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Articolo 633 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Invasione di terreni o edifici

Dispositivo dell'art. 633 Codice Penale

Chiunque(1) invade [637] arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati(2) , al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 103 euro a 1.032 euro.

Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2.064 e si procede d'ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata.

Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata(3).

Note

(1) Si tratta di un reato comune, che dunque può essere commesso anche dal proprietario nei confronti del conduttore o altro soggetto che abbia il possesso dell'immobile, in quanto tale fattispecie richiede che l'agente non abbia il possesso o la disponibilità del bene.
(2) L'invasione non deve necessariamente avvenire attraverso il ricorso alla violenza fisica, ma deve sempre essere arbitraria ovvero posta in essere senza titolo autorizzativo.
(3) Tale articolo è stato modificato dall'art. 30 comma 1 del D.L. 4 ottobre 2018 n. 113, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132.

Ratio Legis

La disposizione in esame è atta a tutelare l'inviolabilità e l'integrità della proprietà immobiliare, specificatamente intesa come diritto d'uso e godimento di tali beni.

Spiegazione dell'art. 633 Codice Penale

La norma in esame è posta a tutela dell'inviolabilità della proprietà altrui.

Il delitto può essere commesso da chiunque, anche dal proprietario stesso, in pendenza di un rapporto di locazione.

L'elemento materiale non è l'occupazione, ma l'invasione del terreno o dell'edificio, ovvero l'introduzione arbitraria nel terreno altrui, e se è esatto sostenere che la permanenza non deve essere momentanea, non è necessario che essa si protragga per lungo tempo, purché sia rivolta all'occupazione o abbia come scopo altre utilità.

La nozione di invasione non si riferisce ad un aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce arbitrariamente.

La condotta non è scriminata ex articolo 54, qualora lo stato di necessità non metta seriamente in pericolo la vita o altro diritto fondamentale dell'occupante abusivo. La mera esigenza abitativa non è pertanto causa di esclusione della punibilità.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma in esame punisce chi si introduca arbitrariamente, in maniera non momentanea, in un terreno o in un edificio altrui, pubblico o privato, al fine di occuparlo o di trarne, altrimenti, un profitto.

La condotta tipica consiste negli atti materiali con cui l’agente realizza l’invasione arbitraria. È indifferente la natura dei mezzi usati, purché essi non costituiscano, di per sé, un altro reato, posto che, in tal caso, si avrebbe un concorso di reati o, ricorrendone i requisiti, una diversa fattispecie criminosa.
Per “invasione” si intende l’introduzione o l’immissione arbitraria in un immobile altrui, per un tempo giuridicamente apprezzabile, la quale non costituisce, però, una vera e propria occupazione. È, peraltro, indifferente che l’invasione sia totale o parziale, oppure che l’avente diritto venga spogliato del suo godimento totalmente o soltanto parzialmente.

Non è, dunque, sufficiente, per poter parlare di invasione, ad esempio, il fatto di lasciare sul fondo altrui delle tracce di zappatura o di occuparlo soltanto momentaneamente, se ciò non toglie al soggetto passivo la possibilità di esercitare, almeno parzialmente, le facoltà che rientrano nell’esercizio del possesso o, quantomeno, la renda più difficoltosa.

L’oggetto materiale del reato è rappresentato dal terreno o dall’edificio altrui, pubblico o privato, urbano o rustico, chiuso o aperto, abitato o disabitato, sul quale ricade la condotta criminosa. Per “immobile altrui” si deve intendere quello in cui l’agente non ha diritto di introdussi per occuparlo o per trarne, altrimenti, un profitto.

La realizzazione dell'evento tipico della fattispecie in esame coincide con il suo momento consumativo, il quale corrisponde all'insorgenza di una relazione, prima inesistente, tra l’immobile invaso ed il soggetto agente, con la conseguente esclusione o limitazione dell’esercizio, su di esso, delle facoltà spettanti all’avente diritto, e ciò indipendentemente dal raggiungimento o meno dello scopo di occupare l’immobile o di trarne profitto.

Si tratta di un reato permanente in quanto lo stato antigiuridico duraturo, realizzatosi in seguito alla sua consumazione, viene mantenuto attraverso un’ininterrotta condotta dell’agente, il quale può farlo cessare in qualsiasi momento con un atto della sua volontà.

È ammesso il tentativo qualora, ad esempio, non appena sia avvenuta l’introduzione, il colpevole venga espulso dall’immobile, senza che si sia potuta verificare una limitazione, nella sfera giuridica del soggetto passivo, delle facoltà inerenti all’esercizio della proprietà o del possesso.

Ai fini dell’integrazione del delitto in esame, è necessario che sussista, in capo all’agente, il dolo specifico, quale coscienza e volontà di invadere un immobile altrui con il fine specifico di occuparlo o di trarne, comunque, un profitto.

Il reato di invasione di terreni o edifici è aggravato, ai sensi del comma 2, qualora il fatto sia commesso da più di cinque persone o da una persona palesemente armata, oppure, in base al comma 3, nei confronti dei promotori o degli organizzatori, se il fatto è commesso da due o più persone.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 633 Codice Penale

Cass. pen. n. 27041/2023

Integra il reato di cui all'art. 633 cod. pen. la condotta di chi, ospitato in un immobile di edilizia residenziale pubblica in virtù del rapporto di parentela con il legittimo assegnatario, vi permanga anche dopo il decesso di quest'ultimo, comportandosi come "dominus" o possessore.

Cass. pen. n. 3103/2022

Ai fini della procedibilità del delitto di cui all'art. 633 cod. pen., nel caso in cui abbia ad oggetto un immobile sottoposto a procedura esecutiva, legittimato a proporre querela è sia il proprietario, in quanto titolare del bene fino al termine della procedura, che subisce la lesione del diritto, sia, in qualità di legittimato concorrente, ma non esclusivo, il creditore procedente, titolare dell'interesse al mantenimento dell'immobile in buone condizioni.

Cass. pen. n. 27249/2022

Ai fini della perseguibilità di ufficio del delitto di invasione di terreni o edifici, devono considerarsi "pubblici" - secondo la nozione che si ricava dagli art. 822 e seg. cod. civ., mutuata dal legislatore penale - i beni appartenenti a qualsiasi titolo allo Stato o ad un ente pubblico, e quindi non solo i beni demaniali ma anche quelli facenti parte del patrimonio disponibile o indisponibile degli enti predetti, e "destinati ad uso pubblico" quelli che appartengono a privati e detta destinazione abbiano concretamente avuto.

Cass. pen. n. 24272/2022

Ai fini della procedibilità del reato di cui all'art. 633 cod. pen. avente ad oggetto un immobile sottoposto a procedura esecutiva, il custode giudiziario è legittimato a proporre querela ai sensi dell'art. 120 cod. pen., in quanto, essendo costituito garante degli effetti materiali del pignoramento in forza dell'incarico e trovandosi, pertanto, nella qualificata disponibilità del bene staggito, è uno dei possibili titolari dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 26234/2019

In tema di invasione di pubblici edifici, l'utilità cui è finalizzata la condotta può essere diretta o indiretta, ed anche solo di ordine morale, sociale o politico, purché comprenda anche l'utilizzazione del bene, sicché non integra il reato l'accesso all'edificio che non sia diretto ad instaurare un potere di fatto sull'immobile da parte dell'agente al fine di goderne. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la condanna relativa all'invasione degli uffici comunali da parte di alcuni attivisti, operata al fine di sollecitare l'assegnazione di un alloggio ad un disabile in condizioni di indigenza).

Cass. pen. n. 19148/2019

Ai fini del dolo specifico richiesto dall'art. 633 cod. pen. occorrono non soltanto la coscienza e la volontà di invadere l'altrui bene ma anche il fine di occupare l'immobile o di trarne profitto, con la conseguenza che qualora il possesso, esercitato in forza di titoli legittimi, sia pacifico e continuo, manca l'estremo dell'arbitrarietà dell'invasione. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la condanna dell'imputata per l'abusiva occupazione di una porzione del fondo altrui mediante realizzazione di manufatti edili, essendo la stessa subentrata nel possesso dell'immobile "occupante", a seguito di legittimo acquisto della proprietà, in epoca successiva alla prima realizzazione delle opere, sulle quali aveva effettuato ulteriori lavori).

Cass. pen. n. 15874/2019

Non integra il reato di invasione di terreni o edifici la condotta del soggetto che subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore. (In motivazione la Corte ha evidenziato che, quand'anche il subentro fosse autorizzato in violazione di vincoli imposti all'assegnatario, ciò potrebbe avere rilevanza ai fini amministrativi o civilistici ma non sarebbe sufficiente ad integrare il comportamento sanzionato dall'art. 633 cod. pen., che presuppone l'introduzione arbitraria e dall'esterno).

Cass. pen. n. 29657/2019

Nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 cod. pen. la nozione di "invasione" non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce "arbitrariamente", ossia "contra ius" in quanto privo del diritto d'accesso, cosicché la conseguente "occupazione" costituisce l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione; nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo, il delitto ha natura permanente e la permanenza cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto o con la sentenza di condanna, dopo la quale la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell'invasione, ma si sostanzia nella prosecuzione dell'occupazione.

Cass. pen. n. 16363/2019

Il delitto di invasione di terreni demaniali di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. ha natura permanente, atteso che l'offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l'invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto, sicché è preclusa, sino a quando la permanenza non sia cessata, l'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa.

Cass. pen. n. 55164/2018

Nel caso in cui l'imputazione relativa ad un reato permanente (nella specie, occupazione abusiva di un immobile) indichi il "tempus commissi delicti" con "formula chiusa", e cioè con la precisazione della data di cessazione della condotta illecita, il termine di prescrizione decorre dalla data indicata nell'imputazione e non dalla data di emissione della sentenza di primo grado, potendo le eventuali condotte successive, incidenti sul mantenimento della situazione antigiuridica, essere contestate in altro procedimento.

Cass. pen. n. 29710/2017

Il dolo specifico del delitto di invasione di terreni o edifici, oltre a richiedere la finalità di occupare l'immobile o di trarne altrimenti profitto, presuppone la consapevolezza in capo all'agente dell'altruità del bene, influente sulla coscienza dell'illegittimità della condotta.

Cass. pen. n. 25438/2017

Integra il reato di invasione di terreni o edifici soltanto la turbativa del possesso che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del terreno o dell'edificio da parte del titolare dello "ius excludendi", secondo quella che è la destinazione economico-sociale del bene o quella specifica ad essa impressa dal "dominus". (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che costituisse una turbativa riconducibile ad uno "spoglio funzionale" - e perciò sussumibile nella previsione di cui all'art. 633 cod. pen. - la condotta dell'imputato, consistita in reiterati passaggi, con il proprio mezzo agricolo, sul terreno della persona offesa, idonei a menomare apprezzabilmente la facoltà di godimento di quest'ultima e la destinazione del fondo, in considerazione della devastazione delle coltivazioni sul medesimo presenti).

Cass. pen. n. 24128/2017

Non integra il delitto di invasione di terreni o di edifici la condotta di chi continui a possedere un bene altrui per essere subentrato nel possesso di esso a un ascendente. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo di un fondo limitrofo ad una strada pubblica).

Cass. pen. n. 7911/2017

Il reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 cod. pen. si consuma nel momento in cui l'occupazione ha inizio, in quanto trattasi di reato istantaneo, pur con effetti permanenti, che deduce ad oggetto della sanzione la condotta di chi, abusivamente, con violenza e senza l'autorizzazione del titolare, invade edifici o terreni al fine di occuparli, senza aver riguardo anche alla condotta successiva di protrazione dell'occupazione. (Nella specie, concernente l'occupazione di un'area demaniale mediante inerti, contestata in relazione ad un periodo successivo a quello per il quale era già intervenuto giudicato di condanna per il medesimo titolo, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata sul presupposto che, onde escludere la preclusione del "ne bis in idem", dovesse accertarsi se vi fosse stata una nuova occupazione con immissione di altro materiale).

Cass. pen. n. 53005/2016

Ai fini della configurabilità del reato di invasione di terreni o edifici, la nozione di "invasione" non richiede modalità esecutive violente, che possono anche mancare, ma si riferisce al comportamento arbitrario, tipico di chi si introduce nell'altrui proprietà "contra ius", in quanto privo del diritto di accesso. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva configurato il reato di cui all'art. 633 cod. pen. nell'ipotesi di occupazione di un alloggio di proprietà dello IACP da parte di soggetto non assegnatario dell'alloggio, evidenziando come non avesse alcun rilievo il mancato accertamento dell'azione di spoglio violento in danno dell'avente diritto).

Cass. pen. n. 50659/2014

Ai fini della configurabilità del reato di invasione di terreni o edifici, il dolo specifico di occupare l'immobile o di trarne altrimenti profitto presuppone che la condotta dell'agente sia diretta a realizzare un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del titolare dello "ius excludendi" e può essere desunto non solo dalla stabile permanenza del soggetto nel terreno o nell'edificio, ma anche da elementi diversi purché univocamente dimostrativi della finalità di dare inizio ad un possesso non meramente transitorio od occasionale. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del tentativo del reato di cui all'art. 633 c.p. in relazione a condotta diretta a fare ingresso in un appartamento, in assenza di qualsiasi elemento indicativo della volontà di attuare una permanente occupazione dell'immobile e non, invece, di farne un uso occasionale e momentaneo).

Cass. pen. n. 47705/2014

In tema di invasione di edifici, nell'ipotesi in cui un soggetto sia stato escomiato, a seguito di esecuzione forzata da un immobile e questo risulti successivamente occupato da un famigliare del soggetto esecutato, è configurabile il reato di cui all'art. 633 cod. pen., a meno che l'occupante non dimostri che si trovava nel possesso o detenzione dell'immobile fin da prima dell'escomio e che tale possesso sia proseguito ininterrottamente.

Cass. pen. n. 51754/2013

La condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, sicché l'invasione non ricorre laddove il soggetto, entrato legittimamente in possesso del bene, prosegua nell'occupazione contro la sopraggiunta volontà dell'avente diritto.(Fattispecie in cui la detenzione dell'immobile aveva avuto inizio in virtù di regolare concessione).

Cass. pen. n. 5585/2012

Il reato di invasione di terreni o edifici non è configurabile laddove il soggetto, entrato legittimamente in possesso del bene occupato, prosegua nell'occupazione contro la sopraggiunta volontà dell'avente diritto. (La S.C. ha escluso che detto principio si applichi a chi occupi un bene immobile dicendosi ospite del precedente detentore "sine titulo").

Cass. pen. n. 12752/2011

L'occupazione "sine titulo" di un alloggio in proprietà dell'istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione arbitraria di edifici anche nell'ipotesi in cui l'occupante abbia presentato una regolare istanza di assegnazione dell'immobile ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito.

Cass. pen. n. 41401/2010

È da ritenersi tempestiva la querela per il reato di invasione di terreni che sia stata proposta durante il periodo in cui si è protratta l'occupazione, dal momento che il reato permanente è flagrante per tutto il tempo in cui se ne protrae la consumazione.

Cass. pen. n. 42597/2009

Non integra il reato di invasione di terreni, per difetto del dolo specifico, la condotta di chi faccia ingresso nel fondo altrui pur in assenza del consenso del proprietario, al solo fine di eseguire la potatura delle piante necessaria alla manutenzione delle linee elettriche.

Cass. pen. n. 30130/2009

Integra la condotta di invasione di terreni, che si connota per il requisito dell'arbitrarietà e non per il profilo di violenza che può anche mancare, l'utilizzazione dei manufatti abusivi su quei terreni realizzati, pur se alla realizzazione il soggetto che ne ha l'uso non abbia preso parte. (Nella fattispecie, relativa all'uso di beni abusivamente costruiti su terreni demaniali, la Corte ha ritenuto che la condotta dell'imputato - prescindendo dalla responsabilità in ordine all'abuso edilizio - integrasse comunque il reato).

Cass. pen. n. 14042/2008

Non integra il delitto di invasione di terreni o edifici la condotta consistente nel parcheggiare su spazi pubblici veicoli sormontati da insegne pubblicitarie, perché i veicoli, seppure così equipaggiati, non perdono, salvo che sia provato il contrario, le caratteristiche di mezzi destinati alla circolazione. (La Corte ha precisato che la condotta integra l'illecito amministrativo di cui all'art. 23 C.d.S.).

Cass. pen. n. 37139/2007

L'occupazione sine titulo di un alloggio costruito dall'Istituto Autonomo Case Popolari integra gli estremi del reato di cui all'art. 633 c.p. anche nel caso in cui l'occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione, ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione. (La S.C. ha precisato che i predetti alloggi sono destinati al perseguimento di finalità di interesse pubblico e devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto, che vanno individuati secondo i criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati attraverso idonee procedure, non derogabili neanche per provvedere a situazioni di estremo bisogno di terzi non aventi diritto).

Cass. pen. n. 32833/2007

Integra il reato di invasione di edificio pubblico l'occupazione di un container originariamente destinato a raccogliere famiglie prive di abitazione a seguito di un evento sismico, perché la qualità di bene pubblico prescinde dalle modalità di costruzione del bene e la destinazione pubblicistica non viene meno a causa del tempo trascorso dal verificarsi della situazione che di quel bene aveva determinato la destinazione.

Cass. pen. n. 16226/2007

Il reato di invasione di un casello ferroviario è perseguibile d'ufficio, in ragione della destinazione ad uso pubblico, quale pertinenza della linea ferroviaria, del casello medesimo.

Cass. pen. n. 15610/2006

Il reato previsto dall'art. 633 c.p. punisce la condotta di colui che si introduce deliberatamente dall'esterno nel terreno o nell'edificio altrui, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto, per cui deve escludersi che integri il reato la semplice permanenza nel fondo o nell'edificio altrui, contro la volontà dell'avente diritto, non preceduta dall'attività di invasione.

Cass. pen. n. 5070/2006

In tema di invasione di terreni, la subordinazione della sospensione condizionale della pena al rilascio del terreno in favore della P.A. è provvedimento legittimo e conforme al dettato dell'art. 165 c.p., perché la restituzione della res assolve alla funzione di impedire la prosecuzione della situazione dannosa posta in essere dall'imputato, accertata in modo definitivo con la sentenza di condanna. Peraltro, l'occupazione abusiva del demanio impedisce l'uso dell'area da parte della collettività o l'utilizzazione secondo le finalità che la P.A. intende conseguire.

Cass. pen. n. 4823/2006

In tema di invasione di terreni o edifici, la norma di cui all'art. 633 c.p. comprende nella sua tutela non solo la proprietà, ma anche il possesso dei terreni e degli edifici, essendo diretta a salvaguardare quel rapporto di fatto che viene esercitato sugli immobili sia dal proprietario che da terzi. Infatti, con il termine «altrui» la norma medesima ha inteso tutelare non solo il diritto di proprietà, ma anche ogni altro rapporto con l'immobile di soggetto diverso dal proprietario, ma interessato allo stesso modo alla libertà e integrità del bene. (Fattispecie relativa alla ritenuta sussistenza dell'interesse ad ottenere la disponibilità di un immobile sequestrato in base all'art. 633 c.p. da parte del legittimo possessore, in forza di un contratto preliminare di compravendita, attributivo della disponibilità immediata dell'immobile).

Cass. pen. n. 4822/2006

Integra il reato di cui all'art. 633 c.p. l'esecuzione sul fondo altrui, in assenza del decreto di esproprio, di opere a carattere permanente (quali lavori di sbancamento di migliaia di metri cubi di terreno e posa in opera di manufatti in cemento armato ancorati con tubi di calcestruzzo) da parte del titolare di una concessione mineraria per la ricerca e l'utilizzazione di acque minerali, seppure il fondo ricada nel perimetro indicato dal provvedimento amministrativo, perché la concessione di coltivazione mineraria non esime dall'obbligo di attivazione delle normali procedure per ottenere i prescritti decreti di espropriazione.

Cass. pen. n. 2592/2006

Il dolo del reato di invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, ha una finalizzazione specifica nella occupazione o nel conseguimento, in altro modo, di un profitto e la prova di esso oltre a non discendere automaticamente dalla dimostrazione della consapevolezza della contestazione della legittimità dell'occupazione, non si sostanzia neppure, in modo automatico, nella dimostrazione della consapevolezza della illegittimità dell'autorizzazione amministrativa all'edificazione ovvero della sola consapevolezza dell'illegittimità dell'invasione di un altrui bene immobile, occorrendo in ogni caso la dimostrazione del quid pluris della finalizzazione specifica.

Cass. pen. n. 2337/2006

La condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione: la norma di cui all'art. 633 c.p., infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato di invasione di edifici in quanto il ricorrente era subentrato nell'appartamento di proprietà di un Ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, legato a lui da vincoli di affinità, escludendo la eventuale rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l'assegnazione, circostanza che può valere a fini amministrativi o civilistici, ma che non rileva sotto il profilo penalistico).

Cass. pen. n. 48520/2004

La contravvenzione di cui all'art. 1161 c.n., abusiva occupazione di spazio demaniale, concorre con il delitto di cui all'art. 633 c.p., invasione di terreni o edifici, stante la obiettiva diversità degli interessi tutelati e delle condotte illecite previste dalla due norme, consistente nell'introduzione arbitraria e per un congruo lasso di tempo in terreni o edifici altrui allo scopo di occuparli e trarne profitto nell'ipotesi di cui all'art. 633 c.p., e nell'effettiva occupazione del demanio nell'altra ipotesi.

Cass. pen. n. 49169/2003

Nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p. la nozione di «invasione» non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce «arbitrariamente» e cioè, contra ius in quanto privo del diritto d'accesso. La conseguente «occupazione» deve ritenersi pertanto l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva occupazione. Nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo il delitto ha natura permanente, e cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto dall'edificio o con la sentenza di condanna. Dopo la pronuncia della sentenza la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell'invasione ma si sostanzia nella prosecuzione dell'occupazione.

Cass. pen. n. 43393/2003

Non integra il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p., la condotta di chi sia sempre vissuto in un immobile di proprietà pubblica, locato a suo padre, e dopo il trasferimento di quest'ultimo abbia continuato il pagamento dei bollettini indicando come causale l'indennità di occupazione, in attesa della formale assegnazione in suo favore, sia per l'assenza del dolo specifico che per la mancanza dell'elemento materiale rappresentato dalla necessaria arbitraria invasione dell'immobile.

Cass. pen. n. 10796/2002

L'alloggio realizzato dall'Istituto autonomo delle case popolari (Iacp), conserva la sua destinazione pubblicistica anche quando ne sia avvenuta la consegna all'assegnatario, cui non abbia ancora fatto seguito il definitivo trasferimento della proprietà. Ne deriva che, in tale situazione, l'eventuale invasione ad opera di terzi dell'alloggio medesimo è perseguibile d'ufficio, ai sensi dell'art. 639 bis c.p.

Cass. pen. n. 29362/2001

Il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p. è di natura permanente, dato il protrarsi nel tempo dell'occupazione del fondo; la permanenza cessa con la pronuncia giudiziale di primo grado.

Cass. pen. n. 23800/2001

In tema di reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.) vanno fissati i seguenti punti: 1) L'elemento materiale non è l'occupazione (che è una delle finalità illecite dell'invasione), ma l'invasione, ossia l'accesso dell'esterno nell'altrui immobile che non deve essere del tutto momentaneo, ma che, tuttavia, non richiede una protrazione per un periodo di tempo definito; 2) l'introduzione deve essere arbitraria, nel senso che deve avvenire senza l'approvazione dell'avente diritto, ovvero senza una legittimazione proveniente aliunde (da una norma, da un'autorizzazione dei pubblici poteri ecc.); 3) il dolo specifico, richiesto come elemento soggettivo, deve avere la finalità dell'occupazione (che implica il concetto di durevolezza), oppure di trarre comunque un diverso profitto, che non va inteso come dato strettamente patrimoniale e direttamente conseguente all'invasione, ma può consistere anche in un uso strumentale del bene per conseguire altre utilità.

Cass. pen. n. 8107/2000

L'elemento materiale del reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p., non è l'occupazione ma l'invasione del terreno o dell'edificio, cioè l'introduzione arbitraria nel fondo altrui, e se è esatto che la permanenza dell'agente nell'ambito non deve essere momentanea, non è, peraltro, richiesto che essa si protragga per lungo tempo, purché sia rivolta all'occupazione o abbia per scopo altre utilità. L'arbitrarietà della condotta è ravvisabile in tutti i casi in cui l'ingresso nell'immobile o nel fondo altrui avvenga senza il consenso dell'avente diritto al possesso od alla detenzione ovvero, in mancanza di questo, senza la legittimazione conferita da una norma giuridica o da un'autorizzazione dell'autorità. Quanto all'elemento psicologico del reato, caratterizzato dal dolo specifico del fine di occupare l'altrui immobile o di trarne altrimenti profitto, non richiede per la sua sussistenza che il profitto propostosi dall'agente sia strettamente patrimoniale e direttamente realizzabile con l'invasione e può consistere anche nell'intento di un uso strumentale della stessa al conseguimento di scopi di particolare valore morale e sociale.

Cass. pen. n. 1044/2000

In tema di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.), poiché il concetto di «invasione» va ricondotto ad una qualunque introduzione dall'esterno con modalità violente — sicché non può essere in alcun modo omologato a quello, rilevante nel diverso delitto di violazione di domicilio, di permanenza nell'altrui abitazione contro la volontà del titolare dello “ius excludendi” — non integra il reato l'occupazione di un istituto scolastico per fini dimostrativi posta in essere dagli studenti che lo frequentano, nei cui confronti, in quanto soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi della sua gestione ai sensi del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, non si configura un diritto d'accesso all'istituto limitato alle sole ore in cui è prevista l'attività didattica in senso stretto né può dirsi sussistente l'elemento normativo della fattispecie incriminatrice consistente nell'“altruità” dell'immobile.

Cass. pen. n. 2697/2000

Integra il reato di cui all'art. 633 c.p. l'occupazione abusiva di alloggio popolare da parte di chi sia già assegnatario dell'alloggio stesso. A norma dell'art. 11 del D.P.R. n. 1035 del 1972, infatti, il rapporto che si instaura tra l'Istituto autonomo per le case popolari e gli assegnatari in locazione degli alloggi popolari trae origine da due atti distinti, di cui il primo, che ha natura amministrativa, è diretto all'accertamento delle condizioni per l'assegnazione ed il secondo, che ha valore privatistico, è destinato alla costituzione di un rapporto negoziale per effetto del quale sorge a favore dei beneficiari dell'assegnazione il diritto di godimento degli alloggi. La sola conclusione della fase pubblicistica, caratterizzata da mere posizioni di interesse legittimo, non attribuisce quindi agli assegnatari il diritto soggettivo alla occupazione degli immobili, che, peraltro, anche in caso di stipulazione dei contratti di locazione deve essere preceduta dalla consegna degli alloggi.

Cass. pen. n. 6650/1999

Poiché, ai sensi dell'art. 120 c.p., il diritto di querela spetta alla persona offesa dal reato e cioè a colui che patisce la lesione dell'interesse protetto dalla norma, deve escludersi la legittimazione a proporre l'istanza di punizione in capo al coniuge del proprietario di un immobile arbitrariamente invaso, che in quanto tale fruisca del bene senza poter vantare su di esso un diritto reale ovvero altro diritto che gliene attribuisca il godimento: detto soggetto, infatti, non può considerarsi titolare dell'interesse protetto dall'art. 633 c.p. ma, eventualmente, solo persona danneggiata dal reato. (Nell'affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che il diritto di querela in ordine al reato in questione può competere anche a persona diversa dal proprietario, che si trovi tuttavia in un rapporto non di mero fatto con l'immobile bensì sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante, come quella del conduttore, dell'usufruttuario o del comodatario).

Cass. pen. n. 6207/1997

Ai fini della perseguibilità di ufficio del delitto di invasione di terreni o edifici, devono considerarsi «pubblici» — secondo la nozione che si ricava dagli art. 822 e ss. c.c., mutuata dal legislatore penale — i beni appartenenti a qualsiasi titolo allo Stato o ad un ente pubblico, e quindi non solo i beni demaniali ma anche quelli facenti parte del patrimonio disponibile o indisponibile degli enti predetti; e «destinati ad uso pubblico» quegli altri beni che appartengono a privati e detta destinazione abbiano concretamente avuto.

Cass. pen. n. 9479/1997

Non esiste rapporto di specialità tra la norma incriminatrice di cui all'art. 633 c.p. (invasione di terreni ed edifici) e l'illecito amministrativo previsto dall'art. 20 del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 (occupazione della sede stradale), essendo diversa l'obbiettività giuridica delle due norme; la disposizione penale, infatti, è posta a tutela del patrimonio e quella amministrativa a garanzia della sicurezza della circolazione stradale. (Alla stregua di tale principio la Corte ha annullato la sentenza pretorile che aveva ritenuto, ai sensi dell'art. 9 della L. 24 novembre 1981, n. 689, doversi ipotizzare esclusivamente un illecito amministrativo nell'installazione abusiva di una gru su parte della sede stradale).

Cass. pen. n. 8228/1996

In tema di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.) l'assegnatario di un alloggio Iacp, ove non abbia potuto conseguire la disponibilità dell'alloggio medesimo a causa della precedente, illegittima occupazione ad opera di un terzo, deve ritenersi legittimato a proporre la querela ai fini della perseguibilità del reato in quanto titolare del diritto di godere dell'immobile e di tutelarne il possesso.

Cass. pen. n. 10138/1995

Non esiste rapporto di specialità fra la norma incriminatrice di cui all'art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici) e l'illecito amministrativo previsto dall'art. 26, comma 4, L. 8 agosto 1977, n. 513, che sanziona l'occupazione di un alloggio di edilizia popolare senza le autorizzazioni necessarie; l'elemento materiale della prima ipotesi, infatti, è costituito dall'arbitraria introduzione nel fondo o nell'edificio altrui al fine di occuparlo, mentre quello caratterizzante la seconda è costituito dall'occupazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica senza le autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore, occupazione che può anche non essere arbitraria, ma soltanto irregolare; la norma di cui all'art. 633 c.p., inoltre, è posta a tutela del patrimonio, ed il bene giuridico protetto appartiene ad un rapporto di fatto, esercitato sia dal proprietario che da terzi, che trova la sua definizione nel concetto di possesso indicato dall'art. 1140 c.c.; con la L. n. 513/1977, viceversa, il legislatore ha inteso tutelare l'edilizia residenziale pubblica con sanzioni amministrative, tendenti ad evitare il consolidamento di talune situazioni in contrasto con la legittima assegnazione degli alloggi agli aventi diritto.

Cass. pen. n. 368/1995

Poiché il delitto di cui agli artt. 633, primo comma, e 639 bis c.p. (invasione di terreni o edifici) non è configurabile quando l'agente, che sia entrato in un edificio come legittimo abitatore, si limiti a rimanervi contro la volontà dell'avente diritto, consistendo la condotta punibile nell'introduzione arbitraria, dall'esterno, in un fondo altrui, deve escludersi la responsabilità penale dell'assegnatario provvisorio di un appartamento di proprietà pubblica il quale, revocata l'assegnazione, vi si trattenga, e ciò in quanto è ininfluente sul presupposto di fatto giustificante l'inizio del godimento dell'immobile il successivo accertamento della mancanza delle condizioni richieste per la sua prosecuzione.

Cass. pen. n. 9767/1994

In tema di reato di cui all'art. 633 c.p. — invasione di terreni o edifici — l'errore sull'altruità dell'immobile da parte dell'agente, fondato sull'erronea conoscenza della legge civile, non esclude la punibilità ex art. 47 c.p. e quindi non esclude l'elemento psicologico doloso del reato. Va, infatti, rilevato che ai sensi dell'art. 47 c.p. è legge diversa da quella penale soltanto quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non richiamata implicitamente (o esplicitamente incorporata) in una norma penale. Pertanto deve essere considerato errore su legge penale, e quindi inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa.

Cass. pen. n. 4230/1994

La condotta tipica del reato di invasione di terreni consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione: la norma di cui all'art. 633 c.p. infatti non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa per cui tutte le volte in cui il soggetto sia già «in possesso» del bene deve escludersi la sussistenza del reato. (Fattispecie in cui la Cassazione ha escluso la sussistenza del reato in quanto il ricorrente, concessionario da tempo di un terreno di proprietà del demanio, si era limitato a permanere nello stesso).

Cass. pen. n. 7560/1993

In tema di occupazione abusiva di alloggi pubblici, non esiste rapporto di specialità, rilevante ex art. 9 legge n. 689 del 1981, tra la previsione di cui all'art. 26 L. 8 agosto 1977, n. 513, che commina solo una sanzione amministrativa a chi occupa un alloggio di edilizia residenziale pubblica senza le autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore e l'art. 633 c.p., che punisce l'invasione degli edifici in genere. La violazione amministrativa, infatti, riguarda la mancata osservanza delle procedure stabilite per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, mentre l'ipotesi di reato concerne tutte le lesioni del diritto di proprietà, privata o pubblica, compiute con atti arbitrari al fine di occupare i beni relativi o di trarne altrimenti profitto.

Cass. pen. n. 8668/1992

Non è configurabile il reato di invasione di terreni o di edifici a carico di chi abbia già il possesso del fondo in qualità di comproprietario-compossessore, e quindi il diritto di accedervi, ancorché utilizzi il bene abusandone.

Cass. pen. n. 8799/1991

La permanenza del delitto di invasione di terreni ex art. 633 c.p., configurabile quando l'occupazione si protrae nel tempo, è interrotta dalla sentenza di condanna ancorché non definitiva.

Cass. pen. n. 10814/1990

Ai fini del dolo specifico richiesto dall'art. 633 c.p., trattandosi di fattispecie contraddistinta da illiceità speciale, in relazione all'interesse pubblico tutelato, concretantesi nella inviolabilità del patrimonio immobiliare, occorrono non soltanto la coscienza e la volontà di invadere l'altrui bene, ma anche il fine di occupare l'immobile o di trarne profitto. Ne deriva che qualora il possesso sia pacifico e continuo (nella specie esercitato anche in forza di titoli legittimi) manca l'estremo dell'arbitrarietà dell'invasione, essendo questo incompatibile con detta situazione di fatto produttiva di effetti giuridici, indipendentemente dalla titolarità del diritto.

Cass. pen. n. 3708/1990

Il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p. è di natura permanente, la cui permanenza cessa con la pronuncia di primo grado. (Fattispecie in tema di applicazione della amnistia).

Cass. pen. n. 9384/1989

Sussiste il reato di invasione di edificio pubblico nel caso in cui l'ingresso avvenga arbitrariamente ed in condizioni di divieto, né rileva la finalità perseguita dagli agenti, che, agli effetti dell'art. 633 c.p., può anche consistere nell'aspirazione ad una utilità non patrimoniale. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza del reato nei confronti di imputati che con il loro comportamento avevano inteso protestare contro la mancata soluzione del problema relativo alla penuria degli alloggi e contro il sistema degli sfratti).

Cass. pen. n. 6949/1989

Sebbene la norma di cui all'art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici) intenda tutelare non la proprietà in senso giuridico civilistico, bensì la posizione di fatto tra soggetto e bene, tuttavia si impone pur sempre, nel caso della imputazione di cui alla citata norma, l'indagine sulla coscienza e volontà dell'agente di porre in essere un comportamento intimamente connesso alla consapevole appartenenza del bene ad un altro soggetto. (Fattispecie relativa a ritenuta insussistenza del reato per esclusa consapevolezza della altruità del bene, in quanto gli imputato intesero ripristinare un loro diritto, preteso o reale e pertanto non intendevano arbitrariamente invadere un terreno altrui).

Cass. pen. n. 599/1989

Configura i reati previsti dall'art. 1161 del codice della navigazione (abusiva occupazione di spazio demaniale) e dell'art. 633 c.p. l'abusiva occupazione di un tratto di spiaggia, ossia la striscia di terra sabbiosa o ghiaiosa che si estende tra il lido e l'entroterra, mediante la recinzione di esso con rete metallica. La demanialità, invero, è una qualità che deriva direttamente e originariamente dalla legge, sicché i beni che ne sono oggetto sfuggono a qualsiasi forma di sdemanializzazione tacita, potendosi attuare solamente quella espressa mediante uno specifico provvedimento di carattere costitutivo da parte della competente autorità amministrativa.

Cass. pen. n. 9084/1988

Il reato di invasione di terreni, di cui all'art. 633 c.p., consiste nell'arbitraria introduzione nel terreno altrui allo scopo di esercitare sullo stesso un rapporto di fatto, che escluda in tutto o in parte quello preesistente riguardante altra persona, dal quale il soggetto possa trarre un qualsiasi profitto. Pertanto l'interesse protetto, come appare evidente dalla stessa formulazione della norma, attiene non ad uno specifico diritto che la persona offesa possa vantare sul terreno, ma ad un rapporto di fatto, esercitato, sia dal proprietario sia da terzi, che trova la sua definizione nel concetto di possesso indicato nell'art. 1140 c.c.

Cass. pen. n. 7427/1988

Il delitto di invasione di terreni o edifici è di natura permanente, stante la protrazione dell'evento occupazione nel tempo, al di là della possibile istantanea introduzione nel fondo altrui. (Applicazione in tema di tempestività della proposizione di querela).

Tra il delitto di invasione di terreni o edifici e la contravvenzione di occupazione di suolo del demanio marittimo non sussiste concorso apparente di norme, essendo diversa l'obiettività giuridica degli interessi tutelati e data la differenza tra le condotte illecite ipotizzate dalle due figure di reato che puniscono, rispettivamente, la introduzione arbitraria e per un congruo lasso di tempo in terreni o edifici altrui con l'intento di occuparli o di trarne profitto, e il fatto dell'effettiva occupazione del demanio marittimo. Pertanto i due reati possono, nei congrui casi, concorrere materialmente.

Cass. pen. n. 269/1987

In tema di occupazione abusiva di suolo demaniale, le eventuali regolarizzazioni amministrative non escludono da parte degli agenti i reati di cui agli artt. 633 c.p. o 1161 c.n.

Cass. pen. n. 2670/1983

Anche il legittimo detentore dell'immobile che non ne sia proprietario è parte offesa del reato di invasione di terreni od edifici ed è pertanto titolare del relativo diritto di querela.

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Consulenze legali
relative all'articolo 633 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. Z. chiede
lunedì 08/05/2023
“Il mio vicino ha occupato il mio piccolo cortile (chiostrina) con piante e altri oggetti. Del caso se ne sta occupando il Giudice di pace. Nel frattempo, dopo circa due anni, il mio vicino ha cessato l'occupazione (ha sgombrato la chiostrina).

Chiedo una ricerca giurisprudenziale in cui vi sia condanna per invasione di terreni o edifici (art 633 cp) con particolare riferimento a sentenze di condanna che riguardino casi in cui l'occupazione sia cessata (è il caso che mi riguarda).

Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 11/05/2023
La ricerca giurisprudenziale richiesta è superflua per le seguenti ragioni.

Nell’ambito del diritto penale, a seguito della commissione del reato, rileva poco ciò che viene fatto dopo.
Il perfezionamento e la consumazione di una determinata fattispecie non viene in alcun modo “eliso” da quello che il soggetto poi fa dopo. Eventuali atti successivi possono rilevare ai fini delle circostanze ma non possono in alcun modo cancellare la commissione del reato.

Questo per dire che la cessazione dell’occupazione non può avere alcun effetto ai fini della pregressa consumazione del reato di cui all’ art. 633 del c.p..

L’indagine utile, in casi del genere, deve essere fatta a monte, sulla sussistenza del reato.

Casi come quello di specie, infatti, spesso e volentieri sono causati non già dalla volontà del soggetto di invadere il terreno altrui per occuparli o per trarne profitto (come richiede il dettato dell’art. 633 c.p. stesso) quanto piuttosto da un uso promiscuo dei confini che può trarre origine o da un dubbio soggettivo sull’estensione della proprietà altrui o da un dubbio oggettivo dovuto, appunto, a un uso promiscuo e ad uno scarso tracciamento dei confini.

In casi del genere la fattispecie penale non può sussistere dovendo piuttosto essere applicati i rimedi civilistici a casi del genere come l’azione di rivendica ( art. 948 del c.c. ) o di regolamento dei confini ex art. 950 del c.c..


Anonimo chiede
lunedì 10/08/2020 - Lazio
“Buongiorno, sono incappato in una storia assurda.
I vigili urbani polizia giudiziaria di Roma mi hanno denunciato per c.p. 366 e 369 bis, e in più mi hanno fatto un verbale di 21.666,66 euro di multa, per una non bene evidenziata legge della regione Lazio collegata al 366 e 369 bis. Vi scrivo come sono andati i fatti.
I miei genitori vivono dal 1966 in una casa di servizio posta nel perimetro di una scuola, essendo stato mio padre custode comunale della scuola per oltre 35 anni, la casa dispone di un recinto per separare il giardino della scuola con quella dell'abitazione. Mio padre pur essendo in pensione risiede ancora li, pur avendo avuto nel 2016 una denuncia dei vigili urbani per occupazione abusiva che ad oggi non ha avuto nessuna udienza davanti ad un giudice. Bisogna premettere che come mio padre ci sono 900 portieri in pensione e che per l'età e per la situazione economica il comune di Roma ha evitato di rendere esecutivo lo sfratto.
Ora, il 4 agosto avevo parcheggio la macchina nel giardino di casa dei miei genitori (perimetro di pertinenza dell'abitazione della custode della scuola) per riparare un paraurti anteriore ed ero con un amico di famiglia intento alla riparazione. Qualcuno della scuola non conoscendomi ha chiamato i vigili che dopo poco si sono presentati in borghese con il solo distintivo senza mostrarmi i tesserini e mi hanno chiesto di farli entrare aprendo il cancello e mi hanno detto che non potevo stare li perché mio padre era stato denunciato. Io ho risposto che quella, fino a prova contraria, era la casa dei mie genitori da 53 anni e anche se mia madre era venuta a mancare da 2 mesi lì viveva ancora mio padre e che non c'era nessuna sentenza esecutiva di sgombero o sigilli all'ingresso, e che io avevo tutto il diritto di entrare nella casa dei miei genitori anche in loro assenza e che mio padre anche se denunciato non aveva mai avuto uno sfratto esecutivo. Mi hanno chiesto con forza di avere la chiave del cancello secondario della scuola, che gli ho dato, e mi hanno chiesto di fotografare la casa, permesso accordato mio malgrado. A fronte di questo mi hanno denunciato per 366 e 369 bis, e anche fatto una multa di 21.666,66 euro per una leggere della regione Lazio collegata all'occupazione di immobili pubblici. Ora io dico: io abito e risiedo in una casa di mia proprietà da 25 anni in altra zona, mi trovavo nel giardino della casa dei mie genitori che pur avendo una denunciati per 366 c.p., non è che non possono ricevere i figli in casa, dove vivono, alla fine mi hanno anche fatto uscire con l'auto dal giardino. Premetto che mio padre è fuori Roma e non era presente all'accaduto ma avevo chiesto a lui il permesso di entrare nella casa con l'auto per eseguire una piccola riparazione. Ora cosa debbo fare per sospendere l'ammenda? Posso denunciare i vigili per abuso di potere? Come posso difendermi?grazie”
Consulenza legale i 27/08/2020
Prima di rispondere al quesito, va premesso quanto segue.

Le forze dell’ordine romane, nel caso di specie, hanno proceduto all’identificazione del soggetto che, secondo loro, si sarebbe macchiato del reato di cui all’articolo 633 del codice penale (invasione di terreni o edifici) che sarebbe perseguibile d’ufficio (e non a querela di parte) sulla base della prescrizione dell’art. 639 bis del codice penale.

Ora, pur non essendo a conoscenza dei dettagli della vicenda (raccontati solo in via sommaria nella descrizione del fatto), è verosimile ritenere che le forze dell’ordine abbiano agito in seguito ad una segnalazione e abbiano proceduto alla denuncia del soggetto che, in quel momento, è stato trovato ad occupare un immobile che, secondo loro, avrebbe dovuto essere libero da cose e persone in quanto destinato ad uso pubblico. Ciò proprio sulla base della disposizione dell’art. 633 del codice penale il quale punisce la condotta di chiunque invada edifici altrui, pubblici o privati che siano.

Orbene, fatta tale premessa, rispondiamo ai quesiti posti.

Quanto all’ammenda, purtroppo il verbale è illeggibile e, conseguentemente, non essendo a conoscenza delle legge applicata dalle forze dell’ordine, non possiamo esprimerci rispetto ai rimedi adottabili. Sembra verosimile supporre, in ogni caso, che, trattandosi di un edificio pubblico, l’ammenda vada impugnata in via amministrativa dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale.

Quanto, invece, alla denuncia nei confronti degli agenti, si sconsiglia caldamente di intraprendere tale strada in quanto non sembra che questi abbiano commesso alcun abuso di potere nell’espletamento delle loro mansioni. Invero, pur assumendo che le forze dell’ordine abbiano preso un abbaglio nella vicenda in esame, si tratta di una questione di merito che deve essere fatta valere nelle sedi giudiziarie opportune e non attraverso il deposito di una denuncia contro gli agenti predetti.

Quanto, invece, al fronte penale, va prima di tutto detto che, in seguito all’accertamento eseguito, la polizia romana trasmetterà la cosiddetta “notizia di reato” alla Procura di Roma che aprirà un fascicolo per il reato di cui all’art. 633 c.p. In questo procedimento, occorrerà difendersi evidenziando al Sostituto Procuratore della Repubblica tutti gli elementi volti a dimostrare che l’occupazione dell’edificio era del tutto legittime e che, pertanto, nessuna invasione può essere configurabile nel caso di specie, a maggior ragione se si considera che si è trattato di un accesso del tutto saltuario e momentaneo, assolutamente inidoneo ad integrare la fattispecie penale contestata.

Si consiglia, in ogni caso, di affidarsi ad un buon difensore che, anche attraverso l’esibizione della documentazione riguardante l’occupazione dell’immobile, sia in grado di dimostrare l’assoluta correttezza dei soggetti che hanno, nel tempo, usufruito dello stesso.

CORRADO F. chiede
domenica 14/06/2020 - Campania
“Siccome ho ricevuto la diffida, che vi allego, volevo sapere come posso tutelarmi da una eventuale querela (art. 633 c.p. invasione di terreni e/o richiesta di risarcimento danni) da parte della controparte, in quanto i bidoni condominiali (raccoglitori dei rifiuti) sono stati posizionati, sull'area di proprietà di terzi, non da me ma da altri condomini, che non mi hanno interpellato quando hanno preso tale decisione. Preciso che, quando gli altri condomini , alla presenza dell'amministratore, hanno deciso la collocazione dei bidoni, era presente solo mia moglie cointestataria dell'appartamento ed io non ho potuto esprimere il mio dissenso.
Gli stessi condomini, dopo l'arrivo della diffida, hanno provveduto immediatamente alla rimozione dei bidoni. In conclusione, posso essere ritenuto responsabile di qualche illecito civile e/o penale in merito a quanto avvenuto?”
Consulenza legale i 17/06/2020
Il comportamento che i proprietari e l’amministratore hanno deciso di porre in essere è sicuramente un atto illecito, in quanto gli stessi hanno deciso di collocare dei bidoni dei rifiuti condominiali in un’area che non rientrava nella loro proprietà e negli spazi comuni dell’edificio; va da se, che se tale decisione è stata presa in seno ad una vera e propria assemblea condominiale ritualmente convocata, la delibera conseguente deve considerarsi radicalmente nulla.

Da un punto di vista di diritto civile e di risarcimento del danno, posto che a seguito della diffida inviata i bidoni sono stati prontamente rimossi, è teoricamente possibile che la vicenda possa avere un seguito con una richiesta di risarcimento del danno inviata al condominio in persona dell’amministratore pro-tempore e ai singoli proprietari, ma in pratica non si crede che questo avverrà, o se avverrà tali pretese difficilmente reggeranno in un ipotetico giudizio.
Al di là del fatto che il comportamento tenuto è sicuramente illecito, ai sensi dell’art. 2043 del c.c., per poter procedere a richiedere in giudizio un risarcimento è necessario che dalla condotta illecita tenuta derivi un danno per chi la subisce e tale danno deve essere puntualmente provato in giudizio. Al di là dei toni usati nella lettera di diffida, non è detto che la prova di questo “grave danno” possa essere raggiunta in giudizio. Per sopperire a ciò, si potrebbe richiedere al giudice una valutazione equitativa del danno ai sensi del 2° co. dell’art.113 del c.p.c., ma solitamente i risarcimenti così stabiliti hanno un importo molto ridotto che rende poco conveniente economicamente l’instaurazione dello stesso giudizio.

Vi è un altro elemento che, a parere di chi scrive, rende piuttosto ardua la possibilità di una richiesta danni per via giudiziaria: l’impossibilità di individuare con esattezza il soggetto che ha concretamente posizionato i bidoni. È vero che tale decisione è stata presa collegialmente da tutti i proprietari, ma è giusto chiedersi: tale decisione è stata ridotta in un atto scritto (si pensi ad una delibera assembleare)? Se si, tale scritto è in possesso della controparte? In un caso come questo, non può muoversi una contestazione risarcitoria indistintamente al condominio, che di per se non ha una personalità giuridica, ma solo al soggetto che ha concretamente collocato i bidoni in un terreno non di sua proprietà, soggetto che va puntualmente individuato. Si tenga presente che, come riferito, sui bidoni non vi era nessuna scritta che potesse far ricondurre gli stessi al condominio o ai suoi proprietari.

Tale ultima argomentazione è utile anche da un punto di vista di responsabilità penale, in quanto al fine di poter presentare alle autorità competenti una querela contestando il reato di invasione di terreno ed edifici di cui all’art. 633 del c.p., è necessario comunque individuare chi materialmente ha posto in essere la condotta di invasione penalmente sanzionata.


Francesco D. F. chiede
mercoledì 11/09/2019 - Puglia
“Buon giorno,
alcuni anni fa, 2009 con un amico abbiamo acquistato un terreno agricolo di circa ha 30 in vari appezzamenti, li abbiamo condotti direttamente per tre anni, poi abbiamo fatto un accordo verbale con un contoterzista, su sua esplicita proposta e richiesta, dove lui lavorava il terreno prendendone i frutti e noi facevamo la domanda PAC percependo il premio all'integrazione, senza termini o scadenze.
ad un certo punto abbiamo deciso di vendere una parte di questi terreni e questo contoterzista si è opposto alla vendita, tanto che quando è arrivato il potenziale acquirente lo ha letteralmente cacciato, dicendogli che lui era il legittimo possessore di detti terreni, a questo punto gli abbiamo intimato di andare via dai terreni, dove tra l'altro aveva da poco raccolto il prodotto - grano.
Ma questi niente ed è stato così che abbiamo preso un trattore in fitto e siamo andati ad arare i terreni, questi si sono presentati in 4 oltre la moglie di uno di loro e dopo averci aggrediti verbalmente con grida inneggianti alla loro situazione di fatto, si sono piazzati fisicamente davanti al trattore impedendo la lavorazione fino a quando sono giunti i carabinieri sul posto. E successivamente abbiamo fatto la regolare denunzia.
Il fatto risale al 28.09.2016, ora finalmente dopo una serie di rinvii c'è stata l'udienza dove il giudice ha accettato le foto che ritraevano l'impedimento di queste persone alla lavorazione e la registrazione dell'evento già consentita da uno di questi, ma non ci ha fatto inserire i referti medici ove si evidenziava che l'aggressione, anche se verbale e violenta, dell'ospedale civile di Minervino Murge, e la stessa aggressione mi aveva provocato un sanguinamento nell'occhio destro rilevato da me il giorno successivo ed evidenziato al policlinico di Bari reparto oculistico;
la prossima udienza è stata fissata alla metà di novembre.
Intanto questi continuano prepotentemente a coltivare detti terreni incuranti delle denunzie.
Il nostro avvocato ci ha consigliato di non andare a coltivare i terreni, e di attendere la fine del giudizio per evitare altri scontri, anche fisici con queste persone.
A questo punto la mia riflessione è:
possibile che siamo inermi nei confronti di questa gente che usa la prepotenza per i propri interessi?
Possibile che dobbiamo pagare così caro l'essere stati disponibili alla richiesta di questa gente, dove loro ci hanno chiesto loro questo accordo?
Significa che quando la prossima volta ci faranno richieste con pietà e per pietà
dobbiamo cacciarli a pedate? Perché ci dobbiamo abbruttire così quando non lo siamo?
All'epoca dei fatti il reato 633 era stato depenalizzato, ma ora con il decreto sicurezza, cosa succede?
E' questa la giustizia?
Non è che il nostro avvocato sta sbagliando tutto?
vi ringrazio per la pazienza e se possibile attendo una vostra eventuale risposta.

Consulenza legale i 16/09/2019
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.

Quanto alla scelta difensiva del patrocinante nominato (che, in buona sostanza, vi suggerisce di tenere un basso profilo rispetto alle continue ingerenze del contoterzista), non possiamo fornire un parere obiettivo atteso che la scelta della strategia difensiva da adottare dipende sia dall’approccio del difensore stesso (che può essere più o meno aggressivo), sia da una serie di circostanze connesse al caso di specie che possono suggerire di percorrere una strada piuttosto che un’altra.

Lo stesso si dica in relazione al “pugno di ferro” che il proprietario/possessore del fondo ritiene opportuno adottare a seconda del caso.

Quando, invece, ai risvolti del decreto sicurezza sull’art. 633 del codice penale, il predetto decreto non ha fatto altro che reintrodurre il reato penale. Oggi, dunque, l’invasione di terreni o edifici è punita penalmente, con una pena, peraltro, inasprita rispetto al passato.

Questo fatto, tuttavia, non ha alcuna incidenza sulla situazione processuale esistente, atteso che la norma penale è fatta in modo tale da punire solo i fatti successivi alla sua entrata in vigore.

Ne consegue, dunque, che saranno punibili penalmente non già quei fatti per i quali attualmente pende il processo, ma solo i fatti successivi alla reintroduzione del reato di invasione.

In ogni caso, per fare in modo che tali soggetti siano puniti con sanzione penale, è indispensabile che venga sporta denuncia a carico degli invasori.

In conclusione, sebbene il consiglio del difensore di evitare nuovi scontri coi contoterzisti possa avere un senso, sarebbe anche opportuno denunciare i soggetti predetti sottolineando il fatto che stanno perpetrando una condotta delittuosa da anni.

Francesco M. chiede
venerdì 30/11/2018 - Puglia
“Una assemblea straordinaria di tre edifici per un totale di 28 u.i. Con una votazione di 15 presenti o delegati decide la commissione di lavori straordinari.

Questi tre edifici contigui dividono l'area garage sottostante in comune..composta da due accessi. Veicolari. Nati liberi senza porte e cancelli ..solo.le rampe..il.costo dei lavori e' di circa 10.000 (diviso 28)..consiste in installazione di due cancelli veicolari automatici, e due cancelletti pedonali incorporati. Esiste un senso di marcia all'interno dei box per cui una rampa sarà solo di entrata ed una sola di uscita..trattasi di una area molto vasta con circa 28 posti auto scoperti e tre accessi sotterranei alle rispettive scale dei tre edifici popolari.. Viene stabilita in assemblea la.decisione di consegnare ai "dissidenti inquilini" le sole chiavi serratura per i cancelletti poiché il telecomando spetterebbe solo ai committenti il lavoro di installazione e automatizzazione cancelli. Un selettore elettronico verrà posto all'ingresso ed il selettore per la chiave del cancelletto verrà sempre posto dalla parte interna..A questo punto non so se rendo l'idea della.follia della decisione..una giostra infinita, per accedere dal palazzo per scendere ad aprire la rampa sperando di non aver bloccato la strada con l'auto poi risalire dalle scale poiché la rampa non ha corrimano e' molto ripida, uscire poi dal palazzo e sperare che intanto il cancello veicolare non si sia richiuso.. Nel mentre procedi la tua auto sulla sede stradale pubblica ha bloccato mezzo mondo.. Tre anni fa, quando iniziarono le assemblee per fare questa opera che sembrava vitale, l'ente proprietario (che tra l'altro non riceverà mai nessuna chiave) diede nulla Osta ad una opera simile senza disciplinare il progetto e partecipare alle spese..neppure per gli immobili non occupato da nessun inquilino. Questa occupazione dei garage in danno di altri..e questa edificazione di opere che limitano il mio godimento effettivo come sorto nella stipula contrattuale di locazione non configura un reato tale come previsto dal 633 cp o altro????”
Consulenza legale i 02/12/2018

Il caso di specie, seppure estremamente singolare, non sembra configurare alcuna fattispecie penale.

Di sicuro infatti l’unica fattispecie penale che potrebbe latamente rilevare è quella dell’art. 633 del codice penale il quale punisce colui il quale invade edifici pubblici o privati al fine di trarne profitto o di occuparli limitando il godimento del possessore del bene.

Il problema tuttavia risiede nel fatto che il soggetto attivo del reato deve necessariamente essere colui il quale non ha alcun diritto ad introdursi e a godere dell’immobile o dell’edificio. Tale circostanza si ricava proprio dalla lettera della norma, estremamente chiara nel dire che l’invasione deve essere del terreno o dell’edificio “altrui”.

Ancora, un altro profilo problematico dell’inquadramento nel reato di cui all’art. 633 della condotta illustrata sta proprio nel fatto che il codice penale è altrettanto chiaro nell’affermare che il reato può essere commesso mediante “l’introduzione” nell’edificio o terreno altrui, escludendo pertanto condotte diverse (la fattispecie in questione è di larga applicazione pratica nei casi di occupazione abusiva di immobile).

Stando così le cose, sembra che l’unico rimedio possibile sia di natura civilistica e ipoteticamente consistente o nell’impugnare la delibera condominiale che ha consentito la realizzazione del lavoro (qualora non siano scaduti i termini) oppure in una citazione per danni connessa appunto alla limitazione del godimento del bene.


Raffaele M. chiede
sabato 04/11/2017 - Campania
“Negli anni scorsi una società ha presentato denuncia-querela contro alcuni occupanti abusivi di immobili di proprietà di detta società. Nel luglio di questo anno il giudice di pace penale, ha condannato una occupante abusiva alla multa di euro 600,00 come si può leggere dalla sentenza inviata al Vs. indirizzo mail da me medesimo. Malgrado una richiesta inviata per lettera raccomandata a lasciare la casa a seguito di questa sentenza, l’occupante abusiva non intende far fronte, adducendo pretestuosamente che la sentenza emessa dal giudice, non la condanna a lasciare la casa. Gradirei, pertanto, essere consigliato su come fare , agire, per ottenere l’immobile occupato abusivamente da alcuni anni, peraltro senza alcun reddito. Grazie.”
Consulenza legale i 10/11/2017
L’occupazione abusiva di immobile è un reato previsto dall’633 del codice penale.

Nella sentenza oggetto del quesito, il Giudice ha accertato la responsabilità degli imputati, condannandoli alla pena della multa. Tale condanna, tuttavia, non costituisce un titolo per ottenere il rilascio coattivo dell’immobile.

Per ottenere di nuovo il possesso dell’appartamento occupato abusivamente, al proprietario non resta che esperire una azione legale in sede civile.
A tal proposito, occorre preliminarmente individuare quale sia il rito applicabile al caso di specie.

Non essendoci alcun contratto di locazione, ovviamente non può essere azionata l’ordinaria procedura di licenza o sfratto prevista dagli articoli 657 e seguenti del codice di procedura civile.

Parimenti, non può essere presentato il ricorso previsto dall’art. 447 bis c.p.c non essendovi a monte un titolo per l’occupazione (ad esempio, un contratto di locazione poi scaduto oppure invalido o un rapporto di comodato).

Escluse dunque queste due ipotesi, il proprietario ha di fronte due strade: esperire una lunga causa ordinaria introdotta con atto di citazione oppure -ed è quello che sarebbe preferibile- azionare il procedimento sommario di cognizione disciplinato dall'art. 702 bis del codice di procedura civile.

Tale ultima procedura, più rapida di quella ordinaria, appare applicabile al caso di specie in quanto non vi sarebbe necessità di una particolare istruttoria atteso che:
1) la sentenza del Giudice penale potrebbe essere utilizzata dal Giudice civile come prova del fatto della occupazione abusiva dell’immobile;
2) la proprietà di quest’ultimo può essere documentalmente provata.

Tale azione (anche nell’ipotesi della causa ordinaria) andrà comunque preceduta dal tentativo di mediazione obbligatorio previsto dal D.Lgs 28/2010 vertendosi in tema di diritti reali. Sicuramente il proprietario, oltre il rilascio dell’immobile, potrà richiedere in tali sedi anche l’indennità per occupazione abusiva, oltre l’eventuale risarcimento di danni ulteriori (che vanno comunque provati).

Quanto alla precisazione contenuta nel quesito relativa ad un intervenuto contratto preliminare avente ad oggetto l’immobile in questione, facciamo presente che con tale contratto non avviene il passaggio di proprietà che si ha soltanto con il contratto definitivo stipulato dal notaio. Pertanto, il soggetto che dovrà agire sarà la società indicata nel quesito.

Alla luce di tutto quanto sopra indicato, per ottenere il rilascio dell’immobile consigliamo di rivolgersi quanto prima ad un avvocato al fine di intraprendere la causa civile e rientrare nuovamente in possesso dell’immobile.

Maria chiede
mercoledì 15/04/2015 - Piemonte
“Buongiorno, l'articolo 633 c.p. è applicabile al caso di conduttore di abitazione che ha indotto il proprietario alla stipula di contratto di locazione pagando la sola cauzione e mai più l'affitto?
Oltre, lo sfratto è denunciabile penalmente?”
Consulenza legale i 17/04/2015
L'art. 633 prevede il reato di invasione di terreni o edifici ("Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro").
Presupposto del reato è che l'agente non abbia il possesso o la disponibilità del bene che "invade": nel caso di specie, però, esiste un contratto di locazione firmato tra le parti, quindi il conduttore ha la detenzione dell'immobile in maniera legittima.
Inoltre, secondo la giurisprudenza, il reato non è configurabile nemmeno laddove il soggetto sia legittimamente entrato in possesso del bene, e poi prosegua l'occupazione contro la sopraggiunta volontà dell'avente diritto (Corte App. Milano, 3.5.2011).

Non si ravvisano quindi fattispecie penali nella vicenda descritta, quanto piuttosto questioni di rilevanza civile.
Si possono scegliere due strade:
- quella di attaccare la validità del contratto di locazione fin dall'origine;
- quella di procedere all'intimazione dello sfratto per morosità.

La prima strada è complessa, lunga ed onerosa: si dovrebbe infatti provare (prova molto ardua!) che il locatore ha sottoscritto il contratto solo perché indotto con l'inganno dal conduttore (dolo, art. 1439 del c.c.) o perché violentemente costretto (art. 1434 del c.c.). Optare per questa soluzione richiede il possesso di prove "schiaccianti", senza contare che, dovendosi intraprendere un giudizio a cognizione piena, i tempi di risoluzione della controversia si dilaterebbero intollerabilmente.

La seconda via, invece, è quella consigliabile.
Il conduttore che ometta il pagamento di più di un canone locatizio può essere costretto a lasciare l'immobile, con conseguente risoluzione (cioè scioglimento) del contratto di affitto. La procedura in esame è disciplinata dagli artt. 657 e seguenti del codice di procedura civile.

In breve, il procedimento si svolge in questo modo.
Il locatore, con atto di citazione, intima al conduttore lo sfratto per morosità. Contestualmente all'intimazione, il locatore deve citare il conduttore davanti al tribunale nel cui circondario è situato il bene locato. Se il convenuto non compare o comparendo non si oppone, il giudice con ordinanza convalida la licenza o lo sfratto. Il processo si chiude con tale ordinanza che ha efficacia esecutiva, cioè si può procedere in base ad essa al rilascio effettivo dell'immobile (se necessario, anche mediante l'ausilio della forza pubblica).
Se, invece, l'intimato/conduttore compare e si oppone, formulando eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice può pronunciare ordinanza non impugnabile di rilascio, con efficacia di titolo esecutivo. Nel nostro caso, difficilmente il conduttore potrà opporsi, visto che effettivamente non ha proceduto al pagamento dei canoni dovuti al proprietario dell'immobile.
Quando viene intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, il giudice può inoltre disporre, su richiesta del locatore, decreto ingiuntivo per il pagamento della somma non saldata: ciò significa che il locatore avrà un titolo esecutivo per procedere direttamente al pignoramento dei beni del debitore, onde ottenere soddisfazione del proprio credito.

Si consiglia, quindi, di rivolgersi quanto prima ad un legale per la presentazione dell'intimazione di sfratto per morosità.

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