Il potere dell'usufruttuario di locare la cosa
L'usufruttuario può esercitare il suo diritto attraverso il godimento diretto della cosa come attraverso il godimento indiretto, la cui forma principale è la
locazione della cosa che egli ha in usufrutto. Normalmente la possibilità di utilizzare in forma indiretta la cosa sulla quale l'usufrutto è costituito non contrasta con la necessità di rispettare la destinazione economica della cosa medesima, e quindi essa deve essere incondizionatamente riconosciuta all'usufruttuario.
Tuttavia non è escluso che in qualche caso l'usufruttuario possa essere tenuto a
utilizzare solo direttamente la cosa. Anzitutto deve considerarsi perfettamente efficace nei confronti dell'usufruttuario il divieto del costituente di dare in locazione la cosa: in tal caso questa deve considerarsi destinata esclusivamente all'uso diretto e perciò l'usufruttuario eccede i limiti del suo godimento se ne altera la destinazione, utilizzando la cosa in forma indiretta. In secondo luogo vi sono delle cose che per loro natura sono destinate normalmente all' uso diretto e rispetto alle quali una diversa forma di utilizzazione e possibile solo se vi sia una, esplicita o meno, manifestazione di volontà del proprietario. Così, ad es., per le cose rapidamente deteriorabili non si può di regola ammettere la possibilità di un uso indiretto che aggraverebbe il processo di deterioramento, così per gli autoveicoli, per le biciclette ecc. la possibilità di trarre un lucro dal nolo deve essere riconosciuta solo quando tale forma di uso era nella pratica del proprietario.
In definitiva quindi il potere dell'usufruttuario di dare in locazione la cosa può trovare un
ostacolo nella sua destinazione all' uso diretto, destinazione che può risultare da un esplicito divieto del proprietario o dalla natura della cosa.
L' efficacia delle locazioni consentite dall'usufruttuario dovrebbe, a rigor di logica, essere subordinata alla durata dell'usufrutto. Ma le esigenze pratiche che rendono necessario garantire la continuità e la stabilità delle locazioni e il fatto che nella maggior parte dei casi il termine finale dell'usufrutto è un termine incerto in quanto coincide con la morte del suo titolare, hanno fatto sorgere il problema dell' opponibilità di quelle locazioni al proprietario e dei limiti in cui tale opponibilità debba essere riconosciuta. Su tale problema l'orientamento del codice è in senso favorevole al conduttore e non solo per quanto riguarda le locazioni dell'usufruttuario, rispetto alle quali già l'art. 493 del codice del 1865 riconosceva un'efficacia notevole anche dopo il termine dell' usufrutto, ma anche per altre ipotesi per le quali invece il vecchio codice applicava rigorosamente il principio
resoluto iure dantis et resolvitur ius accipientis.
Per illustrare la disciplina che il codice fornisce per le locazioni consentite dall'usufruttuario bisogna tener distinte
due ipotesi: quella in cui l' usufrutto non ha un termine finale certo e perciò si estingue con la morte del titolare, e quella in cui l'usufrutto ha una durata certa. La distinzione, già posta dall'art. 493 del codice del 1865, porta a conseguenze assai diverse che però possono interferire nel caso in cui l'usufrutto a termine certo si estingua anticipatamente per la morte del titolare. In tal caso per determinare l'efficacia delle locazioni bisognerà applicare la norma che regola la prima ipotesi tenendo conto che i limiti di opponibilità della locazione non possono in nessun caso andare oltre quelli che si sarebbero avuti nel caso in cui l'usufrutto fosse cessato al termine prestabilito.
Efficacia della locazione nel caso di usufrutto a termine incerto
L'art. 493 del vecchio codice, regolando l'ipotesi dell'usufrutto a termine incerto, poneva una
duplice distinzione: anzitutto fra locazioni superiori al quinquennio e inferiori al quinquennio e poi tra locazioni in corso al termine dell'usufrutto e locazioni pattuite o rinnovate prima del termine ma di cui non era stata iniziata l'esecuzione, e dettava una disciplina piuttosto complessa che aveva fatto sorgere molteplici questioni pratiche.
L'art. 999 ha decisamente
semplificato la disciplina abolendo ogni distinzione tra locazioni superiori e inferiori al quinquennio ed eliminando l'ipotesi di locazioni non ancora in corso di esecuzione al termine dell' usufrutto, e ha posto la regola che le locazioni continuano per la durata stabilita dal contratto purché questa non ecceda un quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto.
Le
condizioni alle quali la legge subordina l' opponibilità della locazione al proprietario sono
due: occorre anzitutto che la locazione risulti da un atto scritto avente data certa anteriore alla fine dell'usufrutto e in secondo luogo che la locazione sia in corso, ossia il locatario abbia già il diritto (attuale) alla detenzione della cosa.
La condizione dell'
atto scritto, avente data certa, non richiesta dal vecchio codice, tende a tutelare il proprietario in armonia alla regola generale seguita per l' opponibilità delle locazioni al terzo acquirente (art. 1597 codice del 2865). Se tale condizione fa difetto, il proprietario non è tenuto a rispettare la locazione per il termine stabilito dal primo comma dell'art. 999, ma si applicherà in via analogica la norma dell'art. 1598, secondo la quale l'acquirente è tenuto a rispettare la locazione per una durata corrispondente a quella per le locazioni a tempo indeterminato.
Se la locazione immobiliare consentita dall'usufruttuario è
superiore al novennio, ma essa, pur risultando da atto scritto avente data certa,
non è stata trascritta, la regola dettata nel primo comma dell'art. 999 deve essere coordinata con i principi della trascrizione? Secondo il codice attuale le locazioni immobiliari non trascritte non sono opponibili all'acquirente se non nei limiti di un novennio dall' inizio della locazione
, sempre che risultino da atto scritto avente data certa. Ma il proprietario che succede nel godimento all' usufruttuario non può a stretto rigore considerarsi come un acquirente da questo, e quindi pare indubbio che egli non possa opporre il difetto dl trascrizione della locazione ultranovennale, non essendo egli un terzo che ha acquistato e legalmente conservato un diritto sull'immobile o un terzo che ha acquistato in base a un atto trascritto. Perciò anche nel caso ipotizzato troverà applicazione l' art. 999, anche se, stando al disposto dell'art. 438, il termine per cui la locazione deve essere rispettata sia superiore.
Non si applicherà invece l'art. 999 nel caso in cui la locazione sia stata convenuta con la
clausola che essa possa sciogliersi in caso di estinzione (naturale o anticipata) dell'usufrutto. In tal caso se il proprietario vuole avvalersi di questa facoltà dovrà osservare il disposto dell' art. 1599 del codice del 1865 ossia deve osservare, nel dare la licenza, il termine di preavviso prescritto.
Se fa
difetto la seconda condizione, ossia che la
locazione sia in corso, il proprietario non è tenuto a rispettarla e ciò sia nel caso in cui la locazione sia stata pattuita per la prima volta e il termine iniziale non sia ancora scaduto, sia nel caso in cui la locazione sia rinnovata prima della scadenza della locazione precedente. Il codice del 1865 seguiva invece un sistema diverso, riconoscendo efficacia alle locazioni non ancora in corso che fossero state pattuite o rinnovate non più di sei mesi prima della loro esecuzione se si trattava di case e di un anno prima se si trattava di fondi rustici. Tale principio è stato consapevolmente abbandonato, essendosi probabilmente ritenuto che le ragioni di politica legislativa che consigliano il mantenimento delle locazioni non sussistono quando la locazione non ha ancora avuto inizio, o non abbia cominciato a decorrere il termine della rinnovazione.
Il
termine massimo per il quale il proprietario è tenuto a rispettare la locazione quando concorrano le condizioni sopra enunciate è il
quinquennio, computato dal giorno in cui cessa l'usufrutto se il contratto non aveva una durata minore. Scaduto il quinquennio o il termine eventualmente minore, la locazione cessa automaticamente senza bisogno di disdetta, anche se, trattandosi di fondi rustici, il locatario non abbia possibilità di raccogliere i frutti dell'annata o del ciclo produttivo eventualmente maggiore. Se però la locazione, opponibile al proprietario, è stata stipulata a tempo indeterminato, allora alla scadenza del termine stabilito dalla legge il proprietario che voglia licenziare il conduttore, deve dare la disdetta con l'osservanza del necessario termine di preavviso.
Efficacia nel caso di usufrutto a termine certo
Nel caso in cui l'usufrutto abbia un termine certo di estinzione, vi sono
minori esigenze di tutela del conduttore, e potrebbe anzi ritenersi che non vi sia alcuna ragione per prorogare l'efficacia della locazione nei confronti del proprietario. Tuttavia in considerazione del fatto che è spesso assai difficile (specie per i fondi rustici) far coincidere la fine della locazione con la fine dell'usufrutto, il secondo comma dell'art. 999, riproducendo sostanzialmente il disposto dell'ultimo comma dell'art. 493, ammette una proroga della locazione, che però non può eccedere l'anno che si trova in corso al momento in cui cessa l'usufrutto, e, se si tratta di fondi rustici, il cui principale raccolto è biennale o triennale, non può eccedere il biennio o il triennio in corso allo stesso momento. Al di là del periodo triennale in corso al momento della cessazione dell'usufrutto non si può andare, ancorché si tratti eventualmente di fondi il cui raccolto principale maturi in un periodo maggiore. E del pari, come è stato ritenuto sotto l'impero del codice del 1865, la proroga della locazione non dovrebbe aver luogo quando essa sarebbe necessaria non per la maturazione del principale raccolto ma per il compimento della rotazione agraria se il fondo e soggetto ad avvicendamento di colture.
È evidente che l'applicazione del secondo comma dell'art. 999 è subordinata alle
medesime condizioni che già abbiamo visto per l'applicazione del
primo comma, e cioè l'esistenza di un atto scritto di data certa e il fatto che la locazione sia in corso di esecuzione. Se manca la prima condizione si applicherà anche qui quanto detto prima, ma è chiaro che in ogni caso il limite massimo di rispetto e rappresentato da quello stabilito nell'art. 1,88.
Problemi comuni alle due ipotesi
Il termine dal quale decorre la proroga dell'efficacia della locazione è il giorno della cessazione dell'usufrutto. Che cosa si dirà nel caso di
cessazione anticipata dell'usufrutto? La consolidazione può avvenire nella persona del proprietario (nel caso di rinuncia dell'usufruttuario, di successione
mortis causa, di estinzione per abuso) o nella persona dell'usufruttuario (nel caso di acquisto per atto
inter vivos o per successione
mortis causa della nuda proprietà). Nella prima ipotesi pare indubbio che continui ad aver valore la disposizione dell'art. 999 dato che il conduttore non deve essere pregiudicato da una anomala, anticipata estinzione dell'usufrutto e dato che egli ha la legittima aspettativa che il suo godimento duri in funzione della durata oggettiva dell'usufrutto e non dell'arbitrio dell'usufruttuario. Nella seconda ipotesi invece non dovrà, a nostro avviso, trovare applicazione l'art. 999, perché l'usufruttuario che acquista la nuda proprietà è tenuto a stare alla locazione da lui consentita per tutto il termine convenuto. Non mi pare sia possibile ammettere che l'usufruttuario possa esonerarsi sia pure in parte dall'obbligo di rispettare la locazione.Tra usufruttuario e conduttore il contratto obbligatorio nella sua integrità è il primo non può giovarsi della tutela concessa al proprietario con la limitazione dell'efficacia della locazione.
In un certo senso connesso con quello ora accennato è il
problema se, verificandosi l' ipotesi dell'art. 999 e avvalendosi il proprietario del diritto di non rispettare la locazione oltre il termine stabilito dalla legge, l'usufruttuario abbia obbligo di risarcire il conduttore del danno da questo subito per il mancato parziale godimento della cosa locata. La soluzione di questo problema non può essere uniforme tanto più che sarà necessario tenere presenti le circostanze del caso concreto e il contenuto delle stipulazioni. Si può tuttavia accennare a qualche criterio di massima.
Se il conduttore
ignorava la qualità di usufruttuario del locatore o se questi gli abbia fatto credere di avere il potere di dare in locazione la cosa senza limite di tempo, o comunque gli abbia promesso la ratifica del proprietario al momento della cessazione dell'usufrutto (o eventualmente in un momento anteriore), allora non vi è dubbio che il conduttore avrà diritto di essere risarcito dei danni se, per effetto dell'applicazione dell'art. 999, la durata del suo godimento risulterà inferiore a quella promessa. Se l'usufrutto
non aveva un termine finale certo e il conduttore conosceva la qualità di usufruttuario del locatore, allora non vi sarà alcuna ragione d'indennità a favore del conduttore, perché questi, in mancanza di una esplicita promessa del fatto del proprietario o di un intervento di questo, doveva essere consapevole del limite entro il quale l'usufruttuario poteva disporre, e quindi si deve ritenere che il conduttore abbia diritto al godimento promesso subordinatamente al fatto che l'usufrutto si protragga per tutta la durata convenuta per la locazione.
Se invece l' usufrutto aveva un
termine finale certo, il fatto che l'usufruttuario abbia consentito una locazione per durata superiore a quella del suo diritto, dovrà normalmente interpretarsi come implicita promessa del fatto del terzo e perciò il conduttore avrà diritto all' indennità verso l'usufruttuario se il proprietario non intende rispettare la locazione oltre il termine legale.
Altra questione controversa per il vecchio codice e non risolta dal nuovo è quella se la riduzione della locazione nei limiti stabiliti dall'art. 999 possa essere chiesta oltre che dal proprietario anche dal
conduttore. Pur senza scendere ad un esame approfondito della questione, che qui non sarebbe possibile, mi pare che sia preferibile la soluzione negativa. La
ratio della norma, le condizioni poste dalla legge per ammettere l'opponibilità, della locazione al proprietario, il parallelismo con la regola generale sul mantenimento della locazione in caso di trasferimento della proprietà della cosa locata, inducono a ritenere che il rispetto o la riduzione della locazione dipendono esclusivamente dalla volontà del proprietario.
Sfera di applicazione dell'art. 999
Si riteneva per l'art. 493 del codice del 1865 che la disposizione di questo si riferisse
esclusivamente ai beni immobili, specie in considerazione del riferimento che il secondo comma dell'articolo faceva soltanto alle case e ai fondi rustici. Pare indubbio che tale limitazione non abbia più alcuna ragione d'essere, perché l'art. 999 non dà alcun appiglio testuale per far ritenere il contrario, e pure la migliore dottrina riteneva che l'art. 493 del vecchio codice dovesse trovare applicazione anche alla mezzadria e alla colonia parziaria in base al richiamo generico che l'art. 1647 faceva delle norme sulla locazione. Scomparsa nel nuovo codice la disposizione dell'art. 1647 e anzi regolata la mezzadria in modo completamente autonomo come un
quid medium fra i rapporti associativi e i rapporti di lavoro (
art. 2141 del c.c.), diviene sicura la conclusione della inapplicabilità dell'art. 999 ai rapporti di mezzadria e di colonia.
Nè può pensarsi ad un'
applicazione analogica sia perché l'art. 999 ha sostanzialmente i caratteri di una disposizione, sia perché il regolamento legislativo della mezzadria è completo e contiene una norma che, interpretata estensivamente, è idonea a risolvere il problema della sorte della mezzadria alla fine dell'usufrutto. Infatti l'
art. 2160 del c.c. pone la regola che in caso di trasferimento del diritto di godimento sul fondo la mezzadria continua nei confronti di chi subentra al concedente salvo il diritto di recesso del mezzadro.
Le locazioni in frode
Si può infine esaminare il problema se l'obbligo del proprietario di rispettare le locazioni concluse dall'usufruttuario nei limiti dell'art. 999 cessi quando la locazione sia stata stipulata in frode al proprietario. La Commissione delle Assemblee Legislative aveva opportunamente proposto di fare un cenno del diritto del proprietario d'impugnare le locazioni fatte in frode, ma la proposta non è stata accolta senza peraltro che ne risultino le ragioni. Malgrado ciò, si ritiene che quella possibilità d'impugnativa discenda dai principi generali dell'usufrutto e non sia quindi pregiudicata dal silenzio della legge: infatti se non si può certo pretendere che il prezzo della locazione sia quello giusto, tuttavia non può ammettersi che l'usufruttuario pregiudichi le ragioni del proprietario concedendo a terzi il godimento in tutto o in parte gratuito o ricavando vantaggi personali di altro genere che non passerebbero al proprietario al momento della cessazione dell'usufrutto.
Non vi sono criteri predeterminati dai quali si possa desumere che la locazione sia stata stipulata in frode del proprietario (in particolare non si può applicare il criterio dell'
art. 2923 del c.c., che considera inopponibili all'aggiudicatario le locazioni stipulate per un prezzo inferiore di un terzo a quello giusto o a quello risultante da precedenti locazioni), ma il principio è che la locazione si considera fatta in frode se il suo corrispettivo non esiste come tale oppure è stato determinato in una misura che rivela l'intento di liberalità. A ulteriore riconferma del punto di vista qui accennato si può ricordare la disposizione dell'
art. 1606 del c.c. che in una ipotesi analoga a quella che ci interessa (estinzione sopravvenuta del diritto del locatore) ammette il mantenimento delle locazioni che non eccedono il triennio e che non siano state fatte in frode. È ovvio infine che l'impugnativa di cui si è parlato sin qui non ha nulla a che vedere con l'azione revocatoria e con i presupposti di questa.
Per la riscossione di somme che rappresentano un
capitale gravato d'usufrutto è necessario il concorso del titolare del credito e dell'usufruttuario: il pagamento fatto a uno solo di essi non è opponibile all'altro, salve in ogni caso le norme relative alla cessione dei crediti. Il capitale riscosso dev'essere investito in modo fruttifero e su di esso si trasferisce l'usufrutto: se le parti non sono d'accordo sul modo d'investimento, provvede l'autorità giudiziaria.