Cass. civ. n. 28041/2019
In tema di controversie aventi ad oggetto il pagamento di canoni di locazione, ancorché di importo non eccedente il limite di cinquemila euro di cui all'art. 7, comma 1, c.p.c., resta esclusa la competenza del giudice di pace, atteso che la pretesa creditoria ha la propria fonte in un rapporto locativo, materia da ritenersi riservata alla competenza del tribunale.
Cass. civ. n. 20554/2019
Tutte le controversie in materia di locazioni immobiliari esulano dalla competenza del giudice di pace, perché, a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, con la conseguente abrogazione dell'art. 8 c.p.c. ad opera dell'art. 49 del d.lgs. n. 51 del 1998, la competenza in materia di locazione di immobili urbani è stata attribuita al tribunale.
Cass. civ. n. 14724/2018
Nelle materie in cui trova applicazione il rito del lavoro, giusta il richiamo contenuto nell'art. 447 bis c.p.c., in seguito alla modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. disposta dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 - applicabile ai giudizi instaurati dopo la entrata in vigore della legge -, il "dies a quo" di decorrenza del termine cd. lungo di decadenza per la proposizione della impugnazione, previsto dall'art. 327 c.p.c., deve essere individuato alla stessa data della udienza in cui è stato definito il giudizio dando lettura del "dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", atteso che tale lettura in udienza equivale a pubblicazione, analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell'art. 281 sexies c.p.c., essendo identica la funzione acceleratoria cui entrambe le norme risultano preordinate in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., e non ostandovi la diposizione dell'art. 430 c.p.c. - secondo cui la sentenza deve essere depositata entro quindici giorni dalla pronuncia - la quale opera in via meramente sussidiaria nel caso in cui venga omessa l'indicazione del termine di differimento previsto dalla seconda parte del primo comma dell'art. 429 c.p.c., che mantiene la struttura bifasica della pubblicazione della sentenza nel caso di controversie di particolare complessità.
Cass. civ. n. 15358/2017
Nel rito locatizio è ammissibile l'appello incidentale proposto con memoria di costituzione nel termine di dieci giorni prima dell'udienza di discussione della controversia, pur se successivamente al deposito di una distinta memoria difensiva relativa ad altra udienza, più ravvicinata, fissata per delibare l'istanza di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, atteso che, in tale sede, la difesa dell’appellato è funzionale e limitata al subprocedimento incidentale volto alla decisione dell’istanza cautelare.
Cass. civ. n. 25305/2014
Nelle controversie soggette al rito locatizio, l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., la nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione. Deve quindi ritenersi, ove l'omissione abbia riguardato la decisione assunta dal giudice d'appello, che la Corte di cassazione, investita della relativa censura, debba limitare la pronunzia alla declaratoria di nullità con rimessione della causa al primo giudice senza decidere nel merito, trovando applicazione tale ultima regola, desumibile dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., esclusivamente nei rapporti tra il giudizio di appello e quello di primo grado.
Cass. civ. n. 19328/2014
Nel rito locatizio l'avvenuta lettura del dispositivo può risultare anche dalla sentenza, non essendo necessaria una espressa e formale menzione nel verbale di udienza. (Nella specie, la sentenza impugnata dava atto che "la causa è stata decisa all'udienza del 4 ottobre 2011", implicitamente attestando l'avvenuta lettura del dispositivo in udienza).
Cass. civ. n. 19393/2013
L'art. 447 bis, secondo comma, c.p.c., concernente le controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto di aziende, ha riguardo alla sola competenza per territorio del giudice del luogo dove è posto il bene, sancendo la nullità delle clausole di deroga ad essa; ne consegue che non è colpita da detta sanzione la clausola di compromissione in arbitri di una di tali controversie.
Cass. civ. n. 18661/2013
Proposta, ai sensi dell'art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la domanda di ripetizione di indebito in relazione a canoni di locazione pagati in misura superiore a quella legale, il giudice, anche se richiesto da parte attrice, ma in assenza di adesione del convenuto, non ha il potere di scindere il giudizio sull'insussistenza dell'obbligo di pagamento - che costituisce il mero antecedente logico e non l'oggetto di autonoma domanda - da quello sulla verificazione e quantificazione delle somme che si assumono corrisposte in eccedenza, ma deve accogliere o rigettare la domanda a seconda della prova in merito alla fondatezza o meno della stessa in tutti i suoi fatti costitutivi.
Cass. civ. n. 8114/2013
La nozione di controversie in materia di locazione di immobili urbani, soggette al rito speciale di cui all'art. 447 bis c.p.c., ricomprende tutte le cause comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma altresì a tutte le altre possibili sue vicende, ovvero, in particolare, a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale.
Cass. civ. n. 9530/2010
Nelle controversie in materia di locazione, alle quali è applicabile, ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c., il rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona con il deposito dell'atto in cancelleria nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero, in caso di mancata notifica, nel termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., e ciò anche se l'appello sia proposto erroneamente con la forma della citazione, assumendo rilievo in tal caso solo la data di deposito della medesima.
Cass. civ. n. 5558/2007
Avverso l'ordinanza con la quale la Corte d'appello, investita dell'appello in una causa di rito locativo, rigetti ai sensi dell'art. 447 bis, ultimo comma, c.p.c. (nella specie all'udienza di discussione, dopo un precedente provvedimento di sospensione dato con decreto inaudita altera parte dal presidente della corte d'appello) l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost., poiché il provvedimento ha natura cautelare e non decisoria ed effetti provvisori fino alla decisione definitiva sull'appello. Nè la ricorribilità sussiste per la pretesa abnormità del provvedimento, sotto il profilo della violazione delle regole processuali in ragione della successione al provvedimento presidenziale del provvedimento della corte, poiché il suddetto rimedio, anche quando è esperito contro un preteso provvedimento abnorme per la violazione di quelle regole, è pur sempre ammissibile solo se esso ha carattere di decisorietà e definitività.
Cass. civ. n. 19473/2005
Nel caso in cui sia sollevato regolamento di competenza d'ufficio relativamente alla cognizione di una domanda tendente all'ottenimento di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. e produttiva degli effetti di compravendita, in relazione all'esercizio del diritto di prelazione connesso a preesistente contratto di locazione, deve ritenersi che l'oggetto della causa non inerisca ad una controversia locatizia, cui si applica la disciplina prevista dall'art. 447 bis c.p.c., dovendosi, invece, affermare la competenza territoriale e per materia del giudice che debba conoscere dell'azione concernente l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto, siccome attinente all'esistenza delle condizioni dirette a costituire un titolo di proprietà sulla base dell'esercizio di un diritto di prelazione, in ordine al quale il preesistente rapporto contrattuale di locazione viene in considerazione incidenter tantum e ai soli fini dell'eventuale riscontro della legittimazione attiva e passiva.
Cass. civ. n. 10387/2005
Nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, non trova applicazione la deroga, contenuta nell'art. 3 della legge 7 ottobre 1969 n. 742 in relazione all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, della sospensione dei termini durante il periodo feriale, per la fase a rito ordinario che consegue all'opposizione dell'intimato e alla pronuncia o al diniego dell'ordinanza di rilascio. Ne consegue che al termine lungo per l'impugnazione della sentenza resa a conclusione del giudizio ordinario devesi aggiungere quello di quarantasei giorni di sospensione per il periodo feriale.
Cass. civ. n. 13496/2004
Sono devolute alla competenza assoluta ed inderogabile del Tribunale fallimentare, ai sensi dell'art. 24 legge fall., non soltanto le controversie che traggano origine e fondamento dal fallimento — con eccezione delle azioni reali immobiliari — ma anche quelle destinate, comunque, ad incidere sulla procedura concorsuale, tali da doversi dirimere necessariamente in seno alla procedura stessa, onde assicurarne l'unità e garantire la par condicio creditorum In tale novero sono da ricomprendere le controversie traenti origine da una domanda proposta dal curatore del fallimento per far valere la simulazione assoluta di un contratto stipulato dal fallito e siffatta inderogabile ed assoluta competenza del tribunale fallimentare è destinata a prevalere anche sul foro indicato, in materia di locazione, dagli artt. 21 e 447 bis c.p.c..
Cass. civ. n. 581/2003
Tra le controversie “in materia di locazione”, attribuite dagli artt. 21 e 447 bis c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, devono ritenersi comprese, data l'ampiezza della nozione di “materia”, tutte le controversie comunque collegate alla materia della locazione, e quindi anche quelle nelle quali si controverte in ordine ad un rapporto ancora da costituire, ma di cui si invoca la costituzione ai sensi dell'art. 2932 c.c. sulla base di un contratto preliminare.
Cass. civ. n. 6255/2002
In tema di locazione di immobili urbani, nelle controversie di cui agli artt. 30 e 45 della legge 27 luglio 1978, n. 392, pendenti alla data del 30 aprile 1995, il giudice non ha il potere di ammettere d'ufficio mezzi di prova ai sensi del secondo comma dell'art. 421 c.p.c., atteso che l'art. 46 della stessa legge, nel disciplinare le controversie in questione mediante rinvio a norme del rito del lavoro, non richiama anche il predetto comma; mentre è solo nelle controversie iniziate dopo il 30 aprile 1995 che il potere in esame compete al giudice ai sensi dell'art. 447 bis, terzo comma, c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge 26 novembre 1990, n. 353.
Cass. civ. n. 13419/2001
Nel giudizio di merito instaurato con l'apertura della fase rescissoria dell'opposizione tardiva alla convalida di sfratto, disciplinato dal rito delle locazioni, il locatore - opposto (che assume, o meglio conserva la veste sostanziale di attore) ha facoltà di modificare la propria domanda, formulata con l'atto di intimazione di licenza o di sfratto, entro il limite dell'art. 420, comma primo, c.p.c. (che consente la modifica delle domande già enunciate, se ricorrono gravi motivi e previa autorizzazione del giudice), mentre è da ritenersi esclusa la possibilità di proporre una domanda nuova rispetto a quella formulata con l'atto di intimazione.
Cass. civ. n. 4503/2001
Il contratto avente ad oggetto la concessione dello sfruttamento di una cava di pietra deve essere inquadrato nello schema dell'affitto di beni immobili produttivi e non nella diversa figura contrattuale della locazione. Ne consegue l'inapplicabilità alle controversie relative a tale contratto del cosiddetto rito delle locazioni, regolato dall'art. 447 bis c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge 26 novembre 1990, n. 353, mediante rinvio ad alcune disposizioni del processo del lavoro e concernente, anche nella formulazione risultante dalle modifiche apportate dall'art. 87 del D.L.vo 8 febbraio 1998, n. 51, sulla istituzione del giudice unico di primo grado, le sole controversie in materia di locazione o comodato di immobili (non più, nella nuova dizione, necessariamente urbani) e di affitto di azienda. Né sono applicabili, nella materia di cui si tratta, il criterio di competenza territoriale del forum rei sitae, previsto dallo stesso art. 447 bis del codice di rito, e la sanzione di nullità, ivi disposta, delle clausole di deroga a tale competenza, riferibile solo alle indicate controversie in materia di locazione e comodato di immobili ed affitto di azienda.
Cass. civ. n. 4012/2001
Nelle controversia locative (alle quali sono applicabili le disposizioni previste per le controversie di lavoro in virtù del richiamo di cui all'art. 447 bis c.p.c.), il dispositivo della sentenza non costituisce un atto interno, bensì un atto a rilevanza esterna, che assume autonomo rilievo e viene ad esistenza mediante la lettura in udienza; non può perciò ritenersi che si sia avuta formazione del dispositivo prima del termine dell'udienza quando il giudice, esaurita la discussione, abbia dato lettura del dispositivo avvalendosi di uno scritto preparato in precedenza per sua annotazione ed in funzione eventualmente strumentale alla formazione dell'atto decisionale, atteso che solo la lettura costituisce il momento genetico del dispositivo, in cui esso assume rilevanza esterna e viene acquisito al processo, senza che, peraltro, possa ravvisarsi nullità della decisione per il fatto che, dopo la discussione, la lettura del dispositivo sia intervenuta immediatamente, senza soluzione di continuità, atteso che, per un verso, per il giudice monocratico la camera di consiglio equivale ad un momento di autonoma riflessione che non comporta le formalità di cui all'art. 276 c.p.c., e che, per altro verso, non è previsto a pena di nullità alcun intervallo temporale tra la conclusione dell'udienza di discussione e la lettura del dispositivo.
Cass. civ. n. 3732/2000
La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale trova applicazione nelle controversie in materia di locazione di immobili urbani, atteso che per dette controversie la previsione, ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. (introdotto dall'art. 70 della legge n. 353 del 1990, in vigore dal 30 aprile 1995), del rito del lavoro non comporta di per sé l'attrazione della disciplina dei termini processuali disposta dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969 per le controversie di lavoro di cui all'art. 409 c.p.c. essendo l'esclusione della sospensione dei termini correlata non alla specialità del rito, bensì alla specifica natura della controversia.
Cass. civ. n. 4620/1999
Il procedimento di convalida di sfratto si articola in due fasi, una a cognizione sommaria, l'altra a cognizione piena. Alla prima non si applica il rito locatizio, applicabile invece alla seconda (art. 447 bis c.p.c.) previo provvedimento di cambiamento del rito (art. 667 c.p.c.). Tale provvedimento può essere emesso in qualunque stato del procedimento rimanendo validi gli atti compiuti salvo che la mancata adozione del rito speciale non abbia causato un concreto pregiudizio alle parti riguardo al regime delle prove ed all'esercizio del diritto di difesa.
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Nel rito locatizio (delineato dall'art. 447 bis c.p.c.) — al pari che nel rito del lavoro — il dispositivo della sentenza deve essere letto in udienza ai sensi dell'art. 429 c.p.c., richiamato dall'art. 447 bis e la mancata lettura produce nullità che può essere fatta valere come motivo di impugnazione.
Cass. civ. n. 4159/1999
L'art. 447 bis c.p.c., introdotto dall'art. 70 della legge n. 353 del 1990, nell'unificare tutte le controversie in materia di locazione, di comodato di immobili urbani e di affitto di aziende, quanto al rito applicabile ed alla competenza territoriale, non ha modificato la portata delle relative norme, né gli effetti della inosservanza di esse. Ne consegue che l'omesso mutamento del rito da ordinario a speciale, ai sensi dell'art. 426 c.p.c., mutamento previsto, per i giudizi nelle materie indicate dallo stesso art. 447 bis, pendenti alla data del 30 aprile 1995, dall'art. 90, comma settimo, della citata legge n. 353 del 1990, non spiega effetti invalidanti, neanche in grado di appello, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all'art. 426 citato, sulla sentenza, tranne che abbia inciso sulla determinazione della competenza, sul contraddittorio, sui diritti della difesa o sul regime delle prove.