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Articolo 447 bis Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Norme applicabili alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto

Dispositivo dell'art. 447 bis Codice di procedura civile

Le controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende(1)(2) sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma , 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436 bis, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili (3).

Sono nulle le clausole di deroga alla competenza.

Il giudice può disporre d'ufficio, in qualsiasi momento, l'ispezione della cosa e l'ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.

Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive. All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d'appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'efficacia esecutiva o l'esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all'altra parte gravissimo danno(4).

Note

(1) La norma in esame estende l'ambito di applicazione delle norme disciplinanti il rito del lavoro alle controversie in materia di locazione (art. 1571 del c.c. e ss.), comodato (art. 1803 del c.c. e ss.) ed affitto (art. 1615 del c.c. e ss).
(2) La norma indica espressamente quali norme del rito del lavoro trovano applicazione alle controversie oggetto del processo locatizio, individuando delle regole particolari per ciò che concerne i poteri istruttori del giudice, in quanto non è ammissibile la prova testimoniale oltre i limiti sanciti dall'art. 2721 del c.c. e dall'art. 1417 del c.c., nè possono essere sottoposte ad interrogatorio libero le persone incapaci a testimoniare ex art. 246 del c.p.c.. Inoltre, si ritengono inapplicabili, in quanto non richiamati, i commi secondo e quarto dell'art. 423, i quali attribuiscono al giudice la facoltà di ordinare, su istanza del lavoratore, il pagamento di una provvisionale, nella misura del quantum per il quale sia già stata raggiunta la prova.
(3) Si precisa che in seguito alla soppressione della figura del pretore ad opera della l. 51/1998, la competenza in materia di controversie relative a rapporti di locazione di immobili urbani, di comodato di immobili urbani e di affitto, rientrano nella competenza esclusiva del Tribunale del luogo in cui risulta situato l’immobile locato, o oggetto di affitto o di comodato.
(4) Nel caso in cui si possa verificare un gravissimo danno è possibile richiedere al giudice sia la sospensione dell'esecuzione della sentenza, ovvero il procedimento esecutivo iniziato con l'atto di pignoramento, sia la sua efficacia esecutiva, ovvero la sua idoneità a dare inizio ad un procedimento esecutivo non ancora avviato.

Spiegazione dell'art. 447 bis Codice di procedura civile

Con questa disposizione, introdotta dall’art. 70 della Legge n. 353/1990 (la quale ha abrogato espressamente, salvo alcune eccezioni, tutte le disposizioni di natura processuale contenute nella Legge 392/1978) il legislatore estende l’ambito di applicazione delle norme che disciplinano il rito del lavoro alle controversie in materia di locazione, comodato ed affitto, indicando espressamente quali norme di tale rito possono applicarsi.
Allo stato attuale, pertanto, i diritti in materia locatizia possono essere tutelati sia avvalendosi del rito ordinario, il quale si svolge ai sensi dell'art. 447 bis (assumendo le forme del rito del lavoro), sia avvalendosi del procedimento per convalida di sfratto, la cui fase di opposizione si svolge sempre secondo le regole del rito del lavoro.
L’entrata in vigore della presente norma non ha comunque comportato un’abrogazione del procedimento speciale di cui agli artt. 657 e ss. c.p.c., il quale deve essere sempre introdotto con atto di citazione.

Occorre precisare che, a seguito della soppressione della figura del pretore ex Legge 51/1998, la competenza su tale materia spetta in via esclusiva al tribunale del luogo in cui risulta situato l’immobile locato ovvero oggetto di affitto o di comodato. Si tratta di un’ipotesi di competenza territoriale inderogabile, in quanto il giudice si individua in base al luogo in cui si trova l'immobile o l'azienda.
Tale criterio coincide:
  1. con la disposizione contenuta nell' art. 21 del c.p.c., la quale espressamente prevede che per le cause relative a diritti reali su beni immobili e per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende è competente il giudice del luogo ove è posto l'immobile;
  2. con il disposto di cui all' art. 661 del c.p.c., in virtù del quale i procedimenti di convalida di sfratto appartengono alla competenza inderogabile del tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata.

Il secondo comma sancisce la nullità di eventuali clausole derogatorie della competenza.

Regole particolari vengono dettate per ciò che concerne i poteri istruttori del giudice, e precisamente:
  1. non è ammissibile la prova testimoniale oltre i limiti sanciti dall’art. 2721 del c.c. e dall’art. 1417 del c.c.;
  2. non possono essere sottoposte ad interrogatorio libero le persone incapaci a testimoniare ex art. 246 del c.p.c.;
  3. il giudice non ha facoltà di ordinare, su istanza del lavoratore, il pagamento di una provvisionale in misura pari al quantum per il quale sia stata già raggiunta la prova (in tal senso si argomenta dal mancato richiamo dei commi secondo e quarto dell’art. 423 del c.p.c.).

Il terzo comma riconosce al giudice, in qualunque momento del giudizio, di disporre d’ufficio l’ispezione della cosa e di ammettere ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio e della richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.

Anche in questa materia, le sentenze di condanna emesse in primo grado sono provvisoriamente esecutive ed è possibile mettere in esecuzione la sentenza, anche in pendenza del termine per il suo deposito, con la sola copia del dispositivo.
Tuttavia, se dall’esecuzione di tale sentenza ne può derivare alla parte che la subisce un gravissimo danno, il giudice d’appello può disporre, a mezzo di ordinanza non impugnabile, la sospensione sia dell’efficacia esecutiva che dell’esecuzione già iniziata.
L'istanza di sospensione della provvisoria esecutività deve essere formulata, a pena di inammissibilità, con l'impugnazione principale o incidentale, con conseguente inammissibilità di una inibitoria chiesta con atto successivo e diverso dall'appello.
Il silenzio della norma comporta la piena applicazione della disciplina generale contenuta nell'art. 283 del c.p.c..

In considerazione del richiamo all’art. 414 del c.p.c., il processo locatizio si introduce con ricorso, così come l’appello, seppure l’utilizzo dell’atto di citazione non renda inammissibile l’impugnazione, a condizione che la citazione sia depositata nella cancelleria del giudice dell'impugnazione nel termine di trenta giorni dall'avvenuta notifica della sentenza impugnata.

Massime relative all'art. 447 bis Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 28041/2019

In tema di controversie aventi ad oggetto il pagamento di canoni di locazione, ancorché di importo non eccedente il limite di cinquemila euro di cui all'art. 7, comma 1, c.p.c., resta esclusa la competenza del giudice di pace, atteso che la pretesa creditoria ha la propria fonte in un rapporto locativo, materia da ritenersi riservata alla competenza del tribunale.

Cass. civ. n. 20554/2019

Tutte le controversie in materia di locazioni immobiliari esulano dalla competenza del giudice di pace, perché, a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, con la conseguente abrogazione dell'art. 8 c.p.c. ad opera dell'art. 49 del d.lgs. n. 51 del 1998, la competenza in materia di locazione di immobili urbani è stata attribuita al tribunale.

Cass. civ. n. 14724/2018

Nelle materie in cui trova applicazione il rito del lavoro, giusta il richiamo contenuto nell'art. 447 bis c.p.c., in seguito alla modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. disposta dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 - applicabile ai giudizi instaurati dopo la entrata in vigore della legge -, il "dies a quo" di decorrenza del termine cd. lungo di decadenza per la proposizione della impugnazione, previsto dall'art. 327 c.p.c., deve essere individuato alla stessa data della udienza in cui è stato definito il giudizio dando lettura del "dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", atteso che tale lettura in udienza equivale a pubblicazione, analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell'art. 281 sexies c.p.c., essendo identica la funzione acceleratoria cui entrambe le norme risultano preordinate in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., e non ostandovi la diposizione dell'art. 430 c.p.c. - secondo cui la sentenza deve essere depositata entro quindici giorni dalla pronuncia - la quale opera in via meramente sussidiaria nel caso in cui venga omessa l'indicazione del termine di differimento previsto dalla seconda parte del primo comma dell'art. 429 c.p.c., che mantiene la struttura bifasica della pubblicazione della sentenza nel caso di controversie di particolare complessità.

Cass. civ. n. 15358/2017

Nel rito locatizio è ammissibile l'appello incidentale proposto con memoria di costituzione nel termine di dieci giorni prima dell'udienza di discussione della controversia, pur se successivamente al deposito di una distinta memoria difensiva relativa ad altra udienza, più ravvicinata, fissata per delibare l'istanza di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, atteso che, in tale sede, la difesa dell’appellato è funzionale e limitata al subprocedimento incidentale volto alla decisione dell’istanza cautelare.

Cass. civ. n. 25305/2014

Nelle controversie soggette al rito locatizio, l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., la nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione. Deve quindi ritenersi, ove l'omissione abbia riguardato la decisione assunta dal giudice d'appello, che la Corte di cassazione, investita della relativa censura, debba limitare la pronunzia alla declaratoria di nullità con rimessione della causa al primo giudice senza decidere nel merito, trovando applicazione tale ultima regola, desumibile dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., esclusivamente nei rapporti tra il giudizio di appello e quello di primo grado.

Cass. civ. n. 19328/2014

Nel rito locatizio l'avvenuta lettura del dispositivo può risultare anche dalla sentenza, non essendo necessaria una espressa e formale menzione nel verbale di udienza. (Nella specie, la sentenza impugnata dava atto che "la causa è stata decisa all'udienza del 4 ottobre 2011", implicitamente attestando l'avvenuta lettura del dispositivo in udienza).

Cass. civ. n. 19393/2013

L'art. 447 bis, secondo comma, c.p.c., concernente le controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto di aziende, ha riguardo alla sola competenza per territorio del giudice del luogo dove è posto il bene, sancendo la nullità delle clausole di deroga ad essa; ne consegue che non è colpita da detta sanzione la clausola di compromissione in arbitri di una di tali controversie.

Cass. civ. n. 18661/2013

Proposta, ai sensi dell'art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la domanda di ripetizione di indebito in relazione a canoni di locazione pagati in misura superiore a quella legale, il giudice, anche se richiesto da parte attrice, ma in assenza di adesione del convenuto, non ha il potere di scindere il giudizio sull'insussistenza dell'obbligo di pagamento - che costituisce il mero antecedente logico e non l'oggetto di autonoma domanda - da quello sulla verificazione e quantificazione delle somme che si assumono corrisposte in eccedenza, ma deve accogliere o rigettare la domanda a seconda della prova in merito alla fondatezza o meno della stessa in tutti i suoi fatti costitutivi.

Cass. civ. n. 8114/2013

La nozione di controversie in materia di locazione di immobili urbani, soggette al rito speciale di cui all'art. 447 bis c.p.c., ricomprende tutte le cause comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma altresì a tutte le altre possibili sue vicende, ovvero, in particolare, a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale.

Cass. civ. n. 9530/2010

Nelle controversie in materia di locazione, alle quali è applicabile, ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c., il rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona con il deposito dell'atto in cancelleria nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero, in caso di mancata notifica, nel termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., e ciò anche se l'appello sia proposto erroneamente con la forma della citazione, assumendo rilievo in tal caso solo la data di deposito della medesima.

Cass. civ. n. 5558/2007

Avverso l'ordinanza con la quale la Corte d'appello, investita dell'appello in una causa di rito locativo, rigetti ai sensi dell'art. 447 bis, ultimo comma, c.p.c. (nella specie all'udienza di discussione, dopo un precedente provvedimento di sospensione dato con decreto inaudita altera parte dal presidente della corte d'appello) l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost., poiché il provvedimento ha natura cautelare e non decisoria ed effetti provvisori fino alla decisione definitiva sull'appello. Nè la ricorribilità sussiste per la pretesa abnormità del provvedimento, sotto il profilo della violazione delle regole processuali in ragione della successione al provvedimento presidenziale del provvedimento della corte, poiché il suddetto rimedio, anche quando è esperito contro un preteso provvedimento abnorme per la violazione di quelle regole, è pur sempre ammissibile solo se esso ha carattere di decisorietà e definitività.

Cass. civ. n. 19473/2005

Nel caso in cui sia sollevato regolamento di competenza d'ufficio relativamente alla cognizione di una domanda tendente all'ottenimento di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. e produttiva degli effetti di compravendita, in relazione all'esercizio del diritto di prelazione connesso a preesistente contratto di locazione, deve ritenersi che l'oggetto della causa non inerisca ad una controversia locatizia, cui si applica la disciplina prevista dall'art. 447 bis c.p.c., dovendosi, invece, affermare la competenza territoriale e per materia del giudice che debba conoscere dell'azione concernente l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto, siccome attinente all'esistenza delle condizioni dirette a costituire un titolo di proprietà sulla base dell'esercizio di un diritto di prelazione, in ordine al quale il preesistente rapporto contrattuale di locazione viene in considerazione incidenter tantum e ai soli fini dell'eventuale riscontro della legittimazione attiva e passiva.

Cass. civ. n. 10387/2005

Nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, non trova applicazione la deroga, contenuta nell'art. 3 della legge 7 ottobre 1969 n. 742 in relazione all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, della sospensione dei termini durante il periodo feriale, per la fase a rito ordinario che consegue all'opposizione dell'intimato e alla pronuncia o al diniego dell'ordinanza di rilascio. Ne consegue che al termine lungo per l'impugnazione della sentenza resa a conclusione del giudizio ordinario devesi aggiungere quello di quarantasei giorni di sospensione per il periodo feriale.

Cass. civ. n. 13496/2004

Sono devolute alla competenza assoluta ed inderogabile del Tribunale fallimentare, ai sensi dell'art. 24 legge fall., non soltanto le controversie che traggano origine e fondamento dal fallimento — con eccezione delle azioni reali immobiliari — ma anche quelle destinate, comunque, ad incidere sulla procedura concorsuale, tali da doversi dirimere necessariamente in seno alla procedura stessa, onde assicurarne l'unità e garantire la par condicio creditorum In tale novero sono da ricomprendere le controversie traenti origine da una domanda proposta dal curatore del fallimento per far valere la simulazione assoluta di un contratto stipulato dal fallito e siffatta inderogabile ed assoluta competenza del tribunale fallimentare è destinata a prevalere anche sul foro indicato, in materia di locazione, dagli artt. 21 e 447 bis c.p.c..

Cass. civ. n. 581/2003

Tra le controversie “in materia di locazione”, attribuite dagli artt. 21 e 447 bis c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, devono ritenersi comprese, data l'ampiezza della nozione di “materia”, tutte le controversie comunque collegate alla materia della locazione, e quindi anche quelle nelle quali si controverte in ordine ad un rapporto ancora da costituire, ma di cui si invoca la costituzione ai sensi dell'art. 2932 c.c. sulla base di un contratto preliminare.

Cass. civ. n. 6255/2002

In tema di locazione di immobili urbani, nelle controversie di cui agli artt. 30 e 45 della legge 27 luglio 1978, n. 392, pendenti alla data del 30 aprile 1995, il giudice non ha il potere di ammettere d'ufficio mezzi di prova ai sensi del secondo comma dell'art. 421 c.p.c., atteso che l'art. 46 della stessa legge, nel disciplinare le controversie in questione mediante rinvio a norme del rito del lavoro, non richiama anche il predetto comma; mentre è solo nelle controversie iniziate dopo il 30 aprile 1995 che il potere in esame compete al giudice ai sensi dell'art. 447 bis, terzo comma, c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge 26 novembre 1990, n. 353.

Cass. civ. n. 13419/2001

Nel giudizio di merito instaurato con l'apertura della fase rescissoria dell'opposizione tardiva alla convalida di sfratto, disciplinato dal rito delle locazioni, il locatore - opposto (che assume, o meglio conserva la veste sostanziale di attore) ha facoltà di modificare la propria domanda, formulata con l'atto di intimazione di licenza o di sfratto, entro il limite dell'art. 420, comma primo, c.p.c. (che consente la modifica delle domande già enunciate, se ricorrono gravi motivi e previa autorizzazione del giudice), mentre è da ritenersi esclusa la possibilità di proporre una domanda nuova rispetto a quella formulata con l'atto di intimazione.

Cass. civ. n. 4503/2001

Il contratto avente ad oggetto la concessione dello sfruttamento di una cava di pietra deve essere inquadrato nello schema dell'affitto di beni immobili produttivi e non nella diversa figura contrattuale della locazione. Ne consegue l'inapplicabilità alle controversie relative a tale contratto del cosiddetto rito delle locazioni, regolato dall'art. 447 bis c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge 26 novembre 1990, n. 353, mediante rinvio ad alcune disposizioni del processo del lavoro e concernente, anche nella formulazione risultante dalle modifiche apportate dall'art. 87 del D.L.vo 8 febbraio 1998, n. 51, sulla istituzione del giudice unico di primo grado, le sole controversie in materia di locazione o comodato di immobili (non più, nella nuova dizione, necessariamente urbani) e di affitto di azienda. Né sono applicabili, nella materia di cui si tratta, il criterio di competenza territoriale del forum rei sitae, previsto dallo stesso art. 447 bis del codice di rito, e la sanzione di nullità, ivi disposta, delle clausole di deroga a tale competenza, riferibile solo alle indicate controversie in materia di locazione e comodato di immobili ed affitto di azienda.

Cass. civ. n. 4012/2001

Nelle controversia locative (alle quali sono applicabili le disposizioni previste per le controversie di lavoro in virtù del richiamo di cui all'art. 447 bis c.p.c.), il dispositivo della sentenza non costituisce un atto interno, bensì un atto a rilevanza esterna, che assume autonomo rilievo e viene ad esistenza mediante la lettura in udienza; non può perciò ritenersi che si sia avuta formazione del dispositivo prima del termine dell'udienza quando il giudice, esaurita la discussione, abbia dato lettura del dispositivo avvalendosi di uno scritto preparato in precedenza per sua annotazione ed in funzione eventualmente strumentale alla formazione dell'atto decisionale, atteso che solo la lettura costituisce il momento genetico del dispositivo, in cui esso assume rilevanza esterna e viene acquisito al processo, senza che, peraltro, possa ravvisarsi nullità della decisione per il fatto che, dopo la discussione, la lettura del dispositivo sia intervenuta immediatamente, senza soluzione di continuità, atteso che, per un verso, per il giudice monocratico la camera di consiglio equivale ad un momento di autonoma riflessione che non comporta le formalità di cui all'art. 276 c.p.c., e che, per altro verso, non è previsto a pena di nullità alcun intervallo temporale tra la conclusione dell'udienza di discussione e la lettura del dispositivo.

Cass. civ. n. 3732/2000

La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale trova applicazione nelle controversie in materia di locazione di immobili urbani, atteso che per dette controversie la previsione, ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. (introdotto dall'art. 70 della legge n. 353 del 1990, in vigore dal 30 aprile 1995), del rito del lavoro non comporta di per sé l'attrazione della disciplina dei termini processuali disposta dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969 per le controversie di lavoro di cui all'art. 409 c.p.c. essendo l'esclusione della sospensione dei termini correlata non alla specialità del rito, bensì alla specifica natura della controversia.

Cass. civ. n. 4620/1999

Il procedimento di convalida di sfratto si articola in due fasi, una a cognizione sommaria, l'altra a cognizione piena. Alla prima non si applica il rito locatizio, applicabile invece alla seconda (art. 447 bis c.p.c.) previo provvedimento di cambiamento del rito (art. 667 c.p.c.). Tale provvedimento può essere emesso in qualunque stato del procedimento rimanendo validi gli atti compiuti salvo che la mancata adozione del rito speciale non abbia causato un concreto pregiudizio alle parti riguardo al regime delle prove ed all'esercizio del diritto di difesa.

Nel rito locatizio (delineato dall'art. 447 bis c.p.c.) — al pari che nel rito del lavoro — il dispositivo della sentenza deve essere letto in udienza ai sensi dell'art. 429 c.p.c., richiamato dall'art. 447 bis e la mancata lettura produce nullità che può essere fatta valere come motivo di impugnazione.

Cass. civ. n. 4159/1999

L'art. 447 bis c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge n. 353 del 1990, nell'unificare tutte le controversie in materia di locazione, di comodato di immobili urbani e di affitto di aziende, quanto al rito applicabile ed alla competenza territoriale, non ha modificato la portata delle relative norme, né gli effetti della inosservanza di esse. Ne consegue che l'omesso mutamento del rito da ordinario a speciale, ai sensi dell'art. 426 c.p.c., mutamento previsto, per i giudizi nelle materie indicate dallo stesso art. 447 bis, pendenti alla data del 30 aprile 1995, dall'art. 90, comma settimo, della citata legge n. 353 del 1990, non spiega effetti invalidanti, neanche in grado di appello, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all'art. 426 citato, sulla sentenza, tranne che abbia inciso sulla determinazione della competenza, sul contraddittorio, sui diritti della difesa o sul regime delle prove.

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Consulenze legali
relative all'articolo 447 bis Codice di procedura civile

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V.A. chiede
martedì 06/07/2021 - Puglia
“Mia suocera è proprietaria di una seconda casa al mare che di solito è la sua residenza estiva... Purtroppo da tre anni il figlio (48 anni) sta occupando codesta casa asserendo che non vuole pagare affitto e nel frattempo ha apportato modifiche senza il permesso di sua madre. La signora lo ha invitato più volte a lasciare la casa ma lui si rifiuta e cosi lei si e rivolta ad un avvocato che ha diffidato il figlio tramite raccomandata a lasciarle la disponibilità della casa, senza risultato. Premetto che mia suocera ha comunque le chiavi della casa al mare e che suo figlio ha la residenza ufficiale in un altro comune e precisamente alla vecchia casa della nonna (un'altra proprietà di famiglia).
Nel frattempo l'avvocato ha richiesto un tentativo di conciliazione al quale il figlio non si è presentato. Ora l'avvocato dice a mia suocera che bisogna fare richiesta al giudice per mandarlo via di casa con l'ufficiale giudiziario.
Penso che l'avvocato stia seguendo il giusto iter ma che cosa succederebbe se mia suocera una volta entrata nella sua casa al mare chiamasse la polizia denunciando che il figlio non se ne vuole andare da casa sua? La polizia potrebbe invitarlo a lasciare la casa? Premetto che mia suocera non lo vuole buttare in mezzo alla strada perché la casa della nonna (dove lui ha la residenza ufficiale) è libera e lui potrebbe tranquillamente trasferirsi lì ... mia suocera vuole solo la sua residenza al mare (mia suocera paga imu tari e tutte le tasse relative alla casa al mare, il figlio occupante paga solo la bolletta della luce il cui contatore è intestato a mia suocera). Ripeto la domanda: mia suocera potrebbe chiedere l'intervento della polizia per ottenere la disponibilità della casa al mare senza attendere i tempi della giustizia che, a detta dell'avvocato, sono abbastanza lunghi? Quali sarebbero le conseguenze per mia suocera?
RingraziandoVi anticipatamente per l'attenzione, cordialmente Vi saluto.”
Consulenza legale i 08/07/2021
In caso di indebita occupazione di un immobile, in linea teorica le strade da percorrere sono due.
Una è quella penale, potendo trattarsi di reato (quello di invasione di terreni o edifici altrui previsto dall’art. 633 del codice penale).
Tale strada tuttavia, oltre ad essere poco utile ai fini di ottenere quanto prima il rilascio dell’immobile, nella presente vicenda non sarebbe nemmeno praticabile in quanto l’azione è stata commessa da un discendente (il figlio) a danno di un ascendente (la madre).
Come espressamente previsto dall’art. 649 del del codice penale non è punibile chi ha commesso uno dei reati contro il patrimonio (tra cui rientra quello di cui all’art. 633 c.p.) a danno di determinati soggetti tra cui, appunto, un discendente o ascendente.

Esclusa tale azione, non rimane che l’azione civile di rilascio (che è quella che, deduciamo, è stata azionato dall’avvocato di Sua suocera).
Considerato che non vi è mai stato alcun contratto di locazione o comodato, l’azione da esperire è quella di rilascio immobile per occupazione senza titolo tramite ricorso ai sensi dell’art. 447 bis bis c.p.c.
Altrimenti, si potrebbe forse azionare un ricorso di urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c.
Al termine del giudizio, se accolta la domanda, il giudice ordinerà il rilascio dell’immobile indebitamente occupato.

Ciò posto, la risposta alla domanda contenuta nel quesito ( “mia suocera potrebbe chiedere l'intervento della polizia per ottenere la disponibilita della casa al mare senza attendere i tempi della giustizia?”) deve dunque intendersi senza dubbio negativa.
La polizia (o qualsiasi altro pubblico ufficiale) non può intervenire per ordinare ad un soggetto di rilasciare un immobile in mancanza di un provvedimento di un giudice che ne ordini il rilascio.
Sua suocera dovrà quindi attendere che la giustizia faccia il suo corso e venga emesso il provvedimento che costituirà il titolo esecutivo per tornare nel possesso della casa arbitrariamente occupata dal figlio.

Daniela C. chiede
martedì 01/02/2011
“L'azione di restituzione (rilascio) di bene immobile a seguito di risoluzione di un contratto è alternativa all'azione esperibile ex art. 447 bis c.p.c.?
Ovvero: il ricorrente ha facoltà di scelta nell'esperire l'una o l'altra o in sede di costituzione il resistente può eccepire l'inammissibilità della domanda perchè formulata nell'uno piuttosto che nell'altro modo?”
Consulenza legale i 11/02/2011

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, è possibile introdurre un'azione di risoluzione del contratto per inadempimento e, conseguentemente, richiedere espressamente il rilascio dell’immobile (o anche solo l'immediato rilascio), sia con le forme speciali del procedimento per convalida ex art. 657 del c.p.c. e ss. (procedimento di natura sommaria), sia con quelle ordinarie del rito del lavoro applicabili in forza del richiamo ex art. 447 bis c.p.c.

In quest’ultimo caso, il giudizio si svolge con le garanzie dell’ordinario procedimento regolato dalle norme del rito del lavoro, concludendosi con una sentenza che eventualmente accerterà la risoluzione e, soprattutto, condannerà al rilascio.

Nel primo caso, a seguito di sommaria istruzione, il rilascio potrà sarà disposto in via immediata con ordinanza ex art. 665 del c.p.c., verso cui il conduttore, però, potrà fare opposizione, determinandosi così una prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena