Innovazioni del nuovo codice in materia
Si è visto negli articoli precedenti come, in materia di possesso di buona fede, oltre a migliorare le disposizioni dal lato formale, il nuovo codice abbia, introdotto
due innovazioni di carattere sostanziale: a) l'abolizione dell'esigenza di un giusto titolo a fondamento del possesso di buona fede, salvo che per determinati effetti; b) l'esclusione dell'efficacia della buona fede, ogniqualvolta l'ignoranza, in cui essa consiste, dipenda da colpa grave.
Si è del pari visto come l'una e l'altra innovazione siano da approvare, passiamo ora ad illustrate brevemente la norma.
Definizione del possesso di buona fede
La definizione che il nuovo codice fornisce del possessore di buona fede è migliore di quella contenuta nell'art. 701 del codice del 1865 e vale a pone in giusto risalto tanto l’elemento psicologico quanto il substrato etico della buona fede.
La qualifica di quest'ultima come uno stato di
ignoranza della lesione che con il possesso si arreca all'altrui diritto, insieme alla soppressione del richiamo al possesso quale proprietario
, contenuto nell'art. 701 codice del 1865, vale poi a far giustizia dell'opinione — infondata anche per il vecchio codice — secondo la quale la buona fede dovrebbe concepirsi in modo positivo, quale credenza di non ledere altrui e non sarebbe invece sufficiente che si ignori di commettere la lesione.
La generalità delle espressioni usate nell'articolo vale inoltre a dimostrare che la nuova legge, cosi come per la vecchia, non distingue tra l'errore di fatto e l'errore di diritto.
Ciò che conta, perché il possessore sia di buona fede, è che egli ignori di ledere l'altrui diritto: il motivo di questa ignoranza non viene invece in alcuna considerazione.
Il
solo limite che la legge pone è che l'ignoranza, per giovare al possessore, non deve dipendere da
colpa grave: sebbene in concreto possa avvenire che l'errore di diritto, più frequentemente che non quello di fatto, sia dovuto ad una colpa di tal genere, tuttavia l'articolo si è opportunamente astenuto dal fissare alcuna regola tassativa in proposito ed ha rimesso la soluzione del punto ai principii generali.
Collocazione dello stato di dubbio
È del pari da risolvere in base ai principi generali la questione, vivamente discussa con riferimento al codice del 1865, della collocazione dello stato di dubbio. Ed in base a tali principii converrà distinguere caso da caso.
Nella scala dei dubbi, come è noto, ve ne sono alcuni più lievi che non hanno la forza di togliere di mezzo l'ignoranza del soggetto e la cui presenza è compatibile con la condotta di un galantuomo (quando le possibilità di difformità dell’ opinione dalla realtà appaiono cosi scarse che il soggetto finisce con l'escluderle, acquistando la persuasione di essere nel vero); altri, invece, più gravi, sono incompatibili con l'ignoranza del soggetto e tali che, se trascurati, escluderebbero l'onestà del comportamento (quando dette possibilità appaiono tante da far respingere l'ipotesi già creduta possibile, dubbia, e da farne adottare un'altra).
Nella prima ipotesi il possessore è da considerarsi di buona fede, nella seconda, no.
Vizi diversi dall’ alienità della cosa
La generalità delle espressioni usate dalla norma consente di risolvere in senso affermativo la questione se rientri fra i possessori di buona fede oltre all'acquirente
a non domino, pur anche acquirente a
domino, il cui acquisto sia affetto da un vizio diverso dalla «
alienità » della cosa, sempre che naturalmente egli ignori l'esistenza di questo vizio.
Dell'esattezza di una tale conclusione forniscono poi una riprova gli art.
1153,
1159, e
1162, i quali, col limitare l’ applicabilità delle norme in essi racchiuse agli acquirenti
a non domino, dimostrano
a contrario che le altre norme trovano applicazione tanto agli acquisti
a non domino quanto a quelli
a domino.
Possessore di buona fede dei beni ereditari
L'art.
art. 535 del c.c. capov., con riferimento alla petizione d’eredità, cosi definisce il possessore di buona fede di beni ereditari: « è possessore di buona fede colui che ha acquistato il possesso di beni ereditari, ritenendosi erede in base ad un errore scusabile ». In sede di coordinamento dei vari libri del codice la definizione sarà certamente armonizzata con quella che stiamo ora esaminando, sorge però il problema se la scusabilità dell'errore in cui sia incorso l'erede apparente debba valutarsi con riferimento alla colpa in genere od alla sola colpa grave. La Relazione al Re Imperatore è di tale avviso, ma è da dubitarsi che a una tale modifica dell'
art. 535 del c.c. possa giungere l'interprete in mancanza di un preciso testo di legge.
L'indagine sulla buona fede nell'acquisto a mezzo di rappresentante
Nell'ipotesi di acquisto del possesso a mezzo di rappresentante, valgono per il nuovo codice gli stessi principi che regolano il punto nel sistema del 1865. Occorre, in altre parole, distinguere anzitutto la
rappresentanza legale dalla volontaria e, riguardo a questa, il caso in cui la facoltà di acquistare in nome del
dominus negotii non si riferisca particolarmente a quel determinato oggetto da quello in cui invece essa vi si riferisca.
Mentre è chiaro che nell'ultima ipotesi deve aversi riguardo unicamente alla buona o mala fede del rappresentato, che ha determinato egli stesso l'ambito dell'attività del rappresentante, nel caso di procura generale si deve tener conto tanto della mala fede del rappresentante quanto di quella del rappresentato; ed in caso di rappresentanza legale ciò che viene in considerazione è lo stato soggettivo del rappresentante giacche egli si sostituisce in tutto e per tutti al rappresentato.
Gli stessi principi naturalmente valgono per le persone giuridiche: queste sono in buona fede se lo sono gli individui che costituiscono gli organi preposti al loro funzionamento, altrimenti no. Però la buona fede di chi le rappresenta non giova se tali individui siano in mala fede, come la sua mala fede non nuoce se le istruzioni ricevute si riferiscano all'acquisto di quella determinata cosa, ove questi siano in buona fede.
Inutile aggiungere che laddove gli amministratori siano più, occorre la buona fede di tutti, poiché non si tratta di una deliberazione collegiale in cui predomini la maggioranza: ciò a differenza dell'ipotesi di più compossessori, nella quale si ha riguardo alla buona o mala fede di ciascuno.
Presunzione di buona fede e principio della buona fede iniziale
La presunzione di buona fede ed il principio della buona fede iniziale non richiedono spiegazioni, ma basti osservare, quanto al secondo punto, che il momento cui deve aversi riguardo e quello dell'acquisto del possesso, il quale (nei casi in cui sia richiesto il titolo) può anche non coincidere con quello in cui il titolo si forma.
Titolo
Poiché, come si è detto più volte, per l'usucapione abbreviata e per l'acquisto delle cose mobili il nuovo codice continua a richiedere che la buona fede si accompagni ad un «
titolo idoneo al trasferimento della proprietà », giova sin da ora accennare brevemente anche a questo requisito.
Titolo, a questi fini, e un negozio, che di per se sarebbe idoneo al trasferimento o alla costituzione del diritto, ma che non può produrre tale effetto per la qualità di
non dominus del disponente.
La sua funzione di
iusta causa possessionis implica che esso debba necessariamente aver riferimento al possesso di cui si invocano gli effetti, dalla definizione teste data — e che si ricava dagli art.
1153,
1159 e
1162 — risulta poi in primo luogo come il titolo non abbia particolari requisiti di forma (tanto che in materia mobiliare può anche essere verbale) ed inoltre come la nuova legge abbia mantenuto l'inidoneità dei titoli originari e di quelli dichiarativi.
La regola che il successore universale subentra nella posizione giuri-dica del
de cuius rispetto all’ universalità dei rapporti ed il principio sopra illustrato che il possesso continua nella sua persona con le stesse qualità che aveva presso il dante causa (
art. 1146 del c.c.) non consentono poi di pensare ad un possesso di buona fede fondato sul titolo di erede.
Che dire nel caso dell'
erede non vero, ma
apparente, che, come si e visto, l'
art. 535 del c.c. qualifica possessore di buona fede? Il fatto che, nonostante tale qualifica, la legge abbia dettato disposizioni speciali in materia ed abbia solo a determinati effetti richiamato le norme vigenti in materia di possesso, fa ritenere che l'erede apparente di buona fede non possa
sic et simpliciter considerarsi possessore di buona fede.
Inefficacia del titolo putativo nei casi in cui la legge richiede la presenza di un titolo
La chiara dizione degli art.
1153,
1159 e
1163, che richiedono la presenza di un titolo d'acquisto, consente di respingere senz'altro l'opinione (sostenuta sotto l'impero del codice del 1865, ma con riferimento ai soli effetti minori del possesso, per i quali oggi il titolo non è più richiesto) che al titolo vero equipara il c. d. titolo putativo, cioè la semplice opinione dell’ esistenza di un titolo.
La stessa dizione, in relazione a quanto si è sopra osservato circa la possibilità che con l'usucapione o l'acquisto delle cose mobili si sani soltanto il vizio dell' «
alienità » della cosa, consentono di risolvere in senso negativo le questioni precedentemente agitatesi circa l'ammissibilità di un titolo annullabile, rescindibile o revocabile o sottoposto a condizione, salvo nel caso in cui l’ annullabilità o la rescindibilità siano state sanate, la revoca non sia stata esercitata, e la condizione, se sospensiva, si sia verificata, se negativa non si sia verificata.
Trascrizione del titolo
Come si vedrà, per l'usucapione abbreviata la legge ha mantenuto il requisito della trascrizione del titolo: e ciò opportunamente, in quanto una tale specie di usucapione presuppone non solo che l'acquisto sia stato fatto in buona fede, ma che sussistano circostanze tali da presentare tutte le apparenze esteriori di un acquisto pienamente valido. Orbene, come è noto, la trascrizione, sebbene non necessaria per la validità del titolo, è tuttavia indispensabile per
l'opponibilità dell'acquisto ai terzi: logico quindi che essa venga richiesta quale prova del comportamento normale dell'acquirente.