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Articolo 950 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Azione di regolamento di confini

Dispositivo dell'art. 950 Codice Civile

Quando il confine tra due fondi è incerto(1), ciascuno dei proprietari(2) può chiedere che sia stabilito giudizialmente.

Ogni mezzo di prova è ammesso.

In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali(3).

Note

(1) L'azione, caratterizzata dalla realità, mira a far cessare una situazione di incertezza in ordine alla determinazione dei confini.
Si domanda al giudice, cioè, di risolvere una questione concernente l'ampiezza dei terreni.
(2) L'azione è duplice perché ambo le parti sono, al contempo, attore e convenuto.
(3) Il legislatore, intende, con tale disposizione, positivizzare una disciplina che permetta una determinazione certa dell'ampiezza dei terreni; se l'attore, cioè, non dà alcuna prova, il giudice deve determinare un confine definito, potendo, in via sussidiaria, fare riferimento alle mappe catastali.

Ratio Legis

Si tratta di azione reale e petitoria, per questo imprescrittibile.

Brocardi

Actio finium regundorum

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 950 Codice Civile

Cass. civ. n. 1910/2023

La domanda di regolamento dei confini e quella di rilascio delle zone illegittimamente occupate si pongono in rapporto di pregiudizialità-dipendenza, nel senso che la prima è pregiudiziale rispetto alla seconda e che quest'ultima è dipendente dalla prima, sicché l'accoglimento o il rigetto della prima non può che comportare rispettivamente l'accoglimento o il rigetto della seconda. Ne consegue che, per la regola dell'effetto espansivo interno di cui all'art. 336, comma 1 c.p.c., la riforma in appello del capo di sentenza relativo all'azione di regolamento di confini non può che comportare la riforma del capo di sentenza relativo all'azione di rilascio, anche se quest'ultimo non sia stato attinto dai motivi di impugnazione.

Cass. civ. n. 803/2022

Nelle azioni di regolamento di confini e di accertamento negativo della servitù, ai fini della dimostrazione della proprietà dell'immobile non è richiesta la prova rigorosa, mediante titoli di acquisto o di usucapione, ma è sufficiente una dimostrazione fornita con ogni mezzo, anche con presunzioni.

Cass. civ. n. 34825/2021

In tema di regolamento di confini, premesso che per determinare il confine è utilizzabile ogni mezzo istruttorio, ivi comprese la prova testimoniale e per presunzioni, il ritrovamento dei termini lapidei (nella specie, un muro la cui preesistenza era stata rilevata dal consulente tecnico e riferita dai testi escussi) già apposti dalle parti o dai loro danti causa, e dapprima non apparenti fuori del suolo, può costituire una prova decisiva, se vi era una zona di possesso promiscuo e può fondare, in tal caso, una presunzione di regolamento stragiudiziale del confine mentre, se risulta provato che vi furono modificazioni nella determinazione del confine e nella conseguente apposizione di termini, esso costituisce un indizio che il giudice di merito può apprezzare nel quadro di tutte le altre risultanze processuali.

Cass. civ. n. 20912/2021

L'azione di rivendica e quella di regolamento di confini si differenziano tra loro giacché nel primo caso - che presuppone un conflitto di titoli - l'attore non ha incertezza alcuna circa il confine (che è anzi indicato in modo certo e chiaro) e chiede la restituzione della porzione di fondo usurpata, indicandone con esattezza estensione e misura, mentre nel secondo - in cui la contestazione involge non già i titoli di proprietà, ma la delimitazione dei rispettivi fondi - l'attore non solo non è sicuro "ab initio" dei confini del proprio fondo, ma neppure è certo che questo sia stato parzialmente occupato dal convenuto. Ne consegue che, ove venga attribuito un erroneo "nomen iuris" all'azione, occorre avere riguardo all'effettiva natura della controversia, così che, ove l'attore, pur dichiarando di esercitare un'azione di regolamento di confini chieda, con espressione precisa ed univoca, l'affermazione del suo diritto di proprietà su zone possedute dal convenuto ed il rilascio di esse, indicando come vero un determinato confine a lui più favorevole, la domanda deve essere qualificata come azione di rivendica.

Cass. civ. n. 14048/2021

Il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, previsto nell'art. 32 c.nav., tendendo a rendere evidente la demarcazione tra il demanio e le proprietà private finitime, si presenta quale proiezione specifica dell"actio finium regundorum" di cui all'art. 950 c.c., concludendosi con un atto di delimitazione, tra i confini del demanio marittimo e le proprietà private, che ha funzione di mero accertamento, sicché, essendo escluso il potere discrezionale della P.A., la contestazione delle risultanze del verbale di delimitazione deve avvenire dinanzi al giudice ordinario, il quale potrà disapplicare l'atto amministrativo se ed in quanto illegittimo.

Cass. civ. n. 22095/2020

Mentre l'azione di rivendica presuppone un conflitto di titoli determinato dal convenuto, il quale oppone a suo favore un titolo - anche non negoziale - diverso da quello su cui l'attore fonda la sua istanza, nell'azione di regolamento di confini il conflitto è tra fondi, in quanto il convenuto deduce che, in forza del titolo dedotto dall'attore e del titolo di proprietà del fondo a lui appartenente, il confine è diverso, a nulla rilevando, in presenza di una incertezza del confine per avvenuta usurpazione di parte del terreno, l'effetto recuperatorio di detta domanda che consegua soltanto all'eliminazione del preesistente stato di incertezza sui confini. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 17/07/2018).

Cass. civ. n. 22645/2018

Poiché il "discrimen" tra l'azione di rivendica e quella di regolamento dei confini è la ricorrenza di una situazione di incertezza sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà, la seconda azione non muta natura, trasformandosi nella prima, nel caso in cui l'attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha inquadrato la vicenda nell'ambito dell'azione di regolamento di confini, a fronte di una domanda dell'attore che assumeva l'avvenuta realizzazione di una costruzione su di una parte del suo fondo e di una difesa della convenuta la quale, senza contestare il titolo del primo, si era limitata a sostenere che in realtà il suo titolo prevedeva il trasferimento di un bene avente dimensioni tali da includere anche la porzione interessata dalla domanda attorea).

Cass. civ. n. 10066/2018

Mentre l'azione di regolamento di confini presuppone un'incertezza oggettiva o soggettiva sugli stessi, l'azione di rivendica presuppone un conflitto tra i rispettivi titoli di proprietà. Ne consegue che solo in tale ultimo caso sull'attore incombe l'onere di fornire la prova del suo diritto di proprietà in forza di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all'usucapione.

Nell'azione di regolamento di confini, la quale si configura come una "vindicatio incertae partis", incombe sia sull'attore che sul convenuto l'onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'individuazione dell'esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio "actore non probante reus absolvitur", deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario.

Cass. civ. n. 25354/2017

In tema di regolamento di confini, l'art. 950 c.c. - nel prevedere che ciascuno dei proprietari possa chiedere che sia giudizialmente stabilito l'incerto confine tra "due fondi" e che si possa ricorrere, in mancanza di altri elementi, alle mappe catastali - si riferisce non solo ai terreni rustici, ma anche a quelli urbani, edificati o non, essendo la parola "fondo" indicativa dell'unità immobiliare come area suscettibile di tutte le sue possibili utilizzazioni.

Cass. civ. n. 14020/2017

In tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell'ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità) risultino, secondo l'incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine.

Cass. civ. n. 2297/2017

È correttamente qualificata "actio finium regundorum", e non rivendica, l'azione proposta dal proprietario che, pur in presenza di un confine apparente, ne deduca l'incertezza per intervenuta usurpazione di una porzione del proprio terreno da parte del vicino, e chieda, per l'effetto, un accertamento giudiziale della superficie dei fondi confinanti senza porre in discussione i titoli di proprietà, dovendosi ritenere del tutto irrilevante, al riguardo, che l'accertamento della proprietà di una delle parti sulla porzione di fondo controversa comporti anche un effetto recuperatorio della proprietà stessa quale mera conseguenza dell'esperimento della detta azione, la cui finalità è soltanto quella di eliminare l'incertezza e le contestazioni relativa alla linea divisoria, prescindendo da ogni controversia sul diritto di proprietà.

Cass. civ. n. 14131/2016

L'azione di regolamento di confini mira a un accertamento qualificato e al recupero della porzione di terreno illegittimamente occupata, non ad imporre il compimento di opere, sicché, ove sia necessaria la demolizione di un muro ai fini recuperatori, non può il giudice imporre - difettando altra e specifica domanda - la ricostruzione del muro stesso sulla linea di confine accertata.

Cass. civ. n. 6740/2016

Nell'accertamento del confine tra due fondi limitrofi, costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, la fonte primaria di valutazione è rappresentata dall'esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà e del frazionamento agli stessi allegato, potendo il giudice di merito ricorrere ad ogni altro mezzo di prova solo qualora, sulla base delle risultanze dei predetti elementi, il confine risulti comunque incerto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nell'impossibilità di determinare il confine tra i fondi sulla base del frazionamento allegato al contratto definitivo, ha fatto riferimento, onde individuare l'oggetto della compravendita e, con esso, il confine, al frazionamento indicato dalle parti nel contratto preliminare).

Cass. civ. n. 6148/2016

Nell'azione di regolamento di confini, compatibile con quella di rivendica, tanto da essere configurata come una "vindicatio incertae partis", l'attore è dispensato dall'avanzare un'espressa domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dalla controparte, giacché implicita nella proposizione di detta azione, rappresentando un corollario del relativo accertamento.

Cass. civ. n. 17756/2015

Nell'accertamento del confine tra due fondi limitrofi costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico va attribuita peculiare rilevanza ai tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto e, in particolare, nel caso in cui i dati sul confine siano discordanti e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, al confine indicato nel tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto più risalente nel tempo.

Cass. civ. n. 5603/2014

L'effetto recuperatorio del regolamento di confini non muta la natura petitoria dell'azione, sicché, ai fini dell'ordine di rilascio della porzione immobiliare controversa, non occorre accertare l'origine illecita del relativo possesso.

Cass. civ. n. 25007/2013

L'accoglimento della domanda che nega una servitù di passaggio, essendo funzione precipua della porta il transito da un luogo all'altro, deve concernere, se richiesta, anche la chiusura dell'accesso utilizzato per l'esercizio della stessa servitù.

Cass. civ. n. 20144/2013

Allorché il proprietario, convenuto con azione di regolamento dei confini, proponga un'eccezione di usucapione, con cui faccia valere una situazione sopravvenuta, idonea ad eliminare l'incertezza sul confine, senza con ciò mettere in discussione il titolo d'acquisto vantato dall'attore, non muta la natura di detta azione, come invece accade nell'ipotesi in cui il convenuto invochi un acquisto per usucapione anteriore all'acquisto dell'attore, del quale, in conseguenza, viene contestata la validità.

Cass. civ. n. 9652/2013

La regola stabilita dall'ultimo comma dell'art. 950 cod. civ., secondo cui il giudice, in mancanza di altri elementi, per stabilire il confine tra due fondi si attiene a quello delineato dalle mappe catastali, è applicabile anche nel caso in cui al relativo accertamento si proceda in via incidentale, fuori del tipico processo di regolamento di confini (come, nella specie, ai fini della verifica del rispetto delle distanze legali, avendo il convenuto contestato l'attendibilità della linea divisoria prospettata dall'attore).

Cass. civ. n. 14993/2012

Nell'azione di regolamento di confini, la quale si configura come una "vindicatio incertae partis", incombe sia sull'attore che sul convenuto l'onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'individuazione dell'esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio "actore non probante reus absolvitur", deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario.

Cass. civ. n. 28349/2011

L'azione di regolamento dei confini, essendo volta ad individuare la demarcazione tra fondi per rimuovere la relativa incertezza, presuppone che quest'ultima, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà. Diversamente, l'azione di rivendica della proprietà ha ad oggetto i rispettivi titoli di acquisto di essa, sicché, come tale va qualificata l'azione finalizzata alla soluzione di un conflitto tra titoli relativi allo stesso bene, se in ciascuno di essi quest'ultimo è stato attribuito ad un diverso soggetto.

Cass. civ. n. 3723/2011

In tema di regolamento di confini, il giudice può riscontrare, anche d'ufficio, il difetto del presupposto della relativa azione, consistente nell'incertezza, oggettiva o soggettiva, del confine tra i fondi. Ne consegue che il giudice medesimo deve rigettare la domanda quando gli risulti che il confine tra i due fondi sia certo, in quanto precisamente indicato sul terreno da una serie di termini lapidei allineati ad una stabile e remota struttura muraria, nonostante il contrario avviso espresso dal consulente tecnico d'ufficio nella sua relazione scritta.

Cass. civ. n. 13986/2010

L'azione di regolamento di confini, pur avendo natura ricognitiva, in quanto mira ad eliminare l'incertezza sulla demarcazione tra fondi, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto ha un effetto recuperatorio che non altera la predetta natura, ma comporta l'obbligo di rilascio di quanto indebitamente posseduto.

Cass. civ. n. 26951/2008

La determinazione del confine fra due fondi limitrofi può fondarsi sul frazionamento allegato al contratto con cui è stato originariamente suddiviso l'appezzamento di terreno in precedenza unico soltanto se nei successivi atti di trasferimento tale frazionamento venga allegato e richiamato con valore negoziale vincolante. In caso contrario le misure dei terreni acquistati dalle parti, risultanti dai rispettivi atti di acquisto, possono consentire elementi idonei ad individuare la linea di confine tra le due proprietà anche quando le vendite sono fatto a corpo e non a misura.

Cass. civ. n. 5134/2008

L'azione di regolamento di confini ha natura reale e petitoria e, pur nel silenzio dell'art. 950 c.c. — che nulla dice in proposito — è imprescrittibile, a meno che non venga eccepita l'usucapione.

Cass. civ. n. 23500/2007

In tema di azione di regolamento di confini, ai sensi dell'articolo 950 c.c., in ossequio al principio della forma scritta per la costituzione, il trasferimento e la modifica di diritti reali, previsto dall'articolo 1350 c.c., che rende di norma inammissibili per irrilevanza, ai fini della determinazione dell'oggetto degli inerenti titoli, la prova per testimoni, di questa può tenersi conto solo in via residuale, qualora sulla base degli oggettivi elementi forniti dai titoli e dal frazionamento in essi richiamato, sia risultato comunque incerto il confine.

Cass. civ. n. 13707/2007

In tema di azione di regolamento di confini, il giudice di merito deve fondare il proprio accertamento sulla base delle risultanze dei rispettivi titoli di proprietà delle parti. Il mero richiamo in essi ad un atto di transazione precedentemente intervenuto tra i rispettivi danti causa non può pertanto costituire elemento determinante per ritenere esistenti eventuali limitazioni ai diritti ceduti, ove i suoi estremi non risultino dalla nota di trascrizione dell'atto di provenienza, non essendo tali limitazioni opponibili al terzo avente causa in difetto di adeguata pubblicità.

Cass. civ. n. 858/2007

Nell'azione di regolamento di confini, mentre l'attore è dispensato dal proporre un'espressa domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dalla controparte essendo essa implicita nella proposizione di detta azione, il convenuto, ove intenda non solo resistere alla domanda altrui, ma anche ottenere la restituzione del terreno che assume essere ingiustificatamente occupato in eccedenza, ha l'onere di proporre tempestivamente apposita domanda riconvenzionale, sia pure avente contenuto analogo e reciproco rispetto a quella proposta dall'attore. In mancanza di una domanda riconvenzionale il giudice non può, pertanto, disporre il rilascio della porzione che risulti illegittimamente goduta dall'attore ed ove lo faccia ricorre il vizio di ultrapetizione. Per ottenere il rilascio il convenuto, in mancanza di un rilascio spontaneo dell'attore, deve agire con un successivo giudizio, facendo valere l'intervenuto accertamento sullo stato di godimento.

Cass. civ. n. 12891/2006

La controversia tra proprietari confinanti in cui, senza porre in discussione i titoli di proprietà, si dibatta esclusivamente sulla estensione dei rispettivi fondi va qualificata come regolamento di confini, con l'effetto che l'onere della prova, diversamente da quanto avviene nel giudizio di rivendica, incombe su entrambe le parti e che il giudice, se esso non è compiutamente assolto, è comunque tenuto a provvedere nel merito, indicando il confine come delineato nelle mappe catastali.

Cass. civ. n. 3082/2006

Nel giudizio di regolamento di confini, che ha per oggetto l'accertamento di un confine obiettivamente e soggettivamente incerto tra due fondi, le posizioni dell'attore e del convenuto sono sostanzialmente uguali, incombendo su ciascuno di essi l'onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'individuazione della esatta linea di confine, mentre il giudice, che ha un discrezionale potere di scelta e di valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, può anche integrare o disattendere gli elementi raccolti con il sussidiario ricorso alle indicazioni delle mappe catastali, in caso di loro insufficienza od inidoneità alla determinazione del confine. L'omessa produzione del titolo d'acquisto di uno dei fondi confinanti non comporta, pertanto, la soccombenza per mancato assolvimento dell'onere della prova, ma solo la conseguenza di imporre e giustificare il ricorso ad altri mezzi di prova. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, ritenuta l'insufficienza dei titoli d'acquisto — derivando i fondi da unico appezzamento — , aveva attribuito decisiva rilevanza per la determinazione del confine al tipo di frazionamento al quale si erano concordemente rifatte le parti).

Cass. civ. n. 8496/2005

La realizzazione di comune accordo di un muro destinato al contenimento del dislivello tra due fondi finitimi non implica necessariamente il consenso dei relativi proprietari anche sulla determinazione del confine, sicché, in presenza di contestazione, la sussistenza del manufatto non vale quale prova certa al riguardo, ma, al più, come mero indizio da apprezzarsi nel quadro delle altre risultanze probatorie, ferma restando, in caso di perdurante incertezza, la sussidiaria rilevanza dei dati catastali.

Cass. civ. n. 22775/2004

Presupposto dell'azione di regolamento di confini è l'incertezza della linea di demarcazione tra i fondi limitrofi e, qualora in primo grado sia stata esercitata detta azione, nel giudizio di appello può essere proposta, per la prima volta, la domanda diretta ad ottenere il rilascio della zona illegittimamente in possesso del confinante, senza incorrere nella violazione del divieto dell'art. 345 c.p.c., in quanto si tratta di domanda che costituisce il logico e conseguenziale sviluppo della richiesta dedotta originariamente dalla parte, fondata appunto sull'incertezza del confine tra i fondi.

Cass. civ. n. 11200/2004

In tema di azione di regolamento di confini, la prova del confine può essere data con qualsiasi mezzo, spettando al giudice di merito scegliere le risultanze probatorie ritenute decisive. (Nella specie la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva ritenuto di individuare la linea di confine tra due fondi nella linea spezzata risultante dalle mappe catastali, in conformità alle risultanze della consulenza tecnica).

Cass. civ. n. 10234/2002

In tema di individuazione del confine tra due fondi, solo la mancanza o l'insufficienza di indicazioni specifiche, desumibili dai rispettivi titoli di provenienza, giustifica il ricorso ad altri mezzi di prova.

Cass. civ. n. 15507/2000

Il criterio distintivo dell'azione di rivendica rispetto all'azione di regolamento dei confini risiede nell'esistenza nella prima, del contrasto fra i titoli di proprietà a fronte di un contrasto tra i fondi che caratterizza la seconda, mentre il volere, da parte attrice, rientrare nella disponibilità della zona di terreno contestata non si traduce necessariamente in una contestazione dei titoli di proprietà, ben potendo l'eliminazione dell'incertezza dei confini determinare l'effetto restitutorio, in ordine al quale la volontà dell'attore di rientrare nella disponibilità della porzione del terreno oggetto di controversia, agisce sul piano processuale al fine di consentire l'effettivo recupero del bene ove il regolamento di confini si realizzi in senso favorevole all'attore.

Cass. civ. n. 15013/2000

Nell'azione di regolamento di confini non vengono in discussione i titoli di acquisto ma solo la determinazione quantitativa dell'oggetto della proprietà dei fondi confinanti per cui, mentre l'attore è sollevato dall'onere di fornire la dimostrazione del suo diritto di proprietà in virtù di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all'usucapione, su entrambe le parti ricade l'onere probatorio con la conseguenza che ogni mezzo di prova, anche tecnico o presuntivo, può essere utilizzato per la formazione del convincimento del giudice. Tale assunto non viene inficiato dal fatto che anche nel giudizio di regolamento di confini può proporsi la richiesta di rilascio di una zona di terreno compresa tra i due fondi contigui, poiché in tal caso il possesso di essa deriva da semplice incertezza dei confini, per la promiscuità del possesso della zona confinaria o perché si contesti che il confine apparente corrisponda a quello reale. In tale caso infatti, siffatta richiesta non snatura l'azione proposta, trasformandola in rivendicazione, poiché l'effetto recuperatorio è soltanto una conseguenza dell'accertamento del confine. Quando invece l'attore assuma che la superficie del fondo da lui in concreto posseduta sia inferiore a quella indicata nel proprio titolo di acquisto e denunci lo sconfinamento del vicino il quale contesti quanto affermato dall'attore, invocando a sua volta il proprio titolo di acquisto, il conflitto non è più tra fondi ma fra titoli, con la conseguenza che l'attore è soggetto all'onere probatorio dell'azione di rivendicazione.

Cass. civ. n. 6681/2000

L'azione di rivendica e l'azione di regolamento di confini si distinguono tra loro in quanto, mentre, con la prima, l'attore, sull'assunto di essere proprietario della cosa e di non averne il possesso, agisce contro il possessore o detentore per ottenere il riconoscimento giudiziale del suo diritto di proprietà sulla cosa stessa, con la seconda, invece, tende soltanto all'accertamento della esatta linea di demarcazione tra il proprio fondo e quello del convenuto, allegandone l'oggettiva incertezza, ovvero contestando che il confine di fatto corrisponda a quello indicato nei rispettivi titoli di acquisto. Ne consegue che l'azione di rivendica postula l'esistenza di un conflitto tra titoli determinato dal convenuto che nega la proprietà dell'attore, contrapponendo al titolo di costui vantato un proprio, diverso, incompatibile titolo di acquisto, originario o derivativo, mentre l'actio finium regundorum presuppone non una controversia sui titoli, bensì la contestazione della sola delimitazione delle rispettive proprietà, causata dall'incertezza oggettiva o soggettiva del confine, senza che essa perda la sua natura ricognitiva nel caso in cui l'eliminazione dell'incertezza comporti, come corollario, l'obbligo di rilascio di una porzione di fondo indebitamente posseduta.

Cass. civ. n. 8072/1999

La prova del confine tra fondi, nell'azione di regolamento ai sensi dell'art. 950 c.c., può esser data con qualsiasi mezzo, anche testimoniale, spettando al giudice del merito scegliere le risultanze probatorie decisive.

Cass. civ. n. 4994/1997

L'incertezza sul confine tra due fondi può esser eliminata anche mediante un negozio di accertamento per facta concludentia, come nel caso in cui i proprietari dei fondi limitrofi erigono, d'accordo tra loro, una rete metallica per delimitarli, precludendosi così, attesa l'efficacia vincolante di tale negozio, l'esperibilità dell'azione di regolamento di confini.

Cass. civ. n. 4703/1997

È correttamente qualificata actio finim regundorum, e non rivendica, l'azione proposta dal proprietario che, pur in presenza di un confine apparente, ne deduca l'incertezza per intervenuta usurpazione di una porzione del proprio terreno da parte del vicino, e chieda, per l'effetto, un accertamento giudiziale della superficie dei fondi confinanti senza porre in discussione i titoli di proprietà, dovendosi ritenere del tutto irrilevante, al riguardo, che l'accertamento della proprietà di una delle parti sulla porzione di fondo controversa comporti anche un (inevitabile) effetto recuperatorio della proprietà stessa quale mera conseguenza dell'esperimento della detta azione, la cui finalità è soltanto quella di eliminare l'incertezza e le contestazioni relative alla linea divisoria, prescindendo da ogni controversia sui titoli. Del tutto irrilevanti risultano, ancora, tanto la proposizione di una eccezione di usucapione da parte convenuta (attesane la inidoneità a trasformare, ex se, la controversia in tema di confini in azione di rivendica), quanto il rilievo che il preesistente confine non sia stato alterato da fattori esterni, quale l'opera dell'uomo, bensì da agenti naturali (non rinvenendosi alcuna ragione logico-giuridica per condizionare la disciplina normativa applicabile alla variabile natura delle cause dell'incertezza del confine materiale).

Cass. civ. n. 2244/1997

Pur se nell'indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi limitrofi, costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, sono di importanza fondamentale i tipi di frazionamento allegati al titolo (nella specie atto divisorio), se essi mancano il giudice può utilizzare come mezzo di prova detto titolo, confrontando l'estensione delle superfici dei lotti ivi risultanti con quelle realmente possedute dalle parti.

Cass. civ. n. 2204/1997

Al fine di determinare il confine tra fondi, il giudice di merito, pur avendo ampia facoltà di scegliere gli elementi ritenuti decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti senza alcuna graduazione d'importanza (salvo per le indicazioni solo sussidiarie delle mappe catastali), non può tuttavia prescindere dall'esame dei titoli d'acquisto delle rispettive proprietà, né, trattandosi di lotti separati di un appezzamento in origine unico, dalle misure risultanti dalle planimetrie allegate agli atti di vendita e dal tipo di frazionamento contenente gli estremi della lottizzazione quando le misure stesse siano gli unici elementi idonei ad individuare la linea di demarcazione tra le due proprietà.

Cass. civ. n. 10626/1996

Il regolamento amichevole della linea di confine tra due fondi realizza un negozio di accertamento che vieta alle parti di chiedere in via giudiziale il regolamento stesso. L'anzidetto negozio postula un contrasto, sia pure virtuale, fra i confinanti in ordine alla linea di demarcazione tra i rispettivi fondi e non è pertanto configurabile nel momento stesso della vendita di uno dei due fondi limitrofi appartenente ad uno stesso proprietario ad altro soggetto, trattandosi in tale ipotesi solo di interpretare la volontà delle parti in ordine all'estensione del bene compravenduto lungo il confine con quello rimasto di proprietà del venditore.

Cass. civ. n. 8822/1996

L'azione di regolamento di confini non pone in discussione i rispettivi diritti di proprietà, ma mira esclusivamente ad eliminare un'incertezza sulla demarcazione tra fondi, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto. Essa non perde tale natura dichiarativa e ricognitiva neppure nel caso in cui l'eliminazione di quell'incertezza comporti l'obbligo del rilascio di una porzione indebitamente posseduta.

Cass. civ. n. 7081/1995

In relazione alla finalità dell'azione di regolamento di confine, che è quella di imprimere certezza ad un confine tra due fondi obiettivamente o subbiettivamente incerto, l'art. 950 c.c. riconosce al giudice del merito ampia facoltà di scegliere gli elementi decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti, senza fissare alcuna graduatoria d'importanza tra gli stessi, a parte il carattere di sussidiarietà esplicitamente attribuito alle indicazioni delle mappe catastali. Ai fini di detta determinazione non potrà tuttavia prescindersi dall'esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, né, trattandosi di lotti separati di un appezzamento in origine unico, dalle misure risultanti dalle planimetrie allegate agli atti di vendita e dai tipi di frazionamento in essi richiamati, restando comunque il risultato della relativa indagine suscettibile del controllo di legittimità unicamente sotto i profili della violazione dei canoni ermeneutici legali e/o del vizio di motivazione.

Cass. civ. n. 2867/1995

La distinzione tra azione di rivendicazione ed azione di regolamento di confini va desunta non dall'esito della lite, bensì dalla natura della domanda proposta; si ha, pertanto, rivendicazione quando la contestazione ha per oggetto i rispettivi titolo di proprietà, mentre l'azione va qualificata come regolamento di confini o qualora manchi una demarcazione visibile (incertezza oggettiva), oppure perché questa, pur esistendo, è inidonea a separare i fondi in modo certo e definitivo (incertezza soggettiva), anche se non vi è in atto il possesso promiscuo della zona intermedia. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto doversi qualificare come regolamento di confini l'azione proposta dal proprietario di un fondo, che, senza sollevare questioni in ordine ai rispettivi titoli di proprietà, lamentava che il proprietario del fondo confinante, nell'eseguire lavori di sistemazione, aveva sconfinato; mentre quest'ultimo, pur sostenendo genericamente di avere eseguito lavori nell'ambito della propria sfera di proprietà, invocava a proprio favore il possesso del terreno in contestazione, esercitato da almeno cinquanta anni, da parte sua e del suo dante in causa).

Cass. civ. n. 3663/1994

L'azione di regolamento di confini di cui all'art. 950 c.c., che si configura come una vindicatio incertae partis in quanto sia all'attore che al convenuto incombe l'onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'accertamento della esatta linea di confine, non presuppone necessariamente l'esistenza di una linea di confine tra due fondi, in quanto l'incertezza alla cui eliminazione è diretta può derivare tanto dalla mancanza di qualsiasi limite (cosiddetta incertezza oggettiva), quanto dalla contestazione del confine esistente (cosiddetta soggettiva), che non investa i titoli di acquisto della proprietà, senza trasformarsi, in tale secondo caso, in rivendica solo a causa della eccezione di usucapione opposta dal convenuto, perché con tale eccezione il convenuto non contesta l'esistenza, la validità e l'efficacia del titolo di proprietà della controparte, ma allega solo una situazione sopravvenuta, idonea ad eliminare la dedotta incertezza della linea di confine.

Cass. civ. n. 12742/1993

Al fine di determinare il confine tra fondi, il giudice di merito, pur avendo ampia facoltà di scegliere gli elementi ritenuti decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti, senza alcuna graduatoria d'importanza (salvo per le indicazioni solo sussidiarie delle mappe catastali), non può tuttavia prescindere dall'esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, né, trattandosi di lotti separati di un appezzamento in origine unico, dalle misure risultanti dalle planimetrie allegate agli atti di vendita e dal tipo di frazionamento contenente gli estremi della lottizzazione quando le misure stesse siano gli unici elementi idonei ad individuare la linea di demarcazione tra due proprietà.

Cass. civ. n. 10997/1993

In tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario configurato dalle mappe catastali è consentito non solo nel caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nel caso che questi, per la loro consistenza o per ragioni relative alla loro attendibilità, risultino, secondo l'accertamento incensurabile del giudice del merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine.

Cass. civ. n. 3110/1993

La parte la quale si dolga che il giudice di merito per accertare il confine tra due fondi abbia utilizzato le risultanze catastali, alle quali si può ricorrere a norma dell'art. 950 c.c. soltanto in via sussidiaria, ha l'onere di indicare gli specifici elementi probatori alla cui stregua risulterebbe la linea di confine controversa.

Cass. civ. n. 10615/1990

Nell'indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi limitrofi costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico rivestono importanza fondamentale i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamati con valore negozialmente vincolante. In siffatte ipotesi, allorché i dati sul confine desumibili dai tipi di frazionamento non siano fra loro concordanti e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, il confine, in difetto di altri elementi concreti di individuazione, dovrà identificarsi in quello individuato dal tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto anteriormente formatosi e trascritto, in nessun caso il secondo acquirente potendo acquistare secondo una confinazione comportante una riduzione dell'acquisto precedentemente fatto dalla controparte.

Cass. civ. n. 7873/1990

In tema di regolamento di confini, il principio secondo il quale il giudice — data la natura dell'azione di vindicatio duplex incertae partis caratterizzata dall'incombenza su entrambe le parti dell'onere di indicare gli elementi utili all'accertamento — è svincolato dalla regola actore non probante reus absolvitur e deve quindi determinare il confine in base agli elementi probatori di qualsiasi specie ritenuti più attendibili con prevalenza degli atti traslativi della proprietà, deve essere necessariamente coordinato con l'altro principio della disponibilità delle prove — sancito dall'art. 115 c.p.c. — il quale va inteso come vincolo del giudice nell'accertamento dei fatti all'iniziativa delle parti nel senso che, ove non deducano queste le prove dirette a tale accertamento, non può egli provvedervi d'ufficio sostituendo la propria iniziativa a quella (mancata) degli interessati.

Cass. civ. n. 5183/1989

L'azione di regolamento di confine è azione cosiddetta duplice, perché a ciascuna delle parti spetta l'onere di provare l'estensione del proprio fondo, onde determinare la linea di demarcazione con il fondo del vicino; pertanto il giudice non può arrestare la propria indagine all'esame dei titoli di una sola parte, ma deve prendere in considerazione anche quelli dell'altra e procedere all'esame dei luoghi per riscontrare la corrispondenza del confine a quello risultante dall'esame comparativo dei titoli, determinando, in caso di difformità, il confine sulla base dei titoli stessi. Se, viceversa, i titoli non contengono elementi per la determinazione del confine, il giudice deve ricorrere ad altri mezzi di prova, attenendosi, in mancanza di altri elementi, alle mappe catastali.

Cass. civ. n. 7911/1987

L'actio finium regundorum ha la connotazione di un'azione reale recuperatoria, da cui deriva, oltre la demarcazione del confine tra due fondi, anche il rilascio di aree occupate dal vicino che non ne è proprietario, essendo il rilascio di tali porzioni possedute dal confinante conseguenza dell'istanza principale di esatta determinazione del confine. Pertanto nell'ipotesi in cui il fondo oggetto della pronuncia di rilascio adottata in accoglimento dell'actio finium regundorum ha cessato di essere nella disponibilità del convenuto (qui dolo desiit possidere) è applicabile, a cagione del carattere reale e recuperatorio comune a tale azione ed alla rivendica, la particolare norma di cui all'art. 948, primo comma, ultima ipotesi, c.c., che legittima la richiesta di pagamento del controvalore del bene usurpato.

Cass. civ. n. 5459/1985

In tema di regolamento di confini, ossia di azione diretta a determinare l'estensione e la configurazione di fondi contigui, rese confuse dall'incertezza dei limiti, la prova della suddetta estensione e configurazione può essere data con ogni mezzo, e il giudice, dato il carattere di vindicatio duplex incertae partis dell'azione medesima, è del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur, dovendo invece, in ogni caso, determinare il confine in relazione a quegli elementi che gli sembrano attendibili. Ai fini di detta determinazione, se va data prevalenza agli atti traslativi della proprietà, in quanto contenenti utili indicazioni sull'estensione dei fondi confinanti, è peraltro utilizzabile ogni mezzo istruttorio, anche di carattere tecnico e preventivo e persino la prova testimoniale (fermo il vaglio dell'ammissibilità e della concludenza della medesima), avendo le risultanze catastali, ai sensi del terzo comma dell'art. 950 c.c., valore meramente sussidiario.

Cass. civ. n. 404/1985

Allorquando viene proposta l'azione di regolamento di confini la determinazione del confine può comportare l'attribuzione a una delle parti di una zona occupata dall'altra, con la conseguenza che la richiesta di tale attribuzione non incide sull'essenza dell'azione, trasformandola in rivendica, ma integra soltanto una naturale conseguenza della domanda di individuazione del confine.

Cass. civ. n. 2265/1982

In tema di regolamento di confini, l'art. 950 c.c. consente al giudice di ricorrere al sistema di accertamento mediante le mappe catastali solo in caso di obiettiva e assoluta mancanza di prove idonee a determinare il confine in modo certo, in quanto in tale materia le mappe catastali costituiscono solo un elemento probatorio di carattere sussidiario. Pertanto, quando gli altri elementi probatori permettono l'individuazione del confine reale, tali elementi prevalgono sui dati tratti dalle mappe catastali e il riferimento ad esse deve ritenersi non necessario.

Cass. civ. n. 3284/1981

In tema di regolamento di confini, le mappe catastali sono un mezzo di prova sussidiario e subordinato, che, pertanto, è inutilizzabile allorché il giudice del merito ritenga, con tipico apprezzamento di fatto, di poter identificare il confine reale mediante il ricorso ad altri elementi probatori (nella specie, dichiarazioni testimoniali e situazioni dei luoghi).

Cass. civ. n. 3222/1981

In tema di azione per regolamento di confini, i dati catastali hanno un valore puramente indicativo e costituiscono un sistema di accertamento solo sussidiario, giustificato dall'assoluta mancanza di elementi di prova o della loro inidoneità ai fini di una determinazione certa del confine. Pertanto i criteri di tolleranza catastale non trovano applicazione nel caso in cui l'elemento di prova primario è rappresentato dal tipo di frazionamento allegato ai contratti che, quale elemento interpretativo della volontà negoziale, non lascia margini di incertezza nella determinazione della linea di confine tra i fondi e prevale sul difforme dato catastale.

Cass. civ. n. 2622/1978

Nell'indagine diretta alla individuazione del confine tra fondi limitrofi, in sede di azione di regolamento proposta a norma dell'art. 950 c.c., il giudice del merito non può prescindere dall'esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, atteso che questi costituiscono la base primaria per risolvere una situazione di incertezza che non pone in discussione i titoli medesimi e la consistenza dei diritti trasferiti, ma la corrispondenza ad essi della situazione di fatto. Solo la mancanza od insufficienza di indicazioni sul confine rilevabili dagli indicati titoli giustifica il ricorso ad altri mezzi di prova, ovvero, in ultima analisi, ai dati forniti dalle mappe catastali.

Cass. civ. n. 1451/1978

L'azione di regolamento di confini è ipotizzabile unicamente in relazione a fondi contigui: essa non è perciò ammissibile allorché risulti che i fondi in contestazione siano separati da una strada pubblica, anche se il convenuto abbia arbitrariamente occupato il sedime di detta strada pubblica con mucchi di detriti e non colture abusivamente immesse, giungendo altresì all'occupazione di parte del fondo dell'attore, poiché in tal caso diversi sono i rimedi offerti dall'ordinamento, potendosi reagire a tale situazione con un'azione possessoria ovvero con la rivendicazione. Né le relative doglianze possono ritenersi comprese in una domanda di regolamento di confini.

Cass. civ. n. 129/1977

Non è mezzo congruo, al fine di accertare se l'esatto confine tra due fondi sia quello in atto esistente od altro diverso, l'ammissione di una prova testimoniale diretta a dimostrare che il convenuto nell'azione di regolamento di confini, e, prima di lui, il suo dante causa hanno posseduto il fondo nella situazione di fatto in atto esistente, giacché la questione da risolvere, a meno che non sia stata eccepita l'usucapione, è proprio quella di determinare se il fatto del possesso, attuale od anteriore, della zona di confine corrisponde al confine quale avrebbe dovuto essere secondo i titoli di acquisto.

Cass. civ. n. 625/1976

A rendere proponibile l'azione per regolamento di confini non è necessario uno stato di incertezza oggettivo costituito dalla promiscuità di possesso di una zona intermedia tra i fondi, ma basta uno stato di incertezza soggettiva, costituito dalla contestazione del confine esistente.

Cass. civ. n. 2639/1975

L'azione di regolamento dei confini presuppone l'incertezza, oggettiva o soggettiva, sui confini tra i fondi — non sulla sussistenza stessa del diritto di proprietà del fondo del reclamante — ed ha per oggetto la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà dei contendenti in base ai rispettivi titoli di acquisto. Essa, pertanto, non resta snaturata se l'attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto, per essere avvenuta usurpazione a suo danno, e chieda l'accertamento dell'esatto tracciato.

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Consulenze legali
relative all'articolo 950 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. M. chiede
mercoledì 05/07/2023
“Sono proprietario al 100 % del fondo A e sono anche proprietario di una quota ideale del 25 % del fondo B che confina con il fondo A.
Il restante 75 % del fondo B è di proprietà, in misura del 25 % ciascuno, di altre tre persone.
Una di queste tre persone vorrebbe rimettere in discussione i confini tra i due fondi ma non può farlo perché non tutti i proprietari sono concordi nell'avviare una causa legale (per quanto ne so, serve l'unanimità e, ovviamente, io non sono d'accordo).
Ho la necessità di vendere la mia quota ideale del 25 % del fondo B a uno degli altri tre proprietari. Con il consenso dell'acquirente, posso attribuire alla quota ideale oggetto di vendita un vincolo di voto? In pratica, in caso di votazione sulla decisione di avviare azione legale per rimettere in discussione i confini tra fondo A e fondo B, il proprietario del 25 % da me venduto dovrebbe sempre esprimere parere contrario.
In questa maniera potrei vendere la mia quota ideale del 25 % del fondo B e assicurarmi che, in futuro, i proprietari del fondo B non mi diano noie. Si consideri che, se io vendo la mia quota del 25% del fondo B, quasi certamente l'intero 100 % delle quote del fondo B confluirà nelle mani del soggetto che vorrebbe oggi rimettere in discussione i confini.
Grazie.”
Consulenza legale i 07/07/2023
Ciò che ci si prefigge di fare, seppur astrattamente ammissibile, è perfettamente inutile.
La giurisprudenza ha chiarito che ai fini della promozione dell’azione di regolamento di confini ex art 950 del c.c., se i fondi appartengono a più proprietari non è necessario il litisconsorzio necessario, né per promuovere la causa né per resistere ad essa. Pertanto ciascun comproprietario del fondo B può tranquillamente citare in giudizio il proprietario del fondo A per regolare i confini dei due terreni senza il consenso degli altri proprietari, essendo il singolo comunista di per sé solo legittimato a promuovere l’azione (tra le tante Cass. Civ. n.1462 del 09.02.95; Cass. Civ.n. 3082 del 13.02.2006; Cass.Civ.n. 27041del 03.12.2013). Per questo motivo ciascun comproprietario potrebbe già ora farle causa in assoluta autonomia rispetto al suo voto o a quello dell’altro proprietario.

Per completezza si precisa che il codice civile non contiene norme che vietino di per sé un accordo tra venditore e acquirente, in forza del quale quest’ultimo si obbligherebbe a esercitare il suo diritto di voto nella assemblea dei comproprietari con determinate modalità gradite al venditore.

Vi è però da fare una importante precisione, in quanto per principio generale del nostro diritto privato, il cui capostipite normativo è rappresentato dall’ art. 1373 del c.c., non sono ammissibili vincoli giuridici obbligatori di durata perpetua; per molti interpreti tale principio avrebbe addirittura valore pubblicistico che andrebbe quindi oltre ai meri interessi privati.
Per tale motivo, se anche il contenuto di un tale tipo di accordo può essere astrattamente ammissibile, affinché esso sia comunque valido dovrebbe essere limitato ad un congruo periodo di tempo, solitamente non oltre i 5 anni.
Ad ogni modo si è già detto che tale tipo di accordo non impedirebbe agli altri comproprietari di farle causa per l’accertamento dei confini dei due fondi.
 


G.G. chiede
martedì 12/10/2021 - Campania
“Gentilissimi, chiedo dei chiarimenti per l'interpretazione di una sentenza.Trattasi di regolamento confini. Il dispositivo della sentenza dice che la linea di confine è quella catastale, che interseca il fabbricato per circa 60 cm. Dalle motivazioni dice testualmente: quanto alla doglianza relativa allo sconfinamento del fabbricato dell'attore al di la del confine (v.pag.3 comparsa in costituzione) pur avendo il consulente tecnico accertato che la stessa invade la proprietà Miele per cm 45 a valle e 60 cm a monte, ovvero per la stessa estensione della tettoia in ferro, (tettoia ordine di demolizione) va dato atto che in comparsa conclusionale il convenuto ha rinunciato a chiedere l'arretramento dell'immobile nel rispetto della linea, limitandosi ad invocare il pagamento dell'indennità di occupazione cosi come calcolata dall'ausiliario, il che preclude al tribunale di adottare una pronuncia di condanna dell'attore all'eliminazione della riscontrata difformità precedentemente invocata in comparsa e risposta. Ora pensando di usufruire del superbonus il fabbricato risulta accatastato con la linea di sconfinamento di 60 cm. Come potrebbe essere risolta questa situazione, la porzione di sconfinamento si acquista in automatico o il tutto è rimasto irrisolto anche dopo una sentenza di appello che conferma quella di primo grado per quel che riguarda il confine.
Grazie Saluti”
Consulenza legale i 21/10/2021
Per rispondere al quesito che si pone è indispensabile cercare di chiarire bene come funziona e qual è l’esatta natura giuridica dell’azione di regolamento di confini.
Presupposto per l’esercizio di tale azione è un conflitto tra fondi derivante dalla assenza di un esatto tracciato della linea di confine, il quale determina una situazione di incertezza sia oggettiva (la quale ricorre nel caso di possesso promiscuo) che soggettiva (in questo secondo caso il confine è ben delineato, ma uno dei proprietari confinanti ritiene che non sia quello effettivo).

Allorquando sia accertato, come verificatosi nel caso di specie, il confine a seguito della proposizione della relativa azione di regolamento e risultino realizzatisi degli sconfinamenti in uno dei fondi, il proprietario del fondo che abbia sconfinato è tenuto, indipendentemente dalla intenzionalità o meno della sua condotta (e ciò in virtù della natura reale della relativa azione e dell'effetto recuperatorio ad essa connesso), al ripristino dei luoghi e, quindi, alla restituzione della porzione oggetto di sconfinamento, salva l'eventualità in cui, con la proposta domanda, sia stata espressamente invocata la sola emissione di una mera pronuncia dichiarativa circa l'individuazione del confine.

L’azione di regolamento di confini, infatti, ha essenzialmente natura ricognitiva e di mero accertamento, essendo volta semplicemente ad eliminare l’incertezza sulla demarcazione tra fondi, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto (così Cass. n. 12139/1997 e Cass. n. 13986/2010); tale sua natura non può dirsi alterata dall’effetto recuperatorio che se ne può far conseguire e che ricorre nel caso in cui il giudice, dopo aver accertato esattamente il confine tra due fondi, ponga a carico di uno dei due confinanti l’obbligo di rilascio di quanto indebitamente posseduto, indipendentemente dall’intenzionalità dell’accertata occupazione abusiva, rilevando la sola illegittimità dell'occupazione stessa quale conseguenza del riscontrato sconfinamento.

Tale sua natura, meramente ricognitiva e di accertamento, non muta neppure quando il convenuto, come avvenuto nel caso di specie, eccepisca l'usucapione della striscia di suolo oggetto di causa, in quanto anche in tal caso non viene contestato il titolo di proprietà della controparte e si ha sempre riguardo ad una controversia su striscia confinaria, controversia che, semmai, cesserà ove si dimostri l'avvenuta usucapione della zona nei pressi del confine (in tal senso Cass. n. 20144/2013; Cass. n. 9913/2004; Cass. n. 5809/1997; Cass. n. 2332/1995; Cass. n. 739/1995; Cass. n. 11352/1994).

In considerazione di quanto fin qui detto, dunque, può concludersi che nel caso di specie sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado, originando da una azione di regolamento di confini e di eventuale ordine di rilascio della striscia di terreno contestato, per la natura meramente ricognitiva dell’azione esercitata, non possono essere in grado di produrre alcun effetto reale o traslativo della porzione di terreno di cui è stata riconosciuta l’illegittima occupazione.
La circostanza che il giudice abbia accolto la richiesta di parte attrice di ottenere il pagamento di una indennità di occupazione, infatti, non può valere ad attribuire a tale indennità natura di corrispettivo per conseguire la proprietà della striscia di terreno su cui il confinante ha realizzato parte del proprio fabbricato.
Al contrario, l’effetto giuridico e pratico di entrambe le sentenze è quello di aver accertato lo sconfinamento sul fondo altrui (dunque, il mancato rispetto della linea di confine) e di riconoscere al proprietario della striscia di terreno illegittimamente occupata una sorta di ristoro per tale illegittima occupazione e per aver rinunziato al suo diritto di conseguire la liberazione della stessa mediante arretramento del fabbricato e rimozione di tutte le opere che su quella striscia sono state realizzate (senza, tuttavia, cedere la proprietà della medesima striscia di terreno).

Sotto un profilo ancora più tecnico può dirsi che, a seguito di tali sentenze, ciò che si è venuto a realizzare è una sorta di separazione tra proprietà della striscia di terreno e proprietà superficiaria di ciò che su quella striscia di terreno è stato realizzato (la prima spetta al proprietario del fondo, mentre la seconda al proprietario del fabbricato).
Tale riconoscimento, al di là del diritto attribuito al proprietario della striscia di terreno di ottenere il pagamento dell’indennità di occupazione, avrà senza alcun dubbio anche l’effetto di impedire in capo al proprietario del fabbricato di maturare il diritto alla sua usucapione o comunque di conseguirne la proprietà in forza dell’istituto giuridico della c.d. accessione invertita (la proprietà del fabbricato attrae la proprietà del suolo).

Ad ogni modo, si ritiene che tale stato di cose non possa avere alcun effetto negativo ai fini della possibilità di fruire delle agevolazione del superbonus 110%, in quanto si tratterebbe di realizzare pur sempre delle opere su un fabbricato la cui proprietà esclusiva risulta incontestabile, seppure realizzato in parte su una striscia di terreno di altrui proprietà (e ciò per effetto del principio a cui sopra si è accennato della separazione tra proprietà del fondo e proprietà superficiaria del fabbricato).
Chiaramente, per avere ulteriore conferma di ciò è meglio rivolgersi a tecnici specializzati su tale materia, e più precisamente ad ingegneri, i quali saranno sicuramente in grado di stabilire se in una situazione di tale tipo è possibile chiede ed ottenere le agevolazioni sperate.


Pietro T. chiede
venerdì 09/04/2021 - Lazio
“Premessa:
Il vicino di casa confinante si è presentato presso la mia abitazione e con atteggiamento intimidatorio mi ha proposto di voler abbattere il muro di confine ancora in buono stato alto circa 70 cm con rete metallica che separa le nostre rispettive proprietà, detto muro esiste da circa 40 anni ed è affiancato da una siepe di abeti ad alto fusto di proprietà del vicino in questione e detta siepe ora deve essere estirpata con notevole impegno. A sostituzione del muretto di confine attuale sopra detto il vicino vuole costruire a sue spese il nuovo muretto per tutta la lunghezza che separa le proprietà ma esso verrà edificato 40 cm verso l'interno della mia proprietà sottraendo alla stessa 40cm per tutta la lunghezza del confine in ragione del fatto che mio padre attualmente defunto da 29 anni gli avrebbe sottratto abusivamente questa porzione di terreno, infine questo vicino ha costruito un garage a meno di 1 m dal muretto in questione molti anni fa con le relative grondaie che entrano nella mia proprietà.
Domanda:
Cosa può fare costui, e io cosa posso fare se questo vicino insiste?”
Consulenza legale i 16/04/2021
Va premesso che, in assenza del consenso di chi pone in quesito, il vicino, di propria iniziativa, non può “fare” alcunché: non può demolire il muro di confine né, tanto meno, ricostruirlo in modo da appropriarsi della fascia di terreno indicata. Qualora lo facesse, si esporrebbe al rischio di azioni civili ed incorrerebbe anche in responsabilità penali.
Ciò che il vicino potrebbe fare, almeno in teoria, è proporre un’azione di regolamento di confini ex art. 950 c.c.: come stabilito dalla giurisprudenza, l'azione di regolamento di confini è imprescrittibile, a meno che non venga eccepita l'usucapione (Cass. Civ., Sez. II, n. 5134/2008).
Ora, nel quesito non viene precisato se la pretesa del confinante di “riprendersi” la striscia di terreno in questione, poiché illegittimamente sottratta, sia fondata: tuttavia, il periodo di tempo trascorso fa presumere che, anche se così fosse, potrebbero essersi verificati i presupposti dell’usucapione della porzione di fondo in questione. Al riguardo il quesito non è chiarissimo, in quanto si parla di un muro di confine esistente da circa 40 anni, mentre la presunta sottrazione della parte di terreno sarebbe avvenuta 29 anni orsono. In ogni caso, risultano comunque superati i venti anni previsti per l’usucapione.
Naturalmente, si tratta di una risposta a carattere generale, nel senso che l’esistenza di un’usucapione compiuta va accertata caso per caso, con riferimento a tutte le circostanze della vicenda concreta e, se necessario, ricorrendo agli accertamenti di un tecnico.
Riguardo alla costruzione del garage, nel quesito non vengono forniti ulteriori dettagli, soprattutto in merito al tempo dell’edificazione (si parla solo di “molti anni fa”), nonché rispetto alla distanza da eventuali altre costruzioni presenti sul terreno di chi pone il quesito. Al riguardo, comunque, occorre tenere presente che:
- l’art. 873 c.c. fissa in tre metri la distanza minima tra costruzioni su fondi confinanti, che non siano unite o aderenti, e fatta salva la maggiore distanza eventualmente stabilita dai regolamenti locali (altro dato da verificare);
- anche in questo caso occorre tenere presente la possibilità del verificarsi dell’usucapione: qui si tratterebbe dell’acquisto per usucapione del diritto, qualificabile come servitù, di mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale. In proposito, la Cassazione (Sez. VI - 2 Civ., n. 1395/2017) ha affermato che “è ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici”. Peraltro, aggiunge la Corte, ciò può avvenire anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, “atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso "ad usucapionem"”.
Si consiglia, pertanto, di approfondire, eventualmente con l’ausilio di un tecnico, le questioni evidenziate nella nostra risposta.

Roberto M. chiede
giovedì 20/08/2020 - Sicilia
“Ho acquistato ad una asta giudiziaria presso il Tribunale di omissis, un fabbricato (individuato con particella catastale) con annesso 1600 mq di terreno di pertinenza individuato con l'indicazione sei soli 3 confini catastali, senza specificarne la particella catastale.
Il comune ha rilasciato la Concessione Edilizia per l'edificazione di un fabbricato sul terreno di pertinenza e a distanza di 6 anni ha revocato la C.E. ritenendo che non fossimo proprietari del lotto perchè nel decreto di trasferimento non viene indicata la particella catastale ma soltanto i tre confini catastali.
Il TAR ha dato ragione al Comune.
In questo caso cosa si può fare per regolarizzare la situazione?
E' Consigliabile instaurare un'azione di rivendicazione della proprietà art. 948 cc, oppure ricorrere ad un'azione di regolamento dei confini art.950 cc, o cos'altro si può fare?”
Consulenza legale i 04/09/2020
Nella fattispecie i rimedi astrattamente esperibili sono essenzialmente tre: il procedimento di correzione dell’errore materiale, l’azione di regolamento di confini, un’azione a tutela della proprietà.
Le diverse caratteristiche di tali diverse azioni verranno, quindi, descritte sinteticamente nel proseguo del presente parere, per cercare di capire quale tra di esse sia più corretto intraprendere nel caso concreto.

1. Il procedimento di correzione dell’errore materiale di cui agli artt. 287 e ss. c.p.c., è un procedimento abbastanza semplice, che può essere introdotto anche ad iniziativa di una sola parte mediante ricorso.
In generale, la giurisprudenza ne ammette la proponibilità anche in materia esecutiva, trattandosi di espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo (Cassazione civile, sez. VI, 03 febbraio 2015, n. 1891; Cassazione civile, sez. III, 16 giugno 1992, n. 7399).
Tuttavia, l’errore materiale suscettibile di correzione non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all'atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione (Cassazione civile, sez. I, 26 settembre 2011, n. 19601).
Ad esempio, sono rettificabili mediante la procedura prevista dagli artt. 287 e ss. c.p.c. gli errori di trascrizione relativi ai dati identificativi delle parti, alle identificazioni catastali o alle trascrizioni pregiudizievoli.
Tale rimedio, quindi, non pare sufficiente a dirimere la questione posta nel caso riportato del quesito, in quanto essa sembra aver avuto origine non in un mero errore di trascrizione delle particelle catastali, ma piuttosto attiene l’identificazione esatta del bene immobile oggetto del decreto di trasferimento.

2. L'azione di regolamento di confini è disciplinata dall'art. 950 c.c. ed è proponibile ad iniziativa di ciascuno dei proprietari quando il confine tra due fondi è incerto, allo scopo di individuare la demarcazione tra i fondi per rimuovere la relativa incertezza.
Il presupposto fondamentale che consente di proporre tale azione è che la situazione di incertezza che il Giudice è chiamato a dirimere riguardi esclusivamente il confine tra due fondi, ma non il diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto della controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà e anche nel caso in cui l'attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino (ex multis; Cassazione civile, sez. II, 25 settembre 2018, n. 22645; Cassazione civile sez. II, 30 gennaio 2017, n.2297).
In sostanza, l’azione ex art. 650 c.c. presuppone un'incertezza oggettiva o soggettiva relativa solo alla linea di demarcazione tra due fondi, a differenza dell'azione di rivendicazione che presuppone un conflitto tra i rispettivi titoli di proprietà, determinato dal convenuto che nega la proprietà dell’attore, contrapponendo al titolo da costui vantato un proprio, diverso, incompatibile titolo di acquisto, originario o derivativo (Cassazione civile, sez. II, 24 aprile 2018, n. 10066; Cassazione civile, sez. II, 07 luglio 2009, n. 15954).
Nemmeno tale azione, dunque, sembra adeguata nella fattispecie, posto che, perlomeno a seconda di quanto si legge nella sentenza del TAR trasmessa a corredo del quesito, il problema da risolvere non è tanto l’individuazione del confine tra la particella 42 e la particella 196, quanto piuttosto quello di comprendere se la proprietà di tale ultima particella sia stata o meno trasferita al debitore pignorato (sig. C. O.).

3. Visto quanto sopra, nel nostro caso la più calzante soluzione pare quella di promuovere un’azione di rivendica o un’azione di accertamento della proprietà.
La rivendica ha carattere reale ed è fondata sul diritto di proprietà di un bene di cui l'attore assume essere titolare, ma di non averne la materiale disponibilità, ed è volta ad ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà e a riaverne il possesso (art. 948 c.c.).
L’azione di accertamento della proprietà, invece, viene proposta allo scopo di eliminare uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto esercitato su un bene, ma senza contestualmente chiederne anche la restituzione (perché esso si trova già nella disponibilità della parte attrice).
Si evidenzia che, comunque, in entrambi i casi l'attore è tenuto alla cosiddetta probatio diabolica della titolarità del proprio diritto, trattandosi di onere da assolvere ogni volta che sia proposta un’azione, inclusa quella di accertamento, che si fonda sul diritto di proprietà tutelato erga omnes (Cassazione civile, SS.UU., 28 marzo 2014, n. 7305; Cassazione civile, sez. II, 29 ottobre 2019, n. 27700; Cassazione civile, sez. II, 18 gennaio 2017, n. 1210).
Pertanto, visto anche che esiste una perizia comunale sfavorevole recepita in una sentenza del Giudice amministrativo, si consiglia, prima di intraprendere ogni iniziativa giudiziale, di ricostruire in modo rigoroso i vari atti di trasferimento dell’immobile in discussione e le relative trascrizioni, confrontandone il contenuto con gli atti del pignoramento immobiliare e con il decreto di trasferimento.
Naturalmente, è sempre aperta la possibilità, che in un caso intricato come quello in esame si può rivelare particolarmente conveniente, di tentare una composizione bonaria della lite, ricordando anche che per tutte le controversie relative a diritti reali è previsto l’esperimento del tentativo di Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

Stefano T. chiede
venerdì 04/08/2017 - Lazio
“Spett.le Brocardi,il quesito che volevo porre alla vostra attenzione riguarda il tema dell'usucapione.Verso la meta' del mese di dicembre 2015,in base ad un atto di adempimento ad un accordo di separazione consensuale,entravo in possesso di 6 particelle di terreno nel comune di ....Dal gennaio del 2016 mi attivavo facendo un contratto con un architetto per effettuare una progettazione su una parte di questi terreni.Mi veniva subito richiesto dall'architetto di effettuare un riconfinamento di tutte e sei le particelle.Infatti contattavo un geometra che ad aprile 2016 mi consegnava il riconfinamento molto dettagliato,dove notavo che delle 6 particelle di terreno in mio possesso,tre di queste erano diventate più piccole per degli sconfinamenti dei rispettivi confinanti.Per 2 particelle,dato che la recinzione costituita da paletti e rete e' stata costruita da pochi anni,si e' instaurata una trattativa per il rientrare in possesso del terreno mancante.Il problema e quindi il relativo quesito che volevo porvi e' che per la terza particella che confina con delle villette che formano un condominio,e' stato costruito un muretto in cemento con rete,che va a tagliare la mi particella di 60 metri quadrati riducendola di 22 metri quadrati.Procedevo anche con un secondo riconfinamento per essere sicuro del primo.Difatti anche il secondo riconfinamento affidato ad altro tecnico portava lo stesso risultato del primo.Quello che più' mi preoccupa e che le villette sono state costruite da più di venti anni.Non sapendo se il muretto che taglia la mia particella e' stato costruito insieme alle villette,da poco ho chiesto un accesso agli atti progettuali di detto stabile in qualità' di confinante con la speranza che tale muretto non sia in progetto,ma non so nemmeno quanto questo mi possa aiutare.Unica cosa che ho sentito ma non ne sono sicuro e che queste villette hanno effettuato una pratica di condono edilizio in quanto non era stata rispettata la fascia di rispetto della strada comunale.Premetto che la mia particella si trova in mezzo tra la strada comunale e il giardino di queste villette.Ho provato a sentire l'amministratore del condominio ma senza successo.Quello che mi risulta e che i proprietari prima di me non se ne sono accorti che questo muretto aveva inglobato la meta' della particella e quindi non hanno promosso nessuna azione nei confronti del condominio,escludendo la presenza di atti interruttori.Posso anche dire che nemmeno il condominio ha mai effettuato la sentenza di acquisizione per usucapione.Il mio quesito e' questo:ho qualche strada legale per rientrare in possesso di questi pochi metri di terreno che per me sono importanti in quanto su detta particella vorrei creare 4 parcheggi,e cosi ridotta dal muro non ho la larghezza minima?”
Consulenza legale i 10/08/2017
Punto nodale in casi come questo è quello della esatta individuazione del confine della particella interessata, ed a tale riguardo la strada da percorrere ce la indica chiaramente il Codice civile, il quale disciplina all’art. 950, inserito nel capo IV, dedicato al tema “Delle azioni a difesa della proprietà”, l’azione di regolamento dei confini.

Prevede tale norma che quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari confinanti può chiedere che sia un giudice ad individuarlo; a tal fine è consentito, nel corso del relativo giudizio, fare ricorso ad ogni mezzo di prova, mentre il giudice dovrà attenersi al confine delineato dalle mappe catastali solo in mancanza di altri elementi.

Dunque, non sembra esservi alcun dubbio, intanto, sul fatto che le mappe catastali possano essere usate come fonti di prova solo ed esclusivamente se non esistono altri documenti che permettano di individuare il confine.

Ora, tra i mezzi di prova di cui ci si può avvalere, il primo documento da verificare è l’atto d’acquisto avente ad oggetto la particella di cui si deve ripristinare il confine; nel rogito notarile si devono leggere attentamente la descrizione del bene ed i dati dell’eventuale documento tecnico che ha originato la linea di confine.
La primaria importanza di tale documento risiede nel fatto che l’atto notarile riporta la volontà delle parti, il che sarà destinato a prevalere su ogni documento tecnico.

Ovviamente nel nostro caso non potrà prendersi come riferimento l’atto di adempimento dell’accordo di separazione, ma occorrerà procurarsi l’atto di acquisto originario della particella, presumibilmente citato nello stesso accordo di separazione come titolo di provenienza.

Altra importante fonte di deposito della documentazione necessaria per una operazione di riconfinamento è l’Agenzia del territorio: negli uffici catastali si potranno rintracciare le visure e gli estratti di mappa necessari per individuare i confini da ripristinare.
Sempre all’Agenzia del Territorio si potranno rinvenire le copie dei tipi di frazionamento e dei tipi particellari, da cui acquisire le necessarie informazioni per la ricostruzione della linea di confine.

Fatti queste preliminari accertamenti, e acquisita copia di tali documenti, occorre ricordare che, in un’azione di riconfinazione o di regolamento di confini, non è mai opportuno agire autonomamente, ma è bene che le operazioni vengano effettuate in contraddittorio tra le parti, ovvero che le proprietà dei lotti confinanti incarichino, ognuna, un proprio tecnico per partecipare alle operazioni di verifica e determinazione dei confini.

È inoltre opportuno che, al termine delle operazioni, e qualora si raggiunga un accordo, venga redatto e firmato dalle parti un atto di accettazione sulla determinazione e apposizione dei termini di confine.
Ovviamente nulla impedisce che le operazioni preliminari, per un primo rilievo di verifica, possano essere eseguite autonomamente, come già risulta essere stato fatto, ma è importante non apporre termini senza contraddittorio, soprattutto se essi fossero posti al di là di divisioni fisiche esistenti, come recinzioni o siepi.

Una volta reperita la documentazione e le informazioni necessarie, occorrerà procedere all’esecuzione di un rilievo di ricognizione o d’inquadramento, per l’acquisizione in loco dei punti di riferimento, individuati nei documenti precedentemente analizzati, e del confine presunto, così da ottenere quegli elementi necessari per una prima verifica della situazione.

A questo punto, accertato sia sulla base dei documenti acquisiti che dalla individuazione in loco dei punti di riferimento, che una porzione della propria particella è stata inglobata dai confinanti, e non sussistendo alcuna possibilità di raggiungere un accordo tra le parti per il ripristino dello stato dei luoghi, si potrà legittimamente convenire in giudizio i proprietari delle villette e chiedere al giudice che vengano preliminarmente accertati e dichiarati gli esatti confini tra il proprio fondo e quello dei convenuti e conseguentemente che venga disposta la condanna al rilascio della porzione di terreno "occupata senza titolo" e la demolizione o arretramento del muretto di recinzione nel frattempo realizzato.

Ovviamente i convenuti, costituitisi in giudizio, impugneranno e contesteranno le affermazioni dell’attore eccependo di aver posseduto, con modalità e tempi conformi alla legge, la maggiore estensione di terreno, così da acquistare il bene attraverso l'usucapione dello stesso e in secondo luogo di aver rispettato il confine e avere, di conseguenza, costruito legittimamente il muretto di recinzione.

E’ stato più volte precisato che la proposizione dell'eccezione (o domanda) di usucapione da parte del convenuto non comporta la trasformazione in "rivendica" dell'azione proposta, giacché il convenuto con quell'eccezione non contesta l'originario titolo del diritto di proprietà della controparte, ma si limita ad opporre una situazione sopravvenuta, idonea, se riconosciuta fondata, ad eliminare la dedotta incertezza del confine (così Cass. Civ. n. 14660/2013, che a sua volta richiama Cass. Civ. 9913/2004).

E' da aggiungere che neanche l'azione di regolamento muta natura quando, unitamente alla determinazione del confine, si chiede anche il rilascio di una zona determinata, configurandosi tale richiesta come mero corollario del suddetto accertamento.
Infatti è da chiarire che il criterio distintivo dell'azione di rivendica rispetto all'azione di regolamento dei confini risiede nell'esistenza nella prima del contrasto fra i titoli di proprietà, a fronte di un contrasto tra i fondi che caratterizza la seconda e che sussiste proprio nel nostro caso.

Ovviamente, nel corso del giudizio così instaurato, sarà onere dei convenuti provare che quella porzione di terreno è stata ormai definitivamente acquistata per usucapione, ed in particolare per decorso del termine di 20 anni necessario per tale forma di acquisto a titolo originario della proprietà.

Seguendo tale strategia di difesa, dunque, si potrà intanto cercare di pervenire ad una soluzione bonaria della vicenda, e ciò soprattutto qualora dai rilievi effettuati in contraddittorio e dalla documentazione conseguita si riesca a raggiungere uno stato di certezza in ordine all’esatto confine della particella; in secondo luogo, si potrà ovviare al grosso problema del dubbio in ordine al tempo di costruzione del muretto, non essendo facile dare prova della esatta epoca di realizzazione dello stesso e ribaltandosi in questo modo sulla parte che vanta l’usucapione (peraltro mai accertata con sentenza) l’onere di fornire adeguata prova di ciò.

Le considerazioni sopra svolte, comunque, sono destinate a cadere qualora dagli atti progettuali risulti che il muretto era inserito nel progetto originario delle villette, costituendo ciò prova certa della sua epoca di costruzione e, di conseguenza, dell’essersi ormai maturato il tempo utile per l’usucapione che, inevitabilmente, verrà accertata e dichiarata dal giudice che sarà investito della controversia.
Quindi, prima di intraprendere ogni altra strada, che potrà senza dubbio risultare alquanto dispendiosa, si consiglia, se già non è stato fatto, di formulare formale istanza di accesso all’Ufficio tecnico del Comune interessato, al fine di avere copia dei predetti atti progettuali, motivando tale istanza con l’intenzione di dover esperire azione giudiziaria per regolamento di confini.

Nessun rilievo invece si ritiene che possa avere la sussistenza di una pratica di condono edilizio, attinendo questa a rapporti pubblicistici di diritto urbanistico e non potendo interferire sulle vicende di natura privatistica quali sono quelle che qui sono state prese in esame.

Giampiero C. chiede
domenica 20/04/2014 - Liguria
“Puo' un vicino accatastare sulla linea di confine manufatti in cemento disposti a modo di muro oscurando in parte la vista da parte del confinante , inoltre impedendo all'acqua piovana di distribuirsi sul terreno e provocando quindi infiltrazioni nel terreno confinante e quindi umidita' nella casa confinante? la distanza tra il mio confine e la mia casa e' di un metro.”
Consulenza legale i 28/04/2014
Il caso proposto attiene alla disciplina delle distanze legali tra costruzioni e ad altresì al risarcimento del danno cagionato dal confinante.

Sotto il primo profilo, l'art. 873 del c.c. stabilisce che "Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore". Quindi, sarà bene innanzitutto consultare il regolamento comunale in tema di distanze legali, per accertare la normativa vigente nel territorio ove sono situati gli immobili.

Il primo problema al fine di individuare se sia stata violata la disciplina codicistica attiene al concetto di 'costruzione' utilizzato dalla norma.
In generale "Costituisce costruzione, agli effetti della disciplina del codice civile sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura e destinazione, ha carattere di stabilità e permanenza” (Cass. Civ., Sez. II, 24 maggio 1997, n. 4639)
La giurisprudenza ha interpretato il concetto in modo sempre più estensivo: "Deve ritenersi 'costruzione' qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione. Conseguentemente gli accessori e le pertinenze che abbiano dimensioni consistenti e siano stabilmente incorporati al resto dell'immobile, così da ampliarne la superficie o la funzionalità economica, sono soggette al rispetto della normativa sulle distanze" (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2013 n. 72).

Nel quesito non è specificato di che manufatti in cemento si tratti. Tuttavia, si può ritenere che, se essi sono stabilmente poggiati al terreno, con intenzione del vicino di lasciarli non solo temporaneamente, essi possano essere considerati "costruzioni" e quindi se ne possa richiedere la rimozione o lo spostamento. Va però chiarito che solo il giudice, con la sua discrezionalità, può stabilire cosa sia o meno "costruzione" ai sensi dell'art. 873 c.c.

Altro problema riguarda il rispetto della distanza legale. La disciplina codicistica prevede per chi costruisce per primo la facoltà di costruire anche a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine, stabilendo però, in questo caso, il diritto del vicino di chiedere la comunione forzosa del muro (pagando la metà del valore del muro stesso e il valore del suolo, art. 875 del c.c.) oppure di costruire sul confine in aderenza (se la costruzione già esistente si trova sul confine, art. 877 del c.c.).
Nel caso di specie, quindi, il vicino avrebbe dovuto posizionare i manufatti ad almeno due metri dal confine, per rispettare le distanze legali (presupponiamo che non vi sia in questo caso l'interesse del confinante a chiedere la comunione forzosa del muro).

Le costruzioni effettuate in violazione delle norme sulle distanze minime legali comportano per il danneggiato la possibilità, da un lato, di chiedere il risarcimento del danno derivante dalla limitazione del proprio diritto di proprietà, dall'altro di azionare una c.d. “tutela specifica” che consiste nell'azione volta alla demolizione dell'opera illecita sul fondo vicino (o alla sua rimozione, se possibile, come nel caso di specie). L'azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile.

Quanto al secondo aspetto evidenziato nel quesito, relativo alle infiltrazioni d'acqua che causano umidità al confinante, si può ipotizzare l'esperimento di un'azione di danno temuto (art. 1172 del c.c.). Infatti, sussiste il pericolo di un grave danno ad un proprio bene che si teme possa essere arrecato da una cosa presente sul terreno altrui, pericolo che giustifica la denuncia di tale fatto all'autorità, con richiesta di provvedere ad ovviare il pericolo, ad esempio ordinando di spostare i manufatti alla distanza legale dal confine o anche oltre, a seconda della gravità del danno che può essere provocato al vicino.

Adolfo R. chiede
lunedì 18/11/2013 - Campania
“Buonasera, avrei bisogno che mi venisse chiarita qualche idea. Ci troviamo di fronte ad una strada privata comune sulla quale insistono diritti di proprietà e diritti di passaggio. Non si è d'accordo per asfaltarla. Volendo promuovere un'assemblea degli aventi diritto (proprietari e titolari di servitù?) quale maggioranza occorre raggiungere per l'approvazione in modo che la decisione resti vincolante anche per i dissenzienti? Vanno convocati solo i proprietari o anche gli altri titolari di diritti reali? In assenza di tabelle millesimali ed in presenza di un presunto uso paritetico della strada (passaggio) saranno uguali per tutti? Grazie e distinti saluti.”
Consulenza legale i 18/12/2013
La situazione è complessa e ci si deve rifare alle norme generali del codice civile in materia di comunione e di servitù.

Quanto alla disciplina della comunione, poiché la strada è di proprietà comune di più soggetti e i lavori di asfaltatura rientrano tra quelli eccedenti l'ordinaria amministrazione, si deve guardare all'art. 1108 del c.c.: "Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti".
La maggioranza prevista è, quindi, quella di due terzi del valore della cosa. Naturalmente, sarà necessario convocare una assemblea dei comproprietari, requisito essenziale per la validità delle deliberazioni. Nella comunione in generale, non sono prescritte particolari formalità per la convocazione, ma è pur sempre necessario che tutti i compartecipi siano stati posti in grado di conoscere l'argomento della deliberazione. Recentemente, il Tribunale di Genova, con sentenza del 20.1.2011, ha sancito che "l'assemblea dei partecipanti alla comunione ordinaria, diversamente da quanto stabilito per il condominio degli edifici, è validamente costituita mediante qualsiasi forma di convocazione purché idonea allo scopo, in quanto gli artt. 1105 e 1108 cod. civ. non prevedono l'assolvimento di particolari formalità, menzionando semplicemente la preventiva conoscenza dell'ordine del giorno e la decisione a maggioranza dei partecipanti".

Se il codice civile è chiaro nello stabilire la maggioranza necessaria per la deliberazione dei lavori straordinari, non lo è altrettanto quando si tratta di prevedere la suddivisione delle spese, in assenza di un regolamento o di tabelle millesimali.

Nel caso di specie, inoltre, vi sono anche dei titolari di servitù di passaggio, che devono necessariamente essere coinvolti nella decisione relativa all'asfaltatura.

Leggiamo, quindi, i seguenti articoli:
- in materia di comunione: art. 1101 del c.c., "Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote"; art. 1104 del c.c., "Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto [...]";
- in materia di servitù: art. 1069 del c.c., "Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente. Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge. Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi". In merito a questo articolo, si rileva che la giurisprudenza lo ha ritenuto applicabile anche alle opere straordinarie e non solo a quelle ordinarie (per la conservazione della cosa) contemplate nel dispositivo.

Si ritiene che nel caso di specie il miglior modo di procedere sia il seguente. Per poter vincolare i comproprietari dissenzienti, va in primo luogo assunta una delibera in sede di assemblea dei comproprietari con la maggioranza dei due terzi del valore della cosa in comunione. Vanno poi coinvolti i titolari del diritto di servitù, con i quali va suddivisa la spesa delle opere alla luce dell'art. 1069 c.c. (andrà suddivisa la spesa tra "proprietà" e "titolari di servitù", ad esempio, 3/5 e 2/5). Difatti, anche se l'iniziativa per l'esecuzione di opere sul fondo servente è presa dai proprietari di quest'ultimo, il titolare del fondo dominante (chi ha il diritto di passaggio) deve contribuire in modo proporzionale: ciò si ricava dallo stesso art. 1069 c.c., che prevede il caso speculare, ma si ritiene sancisca un principio di portata generale. Per calcolare le quote del contributo le parti dovranno accordarsi su quale sia l'entità dei rispettivi vantaggi circa l'uso della strada privata. Se l'uso è paritario, si potrà prevedere la suddivisione della spesa in parti uguali per ciascun soggetto.

Se le parti in gioco non trovano un accordo, resta purtroppo quale unica alternativa il ricorso all'autorità giurisdizionale, preceduto dall'esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione (D. Lgs. n. 28/2010).

Saverio M. chiede
giovedì 28/02/2013 - Toscana
“Buongiorno, premetto che sono un architetto libero professionista, ho progettato un edificio, in via di realizzazione, per conto di un'impresa che ha acquistato il terreno.
Durante i rilievi topografici abbiamo appurato che un vicinante ha realizzato il muro di confine per circa 1,50 ml. nel nostro terreno andando a determinare una striscia, con superficie di circa mq.69, di nostra proprietà ma compresa nella sua proprietà che utilizza come sua da oltre 20 anni.
Il terreno è stato ereditato, dietro testamento pubblicato, nel 2006 e acquistato dall'impresa nel 2012.
La domanda è se il possesso da oltre venti ai fini dell'usucapione anni è interrotto dai trasferimenti di proprietà (testamento 2006 atto di vendita 2012) e se l'usucapione, il cui procedimento non è mai stato avviato, è ancora possibile.
Aspetto un Vostro riscontro e porgo distinti saluti”
Consulenza legale i 07/03/2013
Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione (vedi la recente sentenza 22599 del 2010) non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali siccome diretti ad ottenere ope iudicis la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente.
Da ciò discende che meri atti di disposizione della titolarità del bene non sono sufficienti ad interrompere una usucapione in corso.
La Suprema corte, con sent. 11 febbraio 2000 n. 1530, ha statuito che nessuna incidenza sulla situazione di fatto utile ad usucapionem, nei suoi due aspetti del corpus e dell'animus, possono avere atti di disposizione del diritto di proprietà da parte del titolare di esso in favore di terzi (atti che non integrano le fattispecie previste dagli artt. 1167 e 2943 c.c.) e che, potendo anche non essere neppure conosciuti dal possessore, rispetto a questi rappresentano res inter alios acta, ininfluente quanto alla prosecuzione dell'esercizio del potere di fatto sul bene, né materialmente impedito né idoneamente contestato.
Nei contratti ad effetti reali (come la compravendita), l'incontro delle volontà comporta l'automatico trasferimento dello ius possidendi (potere astratto) ma non anche necessariamente dello ius possessionis (concreto esercizio del potere), se questo non sia stato materialmente trasmesso mediante una traditio effettiva o ficta.
Per le stesse ragioni, nemmeno il fatto che il proprietario abbia disposto con testamento di un bene posseduto da altri interrompe il possesso ad usucapionem del bene (Cass. 23.6.1976, n. 2344).
Alla luce di quanto osservato, il confinante che possa vantare un possesso ventennale pacifico e pubblico, continuo (non c'è mai stato l'abbandono del bene) e non interrotto, potrà validamente esperire azione volta ad accertare l'intervenuta usucapione.

Antonio B. chiede
giovedì 08/11/2012 - Liguria

“Sono proprietario di un terreno in Calabria dove sono tornato dopo circa 7 anni di assenza. I miei genitori avevano ottenuto una sentenza di usucapione nel 1990.
Uno dei vicini ha recintato quasi tutto il terreno e dichiara di averlo ricevuto in eredità dalla madre 30 anni fa. Un avvocato mi ha consigliato di fare un'azione di rivendicazione mentre un altro mi ha proposto di ricorrere all'art. 950 del c.c. che ritiene più semplice e più conveniente in quanto toccherebbe al vicino dimostrare il suo eventuale diritto. Grazie”

Consulenza legale i 13/11/2012

Nel caso proposto, poiché l'assenza del proprietario (inerzia) si è protratta solo per sette anni, si può innanzitutto escludere che il vicino che ha recintato il terreno possa averlo usucapito. Quanto al presunto titolo successorio vantato, non è possibile in questa sede dare un giudizio senza un attento esame dello stesso. In ogni caso, è possibile precisare quanto segue.

L'azione di rivendicazione (art. 948 del c.c.), che ha finalità recuperatoria del possesso del bene, prevede che l'onere della prova della titolarità del bene ricada in capo all'attore, il quale deve dimostrare la sussistenza dell'asserita proprietà anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto originario, ovvero dimostrando il compimento dell'usucapione. Tale prova è genericamente molto ardua, perché in genere risulta particolarmente difficoltoso dare prova del perfezionamento dell'usucapione. Nel caso di specie, tuttavia, esiste una sentenza (che si presume passata in giudicato), contenente un accertamento valevole erga omnes nel senso che "la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art.2909 c.c., fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire" (v. Cass. n.10435/03, Cass. n.7557/03). Ciò potrebbe agevolare la prova dell'attore.

Quanto all'azione ex art. 950 del c.c. di regolamento dei confini, l'onere della prova, diversamente da quanto avviene nel giudizio di rivendica, incombe su entrambe le parti. La prova, peraltro, non attiene al titolo della proprietà "originaria", bensì alla "determinazione quantitativa dell'oggetto della proprietà dei fondi confinanti" (Cass., sez. II, 27 febbraio 2006 n. 4372). Il giudice di merito dovrà fondare quindi il proprio accertamento del confine in primis sulla base delle risultanze dei rispettivi titoli di proprietà delle parti: in assenza di questi, o di diversa prova, sarà tenuto a indicare il confine come delineato nelle mappe catastali. Nella domanda attorea è implicita anche quella di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dalla controparte; questa, invece, se intende proporla, lo dovrà fare esplicitamente (v. Cass., sez. II, 16 gennaio 2007 n. 858).

Indubbiamente, tra le due azioni descritte, la seconda richiede un minore sforzo probatorio per l'attore.

Vi è però un'azione ancor più semplice e rapida, di natura cautelare: l'azione di reintegrazione (art. 1168 del c.c.). Lo scopo di tale procedimento è quello di ottenere il ripristino della situazione possessoria precedente allo spoglio del possesso violento o clandestino: non è necessario dare prova della titolarità del bene, dovendosi il giudice basare sulla semplice notorietà del fatto. Pur premettendo che non si può dare un parere esaustivo sulla base dei pochi elementi di fatto forniti, nel caso di specie sembra ravvisabile uno spoglio clandestino del possesso del terreno, avvenuto, cioè, nell'ignoranza di chi lo ha subito. Se questo fosse il caso, l'azione di reintegrazione sarebbe ancora esperibile qualora non sia trascorso ancora un anno dall'avvenuto spoglio. Si avverte, però, che con questa azione si mira ad ottenere una tutela provvisoria del possesso, in quanto il vicino potrebbe comunque esperire un giudizio ordinario petitorio per ottenere l'accertamento del suo presunto diritto di proprietà, e nascerebbe pertanto la necessità di difendersi affrontando il giudizio.


DOMENICA chiede
mercoledì 17/10/2012 - Molise

“Quale iter bisogna seguire per poter posizionare i confini fra 7 confinanti di cui 6 da un lato e uno soltanto dall'altro? Esiste una sentenza la quale specifica la necessaria presenza di tutti? un giudice può nominare un CTU? dal giudice può recarsi solo la persona interessata affinchè i confini vengano posizionati definitivamente? Grazie.”

Consulenza legale i 18/10/2012

Nell'azione di regolamento di confini ("actio finium regundorum") la contestazione deve concernere esclusivamente la linea di confine, vale a dire la determinazione quantitativa dell'oggetto della proprietà dei due o più confinanti, e più precisamente se l'estensione dei due fondi corrisponda in concreto a quella designata dai titoli di acquisto.

Legittimati ad agire e a resistere nell'azione di regolamento di confini sono solo i titolari dei fondi confinanti, relativamente ai quali si intende definire l'esatta demarcazione del confine. il proprietario di un terreno che sia confinante con una pluralità di fondi altrui può esperire l'azione di regolamento ex art. 950 del c.c. al limitato scopo di risolvere l'incertezza della linea di demarcazione con uno soltanto di detti fondi, senza che sorga la necessità di contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi (così Cass. Civ. n. 2401/1986).

Il giudice potrà sempre richiedere CTU tecnica al fine di determinare la linea di demarcazione tra le porzioni immobiliari oggetto di causa.


Ignazia chiede
mercoledì 20/04/2011 - Sardegna

Un mese fa ho deciso di stabilire il confine di un terreno agricolo avuto in donazione da mia madre 22 anni fa. Ho chiesto ad un geometra di stabilire il confine tramite i mappali catastali e siamo andati a fare le dovute verifiche. Allorché un vicino di confine presente al riconfinamento, protesta in quanto lui con un'altra persona 40 anni fa circa, ha delimitato il confine piantandoci dei fichi d'india che nel corso degli anni essendo abbandonati a se stessi hanno allargato il confine. Ora pretende che le piante non vengano sfoltite e che io sposti il picchetto di demarcazione di tre metri. Chi ha ragione in questo caso?”

Patty chiede
martedì 25/01/2011

“E' possibile in un ricorso per apposizione di termini contestare la parola "circa": es. l'estensione del resede misura 20 mq. circa in un fabbricato datato 1937.
La controparte ha recintato da se stesso la proprietà e dice che occupo una striscia di cui non si sa l'estensione.”

Consulenza legale i 28/01/2011

Nel corso del giudizio, le parti, entro i termini previsti dal codice di procedura civile, possono (e devono) contestare tutti i fatti allegati da controparte, fornendone al giudice la propria versione, avvalorata laddove possibile da prove. Il giudice valuterà poi i fatti operando un giudizio frutto del libero apprezzamento che l'ordinamento gli attribuisce, al fine di decidere la causa.

Si sottolinea, tuttavia, che l’azione per l’apposizione di termini di cui all’art. 951 del c.c., contrariamente all’azione per il regolamento dei confini (art. 950 del c.c.), presuppone che non sussistano incertezze in merito all’esatta collocazione del confine tra fondi limitrofi ma che siano divenuti irriconoscibili ovvero manchino i termini di delimitazione del confine. Quindi, nel caso di specie, se è già stata esperita l'azione ex art. 951 c.c., essa verrà modificata in azione di regolamento di confini per contrasto tra le parti sulla linea di confine (Cass. 85/6107).


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