza prevalente, invece, la compensazione opererebbe in automatico nel momento in cui iniziano a coesistere i due crediti, con effetto retroattivo (art. 1242 cod. civ.): “La compensazione legale estingue "ope legis" i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza, sicché la pronuncia del giudice si risolve in un accertamento dell'avvenuta estinzione dei reciproci crediti delle parti dal momento in cui sono venuti a coesistenza” (Cassazione civile, sez. III, 13/05/2014, n. 10335).
Per completezza, infine, si ricorda anche l’art. 1252 cod. civ. relativo alla compensazione “volontaria”, per cui anche se non sussistono i requisiti di legge comunque le parti possono effettuare la compensazione, basta che siano concordi nel farlo e sulle condizioni cui farlo.

Tornando al quesito, la compensazione eventualmente opposta dall’ex moglie potrebbe essere sufficiente – vista la natura e le caratteristiche dei due crediti - a paralizzare la pretesa dell’ex marito.
Questo però solo a due condizioni:
1) la sentenza di divorzio (il provvedimento di omologa della separazione lo è di sicuro) deve essere definitiva (cioè non più impugnabile): la giurisprudenza sul punto ha chiarito infatti che “Qualora manchi la prova della definitività del titolo giudiziale, l'estinzione per compensazione (legale) di due debiti (art. 1242 c.c.) postu1a non solo la liquidità ed esigibilità degli stessi, ma anche la loro certezza, e di tale carattere difetta il credito riconosciuto da una sentenza, o da altro titolo, provvisoriamente eseguibile, poiché la provvisoria esecutività facoltizza solo la temporanea esigibilità del credito (determinato nel suo ammontare), ma non ne comporta la irrevocabile certezza” (Tribunale Salerno, sez. II, 21/11/2014, n. 5524);
2) il marito dovrebbe essere d’accordo, ovvero riconoscere il debito nei confronti della moglie.

A tale ultimo proposito, infatti, va detto che, come correttamente accennato nel quesito, l’esistenza del credito della moglie e l’ammontare del medesimo non sono state oggetto di accertamento giudiziale e definitivo: se cioè il marito eccepisse un pagamento anche solo parziale o contestasse l’ammontare preciso del debito della moglie, ciò impedirebbe la compensazione legale e costringerebbe quest’ultima ad aprire un giudizio al fine di chiedere l’accertamento della sua pretesa e la condanna dell’ex marito al pagamento.

Si suggerisce, però, all’ex marito che eventualmente intenda promuovere l’esecuzione forzata, di stare attento a sollevare eccezioni che possano paralizzare quella di compensazione della moglie se queste non abbiano un minimo di fondatezza: qualora un Giudice, infatti, dovesse in un successivo giudizio accertare che l’eccezione – ad esempio – di intervenuto parziale pagamento è stata sollevata solo a fini dilatori ed è infondata perché in realtà il debito del marito davvero esiste, è probabile che penalizzerà quest’ultimo sotto il profilo delle spese e lo condannerà al pagamento di una somma di natura risarcitoria per la temerarietà della lite.

Peraltro, egli non andrebbe comunque esente dal rischio di un’opposizione della moglie all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.: in questo caso, si aprirebbe un giudizio all’interno dell’esecuzione già pendente e quest’ultima si interromperebbe fino a che il Giudice non decida sulla pretesa sollevata dalla moglie.