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Articolo 576 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Impugnazione della parte civile e del querelante

Dispositivo dell'art. 576 Codice di procedura penale

1. La parte civile può proporre impugnazione [con il mezzo previsto per il pubblico ministero](1) contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile [538-541, 600] e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio [529-532]. La parte civile può altresì proporre impugnazione contro la sentenza pronunciata a norma dell'articolo 442, quando ha consentito alla abbreviazione del rito.

2. Lo stesso diritto compete al querelante condannato a norma dell'articolo 542.

Note

(1) Le parole in parentesi sono state soppresse dall'art. 6, comma 1, lett. a), della l. 20 febbraio 2006, n. 46. La riforma ha quindi svincolato l'impugnazione della parte civile dal requisito per cui questa poteva essere proposta solo con il mezzo previsto il pubblico ministero, così da evitare che potesse ripercuotersi sul potere d'appello dell parte civile l'inappellabilità ad opera del pubblico ministero, compromettendo la possibilità di far valere la pretesa risarcitoria dell parte civile all'interno del processo.

Ratio Legis

La norma risponde al principio di tassatività anche per quanto attiene il versante soggettivo delle impugnazioni.

Spiegazione dell'art. 576 Codice di procedura penale

Ai sensi della norma in esame la parte civile ha il diritto di proporre impugnazione avverso i capi della sentenza concernenti l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, avverso le sentenze di proscioglimento pronunciate in giudizio.

Tale parte può altresì impugnare le sentenze di condanna o di proscioglimento pronunciate ai sensi dell'articolo 442 (giudizio abbreviato), quando ha acconsentito all'abbreviazione del rito.

Al fine di non violare il principio di parità della armi, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno rigettato la tesi restrittiva che riteneva che la parte civile potesse ricorrere int tal senso solo in cassazione, avallando l'opposta tese.

Per quanto concerne la sentenza di condanna, la parte civile può impugnare i capi della sentenza che in varia guisa riguardano l'azione civile (quando ad esempio le sia stato negato il risarcimento oppure le sia riconosciuto in misura inferiore a quanto richiesto).

Per quanto riguarda invece la sentenza di proscioglimento, deve trattarsi di sentenza pronunciata in giudizio oppure di sentenza all'esito del giudizio abbreviato, cui la parte civile abbia acconsentito al mutamento di rito.

Il comma due stabilisce che il querelante, qualora sia stato condannato al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore dell'imputato e del responsabile civile, ha il medesimo diritto di impugnare riconosciuto alla parte civile.

Massime relative all'art. 576 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 5433/2020

La declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non consente di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, poichè si può far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall'art. 578 cod. proc. pen., tra le quali non rientra quella di cui all'art. 131-bis cod. pen. (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO SALERNO, 13/11/2019).

Cass. pen. n. 29154/2018

L'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili.

Cass. pen. n. 52549/2017

Sussiste l'interesse della parte civile alla partecipazione al giudizio di legittimità instaurato a seguito di ricorso del procuratore generale finalizzato ad ottenere una diversa qualificazione giuridica, "in pejus", del fatto - reato accertato, poiché da quest'ultima può derivare una differente quantificazione del danno morale da risarcire, cui si perviene tenendo conto anche della gravità del reato, suscettibile di acuire i turbamenti psichici e l'entità del patema d'animo sofferti dalla vittima.

Cass. pen. n. 18620/2017

Il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado emessa all'esito di giudizio abbreviato, sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio.

Cass. pen. n. 3083/2017

La parte civile è legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilità dell'imputato, sia pure incidentalmente e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorché in mancanza di una precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilità delle statuizioni penali. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato la decisione che, accogliendo l'impugnazione della sola parte civile, aveva riformato la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine ai reati ascrittigli per intervenuta prescrizione, maturata in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado).

Cass. pen. n. 46688/2016

È inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, ai soli effetti civili, avverso una sentenza di assoluzione per un reato abrogato e qualificato come illecito civile dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, atteso che, in assenza di efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile, non è ravvisabile un interesse della parte civile alla impugnazione finalizzata ad impedirne l'operatività. (In motivazione la Corte ha, altresì, precisato che il giudice penale non potrebbe, comunque, procedere al necessario.

Cass. pen. n. 7264/2016

Sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare, deducendo il vizio di incompetenza per materia, la sentenza dichiarativa di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, emessa - dopo l'apertura del dibattimento, ma prima di procedere all'assunzione delle prove - dal giudice di pace, previa attribuzione al fatto di un'erronea qualificazione giuridica rientrante nella propria competenza (nella specie: ingiurie, in luogo di diffamazione aggravata). (In motivazione, la S.C. ha precisato che la sentenza impugnata, emessa prima dell'istruttoria dibattimentale, non avrebbe avuto efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per il risarcimento del danno, efficacia che l'art. 651 bis cod. proc. pen. riserva alle pronunce emesse "in seguito a dibattimento") .

Cass. pen. n. 24234/2015

La parte civile, anche non persona offesa, è legittimata a proporre appello avverso la sentenza emessa in esito a giudizio abbreviato che abbia respinto la sua domanda risarcitoria, sia perché l'art. 443 cod. proc. pen. non prevede per tale parte processuale alcun limite in ordine ai mezzi di impugnazione esperibili, sia perché deve ritenersi attribuito alla stessa dall'art. 576, comma primo, cod. proc. pen., il potere di generale accesso a tutti i mezzi di impugnazione, in coerenza con la regola dell'efficacia nel giudizio civile della sentenza assolutoria emessa nel procedimento celebrato nelle forme del rito speciale con la sua accettazione. (Principio affermato in fattispecie in cui la parte civile aveva proposto ricorso immediato per cassazione ex art. 569 cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 19540/2013

La parte civile non è legittimata a proporre appello, né in via principale, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., né in via incidentale, ai sensi dell'art. 595 c.p.p., avverso la sentenza di primo grado con la quale, essendosi dichiarato non doversi procedere a carico dell'imputato per intervenuta prescrizione del reato a lui ascritto, sia stata omessa ogni pronuncia sulle pretese risarcitorie della persona offesa, dovendosi escludere, in via generale, che al giudice d'appello possa chiedersi una statuizione che non sarebbe stata consentita al giudice di primo grado (atteso che questi, ai sensi dell'art. 538 c.p.p., può provvedere in ordine alle pretese civilistiche solo quando pronunci sentenza di condanna dell'imputato), e non comportando, d'altra parte, in nessun caso, la declaratoria di estinzione del reato adottata dal giudice penale pregiudizio alcuno all'utile esercizio dell'azione risarcitoria in sede civile.

Cass. pen. n. 6509/2013

L'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili.

Cass. pen. n. 12811/2012

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d'appello, quando la stessa non abbia impugnato la decisione assolutoria di primo grado, confermata dalla Corte d'appello a seguito di impugnazione proposta dal solo P.M..

Cass. pen. n. 5860/2012

L'impugnazione della parte civile non può essere diretta ad ottenere una modifica delle statuizioni penali, limitando l'art. 576 cod. proc. pen. il potere di impugnazione della stessa ai capi della sentenza di condanna riguardanti l'azione civile nonché alle sentenze di proscioglimento. (In applicazione del principio la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso riguardante l'erronea concessione di circostanza attenuante).

Cass. pen. n. 1463/2011

Il giudice di appello, nel dichiarare l'inammissibilità, per rinuncia all'impugnazione, dell'appello proposto avverso la sentenza di assoluzione dal Pubblico Ministero e l'estinzione del reato per prescrizione in relazione all'impugnazione della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

Cass. pen. n. 9072/2010

L'appello proposto dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento è inammissibile se non contiene un espresso e diretto riferimento agli effetti civili che vuol conseguire, non potendosi ritenere tale riferimento implicito nella mera richiesta di verifica della responsabilità dell'imputato negata dalla pronunzia impugnata.

Cass. pen. n. 26643/2009

In tema di ricorso per cassazione, la parte civile, benché non abbia proposto impugnazione avverso la sentenza assolutoria di primo grado, appellata dal solo P.M., deve ritenersi legittimata a proporre ricorso per cassazione, ai soli effetti civili e ove sussista il concreto interesse. (Nella fattispecie, l'imputato era stato assolto per non aver commesso il fatto dal delitto di omicidio colposo con sentenza appellata dal P.M. e non dalla parte civile, confermata dai giudici di secondo grado, sostituendo la formula perché il fatto non sussiste. La decisione della corte di appello è stata impugnata dalla sola parte civile con ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 35966/2008

È illegittima l'ordinanza pronunciata dal Tribunale in composizione monocratica investito dell'appello della parte civile avverso i capi della sentenza di condanna concernenti l'azione civile d'inammissibilità dell'appello, in quanto il testo novellato dell'art. 576 c.p.p. ad opera dell'art. 6 della legge n. 46 del 2006 prevedendo una generica legittimazione della parte civile ad impugnare, non limita detto potere al solo ricorso per cassazione né esclude espressamente o per implicito l'appello, sicché può essere inteso nel senso che è consentita ogni forma d'impugnazione ordinaria.

Cass. pen. n. 35224/2007

In tema di impugnazioni, la parte civile è legittimata, ex art. 576 c.p.p., a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio, ai soli effetti della responsabilità civile, con la conseguenza che la sua richiesta, in sede di impugnazione, deve fare riferimento specifico e diretto, a pena di inammissibilità del gravame, agli effetti di carattere civile che si intendono conseguire. Ne deriva che una richiesta riguardante esclusivamente l'affermazione di responsabilità dell'imputato prosciolto, senza alcun riferimento all'azione risarcitoria, rende inammissibile l'impugnazione.

Cass. pen. n. 27614/2007

Pur dopo l'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, che ha novellato l'art. 576 c.p.p. sul potere di impugnazione della parte civile, questa conserva il diritto di appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 25083/2006

Il giudice di appello, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

Cass. pen. n. 22924/2006

La novella dell'art. 593 c.p.p. ad opera della legge n. 46 del 2006, con la previsione della inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, non ha fatto venire meno in capo alla parte civile il potere di appello, ai soli effetti della responsabilità civile, delle sentenze di proscioglimento, secondo quanto previsto dall'art. 576 c.p.p.

Cass. pen. n. 45911/2005

Non sussiste la legittimazione della parte civile a proporre impugnazione avverso la sentenza con cui il giudice di appello dichiari la nullità della sentenza di primo grado, in quanto tale decisione non rientra nel novero delle sentenze per le quali è tassativamente consentita l'impugnazione della parte civile dall'art. 576 c.p.p., e cioè i capi della sentenza di condanna concernenti l'azione civile e la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio ai soli effetti della responsabilità civile.

Cass. pen. n. 40121/2005

Ai fini della decorrenza del termine di due anni dalla data di irrevocabilità della sentenza, previsto dall'art. 315 c.p.p., per la presentazione della domanda di riparazione per ingiusta detenzione, non può tenersi conto dell'eventuale impugnazione proposta dalla sola parte civile ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 576 c.p.p.

Cass. pen. n. 8321/2005

Ai fini della individuazione dei reati puniti con pena alternativa, avverso i quali, in caso di proscioglimento, può proporre appello il P.M., ai sensi dell'art. 36, comma primo, seconda parte, del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274 e, conseguentemente, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., per i soli interessi civili, anche la parte civile, occorre far riferimento non alla pena originariamente prevista dalla norma incriminatrice ma a quella irrogabile dal giudice di pace.

Cass. pen. n. 19538/2004

In tema di impugnazioni, in presenza di specifica richiesta della parte civile, la pronuncia sulle domande di restituzione o di risarcimento del danno non può essere omessa per il solo fatto che la sentenza assolutoria dell'imputato non sia stata impugnata dal pubblico ministero, dovendo, in tal caso, il giudice effettuare, in via incidentale e ai soli fini civilistici, il giudizio di responsabilità; ma la pronuncia su tali domande non può che restare legata (e subordinata) all'accertamento (incidentale) della responsabilità penale.

Cass. pen. n. 897/2004

L'impugnazione proposta dalla parte civile, ai soli effetti della responsabilità civile, avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato, come previsto dall'art. 576, comma 1, seconda ipotesi, c.p.p., è ammissibile pur quando con essa si chieda l'affermazione della penale responsabilità del prosciolto, a condizione che tale richiesta, di per sè insuscettibile di accoglimento, in presenza di giudicato penale, si accompagni alla indicazione degli effetti esclusivamente civili che mediante l'impugnazione si intendano conseguire. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 17386/2003

È illegittima la condanna in appello dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, pronunciata come effetto della declaratoria di sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione con la quale il giudice di secondo grado, su impugnazione del P.M., abbia riformato la sentenza assolutoria di prime cure.

Cass. pen. n. 38122/2002

Il difensore della costituita parte civile non può proporre impugnazione nell'interesse di detta parte se non munito di apposita procura speciale, la quale, pur non richiedendo formule sacramentali e potendo essere contenuta anche nella procura conferita per la costituzione in giudizio, deve tuttavia essere formulata in modo espresso. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto sulla sola base dell'originaria procura con la quale era stato conferito al difensore il mandato di provvedere alla costituzione di parte civile con «ogni facoltà prevista dalla legge, compresa quella di rappresentarla, assisterla, difenderla in udienza, presentare domande, richieste di risarcimento e conclusioni, sostituire a sé altri con uguali o più limitati poteri, fare quanto altro necessario per la migliore e più corretta esecuzione della presente procura, in special modo quella di presentare e depositare la dichiarazione di costituzione presso la cancelleria del giudice competente.

Cass. pen. n. 30327/2002

Il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l'imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria.

Cass. pen. n. 4216/2002

Con l'appello proposto ai sensi dell'art. 576 c.p.p. avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato la parte civile ha titolo per ottenere, in caso di accoglimento, una sentenza che contenga la condanna dell'appellato alle restituzioni o al risarcimento del danno e non valga, quindi, soltanto a rimuovere l'eventuale preclusione che all'esercizio della relativa azione in sede civile possa derivare dalla sentenza impugnata.

Cass. pen. n. 24081/2001

Dev'essere dichiarato inammissibile il ricorso avanti la Corte di cassazione presentato dalla parte civile avverso la sentenza con cui la corte di appello dichiara la nullità della sentenza di primo grado e individua il diverso giudice competente, atteso che tale decisione non rientra fra quelle per le quali l'art. 576 c.p.p. consente alla parte civile di proporre impugnazione, e che anche in simile ipotesi opera il principio generale, fissato dall'art. 568, comma 3, c.p.p., secondo cui il diritto di impugnazione spetta soltanto alla persona cui la legge espressamente lo conferisce.

Cass. pen. n. 12359/2001

L'impugnazione consentita alla parte civile dall'art. 576 c.p.p., siccome idonea a dar luogo ad una pronuncia di condanna dell'imputato alle restituzioni ed al risarcimento del danno e non soltanto ad una pronuncia funzionale all'esclusione dell'efficacia extrapenale della sentenza di proscioglimento, deve ritenersi proponibile, alla sola condizione che trattisi di sentenza pronunciata nel giudizio, anche quando quest'ultima — come si verifica nel caso della sentenza predibattimentale prevista dall'art.469 c.p.p. — sia priva della suddetta efficacia.

Cass. pen. n. 8577/2001

Sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare ai fini civili la sentenza di condanna che dia al fatto una diversa definizione giuridica allorché dalla modifica della qualificazione possa derivare una diversa quantificazione del danno da risarcire.

Cass. pen. n. 4775/2000

Attesi i riflessi che l'attenuante della provocazione può avere sull'entità del risarcimento dovuto alla persona offesa dal reato (quanto meno con riguardo al risarcimento del danno non patrimoniale, la cui liquidazione non può che essere effettuata in via equitativa), deve riconoscersi alla stessa persona offesa, costituitasi parte civile, il diritto ad impugnare, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., il capo della sentenza con il quale sia stata riconosciuta all'imputato la suddetta attenuante.

Cass. pen. n. 12613/1999

Poiché l'art. 576 c.p.p. limita il potere di impugnazione della parte civile ai capi delle sentenze di condanna che riguardano l'azione civile nonché alle sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio, è inammissibile — per il principio di tassatività delle impugnazioni — il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso il capo della sentenza pronunciata all'esito del patteggiamento in cui è disposta l'applicazione della pena a richiesta delle parti. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso avverso sentenza di applicazione della pena concordata con il quale la parte civile aveva dedotto l'erronea qualificazione giuridica del fatto e l'erronea valutazione delle circostanze del reato).

Cass. pen. n. 12018/1999

In tema di impugnazione, per il principio di immanenza della costituzione di parte civile, la stessa, una volta ammessa, ha diritto a partecipare alle fasi successive alla prima e di vedersi riconosciuto (senza che ciò rappresenti violazione del principio del divieto della reformatio in peius) il diritto al risarcimento del danno, anche se essa non ha impugnato la sentenza di proscioglimento in primo grado, appellata dal solo P.M. Invero, la autonoma facoltà di impugnazione, concessa alla parte civile dall'attuale ordinamento, è prevista in aggiunta a quella del P.M. ed a tutela degli interessi civili, anche quando il rapporto processuale penale si sia esaurito per la mancata impugnazione della sentenza da parte dell'organo dell'accusa o dell'imputato.

Cass. pen. n. 7241/1999

Poiché la parte civile è legittimata, a norma dell'art. 576, comma primo, c.p.p., a proporre impugnazione contro i capi della sentenza di proscioglimento ai soli effetti civili, la sua richiesta, in sede di impugnazione, deve fare riferimento specifico e diretto, a pena di inammissibilità del gravame, agli effetti di carattere civile che si intendono conseguire. Ne deriva che una richiesta della parte civile impugnante al giudice del gravame, riguardante esclusivamente l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, prosciolto nel precedente grado di giudizio, rende inammissibile l'impugnazione, in quanto richiede al giudice adito di deliberare soltanto in merito a un effetto penale, che esula dai limiti delle facoltà riconosciute dalla legge alla detta parte processuale.

Cass. pen. n. 3187/1999

La disciplina dettata dall'art. 162 bis c.p., la quale prevede che la domanda di oblazione deve essere proposta - prima dell'apertura del dibattimento - e che, in caso di rigetto, la domanda medesima può essere nuovamente formulata – sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado -, nonché la stessa finalità deflattiva dell'istituto, consentono di escludere che la sentenza con la quale il giudice dichiara non doversi procedere perché il reato è estinto per intervenuta oblazione possa ritenersi pronunciata in esito al “giudizio”, anche nella ipotesi, estrema e del tutto anomala, in cui la pronuncia stessa sia successiva alla discussione finale. Ne deriva che la parte civile non può proporre impugnazione contro la sentenza che dichiara l'estinzione del reato per oblazione, in quanto l'art. 576, comma 1, c.p.p. prevede la possibilità per la parte civile di impugnare, ai soli effetti della responsabilità civile, la sentenza di proscioglimento pronunciata “nel giudizio”. D'altra parte, neppure sussisterebbe interesse a proporre impugnazione, giacché, a norma degli artt. 652 e 654 c.p.p., produce effetti nel giudizio civile solo la sentenza penale irrevocabile “di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento”.

Cass. pen. n. 10451/1997

In caso di pronuncia assolutoria non impugnata del pubblico ministero, il successivo maturarsi del termine prescrizionale del reato cui detta pronuncia si riferisce non ha influenza sulla decisione in ordine all'impugnazione ritualmente proposta dalla parte civile, per i soli interessi civili, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., non operando, in detta situazione, la disciplina dettata dall'art. 578 stesso codice per la diversa ipotesi in cui la causa estintiva del reato (prescrizione o amnistia) sopravvenga ad una sentenza di condanna.

Cass. pen. n. 4482/1997

In materia di impugnazione della parte civile (art. 576 c.p.p.), a quest'ultima spetta il solo potere di oppugnare l'accertamento dei fatti posto a base della decisione di proscioglimento e di ottenere un diverso accertamento che rimuova quello preclusivo del successivo esercizio dell'azione civile o, comunque, pregiudizievole per i suoi interessi civili, ma non quello di ottenere direttamente dal giudice penale una pronunzia di condanna al risarcimento dei danni.

Cass. pen. n. 10990/1996

In tema di impugnazione la parte civile costituita è legittimata a proporre impugnazione nei limiti previsti dall'art. 576 c.p.p. e la eventuale inammissibilità dell'impugnazione del P.M. (nel caso di specie perché tardiva) avverso una sentenza di proscioglimento non è di ostacolo all'esame delle contestazioni da parte del giudice dell'impugnazione, sia pure ai soli fini di ravvisare se vi sia stata responsabilità civile degli imputati e, all'esito del giudizio, può essere legittimamente disposto il risarcimento dei danni e la condanna degli imputati alla rifusione delle spese di parte civile.

Cass. pen. n. 10305/1996

Nell'ipotesi in cui la parte civile ottenga una pronuncia di merito per lei pregiudizievole, al fine di ottenere nel successivo grado di giudizio una modifica favorevole della suddetta decisione, non può avvalersi del gravame proposto dal pubblico ministero, il quale mira a conseguire finalità pubbliche volte soltanto all'attuazione della pretesa punitiva, ma deve presentare autonoma e motivata impugnazione. Ciascuna parte ha, infatti, l'onere di essere vigile nella difesa dei propri interessi, senza delega ad altri del compito della relativa tutela. Ne deriva che, nell'ipotesi in cui la parte civile non proponga gravame avverso la decisione per lei negativa, si verifica acquiescenza e, quindi, quest'ultima acquista autorità di cosa giudicata. Le norme civili, che disciplinano (art. 329 c.p.p.) la materia, trovano, infatti, applicazione nel procedimento penale, poiché non v'è una specifica previsione contraria e la disposizione è perfettamente compatibile con il diverso rito.

Cass. pen. n. 4950/1996

La parte civile è legittimata a proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste. Ed infatti, il termine proscioglimento di cui all'art. 576 c.p.p. deve essere interpretato non già in senso restrittivamente tecnico, vale a dire limitato a casi d'improcedibilità dell'azione penale o di estinzione del reato, ma, per il principio del favor impugnationis in senso estensivo, sì da comprendere tutte le ipotesi di assoluzione che compromettano l'interesse della stessa parte civile al risarcimento del danno, anche tenuto conto dell'effetto preclusivo della sentenza dibattimentale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile di danno.

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relative all'articolo 576 Codice di procedura penale

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Marco M. chiede
martedì 06/03/2018 - Lombardia
“Salve,vorrei sapere se la parte civile può impugnare nei vari gradi di giudizio, contemporaneamente sia la cifra stabilita dal giudice riguardo la provvisionale che quella riguardo le spese legali,o se per queste ultime va fatta una impugnazione a parte.Grazie.”
Consulenza legale i 10/03/2018
Nel quesito si parla di “cifra stabilita dal giudice riguardo la provvisionale” dobbiamo quindi necessariamente ritenere si tratti di una sentenza di condanna dell’imputato.

In base all’art. 576 c.p.p. la parte civile può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile.

La norma quindi non fa una distinzione tra la provvisionale e le spese legali liquidate.

Tale disposizione consente infatti genericamente l’impugnazione dei capi civili della sentenza di condanna in ipotesi di mancato o parziale accoglimento delle richieste risarcitorie o di rifusione delle spese processuali della parte civile oppure (ma non è il nostro caso) in ipotesi di condanna della parte civile alla rifusione delle spese processuali ed al risarcimento in favore dell’imputato ai sensi dell’art. 541 c.p.p.

Il capo della sentenza che riguarda le statuizioni civili potrà dunque essere impugnato dalla parte civile con le forme di cui all’art. 581 c.p.p.

Ciò posto ed in risposta al quesito, possiamo pertanto affermare che la parte civile non deve esperire una autonoma impugnazione riguardo le spese legali potendo con un unico atto impugnare “sia la cifra stabilita dal giudice riguardo la provvisionale che quella riguardo le spese legali”.
Per inciso, laddove invece abbia interesse ad impugnare soltanto queste ultime potrà farlo anche senza impugnare l’aspetto relativo alla provvisionale. Si veda sul punto la sentenza della Cassazione Sezione V penale del 26 marzo 2014 n. 14335 secondo la quale il giudice a seguito della abrogazione delle tariffe professionali “anche se non è più vincolato, come per il passato, ai limiti minimi e massimi fissati dalle medesime, nel determinare ciò che deve essere rifuso a titolo di compenso per le prestazioni del patrono di parte civile deve fare riferimento ai parametri stabiliti dal Dm n. 140 del 20 luglio 2012 e fornire adeguata e specifica motivazione sulla loro utilizzazione”.


Maria P. D. D. chiede
venerdì 17/02/2017 - Lombardia
“Buongiorno,ho dei dubbi riguardo all'appello incidentale.
Con riferimento al Capo VI Disposizioni sulle impugnazioni del Dlgs 274/2000,la parte civile che non ha fatto ricorso immediato al giudice di pace e che rimane appellata dall'imputato sia per la parte penale che per la parte civile,(provvisionale),della sentenza di condanna,può procedere entro i 15 giorni con appello incidentale che investe anche i punti penali dell'appello principale?Tenuto anche conto che la parte penale influenza direttamente la parte civile.
Grazie e buona giornata.”
Consulenza legale i 23/02/2017
La risposta dev’essere affermativa, stante il principio per il quale la parte civile può impugnare anche la statuizioni strettamente penali della sentenza di condanna quando queste ultime abbiano diretta incidenza anche su quelle civili.

L’appello incidentale (processo penale) trova la sua disciplina nell’art. 595 c.p.p.: “La parte che non ha proposto impugnazione può proporre appello incidentale entro quindici giorni da quello in cui ha ricevuto la comunicazione o la notificazione previste dall’articolo 584.(…)”.
Esso ha natura accessoria rispetto all'impugnazione principale, ovvero non può avere ad oggetto capi diversi da quelli investiti dall'appello principale, anche se nell'ambito di questi possono essere diversi i punti della decisione incidentalmente impugnati perché altrimenti verrebbe negata all'appello incidentale la natura di impugnazione, privandolo della sua funzione specifica che non può ridursi alla semplice contestazione delle domande avversarie, (che compete a ciascuna parte senza necessità di impugnazione).

Tutte le parti processuali hanno facoltà di proporre appello incidentale, quindi anche la parte civile, pur con delle limitazioni.
L’art. 576 c.p.c., a tal proposito, stabilisce: “1. La parte civile può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio. (…)”.
Quindi “L'impugnazione della parte civile non può essere diretta a ottenere una modifica delle statuizioni penali, limitando l'art. 576 c.p.p. il potere di impugnazione della stessa ai capi della sentenza di condanna riguardanti l'azione civile nonché alle sentenze di proscioglimento” (Cassazione penale, sez. VI, 30/10/2013, n. 44906).

Ebbene, l’ultimo inciso dell’art. 576 c.p.p è stato oggetto di ampio dibattito in giurisprudenza.
Inizialmente si riteneva che la facoltà di proporre impugnazione per la parte civile non fosse limitata ai casi in cui la sentenza statuiva l’improcedibilità dell’azione penale o dichiarava l’estinzione del reato, come potrebbe far pensare una lettura restrittiva del termine “proscioglimento” di cui alla norma, ma che dovessero ritenersi impugnabili anche le sentenze di assoluzione con le formule “perché il fatto non sussiste”, “l’imputato non l’ha commesso” e “il fatto non costituisce reato”.

Nel 1994 la Cassazione (Cass. civ., Sez. III, 8/6/1994) si è pronunciata in senso opposto, partendo dalla considerazione che nel nostro sistema processuale sussiste l’interesse della parte civile a impugnare le sentenze penali di assoluzione o di proscioglimento in tutti i casi in cui la sentenza penale irrevocabile ha autorità di giudicato (cosa giudicata) anche nel giudizio civile o amministrativo relativo alla sua pretesa risarcitoria (appunto perché anche la pretesa risarcitoria sarebbe pregiudicata dalla decisione penale).
Per cui, secondo la Corte, bisognava che la parte civile avesse un concreto interesse a rimuovere la decisione penale, ovvero quest’ultima doveva avere un effetto preclusivo rispetto alla possibilità di richiedere un risarcimento in sede civile.
Nessun interesse processuale, quindi, avrebbe avuto la parte civile a impugnare la decisione penale quando questa mancasse di efficacia preclusiva e quindi lasciasse libera la stessa parte civile di perseguire la sua pretesa risarcitoria nelle sedi proprie.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno – tuttavia – successivamente affermato che l’impugnazione della parte civile, nei confronti di una sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche se non contiene l’espressa indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti civili (Cass., Sez. un., 20 dicembre 2012).
Più precisamente si è specificato che è ammissibile l’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione quando preordinata a chiedere l’affermazione di responsabilità dell’imputato, quale presupposto della condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno: vale a dire che anche se la richiesta della parte civile non può condurre ad una modifica della decisione penale sulla quale si è formato il giudicato, in mancanza dell’impugnazione del pubblico ministero, però può condurre all’affermazione della responsabilità dell’imputato per un fatto previsto dalla legge come reato, che giustifica la condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno.

Da ciò deriva che l’interesse della parte civile all’impugnazione non è commisurato, come nell’ambito del primo indirizzo giurisprudenziale, alla preclusività della formula di proscioglimento, e che la parte in questione può proporre impugnazione, senza incorrere in censure di carenza di interesse, anche contro la sentenza di proscioglimento adottata con formula non preclusiva dell’esercizio della azione risarcitoria in sede civile.

Per concludere e rispondere definitivamente al quesito, la risposta dev’essere affermativa e l’appello incidentale potrà investire quindi anche i capi penali della sentenza se dalla loro impugnazione possa derivare una pronuncia che o superi una preclusione all’azione in sede civile contenuta nella sentenza di primo grado oppure comunque contenga un’affermazione di responsabilità penale, comunque utile alle azioni restitutorie civili.