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Articolo 1957 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Scadenza dell'obbligazione principale

Dispositivo dell'art. 1957 Codice Civile

Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale(1), purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate(2).

La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell'obbligazione principale.

In questo caso però l'istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi.

L'istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore.

Note

(1) In caso di solidarietà tra fideiussore e debitore principale (1944, comma 1 c.c.) il creditore può scegliere se agire contro l'uno o l'altro. Non ha tale scelta, invece, se è stato pattuito il beneficio di escussione (1944, comma 2 c.c.).
(2) Si tratta di un termine di decadenza (2964 ss. c.c.) che decorre dalla scadenza dell'obbligazione.

Ratio Legis

La norma è espressione del principio di accessorietà della fideiussione (1939 c.c.) ma tende anche a tutelare il fideiussore dalla possibilità che si crei incertezza in ordine al fatto che sia o meno tenuto alla garanzia.

Spiegazione dell'art. 1957 Codice Civile

Fondamento e portata della norma

L'articolo in esame, che corrisponde agli articoli 1930 e 1931 del codice civile del 1865, è dettato anch'esso a garanzia e tutela dei diritti del fideiussore. Tuttavia nel codice abrogato non era imposto al creditore il dovere di agire entro un certo termine contro i1 debitore principale, ma si conferiva al fideiussore soltanto il diritto di agire contro il debitore, o per essere rilevato o per costringerlo al pagamento. Affiora in tale situazione — osserva la Relazione al codice (n. 765) — quel dovere di correttezza, che e norma di condotta anche nell'esercizio dei diritti (art. 1175) ; la sua trasgressione genera responsabilità, che si può realizzare in forma specifica con la perdita del diritto di credito contro il garante.

Naturalmente il dovere del creditore non crea nel fideiussore il diritto alla previa escussione del debitore;_ il creditore può sempre, rifiutando i termini stabiliti dall'art. 1957, rivolgersi al fideiussore piuttosto che al debitore, se non esista un dovere contrattuale di escussione del debitore.


Estensione dell'obbligo della fideiussione

Se il creditore ha ottemperato all'obbligo, il fideiussore — giusta quanto prescrive l'articolo — rimane obbligato dopo la scadenza dell'obbligazione principale, anche nel caso in cui il fideiussore abbia espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell'obbligazione principale.

La norma è giustificata dal fatto che altrimenti la funzione di garanzia del negozio fideiussorio perderebbe ogni efficacia. La lunga mora del creditore nel rivolgersi al fideiussore può trovare la sopravvenuta insolvenza e mettere il fideiussore nella impossibilità di reintegrare il proprio patrimonio.

Naturalmente il creditore può invece rivolgersi al fideiussore, se non sia stato espressamente convenuto il beneficium excussionis. Ma questo dovrà avvenire avvenire prima che scada il termine di sei mesi previsto dall'articolo: perché se entro sei mesi dalla scadenza il creditore non avrà proposto le istanze contro il fideiussore, nè contro il debitore principale, l'obbligo del fideiussore dovrà ritenersi estinto, e al creditore non resterà altra azione che quella contro il debitore principale, che si prescriverà nel termine normale specifico per essa.

In sostanza questo articolo, mentre stabilisce un obbligo per il creditore principale, dispone anche una proroga legale della obbligazione del fideiussore, della durata di sei mesi, se la fideiussione non ha un termine specificamente determinato, e della durata di due mesi, se essa e stata concepita ad tempus.


Prescrizione del diritto contro il fideiussore

L'obbligo del debitore si traduce in una speciale forma di prescrizione rispettivamente di mesi sei e due. Ma quando la istanza contro il debitore e proposta, questa particolare prescrizione viene interrotta, e se la istanza stessa non permette al creditore, per le condizioni del debitore, di soddisfarsi, egli potrà poi agire contro il fideiussore entro i normali termini di prescrizione, che decoreranno dal giorno in cui è stata proposta l’istanza contro il debitore principale.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

624 A proposito della evizione (articolo 734) ho generalizzato l'articolo 728 del progetto del 1936 (articolo 1929 cod. civ.) ad ogni caso di dazione.
Ho, infine, mantenuto al posto dei corrispondenti articoli 1930 e 1931 cod. civ. l'articolo 729 del progetto del 1936; ma ho opportunamente elevato da 2 a 6 mesi il termine dell'articolo 1931: ho voluto evitare che il creditore sia costretto a promuovere troppo precipitosamente l'azione (articolo 735).

Massime relative all'art. 1957 Codice Civile

Cass. civ. n. 30185/2022

Nell'ambito del contratto autonomo di garanzia si deve distinguere il termine di scadenza dell'obbligazione assunta dal garante da quello di decadenza, finalizzato ad individuare la data ultima in cui il beneficiario può avvalersi del diritto di escussione della garanzia, che ricorre nel caso in cui sia espressamente qualificato come tale dalle parti, ovvero in tali termini risulti inteso, in modo chiaro ed univoco, alla stregua dell'interpretazione del contratto.

Cass. civ. n. 40829/2021

Nell'ambito del termine ex art. 1957 c.c., il creditore può consentire al debitore le proroghe che ritiene opportune, assumendosi, tuttavia, il rischio di quelle che non gli consentono di agire entro i termini di legge; ne consegue che, ove per questo motivo non possa agire contro il debitore ovvero, pur avendone la possibilità, non agisca contro quest'ultimo per propria inerzia, così inottemperando al dovere impostogli, il creditore non potrà più fare valere, nei confronti del garante, l'obbligazione fideiussoria.

Cass. civ. n. 9862/2020

La clausola della fideiussione che stabilisce espressamente la solidarietà tra garante e debitore principale non può essere interpretata come un'implicita deroga alla disciplina dell'art. 1957 c.c., poiché l'esplicita esclusione del "beneficium excussionis" non è incompatibile con la liberazione del fideiussore per il caso in cui il creditore non agisca contro il debitore principale nel termine di sei mesi dalla scadenza della obbligazione.

Cass. civ. n. 31569/2019

In tema di fideiussione, la limitazione di responsabilità fissata dall'art. 1957 c.c. può essere implicitamente derogata attraverso l'impegno assunto dal fideiussore di garantire comunque, senza limiti di durata, l'adempimento dell'obbligazione principale, impegno che può desumersi dall'interpretazione complessiva del contratto di garanzia e di quello principale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO LECCE, 08/09/2015).

Cass. civ. n. 24296/2017

In caso di fallimento del debitore principale, per evitare la decadenza dalla garanzia prevista dall'art. 1957, comma 1, c.c., il creditore, se è stato pattuito il beneficio di escussione ex art. 1944, comma 2, c.c., deve necessariamente proporre domanda di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale, mentre, in mancanza di tale pattuizione (c.d. fideiussione solidale), ha facoltà di agire, a sua scelta, indifferentemente nei confronti del debitore principale fallito, insinuandosi al passivo del fallimento, ovvero nei confronti del garante nelle forme ordinarie.

Cass. civ. n. 22346/2017

In tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire "a prima richiesta", l'eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all'art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito - giusta l'applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c. - esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare "a prima richiesta" l'adempimento subordinato all'esercizio di un'azione in giudizio.

Cass. civ. n. 18779/2017

In tema di fideiussione, nel caso di apertura a carico del debitore principale di una procedura concorsuale, il creditore garantito, per evitare di incorrere nella decadenza di cui all’art. 1957 c.c., è tenuto a proporre la propria istanza contro il debitore nelle forme dell’insinuazione al passivo.

Cass. civ. n. 7883/2017

Il contratto autonomo di garanzia reca come connotato fondamentale l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore; ne consegue, pertanto, una generale inapplicabilità a tale contratto del disposto dell’art. 1957 c.c., salvo diversa specifica pattuizione intercorsa tra le parti, purché compatibile con le restanti clausole contrattuali.

Cass. civ. n. 15902/2014

In tema di decadenza del creditore dall'obbligazione fideiussoria per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, qualora il debito sia ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotata di un grado di autonomia tale da potersi considerare esigibili anche prima ed indipendentemente dalla prestazione complessiva, il "dies a quo", agli effetti dell'art. 1957 cod. civ., va individuato in quello di scadenza delle singole prestazioni e non già dell'intero rapporto, in quanto scopo del termine di decadenza è quello di evitare che il fideiussore si trovi esposto all'aumento indiscriminato degli oneri inerenti alla sua garanzia, per non essersi il creditore tempestivamente attivato al primo manifestarsi dell'inadempimento, magari proprio contando sulla responsabilità solidale del fideiussore. (Nella specie la S.C. ha ravvisato l'autonomia delle prestazioni aventi ad oggetto le singole rate del canone annuo pattuito per la locazione, anche considerando che la legge autorizza il locatore ad agire per la risoluzione del contratto decorsi venti giorni dalla scadenza del canone ineseguito).

Cass. civ. n. 21867/2013

La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l'adempimento dell'obbligazione fideiussoria, sancita dall'art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.

Cass. civ. n. 29733/2011

Nell'associazione non riconosciuta la responsabilità personale grava esclusivamente sui soggetti, che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, attesa l'esigenza di tutela dei terzi che, nell'instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti, non potendo il semplice avvicendamento nelle cariche sociali comportare alcun fenomeno di successione del debito in capo al soggetto subentrante, con l'esclusione di quello che aveva in origine contratto l'obbligazione. Ne consegue che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile tra le garanzie "ex lege" assimilabile alla fideiussione, con conseguente applicazione dei principi contenuti negli artt. 1944 e 1957 c.c..

Cass. civ. n. 19736/2011

Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli artt. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza "ipso facto" al mancato, diacronico esercizio del diritto. Ne consegue che, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all'art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l'estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all'art. 1955 c.c., stante l'impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la fattispecie estintiva dell'obbligazione di garanzia prevista dall'art. 1955 c.c., rispetto all'originaria eccezione del fideiussore sollevata ex art. 1957 c.c., evidenziando che, attesa la diversità dei temi di indagine implicati dalle due disposizioni, il giudice non avrebbe potuto, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani, onde giungere, in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata, nè eccepita, dalla parte interessata a tanto onerata).

Cass. civ. n. 24391/2010

L'art. 1957 c.c., il quale prevede l'onere per il creditore di proporre le sue istanze contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione di questi, pena la decadenza della garanzia fideiussoria, nulla dispone con riguardo alla necessità per il creditore di escutere nel termine in questione le altre eventuali garanzie prestate dal debitore o di richiedere il pagamento di crediti ceduti dal debitore.

Cass. civ. n. 24060/2006

In tema di fideiussione, la decadenza di cui all'art. 1957 c.c. — per il caso in cui il creditore non abbia proposto e diligentemente continuato le proprie istanze contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione non è resa inoperante dall'apertura, a carico del debitore principale, di una procedura concorsuale: questa, infatti, non implica l'impossibilità giuridica di proporre istanze contro il debitore e di coltivarle diligentemente, ma comporta soltanto che la diligenza del creditore sia valutata in relazione alle possibilità concesse dall'ordinamento in questi casi.

Cass. civ. n. 1841/2006

Con riguardo a contratto concluso da un falsus procurator (e perciò con efficacia sospesa fino alla ratifica da parte del dominus ), il termine semestrale entro il quale il creditore ha l'onere, ai sensi dell'art. 1957 c.c., di chiedere giudizialmente l'adempimento dell'obbligazione garantita dal fideiussore (a pena di decadenza del suo diritto verso quest'ultimo ), decorre non dalla data di scadenza dell'obbligazione, ma da quella in cui la ratifica viene portata a conoscenza del creditore, giacché la disposizione dell'art. 1399 c.c., secondo cui la ratifica dell'interessato ha effetto retroattivo, non può esplicare influenza sul termine di decadenza della fideiussione, che, avendo lo scopo di evitare la colpevole inerzia del creditore verso il debitore principale, presuppone che il primo abbia la possibilità concreta ed attuale di proporre l'azione giudiziale contro quest'ultimo.

Cass. civ. n. 20909/2005

Anche in tema di fideiussione è applicabile la disposizione dell'art. 2956 c.c., la quale sancisce la nullità della clausola (benché contenuta in un atto unilaterale) con la quale si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto. Ne consegue che è nulla la clausola con la quale, una volta stabilito che il termine d'efficacia della fideiussione coincida con quello di escussione della garanzia, si fissi tra questo termine ed il termine di scadenza dell'obbligazione garantita un periodo temporale così ristretto da rendere eccessivamente difficile, valutate anche le modalità di escussione (ad esempio, mediante lettera che debba pervenire entro un certo termine al garante), che il creditore possa avvalersi della garanzia prestata. L'accertamento relativo all'eccessiva difficoltà di esercizio del diritto è demandato al giudice del merito e sfugge, se congruamente e logicamente motivato, al controllo di legittimità.

Cass. civ. n. 2532/2005

Il socio della società di capitali assoggettata alla procedura di concordato preventivo non beneficia della cosiddetta «esdebitazione» per i debiti sorti nel periodo in cui egli è rimasto unico socio della società, per i quali il predetto è fideiussore ex lege, sicché alla fattispecie è applicabile l'art. 1957, c.c., dovendo tuttavia essere esclusa la decadenza del creditore dalla fideiussione, qualora questi abbia presentato istanza per il riconoscimento del credito in sede concordataria, in quanto l'assoggettamento del debitore principale alla procedura concorsuale costituisce un impedimento giuridico ostativo alla realizzazione della pretesa nei confronti del medesimo.

Cass. civ. n. 7502/2004

Agli effetti della disposizione contenuta nell'art. 1957 c.c., secondo la quale il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate, per «istanza» deve intendersi ogni iniziativa di carattere giudiziario assunta secondo le forme prescritte dal codice di rito in relazione al tipo di tutela domandato; ne consegue che tutte le volte che il giudice debba essere adito con ricorso da depositarsi in cancelleria, la data cui avere riguardo è quella del deposito e non anche quella successiva della notificazione del ricorso e del pedissequo provvedimento.

Cass. civ. n. 16758/2002

Nella ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza della obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l'azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c.

Cass. civ. n. 11771/2002

La decadenza del creditore dalla fideiussione (art. 1957 c.c.) non opera in presenza di un impedimento giuridico ostativo alla realizzazione della pretesa verso il debitore principale, poiché l'impossibilità di esperire qualsiasi azione nei confronti di quest'ultimo, quando risulti evidente e giuridicamente insuperabile, non può in alcun modo integrare gli estremi della «negligenza del creditore» (presupposto dell'applicabilità della norma de qua) e, per l'effetto, considerarsi causa efficiente dell'estinzione della garanzia. (Principio affermato dalla S.C. in tema di concordato fallimentare e di successiva apertura della procedura fallimentare, sulla scorta dell'assunto secondo cui né in sede concordataria, né in sede fallimentare era concessa al creditore — nella specie, una banca — altra possibilità se non quella — ritualmente esperita — dell'agire per il mero riconoscimento del credito in sede concordataria, e di instare per l'ammissione al passivo in sede fallimentare). 

Cass. civ. n. 11759/2002

In tema di decadenza del creditore dell'obbligazione fideiussoria per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, allorquando la fideiussione riguardi obbligazioni aventi scadenze periodiche, il dies a quo agli effetti dell'art. 1957 c.c. è quello di scadenza delle singole prestazioni e non già quello che segna l'estinzione dell'intero rapporto, dovendosi applicare il principio generale in materia di prescrizione e decadenza secondo cui gli effetti di tali istituti cominciano a decorrere dal momento in cui il diritto può esser fatto valere. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la sentenza d'appello che aveva ritenuto che i canoni locativi devono essere pagati secondo la scadenza contrattuale e non alla data di rilascio effettivo dell'immobile, ancorché dovuti a titolo risarcitorio in relazione al mancato rilascio dell'immobile alla scadenza del contratto di locazione).

Cass. civ. n. 4033/1999

Il vigente sistema della garanzia del credito non esclude il concorso di una garanzia personale con una reale rispetto al medesimo credito, in quanto esso importa un rafforzamento della tutela dello stesso credito. Pertanto, ben può il terzo contemporaneamente prestare le due garanzie. Tuttavia, al terzo datore di ipoteca non si applicano le norme di limitazione della responsabilità previste per il fideiussore, in mancanza di una specifica convenzione in tal senso. In particolare, non trova applicazione, in difetto di espressa previsione, con riguardo al caso dell'ipoteca concessa da un terzo, l'onere, imposto dall'art. 1957 c.c. al creditore, perché possa conservare la garanzia prestatagli dal fideiussore, di agire contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione.

Cass. civ. n. 283/1997

L'art. 1957 c.c., nell'imporre al creditore l'onere di proporre «le sue istanze» contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l'adempimento dell'obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest'ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa. Alla luce di tale ratio, consegue che il termine «istanza» si riferisce a tutti i vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato. Resta, invece, escluso che, in quello stesso termine, possa rientrare un semplice atto stragiudiziale, o una denunzia o una querela presentate in sede penale, o un ricorso per accertamento tecnico preventivo.

Cass. civ. n. 3085/1996

La decadenza della fideiussione — prevista dall'art. 1957 c.c: per il caso in, cui il creditore non abbia proposto e diligentemente continuato le proprie istanze contro il debitore principale, entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione — non può operare allorché esista un ostacolo giuridico alla realizzazione della pretesa del creditore nei confronti del debitore principale, poiché l'impossibilità di esperire qualsiasi azione nei confronti di quest'ultimo, quando sia evidente a priori e giuridicamente insuperabile, non può in alcun modo addebitarsi a negligenza del creditore e, quindi, considerarsi produttiva dell'estinzione della garanzia. (Nella specie, il giudice di merito aveva individuato l'ostacolo giuridico alla realizzazione della pretesa del creditore nell'apertura della procedura di concordato preventivo del debitore. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato l'impugnata: sentenza per difetto di motivazione).

Cass. civ. n. 7345/1995

Con riguardo alla cosiddetta fideiussione solidale, l'istanza giudiziale, da proporre entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale, ai sensi dell'art. 1957, comma primo, c.c., può essere rivolta, a scelta del creditore, contro l'uno o l'altro dei condebitori solidali, con la conseguenza che, qualora il creditore abbia tempestivamente proposto l'istanza contro il fideiussore, esercitando la facoltà di scelta spettantegli in base ai principi della solidarietà passiva, non è tenuto ad agire, prima della scadenza del suddetto termine, anche nei confronti del debitore principale.

Cass. civ. n. 2827/1994

Con riguardo a fideiussione, la cui durata sia correlata non alla scadenza dell'obbligazione principale, ma all'integrale soddisfacimento di questa, come nel caso di polizza fideiussoria contenente clausola di previsione della efficacia della garanzia prestata fino al momento della liberazione del debitore dagli obblighi inerenti al contratto per il quale la garanzia stessa è stata ottenuta, l'azione del creditore non è più soggetta ad alcun termine di decadenza, con conseguente estraneità della relativa situazione all'area di operatività dell'art. 1957 c.c., concernente la diversa ipotesi della semplice riduzione del detto termine.

Cass. civ. n. 2782/1994

La norma di cui all'art. 1957 c.c., la quale condiziona il persistere dell'obbligazione del fideiussore, dopo la scadenza del debito principale, alla circostanza che il creditore abbia proposto entro sei mesi le sue istanze contro il debitore e le abbia continuate con diligenza, non è applicabile all'avallo cambiario, in considerazione dell'astrattezza e dell'autonomia cartolare dell'obbligazione dell'avallante rispetto a quella dell'avallato, per cui l'avallo, a differenza della fideiussione, costituisce un vincolo esente da ogni nesso con quello assunto dall'avallato.

Cass. civ. n. 7766/1990

La polizza, con la quale una compagnia di assicurazioni garantisca l'adempimento del debito di un terzo, o ne assuma l'obbligazione per il caso della sua insolvenza (cosiddetta assicurazione fideiussoria o cauzionale), assolve, in via esclusiva o prevalente, alla stessa funzione del contratto di fideiussione, e resta conseguentemente soggetta alla relativa disciplina anche per quanto riguarda la decadenza ex art. 1957 c.c., atteso che il contratto di assicurazione, ancorché sotto forma di assicurazione di credito, presuppone la copertura di un rischio e l'assunzione di una obbligazione di tipo indennitario, e non è quindi configurabile in presenza di un'obbligazione obiettivamente e quantitativamente coincidente con quella del terzo; senza che rilevi in contrario che il contratto sia stato stipulato anche con la partecipazione del creditore così garantito, derivandone l'esclusivo effetto di obbligare direttamente la compagnia assicuratrice nei confronti del creditore ed impedire che quest'ultimo, quale beneficiario della prestazione negoziata a suo favore dal debitore, possa dichiarare di non aderire alla stipulazione secondo la disciplina del contratto a favore del terzo (art. 1411, ultimo comma, c.c.).

Cass. civ. n. 4868/1988

Nella fideiussione solidale, che si presume, in difetto di pattuizione della preventiva escussione del debitore principale, l'azione proposta contro il fideiussore, entro sei mesi dalla scadenza, vale ad evitare la decadenza di cui all'art. 1957 primo comma c.c., atteso che tale norma, ove dispone che il fideiussore rimane obbligato a condizione che il creditore si rivolga al debitore principale entro il suddetto semestre, va coordinata con le regole della solidarietà passiva, le quali conferiscono al creditore la facoltà di agire, a sua scelta, contro ciascuno dei coobbligati.

Cass. civ. n. 7547/1986

In tema di estinzione della fideiussione, il termine di sei mesi previsto dall'ari. 1957 c.c. Perché il creditore proponga le sue istanze nei confronti del debitore — termine alla cui osservanza è condizionata la conservazione della garanzia del creditore nei confronti del fideiussore — decorre dalla scadenza del credito principale e non già dal successivo momento in cui si sia eventualmente formato il titolo esecutivo.

Cass. civ. n. 1025/1982

Il momento di decorrenza del termine per la proposizione delle istanze nei confronti del debitore principale, ai fini previsti dall'art. 1957 c.c., coincide con quello di azionabilità del relativo diritto e perciò con il momento di scadenza dell'obbligazione principale, ove si tratti della prestazione indotta in contratto, ovvero con quello in cui il creditore ha la giuridica possibilità di domandare il succedaneo risarcimento del danno. Pertanto, in materia di appalto di opere pubbliche, ove sia stata prestata fideiussione in luogo di cauzione, la rescissione amministrativa del contratto deliberata dall'amministrazione per inadempimento dell'appaltatore, segna nei confronti della medesima il momento iniziale del termine suddetto, in quanto fin dalla data di tale deliberazione ha il potere di proporre le proprie istanze nei confronti del debitore principale.

Cass. civ. n. 4241/1974

L'art. 1957 c.c., nel condizionare la permanenza della fideiussione alla proposizione, da parte del creditore, entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale, delle proprie istanze nei confronti del debitore, si riferisce alle istanze giudiziali, intese nel senso di atti che attribuiscano al creditore la veste di parte processuale e che si sostanzino in una domanda rivolta all'adempimento del credito, su cui il giudice abbia il dovere di provvedere. Non rappresentano, pertanto, istanze nel senso anzidetto la denunzia penale e la querela per i reati di assegno a vuoto e di truffa, proposte dal creditore nei confronti del debitore principale, resosi inadempiente all'obbligo di pagare l'importo di un assegno bancario, poiché tali atti, costituendo, rispettivamente, una notitia criminis ed un'istanza di punizione, non tendono, di per sé, all'adempimento del credito e non conferiscono al soggetto che li pone in essere la qualità di parte del procedimento penale. È, invece, idonea a garantire la permanenza della fideiussione, ai sensi della citata norma, la costituzione di parte civile del creditore nel detto processo purché tempestivamente effettuata, in quanto la richiesta del risarcimento dei danni, in cui essa si sostanzia, essendo rivolta al pagamento di una somma di denaro comprensiva di quella dovuta in base al rapporto obbligatorio, soddisfa l'interesse del creditore in forma specifica e, quindi, ha la natura di istanza ai fini dell'art. 1957 c.c.

Cass. civ. n. 3315/1972

La norma dell'art. 1957, primo comma c.c., richiedendo che il creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale proponga le proprie istanze contro il debitore, ha una portata generica che è riferibile ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito che, in relazione alle concrete circostanze, si debbono ritenere utilmente esperibili al fine di conseguire il pagamento. Pertanto, se munito di titolo esecutivo non giudiziale, il creditore non ha necessità, per rispettare il precetto dell'art. 1957, comma primo c.c., di proporre azione di condanna contro il debitore, e può limitarsi ad esperire l'azione esecutiva.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1957 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

MAURIZIO B. chiede
lunedì 01/03/2021 - Lombardia
“Ho sottoscritto un piano di rientro con Veneto Banca nel 2009 dopo aver costituito un fondo patrimoniale per difendere l'immobile di proprietà. Il piano di rientro si riferiva ad onorare purtroppo una fideiussione limitata a favore della banca per conto di un soggetto, fallito poi nel 2016. la posizione veneto banca è stata acquisita da amco tramite flaminia spv.
Il fondo patrimoniale è stato revocato e la banca ha iscritto in conservatoria il diritto di agire sul sottoscritto. il bene è gravato da ipoteca volontaria. Ho chiesto ad amico la liberazione dell'immobile. Mi chiedo se può essere a mio favore il fatto che il soggetto da me garantito è fallito. in buona sostanza ...... se chiedo saldo e stralcio....a liberazione totale.......ho forza nei confronti di amco, gestito da persone a mio giudizio un po' arroganti, a rinfacciare loro che se prendono i soldi da me li devono poi girare al curatore fallimentare ? grazie”
Consulenza legale i 06/03/2021
Il quesito comporta di valutare la sorte della fideiussione nell’ipotesi di fallimento del debitore principale.
Il fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale per il pagamento del debito, salvo che le parti abbiano pattuito il beneficio di preventiva escussione, convenendo che il creditore possa escutere il garante soltanto dopo avere escusso il debitore principale.
In difetto di una pattuizione di siffatto tenore, il creditore può promuovere le azioni di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale fallito, proponendo domanda di ammissione al passivo, ovvero nei confronti del garante, nelle forme ordinarie: in tal caso, il fallimento del creditore principale non impedisce al creditore di escutere il fideiussore, che potrà, a seguito del pagamento, proporre istanza di insinuazione al passivo per esercitare l’azione di regresso.
Ove invece le parti abbiano pattuito il beneficio di preventiva escussione, il creditore deve escutere prima il debitore principale, ancorché fallito, rispettando il termine semestrale di cui all’art. 1957 cod. civ., a mente del quale “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”: qualora il debitore principale sia fallimento, qualora il termine sia ancora pendente la decadenza può essere evitata grazie al deposito della domanda di insinuazione al passivo.
Per inciso, qualora il credito non sia ancora scaduto al momento del fallimento, si applica l’art. 55, comma 2, L.F., a mente del quale “i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento”, per cui il termine semestrale inizia a decorrere dalla data di dichiarazione del fallimento.
Qualora i principi sovra richiamati siano stati rispettati e il creditore procedente abbia agito in conformità alla normativa vigente, il fideiussore non avrà eccezioni da sollevare nei confronti del creditore.
In nessun caso, il garante può comunque trarre vantaggio dal fallimento del debitore principale né il creditore che abbia escusso il fideiussore può essere chiamato a restituire quanto percepito al fallimento.

MANUEL D. F. chiede
venerdì 13/03/2020 - Veneto
“Buongiorno, nel 1991 ho prestato due fideiussioni a favore di due Istituti di credito a garanzia delle linee di credito concesse a favore della società Alfa e società Beta.
Nel 1993 entrambe le società sono state dichiarate fallite e gli Istituti di credito si sono tempestivamente insinuati al passivo fallimentare.
L’11.02.2008 ho ricevuto da una società di recupero crediti l’intimazione al pagamento delle obbligazioni delle società Alfa; il 03.05.2010 un’altra società di recupero crediti mi ha intimato il pagamento per le obbligazioni della società Beta. Ad oggi non ho più ricevuto alcuna richiesta di pagamento.
In data 28.07.2012 è avvenuta la chiusura del fallimento della società Alfa e in data 30.01.2013 la società è stata cancellata dal registro imprese.
Per quanto attiene alla società Beta la chiusura del fallimento è avvenuta in data 27.11.2019 e cancellata dal registro imprese il 07.02.2020.
Vorrei chiedere se sono ancora tenuto al pagamento delle fideiussioni oppure se queste sono prescritte o decadute?
Ringrazio anticipatamente per la Vostra consulenza.”
Consulenza legale i 18/03/2020
La risposta al quesito richiede il richiamo all’art. 1957, I comma, del c.c., a mente del quale “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.

Come si può evincere dalla norma citata, è previsto un termine di decadenza per il creditore; infatti, entro 6 mesi dal momento in cui è scaduta l’obbligazione principale, quest’ultimo deve aver coltivato (per mezzo di azioni giudiziali ad esempio) le proprie istanze contro il debitore principale.

Considerato che è intervenuto il fallimento del debitore principale, ai sensi dell’art. 55 della L.F. si deve intendere che, alla data del fallimento, l’obbligazione relativa alle linee di credito in oggetto era scaduta.

In tal senso, la Corte di Cassazione ha così disposto: “In caso di fallimento del debitore principale, il debito garantito da fideiussione che non sia ancora scaduto deve intendersi tale, ai sensi dell'art. 55 L. Fall., comma 2, alla data di dichiarazione del fallimento, con la conseguenza da questa data decorre il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze contro il debitore, ai sensi dell'art. 1957 c.c., comma 1, per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore” (Cassazione civile, sez. III. Ordinanza n. 24296 del 16/10/2017)

Pertanto, il termine decadenziale di sei mesi sopra menzionato decorreva dalla data di dichiarazione di fallimento.

Sempre come lucidamente messo in luce dalla medesima sentenza sopra citata, “Qualora sopravvenga la dichiarazione di fallimento del debitore principale, ciò non impedisce il decorso del citato termine, in quanto il creditore, se non può più assumere iniziative giudiziali individuali, può comunque impedire la decadenza presentando domanda di ammissione al passivo fallimentare”.

La Suprema Corte, sostanzialmente, ritiene che la domanda di ammissione al passivo del creditore impedisca il maturarsi della decadenza ex art. 1957 c.c.

Ebbene, dalla ricostruzione dei fatti non si comprende l’esatto momento in cui è stata trasmessa l’insinuazione al fallimento da parte delle due banche e, pertanto, non si può verificare con certezza se le banche abbiano impedito la decadenza trasmettendo, entro 6 mesi dalla dichiarazione di fallimento del debitore, le rispettive domande di ammissione al passivo.

Nonostante ciò, sembra, però, che, salvo la notifica di atti interruttivi ai fideiussori prima della lettera della società di recupero crediti menzionata, si possa sostenere la prescrizione del diritto di credito nei confronti dei fideiussori, atteso che dalla trasmissione della domanda di insinuazione al passivo delle due banche (presumibilmente non oltre il 1994) è ampiamente decorso il termine decennale di prescrizione ex art. 2934 del c.c.: insinuazione al passivo nel 1994 circa – invio della lettera della società di recupero crediti nel 2008.

A conferma di tale ricostruzione si riportano ulteriori passaggi della sentenza già citata: “L'insinuazione al passivo fallimentare e l'unica via per evitare di perdere l'azione contro il fideiussore, solamente se a favore di questi sia stato pattuito il beneficium excussionis. Diversamente, se il debitore principale fallito e il fideiussore ancora in bonis sono in regime di solidarietà passiva, il creditore potrà indifferentemente scegliere insinuarsi al passivo del fallimento del primo, così facendo salvi i diritti nei confronti del secondo, che poi potrà esercitare nell'ordinario termine di prescrizione”.

B. D. S. chiede
domenica 09/06/2019 - Emilia-Romagna
“Ho fatto da garante per un prestito a mia figlia nel 2003. Ho saputo che ad un certo punto ha interrotto il pagamento delle rate e che abbia ricevuto dall'ente creditore diversi solleciti, culminanti nel pignoramento del quinto dello stipendio che però si è interrotto avendo mia figlia perso il lavoro.
Adesso mi è arrivata una richiesta di una agenzia di recupero prestiti ( con sede legale in Svezia) che ha comprato il debito, tramite uno studio legale italiano.
Vi chiedo: non avendo io mai ricevuto nessun tipo di comunicazione posso far valere la prescrizione solo nei miei riguardi?”
Consulenza legale i 17/06/2019
Il caso proposto trova espressa soluzione nel codice civile, anche se, purtroppo, non in favore di chi pone il quesito.
Cominciamo con il precisare un carattere fondamentale della fideiussione che ci guiderà verso la soluzione che si intende adottare: l'obbligazione del fideiussore è un'obbligazione accessoria, il che comporta che tra fideiussione e debito principale esiste un collegamento funzionale molto stretto, tale per cui il rapporto fideiussorio si dice che segua le sorti del rapporto principale.
Le parti potrebbero anche escludere tale accessorietà, ma in tal caso non si sarebbe più in presenza di una fideiussione, bensì di un contratto atipico.

Diverse sono le conseguenze connesse alla regola dell’accessorietà, quali la circostanza che l'invalidità del debito principale si riflette sulla validità della fideiussione (art. 1939 del c.c.), o anche la conseguenza prevista dall'art. 1941 del c.c., secondo cui la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose.
Coerentemente alla caratteristica della accessorietà della fideiussione, l’art. 1945 del c.c. dispone che il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che
spettano al debitore principale, salva quella derivante dall'incapacità (ove per incapacità si intende solo quella legale) e, indubbiamente, quelle di carattere personalissimo.

Ma un’altra norma, strettamente connessa al requisito della accessorietà, viene qui in rilievo ed è quella sulla quale deve fondarsi la soluzione del caso proposto: si tratta dell’art. 1957 c.c., dedicato alla scadenza dell’obbligazione principale, da cui si fa dipendere la prescrizione della stessa sia nei confronti del debitore principale che del fideiussore.
Dal quarto ed ultimo comma di tale norma si desume, poi, che l’interruzione della prescrizione nei confronti del debitore principale ha effetto nei confronti del fideiussore e viceversa.

Nel caso posto sono più che palesi gli atti con finalità interruttive della prescrizione posti in essere nei confronti del debitore principale e che hanno prodotto effetti anche nei confronti del suo fideiussore.
Ci si riferisce ai preliminari solleciti di pagamento, seguiti sicuramente dall’atto o dagli atti di precetto e dall’instaurazione perfino di una procedura esecutiva di pignoramento presso terzi, conclusasi senza effetti positivi per il creditore procedente.
A questo punto, poiché l’escussione del patrimonio del debitore principale non ha prodotto alcun effetto, sembra più che normale, oltre che perfettamente legittimo, che il creditore debba passare ad aggredire il patrimonio del suo fideiussore, non potendo dirsi di essere rimasto fino a questo momento inerte, sebbene, come è giusto che sia, le sue azioni siano state indirizzate contro il debitore principale.

Di un solo rimedio, enucleabile dallo stesso art. 1957 c.c., sarebbe possibile a questo punto avvalersi.
Dispone il primo comma di tale norma che il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.
Secondo quanto sostenuto dalla giurisprudenza prevalente (cfr. Cass. n. 11759/2002 e Trib.Genova del 28.3.2008), allorquando la fideiussione riguardi obbligazioni aventi scadenze periodiche, come in questo caso, il dies a quo, agli effetti della norma in esame, dovrà farsi coincidere con quello di scadenza delle singole prestazioni.
La ratio di questa norma va proprio individuata nell’intenzione di costringere il creditore a prendere sollecite iniziative contro il debitore principale per il recupero del proprio credito, in modo che la posizione del fideiussore non debba restare indefinitamente sospesa senza un termine preciso.
Con il termine "istanza" qui utilizzato ci si riferisce a tutti i diversi mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito esperibili al fine di conseguire il pagamento ed indipendentemente dal loro esito, sia in via di cognizione che di esecuzione.
Si ritiene, invece, che non possa essere sufficiente allo scopo un semplice atto stragiudiziale e, men che mai, una missiva con la quale venga richiesto al debitore se e in che modo egli intenda adempiere la sua obbligazione (in tal senso Cass. n. 2532/2005).
Va anche osservato che l'interruzione del corso della prescrizione di cui all'art. 1957, ult. co. c.c. corrisponde all'analogo disposto dettato dell'art. 1310 del c.c., in tema di solidarietà passiva, in forza del quale, postulata l'esistenza di un debito solidale, l'istanza proposta contro uno dei debitori interrompe il corso della prescrizione anche nei confronti degli altri condebitori.

Alla luce di queste ultime considerazioni, dunque, non resta che effettuare tale verifica, ossia accertarsi se il creditore abbia adempiuto a quanto previsto dal primo comma dell’art. 1957 c.c., azionando il recupero del suo credito nei confronti del debitore principale entro il termine di sei mesi dall’inadempimento di quest’ultimo (si sottolinea che non è sufficiente un atto stragiudiziale).
Nella remota ipotesi che tale termine non sia stato rispettato, la sua negligenza varrà a liberare il fideiussore da ogni obbligazione, ciò che dovrà indubbiamente essere eccepito in sede di formale richiesta di adempimento.
Qualora, invece, come purtroppo si teme, il creditore abbia avanzato formale istanza per il recupero del suo credito entro il termine di sei mesi, nulla potrà eccepirsi, ed il fideiussore dovrà ancora ritenersi obbligato per quel debito.


Lari A. chiede
domenica 02/12/2018 - Liguria
“Una fideiussione con scadenza fissa, così il testo: “ valida per 48 mesi dal rogito” e comunque in virtù del preliminare la stessa si intenderà valida sino al momento della consegna e tolte le ipoteche”., contenente rinuncia eccezioni artt.1955, 1945, 1957.a garanzia di una permuta immobile futuro.
Contratto di permuta datato 2008, consegna immobile a marzo 2012 ma con problemi inerenti al certificato di agibilità per difformità da progetto concessionario e mancata cancellazione ipoteche.
Tentata escussione nel lontano ottobre 2012, giorno precedente alla scadenza fideiussoria, scadenza però legata anche all’adempimento, ma la banca rifiuta il pagamento e in contemporanea l’impresa querela per truffa il beneficiario. Nel 2014 segue l’archiviazione della denuncia.
Ad oggi l’immobile è ancora gravato dalle difformità per cui venne tentata l’escussione.
Vi chiedo se secondo voi la banca è ancora obbligata al pagamento richiesto nel 2012 sussistendo ancora le solite problematiche tranne l’ipoteca tolta a dicembre del 2012.”
Consulenza legale i 06/12/2018
L’istituto della fideiussione è disciplinato dagli articoli 1936 e seguenti del codice civile.
Si tratta di un accordo bilaterale tra il creditore ed il fideiussore.
Una delle sue caratteristiche più importanti è l’accessorietà rispetto all’obbligazione principale: la fideiussione non è valida se non è valida anche quest’ultima.
Inoltre, essa non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose mentre può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose (art. 1941 c.c.).
In tema di prescrizione del diritto a far valere la fideiussione, la Cassazione con sentenza n. 5720/2004, aveva sottolineato che “il termine di prescrizione, in tema di diritti ed azioni del creditore garantito nei confronti del fideiussore, sia quello decennale, generale, previsto dall'art. 2946 c.c. giacché nessun diverso termine è previsto nella disciplina del contratto di fideiussione”.

In tema invece di decadenza, con l’ordinanza n. 21867/2013 la Cassazione ha altresì ribadito che: "la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l'adempimento dell'obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, ex art. 1957 c.c., ben può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti, la quale non urta contro alcun principio di ordine pubblico comportando soltanto l'assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore".
Inoltre, qualora la durata della fideiussione sia correlata non alla scadenza dell'obbligazione principale, bensì al suo integrale adempimento, la Cassazione già con sentenza n.16233/2005 (seguita da altre pronunce simili quali Cass. n. 8839/2007 e Cass. n. 16836/2015) ha sottolineato che l'azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c. (a maggior ragione laddove questo sia stato rinunciato, come nel caso in esame).

Ciò brevemente premesso dal punto di vista giurisprudenziale, in risposta alla domanda contenuta nel quesito, si osserva quanto segue.

In base a quanto risulta dalla documentazione che ci è stata trasmessa, la parte debitrice si sarebbe resa inadempiente su alcune obbligazioni oggetto dell’atto di permuta sottoscritto il 9.10.08. Nell’atto di costituzione della fideiussione è specificato espressamente che la garanzia si intende “valida sino al momento della consegna degli immobili promessi in permuta ultimati in tutte le sue parti”.
Orbene, come è stato fatto presente anche dall’avvocato che aveva inviato la diffida al fideiussore (V. lettera raccomandata 8.10.12) tali immobili sarebbero stati realizzati in modo "incompleto e difforme".

Stando così le cose, l’azione verso il fideiussore non appare decaduta essendo appunto correlata all’esatto adempimento della obbligazione principale.
A ciò si aggiunga che non riteniamo sia intervenuta neanche la prescrizione del relativo diritto dal momento che comunque dal 2008 ad oggi vi sono stati atti interruttivi quali proprio la predetta raccomandata inviata dal legale sei anni fa.
Pertanto, riteniamo si possa inviare una ulteriore missiva alla banca di tenore analogo alla precedente. In caso di risposta negativa o mancata risposta non resterebbe che azionare la causa in sede civile, considerato che la fideiussione non rientra tra i “contratti bancari” previsti dalla disciplina in materia di Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, costituendo al contrario contratto di garanzia disciplinato dal codice civile.

Salvatore E.D. chiede
domenica 06/09/2015 - Sardegna
“Nel lontano 1991 rilasciai in favore di una Banca Popolare una fideiussione a garanzia di una linea di credito (scoperto di c/c e sconto commerciale) concessa a XY, all’epoca carente di garanzie proprie.
Nel 1992, però, per l’anomalo andamento del rapporto creditizio, gli affidamenti furono revocati e le risultanti esposizioni, allora pari agli attuali euro 15.000,00, vennero poste in liquidazione, con invito ad entrambi i debitori solidali a provvedere al ripiano entro gg.15.
Poiché a tanto non fu ottemperato, la Banca chiese ed ottenne un unico decreto ingiuntivo nei confronti di XY e del sottoscritto. Al provvedimento giudiziale solo io feci opposizione mentre con riguardo a XY, rimasto quiescente, il decreto acquistò la efficacia del giudicato senza, però, mai dare la stura a procedure esecutive in suo danno. Inoltre è da aggiungere che, dopo la notifica del D.I, la Banca non si interessò più della posizione debitoria di XY, perfino trascurando l’adozione di ogni utile accorgimento per evitare la evenienza di possibili prescrizioni del proprio diritto di credito.
Per quanto riguarda la mia posizione, il giudizio di opposizione al D.I. non fu purtroppo a me favorevole e così dovetti accollarmi, in ottemperanza degli obblighi nascenti dalla garanzia, l’intera esposizione bancaria, nel frattempo lievitata a oltre 32.000,00 euro, attraverso un piano di smobilizzo graduale consentitomi dall’Istituto di Credito e che attualmente figura realizzato per circa i 2/3 dell’intera debitoria.

Esposto quanto sopra e ricordato che, per legge, compete al fideiussore che ha pagato il diritto di rivalersi sul debitore garantito delle somme esitate, i miei punti di domanda sono:
a)- considerato che il decreto ingiuntivo del 1992 (rimasto senza alcun seguito), è stato l’ultimo atto ricevuto da XY, è possibile ritenere ormai caduto in prescrizione, dato il tempo trascorso, il credito della Banca e, nell’affermativa, chiedere la liberazione del fideiussore ex artt. 1955 e 1957 c.c. per fatto del creditore, per non avere costui, per un verso ed attraverso un comportamento omissivo, colpevole e negligente, evitato il verificarsi della prescrizione del proprio diritto di credito nei confronti del debitore principale (art. 1955 c.c.) e, per altro verso, per non aver diligentemente coltivato l’azione inizialmente proposta contro lo stesso debitore (art.1957 c.c.), in entrambi i casi precludendo al fideiussore la facoltà di surrogarsi nei diritti del creditore.
b)- Oppure la surrogazione è ancora possibile (ed i tal caso non v’è liberazione ex art. 1955 c.c.) in quanto le ragioni di credito della Banca nei confronti di XY sussistono ancora, ogni prescrizione essendo stata evitata dal giudizio di opposizione a D.I. promosso dal fideiussore, i cui effetti interruttivi si estenderebbero anche al rapporto principale?
c)-gli interrogativi posti nei punti che precedono, sono riferibili anche alle azioni di regresso di cui all’art.1950 c.c. oppure queste sono sempre esperibili nei confronti del debitore XY in forza del solo atto di fideiussione e della prova dell’avvenuta satisfazione della Banca, sui quali non interferirebbero le vicende prescrizionali che investono invece il rapporto creditore-debitore principale?
d)-In quest’ultima ipotesi (e anche qui rimane precluso il ricorso al beneficio di cui all’art. 1955 c.c.) quale è la procedura da seguire per attivare la fideiussione ed esperire l’azione di regresso nel confronti del debitore XY?
e)-Un ultimo quesito: in caso di liberazione della fideiussione per fatto del creditore, se e quale azione è possibile esperire contro quest’ultimo per la ripetizione di quanto finora pagato dal fideiussore?

Mi scuso per l’abbondante esposizione e, non senza ringraziarVi per quanto andrete a riferire, porgo i più cordiali saluti.”
Consulenza legale i 07/09/2015
La vicenda descritta concerne una fideiussione rilasciata ad una Banca, a garanzia della linea di credito di un suo correntista che chiameremo XY: dai dati forniti si evince che non era stato previsto il beneficio di escussione a favore del fideiussore, pertanto questi poteva essere convenuto per il pagamento anche senza che prima si fosse tentata l'escussione contro il debitore principale (si parla di fideiussione solidale in contrapposizione alla fideiussione c.d. semplice o con beneficio d'escussione, art. 1944 del c.c.).

Nel quesito si dice che il decreto ingiuntivo del 1992 non è mai utilizzato come titolo per l'esecuzione forzata contro il debitore né il fideiussore (che ha pagato e sta pagando spontaneamente), e che la Banca non si è mai più curata di interrompere la prescrizione contro XY dopo il 1992.
Cerchiamo di ricostruire le vicende della prescrizione nel caso di specie.
Poiché l'obbligazione del fideiussore e quella del debitore sono solidali, trova applicazione l'art. 1310 del c.c., in base al quale gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto riguardo agli altri debitori.
Ciò significa che la prescrizione è stata certamente interrotta con la notifica del d.i. a XY e al fideiussore; l'interruzione è altresì rimasta operante fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio di opposizione, anche se partecipato dal solo fideiussore (v. art. 2945 del c.c.). Il termine prescrizionale decennale ha quindi cominciato a decorrere nuovamente, per intero, dopo che la sentenza è passata in giudicato (tale data non è indicata nel quesito, ma si può supporre sia successiva di qualche anno alla data del decreto ingiuntivo, 1992).
Dopo la sentenza, tuttavia, si rileva solo che la Banca e il fideiussore hanno raggiunto un accordo, cioè, tecnicamente, hanno stipulato una transazione: l'art. 1304 del c.c. stabilisce che la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, quindi l'accordo con la Banca non è opponibile al debitore XY (né lo stesso può considerarsi atto interruttivo della prescrizione nei confronti di questi). Non si rilevano altri atti di interruzione della prescrizione contro XY.
Ne discende, a nostro giudizio, che il diritto della Banca di agire contro il debitore appare prescritto.

L'art. 1955 del c.c. non sembra applicabile nel nostro caso, in quanto il "fatto del creditore" in esso menzionato è tale solo se il creditore ha violato uno specifico dovere giuridico impostogli dalla legge o dal contratto, e non in caso di mancato assolvimento di un semplice onere o di una norma di comune prudenza, poiché in questi casi di inattività del creditore il mancato assolvimento determina solo la perdita di un vantaggio, che il creditore non ha l'obbligo di costituire per il fideiussore, visto che non l'ha costituito nemmeno per sé (V. Cass. civ. n. 3161/1997 e 2301/2004). Nel caso di specie, la Banca ha semplicemente trascurato di proseguire il recupero coattivo del credito nei confronti del debitore e non si ravvisa uno specifico obbligo di legge che le imponesse invece di procedere.

Nemmeno l'art. 1957 del c.c. trova applicazione nella vicenda in esame, poiché, trattandosi di fideiussione solidale, l'"onere di proporre le istanze" contro il debitore e diligentemente continuarle può essere riferito indifferentemente al debitore o al fideiussore stesso: lo ha sancito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 5572/1979), seguita da un filone giurisprudenziale conforme (vedi ad esempio Cass. n. 7345/1995: "Con riguardo alla cosiddetta fideiussione solidale, l'istanza giudiziale, da proporre entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale, ai sensi dell'art. 1957, comma primo, c.c., può es­sere rivolta, a scelta del creditore, contro l'uno o l'altro dei condebitori solidali, con la conseguenza che, qualora il creditore abbia tempestivamente proposto l'istanza contro il fideiussore, eserci­tando la facoltà di scelta spettantegli in base ai principi della solidarietà passiva, non è tenuto ad agire, prima della scadenza del suddetto termine, anche nei confronti del debitore principale").

In conclusione, il diritto della Banca contro il debitore è prescritto, quindi non può operare la surrogazione, che ha effetto dalla data del pagamento integrale: o meglio, il debitore potrebbe opporre al fideiussore l'avvenuta prescrizione.

Tuttavia, il fideiussore mantiene l'azione di regresso contro il debitore (art. 1950 del c.c.), che si prescrive in dieci anni dalla data del pagamento, secondo quanto stabilito dall'art. 2946 del c.c., anche se il credito aveva una prescrizione originaria più breve (questa l'opinione maggioritaria). Il fatto che il debito venga pagato a rate non sembra poter influisce sul fatto che la prescrizione debba ritenersi decorrente solo dal momento dell'integrale pagamento della somma dovuta al creditore (circostanza che deve ancora realizzarsi).
Il fideiussore ha però l'onere di avvisare il debitore dell'avvenuto pagamento (art. 1952 del c.c.), altrimenti questi potrà opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore all'atto del pagamento (in particolare, la pericolosa eccezione di prescrizione).

Qualora possa provarsi l'insolvenza del debitore, nel caso in esame è ipotizzabile anche l'esperimento dell'azione di rilievo per liberazione del fideiussore contro il debitore, ai sensi dell'art. 1953 del c.c.: il fideiussore può ottenere di essere liberato dal debitore, facendo sì che lo stesso paghi direttamente il creditore. Attenzione però: questa azione non consente al fideiussore di essere pagato dal debitore, quindi non costituisce una forma di azione in regresso. Si tratta solo di "forzare la mano al debitore" e costringerlo a pagare il debito al creditore liberando il fideiussore. Nel caso di specie, va valutata con attenzione l'opportunità di accedere a tale rimedio, poiché la Banca ha già ricevuto 2/3 del pagamento e la situazione è più complessa.

Vincenzo A. chiede
martedì 19/05/2015 - Veneto
“Signori buon giorno,

Ho prestato fideiussione nel lontano 1992, la Società è poi fallita nel 1996, allora la fideiussione era prestata a favore della Banca Agricola Mantovana che è poi stata assorbita dal Monte dei Paschi di Siera, oggi a distanza di ben 19 anni una Società di recupero crediti nominata dal Monte Dei Paschi di Siena, chiede il pagamento del debito.
In questo periodo di tempo mai nessuno ha avanzato richieste di saldo dell'obbligazione.
Il curatore fallimentare, asserisce che la richiesta non è più valida, vorrei esserne sicuro, vorrei anche sapere come rispondere alla Società di recupero crediti.
In attesa di un gentile riscontro, porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/05/2015
I diritti di credito si prescrivono ordinariamente in dieci anni ai sensi dell'art. 2946 del c.c., salvi i diversi casi stabiliti dalla legge (ad esempio, il diritto al risarcimento del danno da responsabilità extra contrattuale si prescrive in 5 anni).

La prescrizione, però, può essere interrotta mediante, ad esempio, la notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, dalla domanda proposta nel corso di un giudizio, nonché da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore (art. 2943 del c.c.).

Nel caso particolare della fideiussione, il quarto comma dell'art. art. 1957 del c.c. stabilisce che l'istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore. Da ciò si evince che, anche a prescindere dal termine di decadenza semestrale dettato dal primo comma dello stesso articolo, il diritto del creditore garantito nei confronti del fideiussore è assoggettato ad un autonomo termine prescrizionale decennale.
Il codice, tuttavia, come dicevamo, stabilisce che tale termine può dirsi interrotto nei confronti del fideiussore anche mediante la presentazione dell'istanza di pagamento al debitore principale, compresa l'istanza di insinuazione al passivo fallimentare.

Quindi, per tornare al caso di specie, quando la banca si insinuò nel fallimento nel 1996, la prescrizione anche nei confronti del fideiussore fu interrotta.
Ma quali sono gli effetti e la durata dell'interruzione?
L'art. 2945 del c.c. dice che per effetto dell'interruzione s'inizia un nuovo periodo di prescrizione. Quanto la causa interruttiva è una domanda giudiziale, la prescrizione di norma non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.

La presentazione dell'istanza di insinuazione al passivo fallimentare è ritenuta equiparabile all'atto con cui si inizia un giudizio e determina l'interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale.
L'interruzione si estende anche al condebitore solidale del fallito, quale ad esempio il fideiussore, ai sensi dell'art. 1310 comma 1 c.c. (in applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la decisione con cui il giudice di merito aveva accolto l'opposizione a precetto proposta da uno dei coobbligati solidali del fallito, sul presupposto dell'intervenuta prescrizione decennale, nei suoi riguardi, del credito oggetto di un provvedimento monitorio dal medesimo condebitore, mentre, per contro, la presentazione dell'istanza di insinuazione del credito nel passivo fallimentare aveva dispiegato efficacia interruttiva anche nei confronti di tale soggetto, cfr. Cass. civ., sez. III, 17.7.2014, n. 16408).

Tutto ciò premesso, sembra che possa ancora sussistere il diritto del creditore a chiedere il pagamento al garante-fideiussore a condizione che:
- entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia diligentemente continuate;
- il creditore abbia regolarmente proposto l'istanza di ammissione al passivo e l'abbia coltivata;
- al momento dell'ammissione al passivo il credito non fosse già prescritto;
- la procedura fallimentare sia ancora in corso.

Chiaramente, nel caso di specie, il fatto preoccupante sta nell'eccessiva durata del fallimento (in corso da circa vent'anni!). Tuttavia, la legge non stabilisce una durata massima della procedura concorsuale e quindi è ammissibile in astratto che la prescrizione resti interrotta per un arco temporale così lungo.
L'eccessiva durata del fallimento potrà, casomai, essere fonte di responsabilità per risarcimento del danno patrimoniale e chi lo subisce potrà richiedere l'equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo.

Pertanto, per contrastare efficacemente la domanda del creditore, si dovrà opporre una delle eccezioni sopra elencate (es. la mancanza di diligenza nella continuazione dell'istanza contro il debitore).

Massimiliano S. chiede
domenica 03/03/2013 - Lazio
“Salve, nel 1993 ho sottoscritto una fideiussione solidale a favore della banca di Roma a garanzia di un mutuo concesso alla azienda di mia madre dopo aver messo ipoteche su un capannone e casa di proprietà. Oggi capisco che la banca a finanziato altri mutui a mia madre senza mai informare il fideiussore, sia prima delle fideiussioni che dopo. Nel 1995 e' stata chiusa la società e la banca di Roma ha fatto atto di precetto perché mia madre non riusciva a soddisfare i crediti della banca perché (evidentemente) troppo onerosi per la capacità finanziari della società gestita da mia madre. I beni di proprietà di mia madre sono stati messi all' asta. Nel 2012 sono stati venduti all' asta 2 capannoni. A breve ci sarà l' asta anche del villino messo a garanzia nei vari mutui non soddisfatti. Da un calcolo prevediamo che anche con la vendita della casa non saranno soddisfatti i crediti vantati dalla banca, nemmeno per quelli privilegiati. Nel 2010 circa mi è arrivata l'unica lettera riguardo le fideiussioni, in quanto il credito era stato acquisito da un'altra finanziaria, con un riepilogo dei vari mutui che erano stati fatti da mia madre. Vorrei capire se la banca di Roma e quindi la nuova finanziaria può richiedermi il pagamento della fideiussione, se posso chiedere la prescrizione visto il tempo passato e la mancanza di qualsiasi comunicazione (tranne quella del 2010)? e/o fare qualsiasi tipo di opposizione vista la mia giovane età (22 anni, senza nessuna garanzia reale) al momento della stipula o perché la banca avrebbe dovuto prevedere che la società di mia madre non avrebbe soddisfatto tutto il credito finanziato.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 07/03/2013
La vicenda appare piuttosto complessa e una risposta esaustiva al quesito non può prescindere da un attento esame della fideiussione prestata nel 1993.
In questa sede, tuttavia, è comunque possibile rilevare quanto segue.
Il diritto del creditore di escutere la garanzia del fideiussore è prescritto? L'ultimo comma dell'art. 1957 del c.c. precisa che l'istanza proposta contro il debitore principale interrompe il termine prescrizionale anche nei confronti del fideiussore. Ciò significa che, indipendentemente da quanti anni siano effettivamente trascorsi dal momento della sottoscrizione della fideiussione, se il creditore ha tempestivamente agito verso il debitore, anche per il fideiussore la prescrizione è interrotta e quindi non può essere opposta al creditore. Nel caso di specie, si suppone che il creditore, in quanto istituto bancario, abbia tempestivamente promosso l'azione contro il debitore.
Il primo comma dello stesso articolo 1957 c.c., però, prevede anche che il fideiussore rimane obbligato oltre la scadenza dell'obbligazione garantita solo se il creditore abbia proposto entro sei mesi le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate: sarà opportuno verificare se ciò sia accaduto nel caso di specie, anche se si deve presumere che, visto il grado avanzato della procedura esecutiva, la banca abbia diligentemente proseguito l'azione contro il debitore.
Quanto al contenuto della fideiussione, essa può essere prestata sia per una precisa obbligazione che a garanzia di obbligazioni future. In quest'ultimo caso, l'art. 1938 del c.c. ci dice che deve essere previsto un importo massimo garantito (anche questo particolare va verificato dal contratto di fideiussione).
Se la fideiussione venne prestata per una singola obbligazione (il primo mutuo) e questo è stato soddisfatto mediante la vendita dei beni del debitore, il fideiussore è liberato, perché la sua obbligazione è accessoria e cade con l'estinzione dell'obbligazione principale.
In riferimento all'età del fideiussore, essa è irrilevante (naturalmente deve trattarsi di soggetto maggiorenne): anche il fatto che non potesse offrire garanzie reali non rileva, se non sul piano dell'opportunità per la banca creditrice di accettare una simile garanzia personale. Nemmeno il fatto che la banca avrebbe potuto prevedere l'insolvenza del debitore incide sull'obbligazione del fideiussore, anzi: la garanzia prestata avrebbe dovuto costituire uno strumento di "sicurezza" per l'istituto bancario.
Per capire se il fideiussore è ancora vincolato, sarà quindi opportuno leggere con attenzione la fideiussione sottoscritta tenendo in considerazione tutti gli aspetti sopra descritti.

Riccardo chiede
lunedì 03/01/2011

“Salve, ho un caso da sottoporre: ho un contratto di locazione il cui adempimento del pagamento dei canoni è garantito da un contratto di fideiussione. Tale contratto specifica che la garanzia è dovuta sino alla prima scadenza del quadriennio di locazione. Tale dicitura giustifica l'applicazione del secondo comma dell'art. 1957 c.c., nel caso in cui il conduttore interrompa di pagare il canone prima della fine del quadriennio o doveva essere specificato meglio che la fideiussione scadeva nel momento in cui non veniva pagato un canone? Grazie.”

Consulenza legale i 05/01/2011

La fideiussione è costituita dall'accordo in forza del quale un terzo si obbliga verso il creditore a garantire l'adempimento di un'obbligazione altrui (art. 1936 del c.c.).

Premesso che sarebbe necessaria un'attenta lettura del testo contrattuale, si può comunque rilevare che:
- il pagamento del canone di locazione costituisce obbligazione ad esecuzione periodica;
- nella fideiussione riguardante obbligazioni ad esecuzione periodica il termine di scadenza è quello entro il quale la singola prestazione deve essere adempiuta;
- la durata della fideiussione, nel caso di specie, è stata stabilita in correlazione a quella della locazione (primi quattro anni di durata di quest'ultimo contratto).

E' pertanto presumibile (nulla di certo può essere detto, non conoscendo il contenuto specifico del contratto) l'intento del fideiussore di prestare la garanzia per il pagamento di tutti i canoni di locazione che scadano durante i primi quattro anni dalla stipula del contratto: non appare, quindi, sufficiente a far "scadere" la fideiussione il primo omesso adempimento dell'obbligazione a carico del conduttore, dovendo il fideiussore garantire il pagamento anche dei canoni successivi.


F. L. chiede
martedì 13/09/2022 - Marche
“Sono un ingegnere libero professionista ed ho firmato a garanzia insieme ad altre 10 persone un prestito per una Organizzazione di Volontariato per un valore di 100.000€. Ad oggi sono stato assunto da una ditta italiana per andare a lavoro all'estero. Questo farebbe variare i miei flussi di cassa e non essendo più vicino all'associazione perderei un po il controllo della gestione dell'associazione stessa. Esiste un modo, senza trovare un sostituto, per togliere la firma di garanzia al prestito ?
Grazie”
Consulenza legale i 19/09/2022
Sottoscrivendo un contratto di garanzia, che sia una fideiussione o un contratto autonomo di garanzia, Lei ha instaurato un vincolo contrattuale con il creditore (presumibilmente un istituto bancario) a garanzia di un debito del debitore principale (organizzazione di volontariato).
La situazione descritta fa pensare che Lei abbia sottoscritto, insieme ad altri soggetti, una fideiussione a garanzia dei debiti dell’organizzazione di volontariato.

In linea generale, non è possibile sciogliersi da tale vincolo se non con il consenso del creditore, il quale quasi certamente richiederà il subentro in Sua vece di un altro soggetto in qualità di garante.

In ogni caso, la fideiussione si può estinguere per l'estinzione dell'obbligazione fideiussoria oppure per estinzione dell'obbligazione garantita.
Altre cause di estinzione della fideiussione sono le seguenti:
- Ai sensi dell’art. 1955 del c.c., quando per fatto del creditore non può avere luogo la surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore stesso; ciò avviene quando il creditore pone in essere un comportamento, necessariamente colpevole secondo la dottrina, che viola un obbligo giuridico su di lui incombente, tale che il fideiussore non possa più surrogarsi nei suoi diritti; si ritiene, tuttavia, che tale causa di estinzione possa essere rilevata solo in via di eccezione dal fideiussore convenuto in giudizio;
- Ai sensi dell’art. 1956 del c.c., quando ha ad oggetto un’obbligazione futura la fideiussione si estingue se il creditore fa credito al terzo pur conoscendo che le sue condizioni economiche sono diventate tali da rendere difficile il soddisfacimento del creditore;
- Ai sensi dell’art. 1957 del c.c., se dopo la scadenza dell'obbligazione principale, il creditore non abbia proposto entro sei mesi le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.

Se tali circostanze non si sono verificate, e al contempo non vi è un accordo con il creditore per il subentro di un sostituto, o per la Sua liberazione, non è possibile liberarsi dalla garanzia prestata.

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