La fideiussione si estingue(1) quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore(2)(3).
La fideiussione si estingue(1) quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore(2)(3).
(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)
Cass. civ. n. 4175/2020
Il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 26/01/2018).Cass. civ. n. 22775/2018
L'accordo transattivo intervenuto tra creditore e terzo, che comporti l'estinzione dell'ipoteca posta a garanzia del credito, ha come conseguenza la liberazione del fideiussore per fatto del creditore, ai sensi dell'art. 1955 c.c., perché tale accordo integra un comportamento dal quale deriva un pregiudizio giuridico, non solo economico, sofferto dal fideiussore, che si concretizza nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.Cass. civ. n. 21833/2017
Il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico e non solo economico, come la perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l’impiego da parte del creditore delle somme ricavate dalla liquidazione di titoli dell’obbligato principale costituiti in pegno, al fine di ridurre la sua esposizione debitoria, potesse costituire condotta idonea a determinare la liberazione dei fideiussori).Cass. civ. n. 5630/2017
In tema garanzia fideiussoria, la liberazione del fideiussore consegue all’estinzione dell’obbligazione principale, indipendentemente dalle modalità con cui essa avvenga o dalle fonti della provvista sicché, salva una diversa previsione contrattuale, non osta a tale liberazione la circostanza che l'estinzione abbia carattere non satisfattivo per il creditore, per essere il credito originario sostanzialmente immutato, in quanto ristrutturato o sostituito nella sua composizione sulla base di ulteriori finanziamenti o condotte di tolleranza da parte del medesimo creditore.Cass. civ. n. 26232/2013
L'emissione di un assegno bancario postdatato a garanzia dell'adempimento di una propria obbligazione, costituisce atto contrario a norme imperative e non meritevole di tutela. Ne consegue che il fideiussore non resta liberato, ai sensi dell'art. 1955 cod. civ., per fatto del debitore, ove il pegno, nel quale il fideiussore sostenga di non essersi potuto surrogare per il comportamento doloso o colposo del creditore, sia costituito da assegni bancari postdatati consegnati dal debitore o da un terzo a garanzia del credito.Cass. civ. n. 19736/2011
Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli artt. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza "ipso facto" al mancato, diacronico esercizio del diritto. Ne consegue che, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all'art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l'estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all'art. 1955 c.c., stante l'impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la fattispecie estintiva dell'obbligazione di garanzia prevista dall'art. 1955 c.c., rispetto all'originaria eccezione del fideiussore sollevata ex art. 1957 c.c., evidenziando che, attesa la diversità dei temi di indagine implicati dalle due disposizioni, il giudice non avrebbe potuto, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani, onde giungere, in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata, nè eccepita, dalla parte interessata a tanto onerata).Cass. civ. n. 23922/2007
In tema di garanzia personale, è applicabile all'avallo, che si distingue per i caratteri di letteralità, astrattezza ed autonomia (in quanto sua specificità consiste nel costituire un vincolo giuridico esente da qualsiasi nesso con quello assunto dall'avallato), la norma dettata per la fideiussione dall'art. 1955 c.c. Peraltro, l'avallante, al pari di ogni debitore cambiario, può opporre al possessore della cambiale — così come dell'assegno — circostanze riconducibili al contenuto dell'exceptio doli come l'eccezione di estinzione per pagamento del debito principale nel caso in cui la cambiale non abbia circolato o il possessore di essa sia lo stesso nei cui confronti l'avallato ha estinto l'obbligazione, nel qual caso, dunque, la controversia esula dai confini del rapporto cambiario ed investe il rapporto extracartolare.Cass. civ. n. 4801/2000
La morte del fideiussore non estingue la fideiussione, che si trasmette agli eredi, i quali, subentrando nel rapporto con gli stessi poteri che spettavano al defunto, possono recedere solo nei modi e nelle forme in cui il diritto di recesso avrebbe potuto essere esercitato dal loro dante causa, e sono, pertanto, obbligati, in mancanza di recesso, all'adempimento pro quota della obbligazione fideiussoria, anche in relazione a debiti contratti dal garantito dopo la morte del fideiussore. In tale ipotesi, in particolare, ove si tratti di fideiussione omnibus, prestata senza fissazione di un limite alla responsabilità del garante, in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 154, il cui art. 10, non applicabile retroattivamente — senza che ciò possa dar luogo a dubbi di costituzionalità in riferimento all'art. 3 Cost., avuto riguardo alle considerazioni esposte nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 1997, che ha dichiarato non fondata la relativa questione di legittimità costituzionale — ha modificato l'art. 1938 c.c., stabilendo l'obbligo, in caso di fideiussione per obbligazione futura, di previsione dell'importo massimo garantito, l'obbligazione resta valida anche nei confronti degli eredi del fideiussore ove il relativo oggetto risulti determinabile per relationem.Cass. civ. n. 2975/2000
Poiché l'obbligazione fideiussoria è accessoria rispetto all'obbligazione principale, l'estinzione di quest'ultima determina l'estinzione anche di quella fideiussoria; tuttavia ove l'obbligazione principale sia estinta per prescrizione, non è ammissibile - in forza del vincolo di solidarietà tra obbligato principale e fideiussore - la declaratoria di estinzione d'ufficio della obbligazione del fideiussore, ma è onere di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 1306 secondo comma, c.c., di eccepire la prescrizione.Cass. civ. n. 656/1998
Non è ravvisabile il fatto del creditore, previsto dall'art. 1955 c.c. come causa di estinzione della fideiussione, nella mancata opposizione del medesimo, creditore anche verso una società di persone di cui il debitore è socio, all'omologazione del concordato preventivo (art. 180, secondo comma, legge fall.), proposto con cessione dei beni personali di questi (art. 160, n. 2, legge fall.), perché il fideiussore, pregiudicabile dalla soddisfazione dei creditori sociali, è perciò legittimato all'opposizione, mentre il creditore se non si oppone, da un lato non omette un'attività a cui è giuridicamente obbligato; dall'altro esercita in tal modo il suo diritto di preferire il concordato preventivo al fallimento per soddisfare i crediti nei confronti della società.Cass. civ. n. 3161/1997
Il «fatto» del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c., non può consistere nella mera inazione e deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto; esso deve consistere, pertanto, in un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, che abbia sottratto al fideiussore concrete possibilità esistenti nella sfera del creditore al tempo della garanzia, che gli avrebbero consentito l'attuazione dell'obbligazione garantita. Il pregiudizio deve, inoltre, essere giuridico, non solo economico, e concretizzarsi nella perdita di un diritto, e non nella maggior difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore.Cass. civ. n. 9719/1992
Perché si verifichi la liberazione del fideiussore per fatto del creditore, prevista dall'art. 1955 c.c., occorre che il creditore abbia, col suo comportamento, causato al garante un pregiudizio giuridico, e non soltanto economico-materiale, vale a dire la perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c.) e non la maggiore difficoltà di attuarlo per la diminuita consistenza del patrimonio del debitore, occorrendo, a tal fine che il creditore abbia omesso l'esplicazione di un'attività che la legge o il contratto gli impongano al preciso scopo di rendere (giuridicamente) possibile la surrogazione.Cass. civ. n. 2461/1982
La sanzione, prevista dall'art. 1955 c.c., dell'estinzione dell'obbligazione fideiussoria per inadempimento da parte del creditore del dovere di conservare al fideiussore il diritto di surrogazione, presuppone un comportamento colpevole ed efficiente del creditore stesso, tale da determinare pregiudizio alla ragione di rivalsa dell'obbligato al pagamento: il quale comportamento non può ritenersi realizzato nell'ipotesi in cui il fideiussore, assommando in sé la duplice qualità di amministratore e di garante di una società, debitrice principale, sia a conoscenza delle condizioni patrimoniali di quest'ultima e abbia, nonostante esse, sollecitato e ottenuto fidi e dilazioni, essendo in tal caso l'eventuale pregiudizio ricollegabile all'attività stessa del fideiussore, che non può perciò riversarne le conseguenze sul creditore.Cass. civ. n. 63/1982
Ai fini della liberazione del fideiussore, prevista dall'art. 1955 c.c., il fatto pregiudicante la surrogazione del fideiussore stesso, nella garanzia del credito estinto, deve derivare da violazione di un dovere giuridico posto dalla legge o nascente dal contratto. Ad integrare la fattispecie legale di cui alla citata norma, non è quindi sufficiente la semplice inazione del creditore (dalla quale sia derivato il pregiudizio nella surrogazione), essendo invece necessaria la violazione di un dovere derivante dalla legge o da particolari pattuizioni delle parti ed in modo cioè da potersi il fatto ritenere colposo.
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