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Articolo 982 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Possesso della cosa

Dispositivo dell'art. 982 Codice Civile

L'usufruttuario ha diritto di conseguire il possesso della cosa di cui ha l'usufrutto(1), salvo quanto è disposto dall'articolo 1002(2).

Note

(1) Qualora il titolo costitutivo escluda a priori il possesso, nei negozi inter vivos, si verificherà la conversione dell'atto costitutivo dell'usufrutto in contratto di rendita vitalizia (artt. 1861 ss. c.c.; 1872); la radicale invalidità (nullità) della clausola, in quanto impossibile, secondo l'ordinamento giuridico, nell'ipotesi di atto mortis causa.
(2) L'art. 1002 impone all'usufruttuario di fare un inventario, al fine di accertare l'entità del patrimonio e la prestazione di una garanzia, irrobustendo il credito attuato, ovvero moltiplicando i patrimoni su cui soddisfarsi, oppure vincolando all'adempimento il l'entità di una determinata cosa.
Quanto sopra rappresenta il presupposto per l'attribuire ed esercitare il diritto al possesso.

Brocardi

Naturaliter videtur possidere is, qui usumfructum habet

Spiegazione dell'art. 982 Codice Civile

Contenuto del diritto al possesso

Il principio secondo cui l'usufruttuario ha il diritto di conseguire e conservare il possesso della cosa di cui ha l'usufrutto, implicito nel codice del 1865, è stato ora espressamente formulato quasi ad affermare che il diritto al possesso rappresenta un atteggiamento essenziale e ineliminabile del diritto di usufrutto. In effetti il diritto al possesso è lo strumento che la legge accorda all’ usufruttuario per assicurargli la realizzazione del suo diritto, ossia il godimento diretto e indiretto della cosa, ed è anche una conseguenza della realità del diritto di usufrutto. Si deve notare che nella disposizione in oggetto il termine possesso è assunto in un significato non tecnico, o quantomeno in un significato più ampio di quello tecnico.

Con l'espressione "diritto al possesso" infatti si vuole intendere che l'usufruttuario ha diritto di essere messo con la cosa in una tale diretta relazione di fatto da potere realizzare l'uso e il godimento della cosa stessa, nel quale si comprende anche il potere di amministrazione della cosa. Questo diritto spetta all'usufruttuario non solo quando oggetto dell'usufrutto è una cosa corporale, ma anche quando oggetto è un diritto di quelli che non sono suscettibili di un possesso in senso tecnico (es. diritto di credito). Certo, rispetto ai beni corporali e ai diritti suscettibili di possesso, l'usufruttuario ha diritto di conseguire il possesso in senso tecnico, e una volta conseguito ha la possibilità di conservarlo e di difenderlo con i mezzi che la legge pone a difesa del possesso, non potendosi dubitare che l'usufruttuario sia un vero e proprio possessore e non un semplice detentore. Ma sotto il profilo della disposizione dell'art. 982 non vi è alcuna differenza sostanziale fra la pretesa dell'usufruttuario di un fondo che ne domanda la tradizione e la pretesa dell'usufruttuario di un credito che domanda di essere messo in grado di esercitare direttamente contro il debitore le sue ragioni.

Può esser dubbio invece se la privazione del potere di amministrare possa essere stabilita nel titolo costitutivo dell'usufrutto. Sotto la vigenza del codice del 1865 la più autorevole dottrina riteneva incompatibile con la natura dell' usufrutto che l'usufruttuario venisse privato del diritto al possesso. Il Progetto preliminare aveva invece stabilito (art. 135) che era valida la clausola con la quale fosse disposto che l’ amministrazione dei beni venisse attribuita allo stesso proprietario o ad un terzo per la durata dell'usufrutto. La disposizione non è stata mantenuta nel testo definitivo sotto il riflesso che essa non potrebbe avere giustificazione che nell' incapacità dell'usufruttuario ad amministrare: incapacità che non può essere sancita da volontà privata (Relaz. al Re, n. 124). Per quanto la ragione addotta non sia del tutto convincente e soprattutto non possa adeguarsi all'ipotesi di usufrutto costituito convenzionalmente, tuttavia essa puo dimostrare che il legislatore ha voluto considerare incompatibili l'attribuzione del diritto di usufrutto e l' esclusione del potere di amministrare. Il che, se è certamente esatto per l'usufrutto testamentario e per l'usufrutto legale, può essere invece dubbio per l'usufrutto costituito per atto inter vivos.

Per quanto la ragione addotta non sia del tutto convincente e soprattutto non possa adeguarsi all'ipotesi di usufrutto costituito convenzionalmente, tuttavia essa può dimostrare che il legislatore ha voluto considerare incompatibili l'attribuzione del diritto di usufrutto e l’ esclusione del potere di amministrare. Il che se è certamente esatto per l'usufrutto testamentario e per l'usufrutto legale, può essere invece dubbio per l'usufrutto costituito per atto inter vivos. Non si può dire certo che l'attribuzione a un terzo del potere di amministrare elimini la realità del diritto di usufrutto o ne snaturi del tutto la sostanza, tanto più che in tal caso l'usufruttuario possiede la cosa a mezzo dell'amministratore che ne ha semplicemente la detenzione. Si tratta allora di vedere la disposizione dell' art. 982 che, attribuendo all' usufruttuario il diritto al possesso, gli vuole anche attribuire (dato il significato molto amplio assegnato al termine possesso) il diritto di amministrare, sia o meno una norma inderogabile. E poiché non sembra che il contenuto della norma sia tale da escludere la possibilità di deroga da parte dei contraenti, così crederemmo di poter concludere, malgrado quella che può essere stata l'intenzione inespressa dei compilatori, che la clausola che attribuisce a persona diversa dall'usufruttuario il potere di amministrare sia sostanzialmente valida.


I mezzi per conseguire e per conservare il possesso

Data la realità dell'usufrutto di cui uno degli atteggiamenti è appunto il diritto di conseguire e conservare il possesso, è chiaro che tale diritto può esser fatto valere adversus omnes.

Il mezzo giuridico per conseguire il possesso è l'azione reale a difesa dell'usufrutto (actio confessoria) con la quale, previo l'accertamento dell'esistenza del diritto, si ottiene la condanna del terzo al rilascio del possesso. È chiaro però che di fronte al costituente (nel caso di costituzione per atto inter vivos) o all'erede di questo (nel caso di usufrutto mortis causa) o eventualmente al legatario onerato dell'usufrutto, l'usufruttuario, accanto all'azione reale, ha un'azione personale per ottenere la consegna della cosa, dato che per quelle persone non sussiste soltanto l'obbligo negativo correlativo a ogni diritto reale, ma esiste un obbligo positivo derivante dal titolo. È superfluo avvertire che sia l'azione reale sia l'azione personale diretta al conseguimento del possesso in tanto possono sortire un effetto utile in quanto l'usufruttuario dimostri l'adempimento degli oneri relativi all'inventario e alla cauzione, anche i terzi possono infatti far valere la mancanza dell'inventario o la mancata prestazione della cauzione al fine di impedire che l'usufruttuario consegua il possesso della cosa.

Il diritto di conservare il possesso è un aspetto tipico della realità dell'usufrutto, che importa per l'usufruttuario il potere di respingere in nome proprio (salvo l'obbligo di denuncia) le eventuali aggressioni di terzi sia relative al diritto di usufrutto sia re­lative alla piena proprietà. S'intende poi che i mezzi per conservare o eventualmente per recuperare il possesso variano secondo la natura del bene che forma oggetto del diritto di usufrutto. Spetteranno ad es. all'usufruttuario le normali azioni possessorie quando concorrono i requisiti che la legge stabilisce per la loro esperibilità.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

470 Tra i diritti dell'usufruttuario ho menzionato quello di conseguire il possesso della cosa (art. 982 del c.c.): è questa un presupposto indispensabile per il godimento della cosa medesima da parte di chj è titolare di un diritto reale. Ho però dettato, nell'art. 1003, le norme relative ai provvedimenti per la custodia, l'amministrazione e l'eventuale alienazione dei beni, nel caso che l'usufruttuario non presti la garanzia a cui è tenuto.

Massime relative all'art. 982 Codice Civile

Cass. civ. n. 6293/2016

L'usufruttuario, così come l'usuario, è legittimato, in forza del rinvio ex art. 1026 c.c., all'esercizio in nome proprio delle azioni petitorie e possessorie volte a difendere ed a realizzare il proprio uso e godimento della cosa rispetto alle ingerenze di terzi, sicché in tal caso non sussiste litisconsorzio necessario con il nudo proprietario.

Cass. civ. n. 355/2011

In forza della normativa vigente anteriormente all'entrata in vigore della legge 19 maggio 1975, n. 151, il coniuge superstite, in qualità di legatario "ex lege", è investito, sin dal momento dell'apertura della successione dell'altro coniuge, della titolarità di un diritto reale che lo rende partecipe della comunione ereditaria e che si configura come un diritto d'usufrutto diffuso pro quota su tutto il compendio ereditario e ricadente, quindi, su tutti i singoli beni che ne fanno parte. Ne consegue che il possesso che egli eserciti insieme agli eredi rispetto ad uno di questi beni trova radice in una comunione incidentale impropria o di godimento tra diritti qualitativamente eterogenei, in quanto la cosa è goduta per una quota dagli eredi a titolo di proprietà e per l'altra dal legatario a titolo di usufrutto. Lo stato d'indivisione ereditaria, pertanto, non è di ostacolo a che il possesso esercitato dal coniuge legatario "ex lege" su taluni beni sia qualificabile come possesso a titolo di usufrutto per la quota spettante ad esso ai sensi dell'art. 581 c.c., nel testo previgente all'anzidetta novella del 1975.

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