Il caso passato sotto al vaglio della Corte di Cassazione riguardava l’accertamento della responsabilità penale a carico di un soggetto che si era introdotto con il suo scooter dentro la proprietà dei vicini di casa per fare manovra, nonostante i loro espressi divieti.
Il tribunale aveva riconosciuto l’uomo responsabile del delitto di cui all’art. 614 c.p. (violazione di domicilio), ma la decisione era stata riformata dalla Corte d’appello, la quale aveva riqualificato il fatto e riconosciuto la sussistenza del delitto di cui all’art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici).
L’imputato aveva perciò proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente omesso di tener conto della consolidata giurisprudenza che ritiene sussistente tale reato solo qualora vi sia stata una stabile e rilevante permanenza dell’agente sul fondo altrui, e non invece un mero accesso occasionale.
L’art. 633 c.p., in generale, punisce chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto. Si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa, per la cui configurazione sono necessari sia la condotta di “invasione”, che si realizza nel momento in cui l’agente si introduce nell’edificio o sul fondo altrui, sia il fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto.
Dunque, si tratta di un reato “eventualmente permanente”, potendo esservi o meno l’elemento dell'occupazione protratta nel tempo. A tale riguardo, la giurisprudenza ha affermato che il reato è da considerarsi integrato quando la permanenza sul bene immobile altrui si protragga nel tempo per una durata apprezzabile, senza che sia necessario che l'agente rimanga stabilmente su di essi, se la condotta risulta di fatto rivolta all'occupazione del bene o a trarne altrimenti profitto (Cass. pen. sez. II, sent. 8/2/2011 n. 11544).
È, inoltre, necessario anche l’elemento dell’arbitrarietà dell’invasione, ossia la mancanza di un’autorizzazione da parte del proprietario o delle autorità competenti: ciò significa che, qualora il possesso sia pacifico e continuo, il reato non potrebbe sussistere (Cass. pen. sez. II, sentt. 7/5/2019, 19/2/1990).
Secondo la giurisprudenza, le modalità esecutive possono anche non essere violente: l'eventuale violenza esercitata sulle persone o sulle cose potrà piuttosto integrare gli estremi di un altro reato concorrente, come la violenza privata o il danneggiamento.
La Corte di Cassazione si è espressa nel caso in esame con la sent. n. 10342/2020, accogliendo il ricorso. Secondo la Suprema Corte, infatti, i giudici d’appello avevano errato a qualificare la condotta dell’imputato come invasione di terreni o edifici, in quanto questi era entrato con il suo scooter nel cortile di proprieta dei vicini solamente in due occasioni e pertanto la sua condotta poteva essere ritenuta meramente occasionale. In tal modo, la Corte d’appello si era discostata dalla consolidata giurisprudenza secondo cui, per l’integrazione del reato in esame, sarebbe necessaria la permanenza protratta nel tempo per una durata apprezzabile da parte dell’agente nel fondo altrui.
La Cassazione ha così affermato che il delitto di invasione arbitraria di terreni è configurabile qualora l’agente assoggetti il bene immobile altrui ad un potere di fatto in un determinato modo e per un tempo apprezzabile, mentre non può dirsi integrato quando effettui una mera introduzione precaria nel fondo altrui.